Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIII - n. 14 - 31 luglio 1907

RIVISTA POPOLA.RE 383 a preparare la quadrella che scoccasse graziosamente nell' epigramma, come su di un arco teso; di modo che per lui l'epigramma diventava non un colpo di spada, ma come un colpo di rasoio, e non era nemmeno il bisturi del medico, che scortica e taglia con pazienza e con flemma. Perciò, adunque, negli epigrammi dell'Alfieri - specie in quelli del Misogallo - manca l'aculeo, che rende così piacevole tal genere di componimenti. + Lasciò scritto l' Alfieri ne1la sua Vita : « Io era intimamente persuaso, che se degli epigrammi satirici, taglienti e mordenti non avevamo nella nostra lingua, non era certo colpa sua; ch'ella ha ben denti ed ugne e saette e feroce brevità, quanto e più eh' altra lingua mai l'abbia o le avesse>> (1). Ora degli epigrammi dell'Alfieri può dirsi che, se essi hanno denti ed ugne e saette, mancano spesso della necessaria e (< feroce brevità », come può vedersi dall'epigramma citato innanzi, « Che pretende il Pretendente?». Un epigramma del Misogallo però arriva fìno a 56 versi, ed è il più lungo di tutti (2). Ma~ naturalmente, come non a tutti gli epigrammi può rimproverarsi la mancanza di brevita, così nemmeno in tutti manca l' aculeo. Brevissimi, per esempio, sono questi: xm. Ùom di corte e di fede? Cieco è ·chi 'I vede. XlV. Il Papa è papa e re; Dèssi abborrir ~er tre. (3ì B1evi ed arguti possono dirsi 1 seguenti: XXXIII. Massirizio tutto sa , F.uor che mai nulla ei non imparerà. XLII. Dio la corona innesta Sul busto ai re, sul busto all'uom la testa. Spiritoso e graziosissimo è finalmente quest'altro, riportato dalle antologie_ scolastiche : . Ci va dicendo Orpèl ch'ei mai non dorme: E ce! provan le torme Dei carmi suoi , che altrui Rendono il sonno che han rubato a lui. Invece questo qui è piuttosto una s:ttira breve e mordace che un epigr:imma : Odo ogni uomo arditamente Dir tremando: Il re spergiuro Mezzo il nostro iniquamente Ruba; e in trono ei sta sicuro? Io, che il giuro empio reale (Poichè m'è il pensar concesso) Stimo al giusto quel eh' ei vale, Dico in suono. più dimesso : Grazie al re, che ancor tre quinti Ci ha del nostro regalato : Grazie al re, che in ceppi avvinti Non ci ha tutti imbastigliato. I. Gli epigrammi di Vittorio Alfieri, volendo classificarli , si potrebbero distinguere in epigrammi politici, e sono i più numerosi, letterari e d'argomento vario. (1) Vita, epoca IV, cap. IX. (2) Epigramma XLIX : (l Coalizzati contro ai Galli, e indarno, Fur Portogallo, e Spagna, ecc. » (3) L' epigramma XIV, a scopo politico, viene parodiato così : « Il papa è papa e re : Devesi amar per tre ! » Le idee manifestate dall'Alfieri nella Tirannide e nel Misogallo, nella Vita e nel Principe e delle Lettere, si continuano pure negli epigrammi politici , i quali sono come il corollario delle Satire. Molti o quasi tutti gli epigrammi politici sono semplici precetti o massime o osservazioni in forma metrica, oppure riassumono l'opinione di V. Alfieri su di un fatto storico o su qualche individuo. Nel proemio agli epigrammi l'Alfieri combatte l' adagio , che correva a quei tempi , quando , per . dirla col Giusti, era canone di Galateo nihil de Principe parum de Deo ; ora il « fìero Allobrogo » ammette <e che indagar non dessi d'Iddio mai nulla»; ma, quanto al resto, tutto dev'essere soggetto a critica, compreso, naturalmente e in primo luogo, il principe. Dio così più creduto, o meno oppressi Non fìan gli uomini, e il Prencc assai men brutto. E contro i principi, soprattutto, l'Alfieri avventa i suoi dardi e scrive molti degli epigrammi, ripetendo, però, con varia forma, gli stessi giudizi avventati. Che cosa sono i principi? cc La nullità dell'uno inserto al zero >>(Ep. xxv1); Dio, invece di piantare sul loro busto una testa, vi pose una corona (Ep. XLIII). Le baionette, gli schioppi, i cannoni e i tamburi furono, sono e saranno gl'infami ministri d'ogni empio servaggio e si fanno <e senno, mano ed ardir d' un vil tiranno » recando così « perenne a libertade intoppo» (cxiv) (r). 1 re fanno instatuarsi sui trivi e sono una statua sul trono; ma, se di essi non resta nulla, resta ben vivo il nostr' odio (xxm): soltanto uno schiavo o un r~ può credere che noi la pensiamo diversamente dai nostri due Bruti (cxvu), i quali a nostro giudizio, sono egualmente uomini forti. Ma Qual dei due Bruti è il primo ? Giunio più grande io stimo: Ma pure a Marco invidio Di Cesar~ I' eccidio ( 2 ). E animato dalla perenne visione del (e tirannicidio », che però egli ammette e propugna soltanto in teoria (3), e assillato dalla cc tirannofobia » lo Alfieri persegue i principi, facendo luccicare nella destra il pugnale di Bruto: L'oro pria, poscia il sangue, indi la fama Toglie il tiranno altrui ; Finchè vendetta col pugnai non sbrama Sua giusta sete in lui. Ed incalza ancora, come una furia, De' principi il flagello Intitolò sè stesso un Aretino : Vi fu aggiunto, il divino; Scambiato a mio parer, con il monello. Io dei priI\cipi voglio Con assai meno orgoglio Il medico firmarmi. Nè credo in ciò ingannarmi : Chè per quanto sia 'I •medico inesperto, Delle tre l'una a lui riesce al certo : O gl' infermi ei spelazza, O gli aggrava, o gli ammazza. Del resto, <e se i tiranni (il cui ruggir deride) Cato uccider non può, sè stesso uccide » (Ep. Lxxvi). Naturalmente le invettive non sono riserbate (1) Questo epigramma fu scritto in letto, il 29 marzo r 786: il l oeta aveva la gotta ed è un pessimo epigramma, secondo lui. Vedi l'edizione del Renier, p. LXXXVI. (2) È sul frontespizio degli Abboni di prose. Ed. Renier, p. XC. (3) Infatti, quando i rivoluzi ..,nari francesi ammazzarono il re davvero, l' Alfieri se ne commuove e si scaglia , non per questo solo del resto, contro i Galli.

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