RIVISTA POPOLARE 377 eletti i candidati e gli elettori si metta no bene questo in mente che se il blocco si disgregasse tornerebbero in Campidoglio, e più baldanzosi di prima, i clericali: poichè i liberali da soli non bastano, come non bastano da soli i socialisti, i repubblicani o i radicali, a ripulire quella stalla d' Augia che è il Campidoglio nelle mani dei preti. Roma disse, un mese fa, una parola solenne che fu intesa da tutta l'Italia: Fuori i clericali! Bisogna, p_er il bene e l'onore di Roma, che questa parola sia mantenuta ed abbia serio, validD ed utile effetto. E solo il blocco, nella sua c0mpattezza e nella sua concordia, può darle valore. Ricordiamolo. A. AGRESTI NEL MONDO DELLA CAMORRA Don Ciro Vittozzi Quando don Ciro Vittozzi, il protettore di tutti i camorristi napoletani, per dar modo ad Erricone ed ai suoi complici di uscire dalle carceri di Sant' Efremo, si aggirava per la penisola sorrentina, a braccetto del giudice istruttore Ciccaglione, in cerca di prove e di testimonianze, che deviassero le indagini e le ricerche dal mondo camorristico, noi, sulle colonne di questa Rivista, additammo all'attenzione dei lettori lo strano contegno del sacerdote e domandammo: - Come mai questo prete, la cui giornata dovrebbe essere dedicata a benedire i defunti ed a tergere le lagrime dei parenti• desolati, che li accompagnano all'estrema dimora, è legato da vincoli indefìnibili con tutti i più famigerati campioni della mala vi tà? - Ad un sacerdote veramente operoso, che non restringa l'azione sua nelle pratiche del culto ma l'allarghi ad una vera e quotidiana azione di bene, sembrerebbe naturale che ricorressero per consiglio, per conforto, per aruto, tutti gli infelici , i miseri, i disgraziati. Ma è strano che proprio ad un prete facciano appello i facinorosi, i camorristi, gli affiliati alla mala vita, tutta la cattiva gente che ha avuto conti da liquidare con la giustizia e con la pubblica sicurezza. - Domandammo ancora: - Come mai proprio questo prete, che si compiace di grufolare fra le immondizie della vita, mentre s'indaga intorno ad un efferato delitto, si presenta all'autorità inquirente ed afferma di conoscere la verità su di un mistero che quella non riesce a squarciare? - Ricordammo che il fatto era strano ma non nuovo Altra volta infatti questo prete, per trarre fuori di responsabilità due suoi amici, accusati di un omicidio, avvenuto in rissa in una cantina di Fuorigrotta, si era presentato per dare luce ed indirizzo nel gabinetto del giudice istruttore, ma non era stato ascoltato, ed i suoi due amici, com'era naturale, erano stati condannati dalla corte di Assisie. • Le nostre domande rimasero purtroppo senza ri - sposta. Il reggente l'ufficio d'istruzione voleva raggiungere ad ogni costo la gloria, attraverso la scoperta del grave delitto; accoglieva perciò il prete fra le sue braccia grate , lo ascoltava con animo ansioso, andava a casa di lui per ulteriori schiarimenti, interrogava i testimoni col suo aiuto. Ed i rapporti diventavano sempre più teneri: alla degna protezione di un tal uomo il giudice raccomandava un suo nipote seminarista, come si rileva da una cor.rispondenza sequestrata, che noi attendiamo di vedere allegata al processo. Queste lettere metteranno in aperta luce l' inettezza del magistrato, che, dovendo ricercare e punire i malviventi Napoletani, ogni sua fiducia riponeva nel maggiore di essi, e dava amicamente del tu al prete complice di tutti i delinquenti. + Intanto, di fronte alle nostre diffidenze, don Ciro protestava con una lettera, che sembra il proclama di un novello messia. E' bene riprodurne qualche periodo: « _Sono noto-egli scriveva -in mezzo al popolo, ~d _in mezzo al popolo ho sempre vissuto. A chi si e nvolto a me per aiuto e consiglio non ho domandato se fosse povero o ricco, e quali fossero i suoi precedenti; ma a tutti ho cercato di far bene spe!]-~en~~ . l'opera mia con_ zelo e con spirito di cari ta cristiana. Il popolo m1 conosce e moltissimi ripongono in me ogni fiducia. Qual meraviglia? Non tocca a me ricordare quante e quante volte ho riportato la pace e l'onore nelle famiglie; quante e. quan!e volte ho dissipato rancori. evitando gravi d1sgraz1e....... Per la scoverta degli assassini dei Cuocolo io non ho preso alcuna iniziativa, ho semplicemente compiuto il mio dovere di cittadino rispettoso delle leggi ed ossequente alla giustizia. Non ho chiesto e non aspiro ad alcun guiderdone per il dovere compiuto. Io aspiro soltanto a non vedere ulteriormente fraintesa ed esagerata l'opera mia, per la quale si è già menato tanto scalpore ». Rinnovando l'eroismo di Cirano di Bergerac - io mi batto, io mi batto, io mi batto I - e dei suoi cadetti, sacrificantisi tutti, sol per far perdere tempo al conestabile di Spagna e farne guadagnare al generalissimo di Francia, don Ciro si batteva leoninamente per far perdere tempo ...... alla giustizia e farne guadagnare ........ alla camorra. Alla sua tenacia ed al suo ardore sorrise il trionfo : Erricone e compagni uscirono spavaldi e sicuri dal carcere. La vittoria dette l'ebrezza. Passarono parecchi mesi, i tristi giorni furono dimenticati, e tutto parve tornato all'antica pace. Ma improvvisamente , nel regno di don Ciro e di Erricone, è tornata la desolazione. Una sola compagnia di carabinieri, al comando del capitano Fabroni , senza neppure dichiarazione di guerra, ha invaso il territorio, - intorno al quale vigilavano, complici e protettrici, le scolte della pubblica sicurezza, - si è accampata nelle piazze forti e nelle vie, ha tagliato tutte le comunicazioni, ha sorpreso nel sonno tutti , .o quasi, i generali, ha disarmato i più nobili combattenti e senza armi li ha ammanettati e gettati nella prigione. · La guerra guerreggiata, quale Tito Livio in tanti suoi libri ha descritta e narrata e Giulio Cesare commentata: la guerra senza quartiere, all' ultimo sangue, la guerra delle guerre. Era naturale che nemmeno don Ciro, ad onta della sua astuzia volpina e dei suoi. numerosi protettori, potesse scampare al pericolo. . · Ed ora il pubblico è ansioso di vedere nel suo pieno svolgimento il grande processo, che si matura, di vederne i personaggi in tutta la loro sta· tura, non negli scorci che ce ne danno i racconti sintetici ed i sommari giudizi delle cronache. Ma, in questo complicato romanzo della delinquenza, oltre i personaggi noti, ve n'è uno se non affatto ignoto , non bene finora in vista , un personaggio, i cui connotati si confondono con quelli di una parte del popolo napoletano, e le cui manifestazioni e vibrazioni si confondono con le manifestazioni e le vibrazioni della vita Napoletana. Più che i campioni del mondo camorri~tico, sarà importante conoscere questo personaggio indefinito: l'ambiente, dal quale don Ciro Vittozzi ed. i suoi complici hanno potuto sorgere e prosperare, sotto il compiacente sorriso della folla e l' austera ipocrisia della giustizia.
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