RIVISTA POPOLARE 01 Politica, Lettere e Scienze Sociali Direttore: Prof. NAPOLEONE COLAJANNI (Deputato al Par1amento). Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese I h1.Jia : anno lire 6; semestre lire 3,50 - Estero : anno lire 8; semestre lire 4,50 · Un numero separato Cent. ao 4mministrazione: C01·so Vitto1'io Emmittele, n. 0 115 - NAPOLI A 11110 X III - Nnm. 12 ABBONAMENTO POSTALE U.oma, 30 Giugno 1907 I I / t / ;.,.;.I / / ., -s.._,I I I J
GARIBALDI 7 luglio 1807 - In Nizza, nella casa dove nacgue Massena, nasce Giuseppe Garibaldi, da Domenico e Rosa Raimondi. 1815 - A 8 anni, salva una donna caduta nell'acqua profonda di un fossato. Apl"ile 1833 - A Tangarog si affilia alla r;zovane Italia . ./, gennaio r834 -- Di accordo con Mazzini, arruolatosi come marinaio tenta d'impadronirsi ddla fregata l'Euridice. La sofievazione sperata - quella di Ramerino in Savoia - abortì e Garibaldi fugge a Marsiglia. 3 giugno 1834, - È pubblicata, firmata dal magnanimo, la sentenza che condanna a morte ignominiosa Giuseppe Garibaldi. 1837 - Porta il soccorso dd suo br~ccio alla provincia di Rio Grande, ribellatasi contro il Brasile. Prima al comando di una piccola nave, Manini, poi colla Scaropilla dà molto filo da torcere ai Brasiliani. Ferito gravemente alla gola è salvato da' compagni. Cade nelle mani di Millan , governatore del Gualeguay, che lo fa porre alla tortura. 1839 - Ancora combatte per Rio Grande; sposa Anita. 1840 - Lascia Rio Grande e va a Montevideo. 17 novembre 184,3-Combatte contro l' inglese Brown, con tre navi contro dieci. Visto inutile ogni resistenza , esaurite le munizioni, fa sbarcare i marinai di nascosto ed egli e Anita, rimasti ultimi, fanno saltare le tre piccole navi. 8 febbraio 184,6 - Alla testa di 184 fanti e 20 cavalieri, che formavano la legione italiana a Montevideo, vince coprendosi di gloria, al Salto di S. Antonio, 1 500 soldati argentini. 24 giugno 18-1,8 - Ritorna a Nizza .. Offre la sua spada a Carlo Alberto che lo manda dai suoi ministri. Costoro gli ri - spondono: Andate a Venezia, potete lì fare il corsaro. 26 agosto 18-1,8 - Comandante il battaglione An;ani, è accerchiato a Morazzone dagli Austria;i : con meraviglioso stratagemma sfugge. Agli sprezzanti e battuti generali sabaudi il generale austriaco d' Aspre, dice: tt Un solo uomo poteva giovare alla vostra causa e non l'avete conosciuto: Garibaldi. 5 febbraio 184,9 - !-'rima riunione della Costituente Romana. 9 >> » - La Costituente proclama la repubblica. 29 aprile » - Garibaldi prende il comando del piccolo esercito repubblicano. 30 aprile 184,9 - 7000 francesi respinti a Porta Cavalleg geri tentano l'assalto a Porta S. Pancrazio difesa da Garibaldi con 300 uomini. 8 maggio 184,9 - Respinge le truppe borboniche a Pale strina. 19 maggio 184,9 - Le truppe borboniche sono di nuovo battute a Velletri. ' 2 giugno 1849 - Combattimento vittorioso di Villa Panfili. Comincia l'eroico combattimento del Vascello dove Medici resiste 22 giorni. 29 giugno 18-1,9 - Combattimento di Villa Spad&. 4 luglio 1849 - Le truppe francesi invadono la sede della Costituente romana. 4, agQSto 184,9 - A Marino, presso Mandriola, nella fattoria Ravaglia muore l'eroica Anita. 1849 - È arrestato in nome del Re Sabaudo dai carabinieri, a Genova. 19 mar;o 1852 - Muore Rosa Raimondi , madre di Garibaldi. 17 dicembre 185.9 - Un decreto lo incarica di organizzare i Cacciatori delle Alpi. 24, dicembre 1859 - Sorprende un posto di Austriaci a Sesto Calende, varcando per primo il confine Lombardo Veneto. 2j maggio 1859 - 13;.itte Urban a Varese. Muore Ernesto Cairoli. 27 maggio 1859 - A San Fermo batte di nuovo gli Austriaci. 1 giugno 1859 - È chiamato alla difesa di Como dalla marchesina Raimondi che poscia sposò. 2 giugno r859 - Con una marcia delle più ardite entra a Como. r 1 giugno 1859 - Entra a Brescia. r8 ~ » - Affonda a Salò , sul lago di Garda, un legno da guerra austriaco. 5 luglio 1859 - Batte gli austriaci a Bormio. 12 » >l - Pace di Villafranca. I Sabaudi compensano Garibaldi cedendo la sua Nizza alla Francia. -1,maggio r86o - Nino Bixio , per ordine di G~ribaldi e consenziente Rubattino, s' impadronisce del Piemonte e del Lombardo a Genova. 5 maggio 1860 - I mille si imbarcano a Quarto. II )) )) - I mille sbarcano a Marsala. 15 \\ ll - I borbonici so110 battuti a Calatafimi. 27 )) )) - Aiutato dalle squadre siciliane e dalla cittadinanza entra a Palermo. 5 giugno 1860 - l borbonici sgombrano Palermo. 20 luglio » - Batte i borbonici a Milazzo. 8 agosto » - Un pugno di garibaldini che formano avanguardia s' imbarca per la Calabria. 18 agosto 1860 - S' imbarca col grosso delle truppe sul Franklin e il To,·ilio. 2 r a-gosto 1860 - I garibaldini entrano a Reggio. 7 settembre » - Entra a Napoli, ancora occupata da 1 4 mila borbonici. 1 e 2 ottobre 1860 - Battaglia del Volturno. 25 ottobre 1860 - Incontro con Vittorio . Emmanuele a Cajanello. 9 novembre 1860 - Avendo donato un regno, rifiut~ la chincaglieria e con 50 lire ed un sacco di fagiuoli ~a ~emm~, ritorna a Caprera. S' imbarca nel piccolo porto dt S. Lucia sul Washington. . r8 aprile r86r - Deputato del 1° Collegio di Napoli (San Ferdinando) va alla Camera dove· ha un tremendo duello oratorio con Cavour. Difende l'esercito meridionale volontario. La grande maggioranza dei deputati gli si mostra villanamente ostile. r6 maggio 1862 - A Sarnico sono arrestati 100 giovani, con Nullo. Condotti a Brescia il popolo tentò liberarli ma le regie truppe fecero fuoco uccidendo tre cittadini e ferendone molti. Garibaldi in segno di protesta inizia una sottoscrizione per offrire una spada di onore all'ufficiale russo Papoff che a Varsavia aveva spezzata la spada per non infierire contro il popolo. Indi va a Palermo e raccoglie i volontari per la liberazione di Roma. Riunisce volontari al Bosco di Ficuzza. Innalza la bandiera col motto : Roma o morte. Percorre la Sicilia seguito dalle truppe al comando del Generale Mella. Si imbarca a Catania con 2000 volontari sui vapori Generale Abatucci e Dispaccio. I legni da guerra lo lasciano passare. 24 agosto 1862 - Sbar~a in Calabria. 29 » » - È ferito ad Aspromonte dalle regie truppe di Palla vicino che è promosso generale. 2 settembre 1862 - Il maggiore de Villata non potendo storpiare un Garibaldi, fa fucilare senza processo sette pretesi disertori a Fantina. I sabaudi, per la eroica impresa, lo pro-
