R l V I S TA P O P O L A R 1:: 211 via denominata dalla fama di Giosue Carducci. Ora questo a che serve? che indica? Tutte le vie d. Italia, passando da un'adorazione all'altra, han ricambiato nome quasi ogni lustro. E che perciò? I grandi morti si onorano con la virtù e con le opere. Almeno sulle vie soleggiate della patria e consacrate agl' illustri ricordi, volessero i nuovi Italiani far passare più sicura e più libera la forza del genio nazionale! Ma no: essi mutano solo di apparenze e seguono gli antichi costumi. Perciò noi affermiamo che la loro furia di commemorazioni, la loro fretta di cerimonie, è stupida vanteria, è molesta presunzione. Giosue Carducci non potrà uscire dal cuore della nazione, cui fu ammonitore e maestro con le mirabili voci della sua poesia. D'altra lode non ha ora bisogno. · Tàcciano quindi una buona volta i corifei di un pensiero decadente, che pur di alzare le rachi ti che braccia in atto di ostentata vanità, non rispettano neppure le tragiche ore della storia. Nelle età semplici e forti, quando sulla patria si abbatteva un lutto solenne, era costume che uno solo, degno per purezza di opera e d' inspirazione, interrompeva i silenzi della morte, raccogliendo le voci del popolo dolente. Ora non più. A commemorare Giosue Carducci, nella città ove la vita dell'Italia nuova pulsa con più forte battito, è sorto Gabriele D'Annunzio! ♦ Poichè l' uomo s1 e designato da sè alla successione del morto glorioso, poichè il suo discorso commemorativo è stata la più sfacciata falsificazione che del grande spirito si potesse fare, è bene trovar modo di affermare ancora una volta quale e quanta ditferenza corra tra il Poeta che l'Italia ha pianto e colui che se n'è proclamato erede. Era appunto questa proclamazione che più acuiva il desiderio di vedere in quale maniera Gabriele D'Annunzio avrebbe espresso, nei suoi lungamente faticati periodi, i caratteri della vita e dell'opera Carducciana. Chi più di lui, che se ne dichiarava continuatore, .doveva dare voce e forma imperitura al dolore del1' Italia innanzi alla tomba schiusa ad accogliere r ultimu Poeta di nostra gente? ' Altra volta la nazione era stata percossa e prostrata da tanta gravità di lutto. Il dolore aveva raccolte le anime in un consenso angoscioso di pianto. Era morto Giuseppe Garibaldi. Anche allora la rettorica compì le sue ges.ta indecenti ed ebeti. Ma a coprirle sorse per fortuna una grande e possente voce: quella di Giosue Carducci. H quale, invitato un giorno dopo la morte dell' eroe, a-.i esprimere il lutto della patria, dapprima si rifiutò, poi cedè vinto alle preghiere insistenti ed il dì dell'invito parlò improvvisando. Ed improvvisò la leggenda di Garibaldi, la più alata e sonante esaltazione dell'epopea della patria risorta. Era naturale: la grande anima, che aveva palpitato per le c;venture ed i martiri della nuova storia italica, attingeva ali ed impeti alla sincerità del sentimento. Donde la sua eloquenza che spicciava spontanea, sincera, commossa, senza premeditazioni e senza artificii. ♦ Tempra ben diversa quella di Gabriele D' Annunzio! Egli ha lasciato trascorrere un mese dal1' inviro di commemorare il Carducci e, dopo lunga fatica, non è riuscito a mettere assieme che una sconcia sequela di periodi copiati da suoi vecchi articoli e discorsi. Troppo opposta era la sua anima a quella del Carducci, perchè egli potesse trovare nella forza della commozione materia a ricordare degnamente il Poeta estinto I Troppo contrastante la sua arte a quella, onde il Carducci aveva conquistato la gloria! Ma il D'Annunzio non è uomo da perdersi facilmente d'animo. Scaltro com'è, ha pensato che la parte più interessante dell'orazione non dovesse essere l'esaltazione dell'estinto ma quella della città ov'era stato invitato a discorrere. E quest'esaltazione egli ha fatto abilmente, mobilitando i ricordi storici e le glorie presenti, per acquistare la benevolenza degli uditori, lusingati nel loro orgoglio per la città nativa. Non diverso metodo ha seguito Giovanni Pascoli nella commemorazione tenuta a Pietrasanta, esaltando la Versilia ! Fatto quest'esordio, il D'Annunzio ha cominciato a frugare nelle sue vecchie carte, ed ha trovato modo di seguitare con un brano che fa parte di un articolo intitolato Per un atto dijèrvore, pubblicato nel Giorno di Roma, di buona memoria, del 14 maggio 1900. A quel giornale io rimando i lettori di buona, voglia perchè facciano gli opportuni confronti con la pag. 7 del fascicolo recente, nel quale il Treves ha raccolto la commemorazione del D'Annunzio. Segue la descrizione del Paese, nel quale il Carducci nacque, e l'impressione che una tale descrizione produsse nel Poeta infermo. Questo tratto, salvo più diligenti ricerche, è il solo che il D_'Annunzio abbia composto per la commemoraz10ne. Ma subito dopo egli pensa di giovarsi, non sapendo più .che dire, indovinate un po' di quale delle sue prose? Di quella ch_e compos_e come_programma elettorale, quando s1 presento candidato alla deputazione nel collegio _di_Pescara .. La Tribuna del 23 agosto 1897 pu~bhco quel d1s_corso. I lettori, che ne abbiano voglia, possono confrontare le pagine 12, 13, 14, 15, 16 del recente opuscolo e vedere che son tolte di peso da quel programma elettorale. Le pagine seguenti (18, 20, 21), ~on~ anche ~i vecchia data: sono le parole che 11D Annunz10 pronunziò a Boloo-na, per propiziarsi gli animi, quando nel I 902 ° si ~-ecò a leggere ~a sua Can_- zone di Garibaldi. E furono anch~ nstampate 11 giorno dopo la morte del Carducci, d~l Pu_ngolo, che le riprodusse dal Resto del Carlino d1 quell'anno. . . A questo punto dell'_ orazione, il D'Annunz10 s1 dimentica del Carducci, che deve commemorare, e bruscamente con un trapasso illogico ed insensato, passa a parl~re delle condizioni della Fran~ia, della Germania dcli' Ino-hilterra, dell' Europa intera, e dell'Asia ~ dell'Afi~ca, e della missione dell'Italia in questo rivolgimento delle condizioni universali. Tutte queste pagine, che vanno dalla ~3'1 a_l~a 2Q\ sembrano ino-iustificate, inopportune, 1nut1lJ. Ma b D' . l non così apparvero al Annunz10 c 1e, non_ sapendo dire nulla di deg~10, ha tro-yato ~1odo d1 allungare il suo discorso d1 altre pagine, nsta1:1pand~ un suo vecchio articolo, edito anche nel Giorno d1 Roma, il 21 maggio 1900, ed intitolato Della coscienza nazionale. , . . Chi vorrà confrontare trovera che le vanan t1 sono poche o nulle: vi è solo l' interpolazione furba di qualche verso carducciano, con:e quell<? tol_to dal Saluto Italico, per provocare gli applausi al ricordo di Trento. Così si giunge alla fine dell'orazion~, c~e e~alt~ novellamente la città di Milano, perche gli ud1ton possano applaudire più calorosamente. ♦ Tale il discorso che Gabriele D' Annunzio ha
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