Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIII - n. 13 - 15 luglio 1907

RIVISTA POPOLARE 353 « che appena ieri sera doveva essergli recato per la « premura di un privato cittadino, impresario delle « ,costruzioni dei cantieri alla Spezia. Tutti i suoi « compagni che stanno secolui al Varignano, alla « data d' oggi hanno per letto un materasso sul <e suolo ... >> E basta. . . Il sague sale alla testa leggendo le smaccate apologie che fanno oggi di Garibaldi, i discendenti dei suoi birri e dei suoi carcerieri di ieri e provoca la nausea la loro sfacciata pretesa, che rivestono di parvenze patriottiche, di fare il silenzio su tutto ciò che ingigantisce l'eroe e mette alla gogna la monarchia Sabauda I + Ma non tentano una risposta purchessia questi svergognati farisei della Storia per difendere nei loro antenati loro stessi e le loro predilette istituzioni ? Ah l sì, la tentano. Ma il tentativo non serve che a lumeggiare sempre più la magnanimita di Garibaldi e la viltà e l'ingratitudine altrui. Vorrebbero provare che ingratitudine non ci fu nella monarchia perchè Garibaldi dimenticò le offese; mostrò tanta fiducia nel Monarca da volergli sinanco affidare i poteri assoluti nel I 862 pochi giorni dopo Aspromonte ( 1); continuò a combattere colla bandiera: Italia e Vittorio Emmanuele dopo Aspromonte come dopo le villanie del 1860; e telegrafò il famoso : obbedisco nel 1866.. -Ma che cosa proverebbe tutto questo? Non proverebbe, che la infinita bontà dell'animo suo, la generosità senza limiti, la magnanimità veramente eroica. Ne dette prova non olo dimenticando le offese e l'ingratitudine del Re d' Italia e della monarchia; ma anche dimenticando le gesta del generale Oudinot sotto Roma nel 1849 e quelle , del generale Du Failly nel 1867 a Mentana , correndo a dare alla repubbli~a francese ciò che di lui restava. In questa sua magnanimità, in questa sua straordinaria virtù evàngelica del perdono, su cui ho creduto doveroso insistere, sta la immensa superiorità sua su Vittorio Emmanuele e su tutti i suoi generali, che negli animi piccini non serbavano che timori e rancori. · La constatazione dei torti altrui, quindi non serve che a rendere sempre più radiosa la tìgura del nostro eroe; e se quelli fossero ignorati non avremmo il mezzo di ammirare la sua magnanimità. ( 1) Questo particolare è venuto fuori dalle memorie di Giacinto Bruzzesi ; e subito nelle proporzioni dagli storici cortigiani venne .•. alterato. Questi narrano che fu Anton Giulio Barrili a non voler pubblicare il grave consiglio di Garibaldi a Vittorio Emmanuele di assumere per qualche tempo il potere despotico. Ma Giunio Bruzzesi è intervenuto con questa correzione nella lettera già citata al Giornale d' Italia: 11 Per la verità e l'esattezza storica mi sia consentito di dichiarare che tale documento tutto di pugno di mio padre, il colonnello Giacinto Bruaesi, porta questa nota: (( Questo parere scritto dal Generale fu consegnato da lui 11 al direttore dd Movimento a Pisa nd novembre r862, Anton 11 Giulio Barriti, perchè fosse pubblicato : ma sembrando cosa 11 molto grave a Bruzzesi, Corte ed altri presenti, il consiglio 11 di un colpo di Stato, e fattolo osservare al generale, egli 11 dette incarico a Bruzzesi di andare a Genova a riprenderlo, « e questi riportò lo scritto in originale '-he fu distrutto in 1< presenza di Garibaldi ». Per chi sa che Garibaldi aveva una debolezza per la dittatura - e lo constatai lealmente - non può sorprendere questa aberrazione di un istante. Ma la stessa aberrazione serve a prc,vare quanto egli fosse posseduto dal desiderio delle liberazione di Roma e Venezia; tanto da fargli credere, nella sua ingenuità, che Vittorio Emmanuele re assoluto avrebbe fatto ciò che il Parlamento impediva di fare al Re costitu 1ionale. In questo gli era supaiorc Mazzini, che non s'illuse mai. La quale non moveva soltanto dalla innata bonta dell'animo, ma anche dalla giusta credenza, che tutto si deve perdonare e che ogni sacrifizio di sè è doveroso quando si perseguono dei grandi ideali, il cui conseguimento oltrepassa nei benefizi le contingenze personali e del momento. Garibaldi crede che la Francia è nel mondo un elemento di civiltà, un faro di libertà? Ed egli dimentica i suoi torti e le sanguinose offese ricevute e va a combattere sui campi di Borgogna e va a pronunziare parole di pace nella commemoraz.ione dei Vespri Siciliani l Garibaldi crede che Vittorio Emmanuele e la monarchia siano necessari per liberare Roma e Venezia, per assicurare l'unità e l'indipendenza della nazione? Ed egli dimentica i torti dell' uno, le offese sa11guinose dell'altra e continua a portare in alto la oandiera col motto : Italia e Vittorio Emmanuele! Perciò a Guerrazzi che scrive pagine di fuoco all' indomani di Aspromonte egli in data del 30 settembre , un mese dopo Aspromonte , risponde con queste sublimi parole ( 1) : <e Ho nel mio cuore un' Italia , il cui pensiero mi stra 1 ia più che non il pt·oiettile le ossa rotte. Oh Patria ! Perciò egli fu un gigante, al cui paragon.e anche 1 grandi divengono pigmei. + E conclude. Mi onoro e vado orgogÙoso di essere stato inferiore a me stesso nel commemorare Garibaldi, perchè 30 di essere rimasto fedele alla verità. E la verità rifulge di luce meravigliosa sopratutto colla comparazione. Gli storici che vogliono liberare Garibaldi ... morto dalle ritorte dei partiti mentiscono e falsano la storia. Se altri non avesse fatto l'esame degli avvenimenti, dei qua)i Garibaldi fu protagonista, per riuscire alla sistematica adulterazione della storia assegnando i primi posti a coloro che non li meritano, oggi si potrebbe comprendere il silenzio; ma dato il lavorio semi secolare di falsificazione degli storici cortigiani, il ristabilimento della verità si impone. Blaterino, strillino, i farisei contemporanei; chi ha coscienza di un dovere da compiere lo compirà. Ho di frequente affrontato l'impopolarità e il giudizio avverso degli amici politici; mi curo meno di quello degli avversari. Quanti seguirono e venerarono Garibaldi vivo non devono, non possono tollerare che sia presen- . tato a coloro che non lo conobbero un Garibaldi christophle, a cui, se ci lasciassero fare gli storici salariati , a poco a poco si metterebbe la livrea di staffi iere di Casa Savoja e, chi sa? si presenterebbe anche come un credente nelle più stupide .ciurmerie cattoliche. Garibaldi va presentato quale egli fu: nè con una linea di meno, nè con una linea di più. La sua gigantesca figura non ha bisogno nè di aggiunzioni, nè di sottrazioni. Nemmeno Michelangelo potrebbe ritoccarla per renderla più bella. DoTT. NAP. CoLAJANNI ( 1) Dal giornale Lo Zen,rero di Firenze e riportato dal Giornale d'Italia del 7 luglio 1907. A i nostri abbonati che non fanno la colle,rione della Rivista e che vogliono mandarci il N. 7 del/' anno IX, il N. 15 dell'anno X ed il Num. r di quest'anno daremo in cambio un libro del valore di cent. 50 da scegliersi nello elenco dei libri elle diamo in premio a chi procura abbonati.

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