RIVISTA POPOLARE 205 di questi mogistra~i, che intendono altamente la loro mis•sione ne conosciamo parecchi; e sono più numerosi ancora nella modesta falange dei Pretori, che cominciano a rinsanguare cd a purificare i Tribunali. Aggiungo, però, che i magistrati ottimi sono i più severi contro i loro colleghi indegni e che essi sono i primi a plaudire a chi denunzia spietatamente gl' indegni ed invoca l'opera salutare della epurazione. Ricordo in proposito che gl' incoraggiamenti a proseguire la mia campagna mi vennero da magistrati di ogni ordine. Ebbi da recente congratulazioni vivissime per l'opera mia da un al!issimo magistrato, che era stato destinato proprio a Catanzaro, ma che volle allontanarsene ben tosto come se vi avesse respirato un' aria pericolosamente malsana. Del resto è bene intendersi sullo scarso numero dei magistrati indegni. Se nella popolazione totale il due per cento di delinquenti non rappresenta una proporzione allarmante, tale proporzione, anche ridotta della metà, diviene pericolosissima p,er la popolazione specifica, cui sono affidate gl' interessi dei cittadini e il compito di punire i delinquenti. Di più. La criminalità ignorata e non provabile dei magistrati è il caso ordinario, mentre è la eccezione per la comune degli uomini. Alla denunzia del reo, dirò così, privato provvedono tutti i cittadini, anche se dal reato non abbiano ricevuto danno diretto; e provvedono maggiormente i funzionari ad hoc; le prove contro di essi vengono ricercate da questi ultimi e fornite senza pericolo dai cittadini tutti. Ben diverso è il caso quando si è reso reo di peculato, di corruzione ec. un magistrato. In questi casi coloro che potrebbero fornire le prove, o che almeno potrebbero fare da accusatori, sono gli av-· vocati e i loro clienti, che dei magistrati prevaricatori sono stati i complici e che dal loro reato hanno tratto giovamento; denunziando la loro disonestà, quindi, denunzierebbero sè stessi mettendo a grave repentaglio i loro interessi economici, la loro reputazione e... la loro libertà. I magistrati imprudenti sino all'inverosimile, come l'Arnone, che lascino le prove della loro disonestà nelle mani di tutti rappresentano un caso tanto raro d' impreveggenza da doversi ricordare come un fenomeno strano, che in parte si può spiegare colla sicurezza della impunità. La sicurezza della impunità sino a ieri non era mal fondata. Accennai alle speciali difficoltà che si oppongono alla scoperta, o meglio alla prova, delle marachelle dei magistrati; altre ce ne sono. Contro i rei comuni insorgono e agiscono i cittadini, i reali carabinieri, i funzionari di pubblica sicurezza, i magistrati; tutti vanno nella ricerca delle prove e tutti - salvo processi misteriosi e mostruosi come quello per l'assassinio del Notabartolo, del Modica ec. - s'industriano ad assicurare il reo nelle mani della giustizia. Quando sorgono le prime voci accusatrici contro un magistrato, ordinariamente chi ne avrebbe l'obbligo, il superiore immediato e il Ministro, per mala intesa solidarietà, per la falsissima applicazione del principio di autorità, per non discreditare la magistratura - perchè la giustizia è fundamentum regni .... - si fa orecchie da mercanti nel maggior numero dei casi; e il magistrato :,ccusato se la ride sotto i baffi ed ostenta il disprezzo per gli accusatori, come il nominato Mercadante, cui bastava la fiducia dei superiori. Occorre che lo scandalo sia clamoroso, che la voce accusatrice sia autorevole, di persona influente per rompere l'alto sonno di chi dovrebbe avere il compito precipuo di vegliare. Occorsero le mie formali denunzie nella Camera dei Deputati, occorse la insistenza mia e dal collega Principe di Scalea per indurre il ministro di grazia e giustizia ad ordinare un inchiesta sulla magistratura di Caltanissetta; nè l'inchiesta si era potuto ottenere si no a tanto che non mc ne interessai io e che il ministero di grazia e giusti zia non pervenne nelle mani di Ettore Sacchi, per la magistratura di Trani. Dunque mentre per il reo comune la perquisizione, l'arresto, il processo di ordinario si seguono rapidamente; pel magistrato che si sospetta essere venuto meno ai propri doveri, con grandi stenti si comincia con una inchiesta. Ma in Italia a chi dice: Inchiesta si risponde dal pubblico : can1onatura più o meno indecente. Deve riuscire tale sopratutto quando si deve inquirire in via amministrativa su di un magistrato: manca il contraddittorio; l'accusatore spessissimo non è inteso; i testimoni che devono deporre sono sale1_ionati abilmente; l'inchiesta si svolge mentre il quasi-accusato resta in carica e seguita ad amministrare - a modo suo -- giustizia a coloro che dovrebbero contro di lui de-. porre e che hanno tutto da temere, nulla da guadagnare dichiarando quello che sanno. Si vuole una prova del valore di queste inchieste? Eccola. Due inchieste furono fatte sulla magistratura di Caltanissetta, di cui faceva parte l' ineffabile giudice istruttore, che mi onorava dal suo disprezzo e che, come il suo sozio Mercadante, andava orgoglioso della fiducia dei propri superiori .... come risulta da una lettera pubblicata del Giornale d'Italia. Ebbene: quando l'articolo mio e dell' avv. Ruffo nell'A11anti incalzano e non rendono più decentemente possibile l'inerzia del Ministro di Grazia e Giustizia si fa una terza inchiesta, della cui serietà era garanzia la scélta del funzionario destinato a farla: il Comm. Antonini - quello stesso che fece l' inchiesta a Trani e che la sta facendo adesso a Catanzaro. La terza inchiesta, senza che fatti nuovi sopraggiungessero e senza che nuovi testimoni venissero uditi, condusse al processo disciplinare contro l'Amone; ed indi alla condanna mite materialmente, ma che lo annientava moralmente perchè assodava la realtà delle accuse e lo sospendeva per tre mesi dallo stipendio e dalle funzioni. Ma a questo punto ci si deve chiedere: quando. un inchiesta viene fatta sul serio da un funzionario eccellente coni.e l' Antonini e i risultati sono positivi; in questi rari casi, rari come i corvì bianchi, quale probabilità c'è che essa riceva la sua sanzione colla pena inflitta a chi è venuto meno al proprio· dovere? Ben scarsa. Il processo contro il reo comune si svolge con tutta la garanzia della pubblicità, quello contro il magistrato è un affare di famiglia che viene trattato con tutta la tenerezza che un debole e senile genitore può avere per un figliuol prodigo. Nulla sa delle accuse il pubblico, nulla sa delle prove, nulla delle difese : tutto è mistero; tutto si riduce ad una discussionèella in seno della Corte di Cassazione, la quale, se le risultanze dell' inchiesta non sano favorevoli all'accusato ne fa una per conto proprio, come nel caso Arnone, nella speranza di potersi decen~emente liberare dalla gran fatica d' infliggere una qualsiasi punizione ad un collega. E quando è assolutamente indispensabile il colpire, la pietà, la preoccupazione di non rovinare la carriera di un padre di famiglia si sovrappongono a tutte le considerazioni , a tutte le prove. Così quei magistrati rigidi e arcigni, che in nome dell'interesse supremo della giustizia, condanneranno inesorabilmente alla galera il disgraziato
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