378 RIVISTA POPOLARE Infatti questo prete, la cui figura oggi sfila tra i tipi più loschi della mala vita apoletana, non aveva bisogno di essere arrestato per assurgere ad una trista notorietà. Le sue gesta, i suoi costumi, le sue -sozzure erano noti a tutta Napoli. Eppure era sopportato e temuto da tutti: dai malviventi, che a lui ricorrevano per consiglio e per aiuto, ai questurini, che ne accettavano le confidenze; dalla curia arcivescovile, che tollerava un simile sacerdote, all'amministrazione del Comune, che gli affidava uno degl' incarichi più pietosi e delicati: la cappellania del Cimitero. ♦ Don Ciro era venuto su dal volgo. Figlio del sediario di una chiesa ha un fratello, anche sediario, e parecchie sorelle che esercì vano una bettola. Una di queste, vedova di un cocchi.er~ ,da no~o.,racc~ls.~ in casa costringendola a fare 1 prn um1h serv1z11 ad una donna, che conviveva con lui cd aveva parecchi figliuoli, al cui' sostentamento egli provvedeva. essuna delle qualità, che si richiedono per fare un buon servo di Dio, un sicuro propagatore dei dogmi, un severo ministro di morale. nell~ società cristiana, don Ciro aveva ; ma non s1 puo negare che avesse più d'una delle qualità che si richiedono per diven~are un perfetto campion~ dell'ozio .e del1' imbroglio. Forte, robusto, sangmgno, egli non amava certo fissare le sue pupille audaci attraverso gli occhiali d'oro, ai lo!ì.tani cieli, in mis~ica. contemplazione; ma preferiva fermarle sulle g10v111ette adolescenti, alle quali invece del catechismo apprendeva la corruzione sensuale. Bastava vederlo per convincersi che sul suo petto vigoroso si dovesse abbattere più il seno di una donna che la croce di Dio. Infatti, appena indossata la veste talare, don Ciro fu richiamato dalla curia arcivescovile perchè viveva in concubinaggio con una giovine donna, cui aveva tolto l'onore. Egli rispose in sua difesa, che se avesse abbandonata quella donna, l'avrebbe costretta alla prostituzione: credeva quindi di fare opera caritatevole, tenendola con sè. La curia arcivescovile si persuase di questo strano ragionamento, e sopportò la tresca. Sarà bene rammentare che don Ciro si presentò al colloquio col suo superiore , facendo bene delineare a traverso -..la sottana la rivoltella, che sole va sempre portare seco invece del breviario. Poichè egli non aveva nulla della rotondità e della mellifluità del prete, crescente e prosperante tra i sogni della beatitudine del cielo e le vaghe curiosità della confessione nella terra; ma aveva, solo, gl'impeti, gli scatti, le violenze, il linguaggio d·un plebeo rissoso che porti sempre con sè il rumore e l'odore della bettola e del postribolo. Si era formata una fede, una religione, un culto, a sola sua implagine e somiglianza, che non avevan molto a che fare con la Chiesa di Roma e col figliuolo di Dio. Dei richiami dei suoi superiori nella gerarchia ecclesiastica non si dava cura e pena; nè, _comegli altri preti in tali circostanze, si batteva il petto, faceva penitenza, laud_abiliter si sottometteva e ripescava nel fondo della materna pietà della Chiesa l'assoluzione dei suoi peccati ed il dititto alle funzioni del culto, ma ricorreva alle minaccie , alle intimidazioni, alle· violenze e finiva col vincere sempre. La viltà umana, individuale e collettiva, è tanto grande I + Era impossibile che don Ciro potesse seguire le indicazioni del protocollo ecclesiastico e del cerimoniale celeste, e vivere soltanto della messa , la cui celebrazione non bastava nemmeno a nutrirlo: i paramenti sacri, coi quali saliva all'altare, diventavano per lui un abito di maschera; la rappresentazione divina del sagrificio un espediente per tirare avanti. Nè era uomo da rassegnarsi alla miseria e farsene una virtù, trovando solo conforto nella compagnia dei poveri, degli abbandonati della vita, di tutti quelli che, pur nella mendicità dell'anima e del corpo, si ostinano a credere ed a sperare. A costoro egli preferira gli sfruttatori , i prepotenti ; alle privazioni ed alle penitenze anteponeva le orgie ed i tripudii della bestialita sensuale. Sebbene fosse nato per tutto, fuori che per fare il prete, non voleva gettare la tunica alle ortiche e rientrare nella vita per altra via. Anche con la tunica sulle spalle voleva esercitare i suoi spiriti battaglieri ed i suoi muscoli, essere un uomo forte e pocente, mostrarsi capace di tutto, anche del bene ... Cominciò col cercare ed accogliere in casa sua gente d' ogni sorta: camorristi, souteneurs, prostitute, candidati elettorali. Dappertutto appariva la sua caratteristica figura: in chiesa, nei comizi, nelle osterie, nei corridoi dei tribunali, negli uffici della pubblica sicurezza, nei luoghi mal famati. Abile, faccendiere, scaltro, intrigante, ciarliero, si occupava di ogni genere di uffici. Di qui la sua popolarità nel fangoso mare di miseria, che getta i suoi naufraghi nelle aule penali di Castelcapuano. Così intorno a don Ciro, si strinsero tutti i militi delle bande di ventura della delinquenza, poichè questi, quando non sono uniti in una determinata forma di società, si raccolgono a caso, fiutandosi tra loro, nei misteriosi caffè dei quartieri popolari o nelle taverne o nelle case di libidine ove discutono, esaminano, approvano, per poi metterli in esecuzione, i disegni delle loro gesta. Tra simil gente don Ciro doveva, logicamente, conquistare lo scettro cte.l dominio. A lui era quindi necessario rivolgersi nel momento dei compromessi elettorali amministrativi, quando la mala gente è mobilitata per appagare l' ambizioncella del piccolo borghese napoletano, al quale, salendo le scale di palazzo San Giacomo, par di conquistare il magrrior titolo di nobiltà al proprio nome ed alla propria famiglia; di entr'are per sempre negli azzurri cieli della feudalità, dove si tagliano i quarti e risplendono i segni zodiacali dei blasoni signorili. + Tali vanità don Ciro seppe sfruttare ed ail'opera sua trasse adeguato compenso facendosi nominare dalla giunta municipale nel 1889 , sindaco Nicola Amore, cappellano del cimitero colerico. Avrebbe avuto l'obbligo della celebrazione quotidiana della messa in pro dei defunti di colera. Ma egli si guardò bene dal compiere il suo dovere e fu sopportato come al solito. Finchè nell'ottobre dell' anno 1896 il direttore dei cimiteri si ricordò di richiamare il Vittozzi ai suoi obblighi. 1 richiami si rinnovarono insistenti quanto vani, tanto che la Giunta comunale fu costretta il 5 ottobre 1897 a dichiarare il Vittozzi dimissionario, abolendo l'assegno ed il posto creato dalla precedente amministrazione per ricompensarlo delle sue fatiche elettorali. · Don Ciro non si disanimò e dell'offesa fattagli si vendicò appoggiando con tutti i suoi degni amici di sezione Vicaria, nell' elezioni successive, il partito Casale-Summonte. La nuova amministrazione si dette cura di revocare la deliberazione precedente, facendoli quidare al Vittozzi tutti gli stipendi non pag~-
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