Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIII - n. 15 - 15 agosto 1907

412 R I V I S T A · P O P O L AR E valentuomini ( r). Ciò dimostra chiaramente il Motuproprio del Principe del buon gusto, il quale <e inibisce l' immortalità » ad Alfieri , perchè ha avuto la temerità di stampare tragedie « in cui quell'armonia non v' ha Che a me piacendo a tutti piacerà, Che empiendo il core di soavità Un dolce sonno all' udienza fa )). ( 2) Così l'Alfieri si vendicava aspramente dei suoi pedanti censori, dei suoi cruscanti Zoili, ai quali, se riuscjva facile addentare la forma di lui, ora poco chiara ed ora poco italiana, si rompevano i denti, quando osavano mordere la sostanza delle tragedie, le più forti e le più sentite del teatro italiano. Però il tempo - <e il gran galantuomo » - ha fatto giustizia; e se il nome degli accademici toscani è interamente dimenticato, e solo potrebbe rinvenirlo che si mettesse di proposito a scartabellare. nelle biblioteche, il genio dell'Alfieri s'afferma sempre più come primo tragico d'Italia e come fremente ed epico cantore della libertà, contro l' esagerazione e la licenza. Del resto, se ·l' Alfieri non ebbe, come Dante, un Inferno per mettere alla berlina ~ suoi nemici, ebbe però ben l'epigramma tutto ungh1e e saette per consacrare alle furie i suoi mediocri detr:1ttori. III. Se dagli epigrammi dell'Alfieri si tolgono quelli politici - divisi in gnomici, anticlericali e misoceltici -· e quelli letterari, contro i pedanti e gli accademici, restano ben pochi epigrammi' d'argomento vario, che per lo più si riferiscono alla vita intima dell'autore 1 essendo ora diretti ad amici e parenti cd ora contro rivali e contro donne. Tra questi epigrammi cc ne sono parecchi di carattere epigrafico (XCVI, XCVII, CI) ed alcuni di carattere erotico, (LXXXV, LXXXVI, LXXXVII, ecc.). Abbastanza mordace è l'epigramma, che punzecchia i costumi Inglesi: Tutto a contanti recano i Britanni Le corna stess::, e i maritali danni. Esso è stato senza dubbio dettato dall'avventura amorosa, che l'Alfieri ebbe a Londra e di cui egli parla diffusamente nella Vita (Epoca III, cap. X e Xl). Quest'avventura, oltre a mettergli in pericolo la vita, per poco non gli costava parecchie lire sterline, essendo tra i Britanni anche l'adulterio risarcito coi quattrini. Allo Stuart, pretendente d'Inghilterra (3), l'Alfieri dedicò quattro epigrammi, non sapendogli perdonare mai d'essere stato il marito della sua donna. I quattro epigrammi sono quelli, che cominciano: cc Mai non pensa altro che a sè (XVII); Angli che dite, ei non fu vostro re? (XCI); Padre trent'anni muto il Pretendente (CXIX): Che pretende il Pretenden- (1) Cfr. la Vita, Ep. IV, cap. XI, pag. 221. << Modestamt:nte quei barbassori mi lasciarono, anzi mi fecero chiaramente intendere: che se io prima di stampare avessi fatto correggere il mio manoscritto da loro, avrei scritto bene )). (2) L'epigramma è diretto contro il professore di diritto in Pisa G. M. Lampredi, il quale scrisse due lettere critiche l'una sulla Virginia e l'altra sull' Oreste - Renier, op. cit. LXXVI. (3) La contessa d' Albany. nel 1772, sposo a Macerata Carlo Eduardo, figlio del ca valit:re di San Giorgio, pretendente d' In - ghilterra. Dal marito ebbe tre corone e una medaglia commemorativa delle nozze (Louisa queen of Great Britain, France and Ireland 1 772 ). Dal popolo, come dice il Bostetten, il nome di regina dei cuori. E pare che anche nel nuovo regno raramente si contentasse di una sola corona. (Tesa, citato dal Camerini, Vita di