RIVISTA POPOLARE 311 muovono colonnello. Garibaldi è condotto prigioniero al Varignano. 5 ottobrt 1862 - Un decreto d' amnistia prosciogli<:! lui e i suoi compagni. Ne sono eccettuati i disertori dell '.:sercito regolare. 23 novembre 186 2 - li dottor Zanetti riesce ad estrarre la palla dalla ferita di GaribalJi. 3 aprile 1864, - Sbarca a Southampton fra l'entusiasmo quella popolaziooe. 1 I apl'Ìle 1864, - È accolto a Londra come un trionfatore da 800 mila persone deliranti. Manife,tazione grandiosa, unica. 22 aprile r864, - Ritorna a Caprera. Giugno r866 - Pr.:nJe il comando dei suoi volontari. Invade il Tirolo da Ponte Caffaro. 24, giugno 1866 - Battaglia di Custoza. Lamarmora capo dtllo Stato maggiore, per ordine del Re gli telegrafa: Disfatta irreparnbile coprite eroica Brescia, 8 settembre - Prende parte al primo congresso per la Pace e per la libertà a Ginevra.' Al ritorno prepara una seconda spedi;,:ione per la liberazione di Roma. 23 settembre r867 - È arrestato dai regi carabinieri e chiuso nella fortezza di Akssandria. 6 ottobre r867 - Combattimento di Nerola. r I ottobre 1867 - Eludendo la crociera italiana fugge su di una barchet_ta e s'imbarca pel continente. 22 ottobre 1867 - Passa il confine pontificio. 23 n ,, - Combattimento di Villa Glori. Cadono rico e Giovanni Cairoli. 24 n ii - Settimana gloriosa di combattimenti a Monterotondo, Montelibretto, Bagnorea, S. Lorenzo. 26 ottob1·e r867-Eroico combattim. di monte S. Giovanni. 3 novembre 1867 - Mentana. 6 n » - È Ji nuovo arrestato a Passo Corese. 27 » ll - Liberato, ritorna a Caprera. obbiamo alla cortesia del Prof. Vittorio Spinano la la riproduzione degli originali, che· si conservano nel Museo di S. Martino, di questo pre 1ioso autografo e della storica fotografia riportata in prima pagina. .. 3 luglio 1866 - È ferito a Monte Suello, che aveva lasciato dopo la battaglia di Custoza. 4, luglio 1866 - Combattimento di Vezzt::. II • )) - » di Condino e Monte Maggio l 4, » )) - Pone il quartiere generale a Storo. 20 » )) - Prende il forte di Ampola. 21 » )) - Battaglia di Bezzecca. Quando la giornata sembrava perduta, Garibaldi voleva morire su di un pezzo di artiglieria. Il maggiore Dogliotti lo solleva di peso e lo allontana. l garibaldini alla rinfusa alla baionetta riguadagnano la battaglia. Il generale Kùhn scrive che non è più possibile difendere il Trentino. 25 luglio 1866 - Riceve ordine di c::vacuare il Trentino, divenuto il glorioso cimitero di 2382 volontari e risponde col famoso : Obbedisco. 8 agosto 1866 - Secondo armistizio e definitivo abbandono del Tirolo. La Direzione della Rivista Popolare Gennaio 1871 - Offre quello elle resta di lui alla repubblica francese. 2 r, 22, 23 gennaio 1871 - Battaglia di Digione. A Chatillon, a Prenois , a Talant , a Pasques i volontari si battono valorosamt::nte. 12 febbraio 1871 - I reazionari francesi impedii.cono a Ga ribaldi, eletto con 2 milioni di voti su 7 di votanti, in molti dipartimt::nti, di parlare . 15 febbraio 1871 - Dimessosi da deputato lascia la Francia per Caprera. r aprile 1879-Fonda il << Fascio della Democrazia» a Roma. 21 gennaio 1882 - Ammalato di bronchite , va per consiglio dei medici a Napoli. 6 febbraio 1882 - Il medico curante, Sangiovanni, annunzia la guarigione del generale. 24, mar 1 o 1882 - Parte da Napoli diretto a Palermo per assistere al centenario dei Vespri. È un viaggio).trionfale: le
312 RIVISTA POPOLARE popolazioni meridionali si mettevano sui bin_ari per far fermare il treno e vedere il liberatore. Il 26 giunge a Messina , il 27 a Catania. 28 mar,ro 1882 - Giunge a Palermo. Assiste a tutte le feste centenarie. r6 aprile 1882 - Parte da Palermo diretto a Caprera. 2 giugno 1882 - Alle 8,50 muore nella sua isola prediletta. Sul suo corpo si trovano le cicatrici di dieci forite. Sul suo comodi~o stanno I S~polcri di Foscolo e l' Album dei Milk di Marsala. Le date che si riferiscono alla vita di Giuseppe Garibaldi dovrebbero dispensare chiunque voglia commemorare il centenario della nascita di Lui, da qualsiasi illustrazione, che, per quanto elevata, riuscirebbe sempre inadeguata , inferiore - enormemente inferiore - al valore complesso dell'uomo e apparirebbe sempre volgarmente rettorica, anche ascendendo colla rettorica alle supreme altezze della lirica. Per ciò tra le commemorazioni del Gicrante si salvano appena dalla critica men che se- n . . . . vera que!le poche che in van ten:ip_1e 111".ane occasioni e forme ne fecero sommi intelletti, che ne interpetrarono con alto studio _e con a~tissi1:10 amore la mente e il cuore: quelle di Carducci, Bov10, Cavallotti, De Amicis, Barzellotti.. ... La lettura pura e semplice delle date ~he- ricordano la vita dell' Eroe giustificarono pienamente l'osservazione di De Amicis: « La miglior prova della arandezza di Garibaldi è questa: che nessuna narra~one, per quanto diffusa e eloquente delle sue avventure e delle sue gesta , ,.potrebbe aver mai la efficacia che ha la esposizione brevissima e nuda dei sommi capi della sua storia >>. Questa lettura avverte, senza temer di cadere nell' iperbole, che in Ga~ibaldi. ~' è più che un uomo di Plutarco e che nei tempi, m cui potevano sorgere le leggende più_ me~avigliose, il poema della vita e delle gesta di Lm non avrebbe potuto essere cantato che da Omero. Sicchè ben a ragione, a proposito della possibilità di una legg~nda er~ic~, che •non sarebbe poi, se non ,la s~mph_ce r,eal~a, _1,l Barzelletti scrisse: <e Quel eh egli ha rn se d1 prn artisticamente bello e di tutto suo è l'aver protratto senza sforzo, colla inconsapevole serer:ità del genio che intuisce e crea nuove forme d'ideale anche nella vita, l'avere, dicevo, protratto il mito, la leggenda nella piena luce meridiana dell~ s!?ria ..... » « ... V' è in cotesta fìgura qualcosa d1 prn, che la mette al disopra di quante altre le si avvicinano. E' l' unità non interrotta del tipo