Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIII - n. 12 - 30 giugno 1907

.. RIVISTA POPOLARE 319 ma era lontano le mille miglia dall' internazionalismo, che poscia terminò nell'anarchismo di Bakouni ne, ed anche dal collettivismo marxista. Dalle sue memorie, dai suoi romanzi nei quali l'animo suo si palesa più schiettamente in forma negativa si può pervenire a tale conclusione; ma vi sono affermazioni positive caratteristiche, che su di ciò escludono ogni dubbio. Scrivendo a Giorgio Pallavicino in data 14 novembre 1871 Garibaldi dichiarava: « Io appartenevo cc all' lntenternazionale quando servivo la repubblica cc del Rio Grande e Montevideo - cioè molto prima « <li essersi costituita in Europa tale società; bo cc fatto atto pubblico di appartenere alla stessa in « Francia e nell' ultima guerra .., » cc Io non tollero all'Internazionale, come non tolcc lero alla nionarchia, le sue velleità antropofaghe. « E nello stesso modo, che manderei in galera chi cc studia tutta la vita il modo di estorcere la sus- <c sistenza agli affamati per pascere grassamente i « vescovi - io vi manderei pure gli archimandriti « della societa in guistione, quando questi si osti- « nassero nei precetti : guerra al capitale - la pro- « prietà è un }urto - l'eredità un altro furto; e via cc dicendo ». cc Nessuna ingerenza bo io nell'Internazionale, e cc certo perchè sanno non approvare io il loro prv- <c g,-amma, sarà motivo pei capi a tenermi escluso. cc Ma se l' Internazionale - come la intendo io - « sarà una continuazione del miglioramento morale « e materiale della classe operaia, laboriosa ed one- « sta, conformemente alla tendenza umana di tutti i cc tempi - e massime degli odierni - in conflitto <e col sibaritismo dell'autocrazia, teocrazia, e colla · cc ingorda pleiade che si arricchisce con ìa miseria « altrui, io sarò coll'Internazionale ». In un occasione più tipica e quando la sua professione di fede assumeva un singolare e decisivo significato egli la riconfermava. Nel processo contro gl' internazionalisti di -Firenze nel 1874 al deleg2.to del Tribunale, che ne lo richiedeva nello interesse degli accusati, egli rispondeva: cc Io ho avuto la fortuna di combattere « per il popolo americano come per il mio popolo, << e perciò parteggio per la fratellanza della razza cc umana. « Che se per internazionalista s'intenda colui il ~e quale avendo 100 scudi in tasca, frutto del proa prio lavoro, abbia l'obbligo di dividerli con un al- « tro che pretende di vi vere neghittosamente alle cc sue spalle questo è. un ladro; tale è il mio in- « ternazionalismo ». Non ci può essere dubbio, adunque, sullo internazionalismo di Garibaldi: era quello stesso che Maurizio Quadrio descriveva nel 1874: « era pel « nostro Maestro ed è per noi , l' alleanza tra na- « zioni libere ed eguali sotto la bandiera della « giustizia per tutti, la quale ha nome Legge mo- << raie; questa bandiera già l'inalzava Mazzini nella <e Giovane Italia e nel 1835 raccoglieva in !svizzera <e gli esuli rappresentanti dei popoli, che aspirarono « ad esser nazioni , il tedesco, il polacco, lo scan- « dinavo e l' italiano >>. Questo era l' Internazionalismo della mazziniana Giovane Eurd}Ja, che Garibaldi difese e illustrò prodigiosamente con tutta la sua vita e su cento campi di battaglia, da Montevideo a Digione. Il socialismo dì Garibaldi, poi, come gli osservava in risposta alla ci tata lettera, Giorgio Pallavicìno, si risolveva cc in quella carità universale che fu <e predicata da Cristo or sono 19 secoli >>. Era meno concreto e meno radicale di quello, che