V. AJ. te? (CXX). Dello Stuart parla poi, nella Vita e nelle l~ttere, sempre con manifesto disprezzo. Nella .lYiana Stuarda aveva scritto contro di lui alcuni versiche più tardi cancellò, aggiungendovi in nota que, ste parole: si tralascino perchè ho avuto la disgrazia di conoscere il personaggio. Così non mi si potrà dar la taccia di maligno. Ma pure l'arte voleva che ci rimanessero questi versi. Sono i seguenti: << ••••• O d·spregevol schiatta, Si, finirai pure una volta. O germe Ultimo d'essa tu, morrai di ferro? No: man non è sì vii, eh 'entro il tuo sangue Lordar si voglia: accidioso sonno Fia 'l lungo viver tuo: privo del seggio Nè chi tel toglit: purt: avrai nemico: Fia la mensa il tuo campo: in ebre tazze Tufferai te col sovvenir del tuo No11 meritato e non avute., rt:gno. n (1) + L' lfìeri ha scritto molti epigrammi; ma secondo il parere concorde dei critici, pochi di essi sono buoni. Negli altri casi, scrive il Fabris, noi lo vediamo miseramente correr dietro delle arguzie che non hanno alcun valore, e che egli talora rende anche più deplorevoli, aggiungendovi delle note (2). In verità a me pare che il suo genio poetico, tutto fuoco e Gamme, non fosse il più adatto a questo genere di componimenti brevi, freddi e taglienti. Egli abusò troppo dell'invettiva e del giochetto formale, trascurando l'ironia, peculiare all'epigramma, e l'arguzia sostanziale. L' AUìeri non aveva la calma necessaria al poeta satirico: egli, posto innanzi a sè il bersaglio, l'abbatteva nel primo impeto, gagliardamente, con la stessa furia della cavalleria napoleonica ad Ohain. Io, invece, se il paragone non sembrasse sconveniente, vorrei rassomigliare il poeta satirico al gatto, che scherza col topo, pri!"Ila di dargli il colpo di grazia; oppure a un nomo freddo, paziente, calmo ,· che dice ingiurie senza guastarsi il sangue , e racconta barzellette senza ridere e con la massimà calma di questo mondo. Ma il temperamento vivacissimo dell'Alfieri - che in un accesso d'ira tirò un candelabro contro il servo, e schiaffeggiò il barbiere che nel pettinarlo gli aveva strappato un capello, e scaraventò un Galateo dalla finestra per il primo conciossiacosachè trovato - non poteva dare una satira sul tipo oraziano e un epigramma senza frasi e propositi violenti; sicchè egli insiste sull'invettiva e sull'apostrofe, sull'ingiuria e sulla parola di sdegno selvaggio: cosa che, a breve intervallo, quando si ripetono sempre gli stessi concetti, stanca il lettore il quale ama la violenza a tempo e a luogo, ma limitata nel tempo. Gli altri epigrammisti, nostrani o stranieri, come il Pananti o il Voltaire, il Giusti, Luciano Montaspro o Zefirino Re, invece quando scrivono, non si guastano il sangue, almeno apparentemente, e non si scalmanano; è vero che essi poche volte trattano argomenti scabrosi, come quelli trattati dall'Alfieri, ma è pur vero che la loro arguzia semplice e l'invettiva fredda e calma, fanno breccia nel lettore e lo trasportano.Forseche il Voltaire,il quale, nato plebeo, si sottoscrisse cc per lo spazio di settanta e più anni: Voltaire, gentiluomo ordinario del re » (3), non diffuse l' eprit nouveau con l' ironia, mettendo sottosopra la morale corrente del suo tempo? E pure, in certo modo, il carattere di Voltaire si a-vvicinava a quello dell'Alfieri. Comunque sia il « barbaro allobrogo » - come lui stesso si definì- (1) G. A. Fabris, Studi aljìeriani,1895, Firenze, pag. 100-101. (2) Id. pag. 216. (3) Alf. Vita, Vir. XVl, pag. 242.

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