eroico che essa non perde mai se bene si trasformi sempre, a mano a mano che d;l fondo del quadro in cui ci appar.isce per la prima volta, viene verso 1i noi e verso i nostri temoi sotto tutt'altra luce e 1n una prospettiva storica, che parrebbe dovesse toglierle grandezza e prestigio >>. + A questo punto, adunque, dovrebb_e a_rrestarsi la nostra commemorazione. Se la cont111uiamo, offendendo in apparenza la logica, egli è che occorre ii~ Italia fuaare alcuni pregiudizi artificiosamente creati intorno 5 all' Eroe ed alcuni errori, spesso, interessa n temente divdlgati; egli è che_ dalla sua V:tia ~ dal suo pensiero bisogna trarre ins~gnament1 pei contemporanei e indicazioni sulla v1~, che ~ev:or~o battere al' Italiani se vogliono tenersi degm di no ' .d . cordo e meritevoli di farsi cons1 erare cont111uatori dell' opera Sua. . . . . Con questo intento limitato possiamo nnunziare a dire dell'uomo nel suo complesso. Il quale appare meravigliosamente_ singolare ~1ei s~wi con.trasti ,. la cui arande armoma sola puo spiegare 11 fascino 5 . che ~gli esercitò su_lle , foll~, co1:1e sugli el~tti d~ ogni sesso e di ogm eta , d1 ogm tempo e d1 ogni nazionalità. Infatti) il Gigante che t1~atta ~ei problemi politic~ più ardui e che decid_e coi su~H atti della sorte d~! popoli men preparati, non nfugg:e dal lavoro pm umile per vivere onest~mente e tìera1:1e~1t~;_e per ciò lo troviamo marinaio audace agh 1111z1della sua vita operaio lavoratore di candele più tardi a New-Yo~k contadino , più umile e più grande di Cincinnato', nella sua Caprera , nell' isola sacra, dalla cui luce raggiante è illuminato il mondo. . Volta a volta, Egli r leone se l'opera sua mua a difendere la causa della giustizia, della libert~, della indipendenza dei popoli ; è dolce come 11 Nazzareno se l'opera sua è di oblio delle offese patite, di perdono generoso e illi~itato, che non vuol neppure far sentire ad altrui la gr~nde~za della stessa generosità. E' singolarissimo, e um~o nella sua _grandezza perchè. è un_a !i pica e doppia incarnazione di valore e di gerno impetuoso nel1' ora di combattere ; cl i mitezza ideale e di i ngenuità verginale nell'ora di indulgere in tu!te le contingenze ordinarie della vi_ra. lndulge ':osi alle Sabaude condanne di morte, rndulge al disprezzo del 1861, ad Aspromonte, a Mentana. E come tutti i arancti - da Cristo a Goethe a Napoleone 1. 0 - se~1te ama ha un culto per l'eterno femminino ' ' h d. umano. Egli era tanto sublimemente uomo c e i Lui con ragione scrisse il paradossale Max Nordau: <e Garibaldi non era e non si sentiva un superuomo da un soldo, ma uomo, ammirabilme~te u_omo.. : Se la sua generazione fosse stata Nietsciana, . i gendarmi del papa monterebbero ancora la g~ardia a Castel S. Anaelo e l'Italia sarebbe ancora pittorescamente gove~nata da una mezza dozzin_a di pi~- coli principi. Garibaldi non affetta:7a lo s_c10ccoanstocraticismo degli snobs attuali. Egh era popolo» (1). + Per molto tempo, e sopratutto ~nchè fu :vivo,_pe: ìanoranza e per malcelata gelo~ia, a Garibaldi s1 ieaò uno dei lati suoi più grandi e che avrebbe do~uto essere più universalmente ~ concordemente riconosciuto: il genio militare. Gli fu negato rabbiosamente dai cortigiani italiani, e~~ pu~·e ha_nno per naturale consuetudine quella d 111ch111ars1al successo. Ora questo metro avrebbe dovuto lor_o inseanare che doveva essere davvero grande 11 5 . . . genio militare df-11'Eroe, cu1 arnse quasi sempre la vittoria e che, quando perde, come. a ~lentana anche si copre di gloria; mentre 1~ v1lt?na tant? di raro concesse i suoi baci agli zllustn generali, che in nome del grado e della posizione ufficiale ·occupata guardarono quasi sempre dell'alto in basso il leon__.e lo giudicarono sdegnosa~1ente come un volgare, audace, fortunato avventur!ero - e_danc_h~ un pericoloso filibustie~·o, come _lo_disse1~0g~1 stone1 stipendiati del Papa, dei Borboni, ~i q_uah prn o m~no sommessamente fecero eco quelli d1 Casa Savoi_a. La percezione esatta ~elle pos~zioni. del nem1co, la rapidità della concezione pe_r1sfuggire _o_p,er attaccare, la risolutezza, l'audacia e_la rap,id1ta fulminea nell'eseguire il piano concepito cos_1da sconcertare qualunque ac~orto e valo1~o_sor_iemi~oapp.~rvero sin dalle sue pnme geste m1~1tan_ne~l Amenca del Sud: nel difendere la repubblica d1 Rio qrand~, nel combattimento sotto le mura di Montevideo 11 17 novembre 1843, nel combattere contro le forze (r) Questa di Nordau e poche_ altr~ cita_zioni sono tolte d~I Numero unico consacrato a Ganbaldt dagli studenti repubblicani di Roma a cura di Conti, Frontini e Prato.
RIVISTA POPOLARE 313 navali preponderanti di Rosas, tiranno della Repubblica Argentina e nemico dell' Uraguay. E il generale Bartolomeo Mitre, soldato valoroso e politico intelligente che lo conobbe in quelle occasioni dai ricordi di quelli inizi straordinarii fu tratto a scriverne più tardi coi sensi della più calda ammirazione espressa anche con letteraria eleganza (1). Come venisse giudicato sin d'allora si può scorgere da queste parole dello stesso Mitre: « L'impressione che mi produsse fu di una mente ·e un cuore equilibrati, di un'anima infiammata di fuoco, con tendenza alla grandezza e al sacrificio e la persuasione che era un vero eroe in carne ed ossa, con un ideale sublime e con teorie di libertà esagerate e mal dirette, e che però possedeva in lui abbastanza elementi per conseguire grandi cose. Da quel giorno non dubitai che Garibaldi col tempo sarebbe divenuto l'eroe dell'Italia libera, e nella corrispondenza che abbiamo mantenuta in questi ultimi tempi, ebbi occasione di ricordargli i grandi destini che nel mio giovanile entusiasmo avevagli predetto >>. Il valore e l'agilità delle mosse militari di Garibaldi rifulsero prima del 1848-49 nell'America del Sud; nel 1848 si riaffermano sui campi di Lombardia; maggiormente nel 1849 con la difesa di Roma. Le qualità militari spiegate nella difesa di Roma furono tali che essa richiamò l'attenzione di Moltke e trascinò alla constatazione del suo valore e della sua abilità il generale Schonhals, l'unico interprete come lo chiama il Luzio, del pensiero di Radetzki. Tra