Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIII - n. 7 - 15 aprile 1907

RIVISTA POPOLARE 181 solidarizza queste forzt: per la conquista della natura fatta dall'uomo. La legge si sa, non ha per oggetto di stabilire dei rapporti novelli tra gli uomini , ma di equilibrare e di facilitare quelli che esistono. Se essa andasse contro la natura delle cose t: degli uomini, se sostituisse ai rapporti costanti e non di meno in perpetua trasforma1.ione, rapporti arbitrari imaginatati dalla ragion pura, insufficientemente rischiarata sulle condizioni del mezzo sociale , sulle facoltà e bisogni reali degl' individui , la legge sarebbe la tirannia di tutti su tutti e non tenderebbe che ad essere disobbedita e violata, e finalmente abrogata da quelli stessi che l' avrebbero fatta. Ma , si dice , la volontà della democrazia si esprime colla maggioranza per le sue leggi , e nella specie le leggi operait:, non stabiliscono forse la tirannia di coloro che non posseggono , su coloro che posseggono se questi sono la minoranza ? Qui rispondono i fatti e la teoria si disimpegnerà da ogni risposta. RicorJiamo che la libertà è il prodotto del contratto e che, fuori del contratto, nori esiste che arbitrio. Protetto dalla legge. che gli assicura la libera possessione dei suoi beni e la facoltà di · accrescerli o di perderli nella lotta industriale vale a dire liberato da tutte le pastoie che I' antico regime apportò alt' esercizio delle sue attività ed al1' impiego del suo avvenire , un uomo im__piantaun' officina e degli operai vanno ad offrirgli il loro braccio. Non è la fame che ha spinto a costruire l'officina, poichè egli ha un capitale che gli permetterebbe di vivere se non largamente , per lo meno senza privazioni. Ma egli vuol vivere;: largamente, ma ha dei figli che dt:sidera dotare riccamente , ma ha l' ambizione di occupare il primo posto nell'industria e di figurare tra i cittadini più considerevoli, ma egli sente in sè delle forze che domandano di essere spese e dei progetti che sogna di realizzare, ma egli desidera di accrescere la ricchezza e la prosperità del suo paese. Tutte queste ambizioni sono legit time e lodevoli. Gli operai che ne saranno il mezzo non vogliono altro che vivere e dar pane ai loro figliuoli. La teoria li dichiara liberi di stringere col paJrone un contratto di lavoro. La rt:altà è tutt' altra : la loro libt:rtà ha la durata di una digestione, poichè es~i mangeranno a mezzodì so!o se hanno lavorato la mattina; essa ha per limite il volere dell'industriale poichè costui può dargli o toglit:rgli il lavoro. La legge sociale ignora i rapporti tra operai e padroni che regola solo la legge naturale. Se i padroni corrono dietro agli operai, costoro mangeranno bene ; se gli operai corrono dietro ai padroni molti operai mang, ranno male, e qualcuno non mangerà affatto. Ma sic come è più facile veder I' operaio correre dietro al padrone, è sotto il pungolo della necessità che gli operai accettano i1 preteso libero contratto. Essi entrano nelle officine e vi trovano un regolamento che non hanno fatto essi e che distriouisce liberalmente ammende, riteuute e sospt:nsioni ai ritardatari, ai pigri, ai maldestri, pe nalità che l'arbitrio di un solo stabilisce ed applica. Essi lavorano in locali stretti e malsani , ed aggiungono 1\ dono della loro salute alla vendita della )on, forza. Sono espost: ad accidenti che possono mutilarli od ucciderli. E siccome essi non hanno liberamente contrattato il prezzo del loro lavoro e le condizioni alle quali esso si effettua e questo prezzo non basta al sostentamento della loro famiglia, essi subiranno che le loro mogli e i loro figli si spossino di notte e di giorno in locali malsani e pieni di pericoli. Ed essi saranno compensati dal loro sacrificio con una riduzione di salario derivante dalla concorrenza che gli fanno le sue donne e i suoi figliuoli. Dov'è la libertà dell'operaio in tutto ciò? Si scorge piuttosto la tirannia di chi lo impiega, su tutto quando cede alla tentazione di infondergli le sue credenze po - litiche o religiose. Quali leggi intervengono per riavvicinare maggiormentt: al carattere reale del contratto i rapporti tr.1 operai e padroni , m che cosa i padroni sono tiranneggiati ?