RIVISTA POPOLARE 179 A tale questione la storia economica e sociale risponde , e noi vedremo , mercè essa , dissiparsi le vane apparenze e le false rassomiglianze. Comparate la legislazione di prima e dopo la Rivoluzione, comparate i fatti che esprime e sanziona e sarete immediatamente convinti. Prima della Rivoluzione , i regolamenti di mestiere e le ordinanze reali che fissavano i diritti dei fabbricanti e limitavano la loro concorrenza proteggendo i consumatori contro ie frodi e le sofisticazioni, assicuravano l'autorità sovrana dello Stato tanto dal lato dell' ordine pubblico che da quello della fiscalità. Pei salariati non una parola per proteggere la loro salute, le loro forze, la loro dignità di uomini , i loro salari di produttori. Quando la legge si _occupa di essi lo fa per fissare i loro rapporti di subordinazione, per stabilire un massimo di salario che non si deve sorpassare, sotto pena di prigione , per trattarli come schiavi se rompono il contratto di lavoro che li lega al padrone, per inviare alle galere quelli che cercano di opporre la unione clandestina degli operai alla cospirazione ufficiale dei padroni, per appendere alle forche coloro che suscitano ed organizzano il rifiuto concertato del lavoro. Dopo la Rivoluzione, e passato il periodo di incertezza in cui, nel nuovo statu:o, il fatto e il dir:tto sembravano opporsi, lo spirito stesso del liberalismo moderno prevale sulla lettera, e salvo il protezionismo ed i premi diretti o indiretti alla fabbricazione, la legislazione economica non si occupa più che di migliorare la sorte dell' operaio. Il sistema protettore stesso pone per primo dei suoi motivi l'interesse della clarse più povera e più numerosa ed afferma che è per assicurare il la varo ai loro operai che i fabbricanti sollecitano scvven · zioni dello Stato. Un principio nuovo, totalmente sconosciuto dall'antico regime, è dunque stato introdotto nella legislazione economica. Si regolamenta ancora, che che ne dicano i teorici dell' anarchia capitalistica, e si regolamenterà iempre , sotto una o un' altra forma , con tati e tali altri metodi , secondo tali o tali altri principii; poichè lo sviluppo economico e sociale moltiplica i rapporti , divide, individualizza , oppone e solidarizza, nello stesso tempo tutte le manife,;tazioni dell'attività umana e la necessità, per conseguenza, di multipli rapporti giuridici appropriati. Ma non si regolamenta più sugli stessi oggetti nè i medesimi rapporti come sotto lo antico regime. Si oserà pretendere per esempio, che in Turchia dove la pubblica igiene è molto arretrata e si può impunemente ingombrare ed infettare le vie di immondizie, la libertà è maggiore che in Francia, ove n'.:ln si può scuotere un tappeto dalla finestra dopo le r o del mattino , senza esser presi in contravvenzione ? In contracambio mille servitù di opinione, senza parlare dell' assenza totale di pubbliche libertà, vietano legalmente, in Turchia il gesto più insignificante. Dei due paesi, dunque, ve n' è uno ove si fanno regolamenti della tirannia e della conservazione degli antichi errori ed abusi, e un altro in cui se ne fanno nel senso della libertà ed in favore di innovazioni utili a tutti ed a ciascuno. Nel primo, si ligifera contro il pubblico, nel secondo in suo favore. Nel primo vi è poco regolamento e molto arbitrio , nd secondo il viceversa. Io sfido pertanto i dottori più quotati del liberalismo di sostenere che in paragone della Francia, la Turchia è una terra di libertà. Ciò che non ci fa accorgere che la legislazione del lavoro ha la sua sorgente nei principii della Rivoluzione è il fatto che da una parte questa sorgente è stata derivatà dai primi momenti della grande industria cogli elementi conservatori e feudali della società, specialmente in Inghilterra e che, d' altra parte, si vedono governi conservatori e feudali, come il germanico, praticare più arditamente che non nella Francia democratica, l'intervento dello Stato nei rapporti tra gli assun tori ed i salariati. Ma noi abbiamo visto che l'intervento dello Stato, secondo la concessione