gli stranieri lo esaltarono per quella Campagna gloriosa il tedesco Hoffstetter, il Loevinson, l' olandese Koelman, l'Illustrated London News del tempo; ma tutti supera nella documentata apologia il Trevelyan (2). Lo storico inglese tratteggia con forti pennellate artistiche gli episodi leggendari in cui s' immortalarono con Garibaldi, Medici, Masini, Manara·, Dandolo, Morosini, Mameli, Pisacane. Le giornate gloriose dell'assedio di Roma non sono superate che dalla marcia attraverso le Romagne ed il Lazio, onde sfuggire alla caccia che gli davano spietata quattro eserciti: quello francese che l'aveva com battuto slealmente in Roma sotto il generale Oudinot, quello dei Borboni, lo Spagnuolo e l' Austriaco. (1) George Trevelyan Macaulay, l'ultimo grande st·orico di Gariba!di, narra l'origine molto modesta della Camicia rossa, desumendola dai ricordi dell'ammiraglio inglese Winnington Ingram, che fu testimone oculan: nella sua giovinezza delle: guerre civili sud americane. Fu un mercante di panni che offc:rse al massimo buon mercato a Garibaldi uno stok di camice rosse eh' erano destinate ai macellai dei >saladeros di Buenos Ayres, per vestire gli uomini della legione di Montevideo. Garibaldi accc:ttò colla certezza che i suoi legionari le avrebbero nobilitate. (Ga,·ibaldi's Defence of the Roma11 Repubblic. Londra 1907. Longman, Green Editori). Allora non usava la camicia ro3sa dei suoi commiliteni di Montevideo, con la quale: si presentò più tardi in Europa come una fantastica apparizione all'assedio di Roma contro i francesi. li suo abito, dice Mitre era una . ' giacca azzurra senza alcun distintivo, con il bavero rovc::sciato alla militare, con una doppia bottoniera dorata, costantemente abbottonata dall'alto in basso. Portava un cappello bianco di castoro, di forma cilindrica e alto di cocuzzolo, con larga tesa rivolta ali' insù a guisa di una visiera alzata di un casco medioevale. Per un moto macchinale, il suo gesto più encrgiLO in mezzo al fuoco era di portare la mano in mezzo ali' ala del suo cappt:llo, raddoppiandola in alto, come per meglio scoprire la sua fronte spaziosa ed arquata. (2) Rica viamo alcune delle notizie sugli storici mili tari di Garibaldi da un interessante articolo di Alessandro Luzio nel Corriere della Sera E a proposito degli austriaci il Luzio sfata la generosità loro, cui si attribuì l' intenzione di -lasciargli aperto lo scampo per Corfù. Tale marcia venne pure illustrata ed esaltata come un modello del gen_ere nella Rivista di Cavalleria del 1902 nell'articolo sulla Marcia di Garibaldi da Roma a San Marino. Colla stessa abilità sfoggì per una seconda volta ai francesi di Du Failly dopo Mentana ed ai tedeschi in Francia Questa sua meravigliosa facoltà di sfuggire ai nemici fa dire al Luzio che egli pareva possedesse un « sesto senso per Gutare tutte le insidie che lo attorniavano e per scrutarle >). Garibaldi generale, infine, - ed è doveroso ricordarlo - tròvò l'apologista e l'illustratore proprio in un generale itali ano, non di origine garibaldina, nato per così dire nella caserma, ma che per sua fortuna era libero dalle ortodossie del mestiere, come esso chiama quei pregiudizi dei militari di professione, che indussero a considerare il nostro Eroe come un capo di banda, come un audace e fortunato avventuriero. Fu 1precisamente il generale Gandolfì uscito dall'accademia militare di Modena nel 1857, che nel 1883 pubblicò il Garibaldi generale, in cui si esamina e si glorifica tutta l'azione militare di Garibaldi, che paragona ora a Timedeone ora a Belisario, dimostrando la superiorità del primo, che seppe conseguire i risultati grandiosi desiderati· e perseguiti con mezzi di tanto inferiori a quelli, di cui disponevano i due generali antichi. Solo Garibaldi, dice Gandolfi, seppe ottenere miracoli con eserciti improvvisati, formati con un atto della sua volontà al momento del bisogno. Così lo storico militare passa in rassegna tutte le gesta meravigliose di Garibaldi dalle battaglie di S. Antonio nell' Uruguay; alla difesa di Roma, ai 28 giorni dal 3 al 31 luglio 1849 in cui compie ventisei spostamenti e percorre 518 chilometri con una abilità che forse non ha. riscontro nella storia ( r); alla spedizione dei mille, alla campagna sul Volturno; alla campagna del 66; all'altra che ebbe l'epilogo tragico di Men tana; e intìne a quella sui campi di Borgogna, in cui fu riconosciuta la sua eccellenza dai generali tedeschi Verder, Manteuffel, Kettler. Il Gandolfì non solo riconobbe che Garibaldi fu un genio in potenza) ma che lo fu in azione e sempre in tutto ciò che operò; e mette in rilievo il grande merito di Lui: quello di saper suscitare la forza morale, e di sapersene valere; g uella forza morale, senza la quale la forza n~merica degli ese rei ti non conta e non vale; quella forza mora le ch'è il primo e maggiore elemento costitutivo della vittoria, a giudizio dei più grandi generali di ogni tempo e di ogni razza. Ed è questa forza morale che fa dire spesso a Garibaldi non il tragico: quì bisogna morire; ma: quì ad ogni costo, quì bisogna vincere; come egli disse a Milazzo e a Bezzecca (2). Garibaldi suscita ed adopera mirabilmente la forza (1) Su questa marcia scrisse il Gandolfi : (( Egli scopre sempre quel debole bagliore che doveva guidarlo alla migliore soluzione, nè gli fecero mai difetto quel senso d'intuizione, quel colpo d'occhio e quella risolutezza nell'agire, che dovevano aprirgli semprç la via al raggiungimento dello scopo finale di portare le sue forze là dove si avesse ancora volontà di combattere o si combattesse per la sua Italia, e di mantenere acceso nel cuore dell'Italia stessa la scintilla. Durante la sua marcia riuscì sempre vincitore in questa lotta di alternative, provocare e rifiutare il combattimento. E fu vittoria vera e completa, Fu senza dubbio "i ttoria strategica , pere hè per raggiungere lo scopo prefisso (recarsi a Venezia) era per Garibaldi assolutamente:: necessario di evitare ogni scontro ». (2) Felice Cavallotti liricamente commemorando Garibaldi nella sala dd 500 a Firenze l' 8 Giugno 1890 lumeggiò la differenza fattiva delle due formule.