- Essi lo sarebbero certamente se queste leggi togliessero ai padfoni il loro capitale e li costringessero a lavarare pt:r gli operai alle condizioni che essi stessi impongono. Ma non è di questo che si tratta nella legislazione del lavoro. Proteggendo la salute e la vita delle donne e dei fanciulli, portando a limiti normali la durata del lavoro, assicurando l' operaio centro i rischi professionali e mettendo la sua vecchiaia al sicuro del bisogno, creando il diritto di asso:::iazione ·sindacale e il diritto di coaliz;one, preparando l'incorporazione al diritto pubblico dei contratti di lavoro lasciati sin qui nel dominio del diritto privato èd anche dell' arbitrio individuale del più forte, la legge è tirannica pei padroni? Non lo pensavano gl'industriali di Mulhouse che nel 1830 commossi dalla sorte dei fanciulli occupati nelle manifatture, domandavano che la legge fissasse l'età di ammissione e la durata del lavoro , sollecitando essi stessi un freno alla concorrenza omicida pei salariati che essi erano costretti a farsi, pena la rovina. Non ciebbono pensarlo nemmeno gl' industriali di oggi che respingono la legislazione del lavoro perchè rischia di favorire la produzione straniera non sottoposta ad una identica legislazione. L'accordo franco-italiano che tende a stabilire una legislazione internazionale del la_voro,rassicuri gl'industriali. Quando la le,rne protettrice del lavoro , creatrice del libero contratto, organizzatrice dell' assicurazione e della previdenza sociale, funzionerà in tutti i paesi posti in condizioni industriali sensibilme.1te identiche, gl' industriali saranno essi tiranneggiati? No·: essi saranno stati sottratti d3:lla legge all'arbitrio proprio nei loro rapporti cogli operai. Questi rapporti diverranno, a misura. che tale legislazione si svilupperà , rapporti di diritto, creatori di libertà non contro qualcuno, ma per tutti. La tirannia è nel passato in cui la forza spoliatrice della debolezza era il diritto, ove la grazia, il favore, il caso, l'arbitrio, erano la regola. La libertà, è nel presente e su tutta nell' avvenire; essa è nella legge fatta per tutti e da tutti, la legge, di cui la dichiarazione dei Diritti del! Uomo e del Citta iino fu la prima e solt:nne affermazione. EuGÈNE FouRNIÈRE Ai lettori della Rivista Popolare arrivera nuova la quistione,cui e consacratoil lunghissinio articoloche segue ; arrivera loro nuova perchepoco rumore se n' e fatto nella Camera ed uno ancoratninorl~nellastampacontinentale. Ma se la quistionee stata poco dibattuta non é per questo1nenoimportante:essa si riferisce ad una iniquita legislativae governati-va , di cui non sarebberostati capacinè il governodei 'Borboni,ne quello del Papa. Il relativo silenzio sulla medesimasi spiega col fatto che sono pochissimie relativamente piccoli i Comuni del Regno, chefurono colpiti dalla iniquita in discorsoe che furano colpiti in nome dì un principioche incontrava le generali simpatie e sotto l'egidadi un no,mecaro al mondo parlamentaree non sospettato , nè sospettabiledi prepotenzae d'ingiustizia:quello di GiuseppeZanardelli. Si agi in nome della sua legge; ma l' esecutoredel!'iniquita fu un vecchiorimrninchionitoi,l SenatoreFerraris; il' quale invecedi essere1nandatoin un asilo d'in-

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