Mazzini riassumeva nel suo cooperativismo inteso come associazione di capitale e lavoro nelle stesse mani con la eliminazione del salariato e di ogn.i parassitismo intermediario e con l'assegnazione a ciascuno del prodotto integrale del proprio lavoro, che alla lunga e con pacitìco processo evolutivo doveva ridursi ad una specie di collettivismo. come atfermò Napoleone Colajanni nella conferenza di Forlì del 1891 e più tardi a Parma, a Mes'>ina, a Genova, a Ravenna: come da recente venne atfermato da uno degli ultimi e tra i più illustri biografi. di Mazzini, il Bolton King. ♦ Fu repL1bblicano Giuseppe Garibaldi? Le sue polemiche, con Giuseppe Mazzini sulla dittatura, che rimontano al 1849, l'essere egli stato spesso in relazione con Vittorio Emmanuele 2. 0 ; l' avere messo sulla bandiera dei lvlille, di Aspromonte, del Tirolo e di Men tana la formula : Italia e Vittorio Emmanuele - formula che ferì il bigottismo repubblicano di Brusco Onnis e gli fece disertare la bandiera dei J.'1ille; l'avere consentito e favorito l'annessione immediata e incondizionata della Sicilia e del Napoletano al Regno di Vittorio Emmanuele e l' avere così, se non creata. certamente, consolidata e ingrandita la monarchia in Italia, fece dubitare seriamente del repubblicanismo di Giuseppe Garibaldi. Il dubbio acquistò la maggiore consistenza per opera di Giuseppe Mazzini, che intervenendo nella polemica tra Garibaldi , Petroni e Quadrio, colla lettera del 29 febbraio 1872, proprio alla vigilia della sua morte, gl'intimava, quasi, di dire: tra un anno o venti non m"Onta,ma voi non avrete mai salute, o Italiani, fuorchè dalla repubblica. Il dubbio, ancora, fu ribadito coll'altra intimazione sconveniente di Maurizio Quadrio, che nel commento, formidabile dal punto di vista dell' intransigenza repubblicana, al libro dei Mille dello stesso Garibaldi, gli rimproverava di non avere confessato di essersi ingannato coli' a)Jere promosso l'unità d'Italia sotto la monarchia di casa Savoja. <e Gli cx repubblicani, i neo monarchici, osservò poi Alberto Mario, per coonestare il loro voltafaccia alimentarono tale dubbio e cercarono di trasmettere alla posterità un Garibaldi monco, quasi scemo, che non aveva opinioni politiche, o se ne aveva, erano in favore della monarchia per sè, un Garibaldi che si studiava d'infondere nelle nuove generazioni la convinzione che il progresso dell'Italia dell' avvenire devesi sper 1re dalla monarchia >>. Intanto nulla c'è di più infondato quanto un tale dubbio, nulla c'è di più certo quanto la fede di Giuseppe Garibaldi nei principi repubblicani. Se i combattimenti in terra americana per la difesa delle repubbliche di Rio Grande e di Montevideo non fossero bastati per fare di lui _un repubblicano, nella prima fase gloriosa della sua vita, indubbiamente dovette bastare l'attitudine equivoca, se non peggio, di Carlo Alberto nel 1848. quali sentimenti gli suscitasse tale attitudine lo dimostra questo proclama ctatato da Castelletto il' 13 Agosto, cioè all'indomani della codarda consegna di Milano ai Tedeschi, in cui è detto : ((DIO E POPOLO >> « Italiani », « Eletto in Milano dal popolo e dai suoi rappresentanti a duce di uomini la cui meta non è altro che la indipendenza italiana, io non ·posso conformarmi alle umilianti convenzioni ratificate dal Re di Sardegna, collo straniero aborrito dominatore del mio paese ». « Se il re di Sardegna ha una corona che conserva a forza di colpe e di villa, io ed i miei compagni non vogliamo conservare con infamia la no-

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