314 RIVISTA POPOLARE morale; perciò egli esercita un fascino insuperabile con:ie lo ese~citano i grandi capitani, sui suoi sol~ dati, che egli ama e tratta più che da compagni da fratelli e da figli. ' . ~a nel_loaffetto p~i mi_lit~, cui corrisponde l'ilh mi tata tede che gli ult1m1 hanno nel suo o-enio non e' è alcuna debolezza, alcuna condiscendenz~ verso _di. essi come si riscontrò talora negli av. vent_une_n, che cer~ano complici solidali e non ~osc1ent1 cooperatori pel conseo-uimento di un alto 1de~le. Egli all'amore sostituivt>a la severità inesorabile quando gli pareva che i suoi soldati venivano meno ai propri doveri, anche quando per loro stavano le circostanze attenuanti più umane. Nella l?~t~~a Ameri~a, e quando la sua fama appena s _in!z1~va, egli alla legione italiana dette una d1sc1phna di ferro; e in un momento in cui si appresta a· castig~re alcuni legionari, dal suo valoroso compagno, 11 colonnello Anzani, è consigliato ad andar~~ne: J:att_ene; gli dice, tu non servi a questo! Prn tarJ1 spiega la stessa severità nel mantenere 1~ ferrea disc~plina tra i fuggiaschi di Roma repub~hc~na e pu.ms_ce,. com~ dice il Luzio, con esecuz10m sornmane 1 nottos1 che la male suada fames tr_a_scina_v~a vessare le popolazioni rurali per lo RIU ost1l1. ~el 1886, chi scrive ricorda pure che, egli levandosi dalla sua carrozza ai soldati schierati sullo stradale, che conduceva al forte Lardar_o, r_ei d~ avere_ ~a~c?lto p~r isfamarsi patate e fagmoh nei ca~1p1v1c1m, lancio una parola di rimprovero, che nei loro cuori lasciò una impronta dolorosa peggio di una scudisciata che fosse caduta sulle loro facce! (1) Ma Garibaldi uso al comando ed alla vittoria ~epf:e anche i:nostrare la propria grandezza in due altn mom~n_t1. so~en_ni dando prova di possedere u~a forza 1111b1tQnainesauribile ed una padronanza d1 se n~mmeno sospettabile. Ad ~spr~monte, Egli fulmine di guerra ed angelo della vittoria, sa ordinare ai suoi di non rispondere alle fucilate_provocalr~ci che 'sarebbero partite dalle truppe regie. Nel Tirolo nel r866 al teles-ra~ma di Lamarmora, che gli ordina di sgombrare 11 Tirolo ~onqu_ista_t~pal_mo a palmo e bagnato dal sang~e dei suoi mtl1ti, risponde con quel laconico: obbe4zsco! che in quel momento valse a confermare la sua forza morale quanto una battao-lia o-uadagnata. E questo generale, di cui Mazziti i1ftravvide la ~enialità sin da quando colla sua legione era nel11.!ruguay, colla sua lettera al Larnberti del 29 Gcnna10 1847, venne tenuto a vile dal Re d'Italia da quel Vittorio Emanuele 2° cui eo-li aveva do1;ato un trono, che gli antepose quei genf di o-uerra che rispondevano ai nomi di Lamarmora O di Morozzo della Rocca ..... Così doveva essere. èon Garibaldi si dov:va vince_re e 1~011doveva parlarsi mai di disfatta_ z~reparabzle; coi generali addomesticati nelle Cor!1 s1 poteyano godere gli ozi di Torre Malimbertz, che assicurarono all'Italia i danni della battaglia di. Cust~za ·e le procurarono la vergognosa acc':sa d~ tr:adzmento dagli alleati prussiani ; con Ganbald1 s1 avrebbe_ dovuto conquistare la Venezia colla punta delle baionette; cogli altri generali alla rn~narchia _fu possibile accettarla dall' Imperatore dei francesi col marchio vergognoso impressole dal generale Leboeuf. Perciò si mandò Garibaldi non al comando supremo dell' esercito ma nel Tirolo con i volontar~ m~le a_rmati nella' speranza, forse, cI:ie le pali~ dei kaz~er ;i.iger avrebbero saputo compiere quell opera d1 morte, che le palle dei bersa- . (I) Ques~i episodi dimostrano la grande rettitudine dell'animo d1 C?ar_1bal<l1. Il quale arse di sdegno quando apprese le corn:z1on1 della Regia cointeressata dei Tabacchi nel 1869, che gh strapparono la famosa esclamazione · Tempi borgiani ! glie:i del Re d'Italia 1:1onseppero compiere che a meta, frantumandone 11 piede, ad Aspromonte. (i) + <;iaribaldi sapeva suscitare la forza morale che gmda gli eserciti alla vittoria. Tale forza m~rale tec1~ic<?-militare egli adoperò sempre, in una al suo gem_o,m_pr? de_lle_causepiù ~ante e più giuste. Ond'è c~e 1 fim eh egli s1 propose m tutta la sua vita lo distrnguono dai grandi conquistatori da altri che come conduttori di eserciti possono st;rgli accanto. . In tutte le sue leggendarie imprese non si affacciano mai ambizioni e interessi individuali· nemn:eno _quelli di un grande partito. La sua' azione s1e?phca, sempre sublime per ab~egazione, valore, ~ro1smo, per uno scopo alto naz10nale o umano. ~\~Con Giuseppe Mazzini un obbiettivo ebbe comune, di cui fece una missione: dare all'Italia la sua unità con Roma c_apitale, per assi~urarne la indipendenza dallo stra111ero e farle riprendere la missione propria di civiltà nel mondo e nella storia delle nazioni. Al raggiungimento di questo obbiettivo t~tto sacrificò eJ a tutto lo antepose, dando di contmuo esempi mirabili di generosità, di tutte le virtù più eccelse, che possono adornare un grande generale ed un grande politico. · Si_~fferm~ 91;1otidianamente dai cortigiani e dagli stonc1 salanat1, che non osano negare del tutto la verità, ma che tentano di alterarla e di appannarla, che oltre la legione di martiri e di eroi che spes~ro ~l! a_ver_i, la libertà e la vita per la caus~ del~ U111!a 1tahana, qu_attro. personaggi stanno 1n prima linea e alla pan: Vittorio Emmanuele 2. 0 , Cavour, Garibaldi e Mazzini. Stanno alla pari i due ultimi e noi non sapremmo menomamente esaltare l'uno a detrimento dell'altro neanco_ in una minii:na misu~a. _Ma_entrambi superano d1 gran lunga 1 due pnm1 e 11 solo tentativo di uguagliarli è un offesa alla storia. Non si saprebbe come porre decentemente un parallelo tra Garibaldi e Vittorio Emmanuele 2. 0 dal punto di vista militare. Alle battaglie vittoriose del primo che cos:1 si può contrapporre all'attivo pel secondo? Forse la inazione di Mortara nel giorno in. cu~ si combatteva a Novara nel 1849 e che fu grnd1cata un mezzo tradimento , di cui si fece espiare il risultato disastroso al generale Ramorino colla fucilazione? Forse le vittorie del 59 che non sarebbero state possibili senza il contributo maggiore o minore dei generali e dei soldati f:~ncesi ? Fo:-se ~•essere. andato a raccogliere col1 incontro d1 Caianello 11 frutto della vittoria di Garibaldi sul Volturno? Forse la battaglia di Custoza , che artificiosamente venne proclamata una disfatta irreparabile? Forse la inazione criminosa di Torre Malimberti? A _Vittorio Emmanuele ness~no negherà il coragg10 personale; oi1dè potè essere ben meritato il nomignolo di caporale degli zuavi! non promovibi,- le a gene:·ale; egli è tanto cattivo generale, che Lamarmora, Cialdini, Petitti, proclamano altamente, consci della sua. insufficienza i~tellettuale, di non v?le~ne ~apcre_di fare da capi di Stato maggiore sotto d1 lui; e 111ultimo, ubbidendo come suddito, Lamar- .mora dovette espiare l'errore non volontario di aver dovuto funzionare da capo di Stato maggiore a Custoza e per difendere l'onore proprio dovette fare luce e ancora più luce, riversando le ombre scure sul suo Re e sulla sua poli tic a. Garibaldi, invece, rimane il genio militare per ( r) Il colonnello Svizzero Rustou nella sua storia della guerra del r 866 constatò tutto il mal volere di Lamarmora verso Garibal,!1 t! i volontari; non si Lkcise cht.: tardi ad accoglìerli, lirnitundone il numero ~ provvedendo malissimn a loro. ◄