dell'antico regime, non si esercitò mai in favore degli operai e che vi è in ciò una differenza fondamentale con l'intervento che si inspira ai diritti dell'uomo ed opera per assicurare precisamente agli operai l'esercizio di questi diritti. Il conservatorismo sociale inglese _della prima metà del XIX secolo e quello tedesco della seconda metà, sono stHti ispirati, il primo dal desiderio di riconquistare I' influenza sociale che gl 'industriali ed i negozianti usurparono durante il liberalismo economico, ed il secondo allo scopo di opporsi alla propaganda del socialismo disarmando la sua critica sulla misera condizione fatta al proletariato del nuovo ordinamento industriale. Bisogna aggiungere che a sua insaputa , il conservatorismo sociale si è trovato penetrato da un sentimento di pietà e da idee di giustizia di cui si cercherebbero vanamente le traccie nella legislazione ed i fatti economici e s:,ciali dell' antico regime e che gli erano imposte dalla filosofia del XVHI secolo: Hume, Locke, Rousseau e Kant, ecco i veri ispiratori del conservatorismo sociale moderno anche quando esso sogna un impossibile ritorno alle corporazioni abolite da Turgot. Poichè la legislazione del lavoro non attenta alla libertà dd lavoratore. Sotto il regime corporativistico questa libertà non esisteva. Sotto il regime transitorio che ha visto la formazione della grande industria il lavoratore era teoricamente tanto Iibero quanto il padrone. Ma inferiorità di ogni natura costituivano ostacoli insormontabili alla realizzazione della sua libertà. Egli non aveva, e non ha altro patrimonio oltre la salute. Ora, la sua miseria lo situava in condizioni di igiene deplorevole, l' obbligava a vendere la sua forza di lavoro fin - · dall'età più bella mentre la durata della sua vita media equivale appena in certi centri manifatturieri, al quarto della vita media di un fabbricante. Le leggi d'igiene pubblica, recentissime e timide ancora, e le leggi protettive del lavoro dei fanciulli gli costituiscono dunque dei mezzi di libertà reale ignorati non solo sotto _l'antico regi,ne, ma nei primi tempi dell'industrialismo moderno. Questi mezzi di libertà sono stati accanitamente combattuti dai teorici del liberalismo. L' operaio era ignorante. Non solo gli era impossibile di conoscere le condizioni generali della produzione e di apprezzare il valore del suo sforzo nello insieme dei valori che contribuiva a creare, ma ancora la sua ignoranza delle regole ·più elementari dell'aritmetica non gli permetteva di imperare da sè la quantità di lavoro fornita al padrone. Che cosa era in queste condizioni il libero contratto di lavoro che l'operaio è tenuto a far pel padrone? E quando s,)tto Luigi Filippo si tentò di seguire, da molto lontano, il piano d'istruzione pubblica tracciato delle carte del 1789 e dalla Convenzione, non si videro i teorici del liberalismo , uniti a quelli del!' antico regime, proclamare che l'insegnamento è un affare privato e, sotto il colore della libertà d'insegnamento, reclamare il diritto all'ignoranza? Non significava questo, nelle condizioni materiali e soc:ali in cui si trovavano gli operai, frapporre tra essi ed il sapere un insormontabile ostacolo? L' operaio aveva gli stessi diritti politici degli altri membri del corpo sociale? Il suo padrone pagava il censo, era elettore, cittadino, sovrano. Egli che dava il quarto del suo salar io alle imposte sui consumi, non era nello Stato nulla altro che un suddito. Il suo padrone si esonerava dall' imposta del sangue; egli elle non poteva comprare un uomo , doveva portar lo zaino sette anni. Il liberalismo politico approvava queste servitù ed il liberalismo economico non vi trovava a ridere. Aveva egli almeno lo stesso diritto giuridko? No, anche su questo terreno la sua inferiorità sociale t!d economica era flagrante. Col libretto egli si trova va nello stesso tempo sottoposto ad "' un regime di sorveglianza amministrativa e nella stretta dipendenza dei capi industria. [I diritto di associazione , tanto
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