.. RIVISTA POPOLARE 315 eccellenza ed egli che sapeva vincere e comandare, dovette assistere alla disfatta altrui e per alto pa • triottismo provare che sapeva anche obbedire a chi era indegno del comando. Nei libri che corrono per le mani dei giovani, di cui deve formarsi la coscienza e il carattere, il primo posto viene assegnato al Re di Sardegna, Vittorio Emmanuele. Gli si fece un grande merito di avere conservato la costituzione, che divenne il faro degli italiani, quando gli altri Principi italiani la soppressero, e di essersi messo al cime11tò di perdere il proprio Regno minuscolo per riuscire al grande Regno d' Italia. Ma a lui mancò la visione anticipata di questo grande obbiettivo; appena appena la intravvide quando Garibaldi gli donò un regno che era il doppio di quello proprio. Nè di marciare verso Roma d'Iniziativa propria volle mai saperne. Quando gl'Italiani mina~ciosi, primo tra tutti Garibaldi, gl'imposero il dilemma: o Roma o la rivoluzione, egli che non poteva più contare, dopo Sedan sull'appoggio .dell'Imperatore di Francia, per conservare ciò che gli altri avevano conquistato e gli avevano donato, si decise a fare la grande balo ussada, come egli stesso la chiamò. La fras_e posteriore : Ci siamo e ci resteremo quando si pensa ai suoi tentennamenti, alle sue ripulsioni, ad Aspromonte, al Trattato del 1 5 settembre 1864., che consacrava ufficialmente la servitù del Regno d'Italia verso il Bonaparte rimasto arbitro dei destini di Roma eterna, all'attitudine verso Garibaldi, di cui sconfessò il programma al1' indomani di Mentana - il programma di Garibaldi non è il mio, disse Vittorio Emmanuele, che chiamò fratelli i francesi di Du Failly, i cui chassepots avevano fatte meraviglie contro i garibaldini che considerò come ribelli - quella frase , diciamo, rimane co1:ne una volgare espressione retorica senza alcun contenuto di. sincerità e di magnanimità. Certamente la guerra del 1859 rappresenta un momento capitale nella storia della unificazione di Italia. Ma quella guerra costituisce il merito politico e militare di N-1poleone 3° e della Francia, che vollero diminuire ed umiliare l'Austria e lacerare definitivamente i trattati del 1815 umilianti per la , Francia .. Fu politica ardimentosa e savia ad un tempo lo avere accettato o accelerato l'intervento sui campi lombardi dell'esercito francese; ma a Vittorio Emmanuele 2° non spetta il merito dell'iniziativa - nemmeno per quel famoso e patriottico· grido di dolore, che veniva da oltre Ticino. Giuseppe Massari, lo storico monarchico devotissimo a Casa Savoja, ha dimostrato che qùella frase inserita nel discorso di apertura al Parlame:nto e che potrebbe rappresentare la scintilla, che accese la guerra, gli fu suggerita da Napoleone 3°. Se sua del tutto fosse stata la iniziativa della campagna del 1859, essa rappresenterebbe la riparazione delle colpe e degli errori, che a lui ed all'italo Amleto di rimorsi giallo, a Carlo Albertv, vanno imputati verso la Lombardia e verso l'Italia nel 1848-49. Politicamente perciò, come Bovio lo defìnì, Vittorio Emmanuele non fu che un fortunato occupatore. Con maggiore ragione Alberto. Mario, polemizzando con Fanfulla, aggiungeva: « Se, come tu « stesso confessi e riconosci, Vittorio Emmanuele « fu fatto Re d'Italia da Garibaldi capitano del po- « polo e liberatore, significa che quegli è figlio e « non padre della patria, come tu e i tuoi in un « quarto d' ora di buon umore vi siete permesso di << dire, o venite intrepidamente ripetendo>> (1). (,) Lega della Democra 1 ia 24 gennaio I 882. Il fortunato occupatore, il figlio e non padre della patria, adunque, nella migliore delle ipotesi, conservò la costituzione e pose a repentaglio il piccolo regno proprio per averne premio di gran lunga maggiore e sproporzionato al rischio. E' temerario del pari il tentativo dal punto di vista della formazione e dell'Unità d'Italia di porre il Conte Benso di Cavour alla pari con Giuseppe Garibaldi. Acquistò meritata fama il ministro di Vittorio Emmanuele per avere elevato politicamente il regno di Sardegna facenq.olo partecipare alla guerra di Crimea e per avergli assicurato un posto dignitoso nel Congresso di Parigi 1el 1856; e per averne favorito lo sviluppo economico con arditi e utili lavori ferroviarii e idraulici potè essere abile ed accorto nel continuare la politica del carciofo di Carlo Emmanuele venendo agli accordi coll' Imperatore dei Francesi• nel 1859; gli diamo lode sincera per lo scatto e per l'indignazione contro il proprio Re quando apprese che la pace di Villafranca era conchiusa e che il Veneto restava in mano all'Austria all' indomani di Solferino. Ma che egli sia stato un precursore od un propugnatore ·dell'Unità d'Italia e che perciò possa assidersi terzo accanto a Mazzini ed a Garibaldi, è menzogna impudente, che non può e non deve lasciarsi passare inosservata. Ciò che Cavour operò contro Mazzini e che fu esposto nel Numero unico del giugno 1905 consacrato al grande genovese basta a sfatare l'artifici9sa leggenda; la parte avuta dallo stesso Cavour verso Garibaldi e la sua spedizione dei Mille e la sua campagna nel continente napoletano, completa la distruzione di tale leggenda. Alberto Mariv aveva . messo a posto le cose su questo punto; ma Roberto Mirabelli, che con A~- cangelo Gliisleri rappresenta nella parte repubblicana, la rivendicazione della verità storica, valendosi dei documenti venuti in luce dopo la morte del cavaliere della denwcrazia, ha ricostituito i fatti su di una base incrollabile, respingendo Cavour nel posto che gli spetta: molto discosto da Garibaldi e da Mazzini. (1) Si ammetta pure per dannata ipotesi che Vittorio Emmanuele e Cavour siano degni di stare accanto a Garibaldi in quanto a benemerenze nella liberazione e nella costituzione della nazionalità italiana; rimangono sempr~ altri e~ementi psi_co-moral_i che mettono Garibaldi molto 111 alto al disopra dei due. Vittorio Emmanuele, se mai, fece sacrifizi ed operò grandi cose per l'. Italia, per il suo reg!lo, per se stesso. Ganbal?1 tutto. ~ette alla patria; nulla prese per se. Lascia Napoli 119 novembre 1861 dopo avere liberato un regno, che vi~ne oc~,upato da altri non portando seco che provviste pm che meschine, qu:1 t si potevano desiderare da un oscuro marinaio o un lavoratore della terra. Vittorio Emmanuele e Cavour nulla sacrificavano delie loro intime convinzioni, pur di fare l'Italia; Garibaldi sacrifica sull' altare della patria le sue più care credenze. Egli_ repubbli,ca.~o,_rer:de grande e fortifica una monarchia, perche l 1st1tuz1one crede che possa rendere- sicure le sorti d' Italia. Cavour per servire l'Italia, attraverso il suo ~e, nulla deve dimenticare, nulla deve perdonare: V1ttorio Emmanuele lo ha colmato sempre di onori, (1) Raccomandiamo vivamente ai nostri amici di leggere lo interessaPte articolo di Mirabdli in risposla al Luzto nel Gwrnale d'Italia. Luzio ha risposto alla sua volta con uu lunghissimo articolo nel Corriere della Sera, di cui è_ dovero~o tener conto, me che non distrugge, a nostro avviso, la dimostrazione di Mirabelli : l'attenua soltanto.
316 RIVISTA POPOLARE di tutti gli onori che un Re può conferire ad un ministro. Se egli non avesse agito come agì avrebbe dato prova non solo di r11eschinità politica, ma anche d' ingratitudine. Garibaldi invece deve far forza a sè stesso, dare prova di magnanimità sublime di mendicando le ingiurie, le offese, la invidia, la gelosia, l'ingratitudine degli altri ... di coloro al cui esaltamento, egli contribuì enormemente. I Re di Sardegna che egli trasformò in Re d'Italia lo dannarono a morte; cedettero la patria sua, Nizza, ad uno straniero che egli odiava; fu trascurato, se non disprezzato scelleratamente da chi da lui riceveva un Regno, proprio all'indomani della cess ·one: Ci hanno messo alla coda! diceva melanconicamente a Iessie White Mario quando all' indomani dell'arrivo delle truppe regie sulle sponde del Volturno chiedeva a Vittorio Emmanuele di poter continuare a combattere in prima fila e n'ebbe un rifiuto ... Il Giornale ufficiale di Napoli, ignorò la sua partenza; il suo nome vergognosamente venne dimenticato nei. Proclami del Re e del suo luogotenente Farini ai Napoletani ed a Palermo; e colla mancanza della più elementare cortesia il Re non assiste o non si fa rappresentare alla rassegna di congedo che Garibaldi passa in Caserta ai suoi legionari il 6 novembre 1861. .. Di peggio doveva accadere. Garibaldi, che le palle straniere avevano rispettato; Garibaldi che sulla via di Roma senza che sangue italiano venisse versato poteva essere arrestato ne1la traversata da Catania a Reggio di Calabria dai legni da guerra, che non gl' impedirono la partenza da Catania e che lo seguirono sui due suoi piccoli vapori che portavano i legionari dalla divisa: O Roma o morte; Garibaldi fu internato sull'artipiano di Aspromonte per esservi attaccato dalle truppe regie agli ordini di Pallavicino e di un rinnegato garibaldino, il colonnello Eberhardt; ed ivi fu ferito gravemente al piede - ferita che penetrò al cuore e che gli procurò tormenti e sofferenze fisiche inaudite. Ad Aspromonte si compì, dice Alberto Mario, una non necessaria e incredibile tragedia concepita e rappresentata secondo la tradizione dei signori italiani del secolo XV. La tragedia fu concepita ed eseguita in nome di chi era stato fatto Re d'Italia da Garibaldi; la tragedia fu completata dal delitto volgare, coll' eccidio di Fantina compiuto in odio a Garibaldi da quel maggiore De Villata, eh' ebbe in premio.la promozione dal Re. EdilReosadire a Durando in quel tempo: Garibaldi è insolente, mi dà fastidi, mi ha ingannato due o tre volte; bisogna prenderlo. Come? Quando? Dove lo ingannò? .... Forse nel1' incontro di Cajanello, in cui lo salutò Re d'Italia!!! Perciò il memore Re d'Italia, fatto tale da Garibaldi, non potendo sopportare il peso della riconoscenza dette ordine ai suoi generali nel 1862 di prenderlo ad ogni costo .... E lo presero ferito ad Aspromonte; e in nome del. Re il suo luogotenente Cialdini - quel Cialdini, che aveva pubblicato nella Perseveranza di Milano del 21 aprile 1861 una lettera bassamente ingiuriosa verso Garibaldi - burbanzosamente, col cappello in testa dalla tolda della Stella d'Italia, assiste al passaggio del prigioniero che viene condotto al Varignano; e il gran Re aveva dato ordini che la guerra contro Garibaldi fosse condotta vigorosamente e rapidamente; e il Re galantuomo non si vergognò di assistere a quei consigli dei ministri, nei quali si stabilirono prima le norme della guerra rapida e vigorosa e dopo si discusse del processo da intentare al vinto di Aspromonte, al prigioniero del Varignano, eh' era il duce dei mille, il liberatore della Sicilia e del Napoletano, che per opera sua passarono tra i domini del Re di Sardegna; ... e in quei consigli, alla presenza dello stesso Re, per la severità contro Garibaldi dava il suo avviso ..... il Conte di Persano - quello di Lissa! Ma Garibaldi, il grande, il magnanimo per eccellenza, serba ricordo di tanta e sì nera ingratitudine ? Oh no! Quando l'Italia avrà di nuovo bisogno di lui, egli non esita un istante a risollevare la bandiera col motto: Italia e Vittnrio Emmauuele; e corre di nuovo a combattere dove le difficoltà erano immense e furono forse giudicate insuperabili da coloro che comandavano sopra di lui e che non erano nemmeno degni di stare sotto i suoi ordini; e combatte come egli solo sa e vince sempre nel Tirolo, dove più che la resistenza austriaca gli era ostile la mancanza di armi, di munizioni , di vestiti, di cibi, di. carte topografiche ... Fu forse ingannato la quarta volta il Re, dal magnifico : obbedisco telegrafato da Garibaldi al Capo dello Stato Maggiore, che annunziò la disfatta irreparabile di Custoza? Garibaldi cancellò la pagina del 61 e del 62 e tornò quello che era stato sempre: l'Italiano dimentico delle ingiurie e della nera ingratitudine altrui, premuroso soltanto di servire il proprio paese e la grande causa cui aveva sacrato la vita sua e il suo genio. Ma non era giusto che tutti e sempre, falsando la storia, dimenticassero. Perciò ben fece Alberto Mario, quando passata rora del pericolo ed avvicinandosi l'ora della giustizia, rifiutassi di correre a Caprera nel 1882 alla morte dell' eroe, per non assistere alla grande profanazione della verità storica co.lla presenza di un rappresentante della dinastia Sabauda, che veniva a rendere ipocrito e tardivo omaggio a colui che per ordine della stessa Dinastia era stato più volte arrestato, calunniato, perseguitato, ferito, condannato a morte ... Perciò non si può abbastanza biasimare quel Comitato parlamentare, che cortigianescamente volle a suo capo il Re d'Italia, per commemorare il centenario di Garibaldi. Si cerca di giustifìcare l'atto con la _solita e comoda osservazione: le manifestazioni per Garibaldi son.o e devono esse,·e al di sopra di tutti i partiti. E sia; e gli rendano spontaneamente tutti i partiti anche quelli che maggiormente lo detestarono e lo perseguitarono vivente, quelle onoranze, che credono migliori ora eh' è morto. Ma si serbino sempre limiti e distinzioni sufficienti ad impedire che l'omaggio alla sua memoria si trasformi in una speculazione sulla ignoranza altrui, in un trionfo della ipocrisia, in una violazione della verità storica che offenderebbe quella memoria, che si vorrebbe onorare. ♦ In Garibaldi tutti riconoscono l'eroe nazionale per eccellenza -- il fattore massimo dell' unità di Italia. Nell'animo suo il sentimento nazionale dava vibrazioni alte ed armoniose, come le dette nei più gloriosi difensori della patria nell' antichirà e nei tempi moderni. Ma nella sua corda e' erano altre note , che ai più grandi suoi predecessori mancarono, fossero essi politici o guerrieri; mancanza che li rese unilaterali e che spesso produsse quella esaltazione del sano sentimento nazionale, che degenera in chauvinisme e in avversione , in senso d' invidia, verso le altre nazionalità. Garibaldi invece - e in ciò più grande di Washington che la sua spada pose ai servizi soltanto della sua patria - ama la nazione sua, cui consacrò tutto se stesso, ma nel suo cuore trovano posto tutte le altre nazioni , che vuole tutte libere e grandi - e in ciò segue Mazzini , che volle una
RIVISTA POPOLARE 317 Giovine Italia, ma in pari tempo caldeggiava la Giovine Eùropa ; che pensava agli Italiani, cui voleva dare una patria, ma che il proprio pensiero volgev.a anche agli Slavi, quando pochi di essi si preoccupa vano . . Garib~l~i eh~ rappresen!a~a l' azio.ne, coll'azione dimostro 1 suoi sentimenti 111ternaz10nali. Furono anzi le sue prime gesta gloriose a difesa della libertà degli altri p~poli, che lo prepararono e gli prepararono fama di grandezza, per compierne di margiori a difesa della libertà e della indipendenza del proprio paese. Prima che egli acquistasse fama imp~ritu1.·a per 1~ difesa di Roma nel 184q, infatti, Garibaldi era divenuto celebre per la difesa dei popoli di origine latina sulle rive del Rio delle Plata. Ion in quello delle romantiche e sentimental~ a~~rmaz~oni verba~i, 11:s nel campo dei fatti, egli prn tardi ebbe_ ag10 d1 mostrare la propria gra1:dezz_a, la sconfi:rnt~ magnanim~tà, l'amore per la liberta e per la 1nd1pendenza d1 tutti i popoli. Com~ egli! pu: .di se.rvire_ il P:Opri? paese e conseguire gli alti 1deah suoi naz1onalt, aveva dimenticato e perdonato sempre le offese dei ,Sabaudi· così del pari per riaffermare i nobili suoi senti~ menti e gl' ideali internazionali Garibaldi dimentica_ che i ma&"giori dolori d~lla sua vita gli era no stati procurati dalla Francia e che nei Francesi aveva incontrati i maggiori ostacoli per la realizzazione del suo ideale più a:to e più persistente: l'unione di Roma all'Italia. Perciò quando eo-li sa eh~ la F:a~1cia ha cacciat<? c?lui che. si pr~parò all assassm10 della repubblica 111Francia coll'assassinio della repubblica di Roma, quando seppe che la guerra della Germania diveniva ingiusta e lesiva della libert_à e della_ indip_en1enza della repubblica restaurata Hl Francia, egli dimentica che Oudinot e i soldati francesi lo avevano scacciato da Roma nel 1849; dimentica che la palla che lo aveva colpito ad Aspromonte era stata fusa per così dire a Parigi e che Re Vittorio Emmanuele Cialdini Pallavicini erano stati gli strumenti' di Euo-e~ia di Montijo, i,1:1P~ratrice dei Franeesi, che n~gavagli Roma e gl 111t1mava morte nel 1862· dimentica che a ~entana in_vece d' i_n_co1:trarsi n~gli scherani e nei mercenan raccogl1t1cc1 del Papa si era imbattuto nei soldati francesi che per la terza volta o-li p_recludono la via_di Roma ... - tutto ciò egli dime°nt1ca e. perdon~, mc_a:nazione sublime del principio della 111ternaz10nahta e delle solidarietà di tutte le nazioni per la difesa della giustizia e della indipendenza delle nazioni; ed Egli storpiato e già avanzato negli anni telegrafa a Gambetta cbe mette a disposizione della repubblica e della Francia ciò che di_lui resta. L'atto fa seguire rapido alla offerta; s'imbarca, a Caprera, sbarca a Marsio-lia corre sui campi di Borgogna dove si combatte~ se~1Zadiscutere, senza 1:eppure sapere in quale posizione egli va a trovarsi d1 fronte a nemici formidabili ed esaltati delle vittorie ininterrotte, accanto ad amici infidi , che male lo tolleravano, lo insidiavano lo invidiavano. ' • (Jo Jess1e White Mario , che lo seguì in Francia, come su tutti i campi di battaglia dal 1860 in poi gli domanda : Generale, che comando avete? Siete capitano di tutti i corpi .franchi o del/' esercito dei Vosgi? E Garibaldi di rimando: Non sono nè l'uno, nè l' altro. Sono soldato della repubblica e ciò JJi basti I E a lui realmente bastava per rinnovare le gesta di guerra che lo avevano reso celebre sui campi di battaglia dell'America e dell'Italia; a lui bastava di essere soldato della repubblica per vedere cadere tra i suoi vite preziose quali quelle di Cavallotti, d'lmbriani, di Perla e di cento altri; a lui bastava di essert soldato della repubblica per assistere al battesi mo del fuoco di Riccioui a Cha tillon , alla brillante carica di cavalleria di Canzio a Prenoìs • _,, l per aggrnngere al serto glorioso delle battaglie di S. Antonio, di Calatafimi, di Milazzo, del Volturno le altre di Pasques, di Talant, di Dijon. Garibaldi non ebbe altro premio, che la soddisfazione interiore di un grande dovere compiuto; ma in Francia come in Italia raccolse larga messe d'ingratitudine se non dal popolo, dai suoi rappresentanti e dai poteri costituiti. I ruraux lo accol- . gono male a Bordeaux. Ma non lo avevano accolto peggio i deputati italiani riuniti a Torino. quando egli perorò la causa dell'esercito meridionale e volle promovere la difesa nazionale? A Bordeaux almeno la grande anima di Victor Hugo s'indignò e il poeta dei Miserabili e della Leggenda dei secoli usci da un assemblea dove non aveva potuto prender posto Giuseppe Garibaldi. E in Italia? .... Garibaldi si era vendicato nobilmente, correndo in aiuto della Francia, delle offese ricevute dalla Francia. Ad altre prove doveva essere posta la sua magnanimità e la sua generosità. G.1:-eirrori della politica italiana, l'avidità del capitalismo, il dc:::it~erio di rifarsi sui deboli delle sconfitte infli l tcgli dalla Germania e di ricostruire male la gh,1 iu milit3re malamente oscurata a Sedan, indusser,;_ i governanti della repubblica francese ad inventare i krumiri, ad invadere ed a sottomettere al protettorato della Francia la Tunisia. L'impresa arrecò un nuovo perturbamento nll'equilibrio del Mediterraneo e fu grave offesa agli ì nteressi dell'Italia che vedeva in quella re~io ne africana, che aveva subito forte l'impronta deUa civiltà latina e che veniva considerata come un appendice dell'Italia ed una colonia nostra anche da uomini alieni dalle conquiste e dalle violenze militaresche, come Giuseppe Mazzini. Vampate d'ira e di sdegno corsero per la penisola e dei sentimenti prevalenti se n'ebbe testimonianza anche negli articoli bellicosi di Alberto Mario, che rimproverò alla monarchia sabauda la sua impotenza e la sua viltà. L' eccitazione degli animi venne portata agli estremi limiti dalla caccia scellerata che venne data agli Italiani in Marsiglia poco dopo in occasione del ritorno delle truppe vittoriose dalla impresa di Tunisi - impresa che a seconda delle diaboliche ma.cchinazioni. di Bismarck doveva distaccare la Francia dall'Italia e dare origini alla Triplice alleanza. Sembrava imminente uno scoppio aperto e bellicoso tra le due sorelle latine. Sopraggiunse allora la ricorrenza di una data, che sembrava la ·più opportuna, la più adatta, per rinfocolare tutti gli odi e tutte le ire tra Francesi e Italiani. Palermo, all'indomani di Tunisi e di Marsiglia, volle festeggiare solennemente il sesto centenario dei Vespri Siciliani e Garibaldi affranto dalle sofferenze fìsiche, Garibaldi che non aveva nascosto la propria indignazione per le ultime male azioni dei Francesi, manifestò la volontà di rivedere Palermo e di assistere alle feste di quel centenario. In quello intervento si vide subito la possibilità· di uno scoppio di entusiasmo popolare, che poteva essere la scintilla che doveva accendere un grande incendio tra Francia e Italia. Se. ne preoccuparono quanti conoscevano la impreparazione militare del nostro paese; se ne addolorarono e tremarono quanti vedevano nella Francia un faro di libertà, che i suoi nemici al di quà e al di là delle Alpi speravano in un conB.itto vedere spento. E tutti s'ingannarono perchè non seppero pene- . trare nella grande anima di Garibaldi. Egli, il fulmine di guerra, va a Palermo, che colle sue ac-
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