124 RIVISTA POPOLARE Confessiamo sinceramente eh' è la sola che ci sembra stria e che e' indurrebbe a combattere la riforma invocata: 1 ° se l'autonomia fosse una cosa reale; 2° se dell'autonomia gli enti locali avessero fatto ,buon uso; 3° se l'avocazione della spesa allo Stato non fosse conciliabile con una maggiore autonomia del Comune anche in fatto di regime scolastico. Tutte le leggi dello Stato hanno ridotto a misera cosa l'autonomia dei corpi locali; le leggi cennate sulle nomine, sugli stipendi, sulla stabilità dei Segretari comunali, dei medici condotti e dei maestri sono la negazione dell'autonomia. La quale certamente non viene meglio rispettata dalle disposizioni tassative sulle speseobbligatorie, che assorbono quasi tutte le attività del bilancio ed hanno tolto qualunque interesse alla sua discussione. Invocare oggi il rispetto e il mantenimento di quella autonomia ... che non esiste, ci pare adunque un'ironia. L'ingerenza del Provveditore, del Consiglio provinciale scolastico, degli Ispettori è continua nelle cose della Scuola ed ha ridotta quasi a zero la libertà di azione del Comune. Della poca eh' è rimasta in fatto di nomina - specialmente d'insegnanti - i Comuni non potrebbero fare uso peggiore : nella terna raramente si sceglie il candidato che ha i titoli maggiori , m~ il secondo e il terzo, che hanno saputo lavorarsi la maggioranza consiliare. E bisogna vedere come nell'Aula del Consiglio accorrano solleçiti certi consiglieri, che sono ignoti agli uscieri quando ci sono le nomine all'ordine del giorno ... L'intervento menzio- /nato delle autorità superiori di nomina governativa - Provveditore, Ispettore, Consiglio provinciale scolastico, nel quale è il Prefetto che comanda-spessissimo è benefico e costituisce la prova migliore del cattivo uso che fanno e farebbero, se ne aves- ~ero maggiore, dell' autonomia. Intervengono per fare pagare i maestri, per fare assegnare gli stipendi di legge, per fissare le classi, per correggere la graduatoria, per agire come pungolo salutare contro una inerzia scandalosa ed una resistenza passiva nel1' applicnione delle leggi ·che mirano al bene della scuola cd alla diflusione dell' istruzione. In ultimo ripetiamo ciò che l'on. Colajanni rispose all' on. Bertolini in Giugno e in Dicembre scorso nella Camera dei Deputati. L'avocazione della Scuola allo Stato nei rispetti finanziari non implica soppressione necessaria dell'autonomia comunale. L'esempio dell'Inghilterra è più che concludente. Ivi lo Stato distribuisce i suoi trecento milioni all'anno col massimo rispetto delle autonomie loc~li, almeno sino a tanto che furono in vigore i BoardsSchools. I conservatori li soppressero per ridare forza e prestigio all'insegnamento confessionale degli Anglicani e dei Cattolici. I liberali vogliono giustamente loro ritoglierli, sospinte dai non conformisti e da quanti amano la liberd di coscienza. D' onde l' Education .Act di 'Birrcl e b lotta asprissima tra conservatori e liberali-trincerati: gli uni nella Camera dei Lords e gli altri nella Camera dei Comuni. Avochiamo la Scuola allo Stato in quanto alla parte finanziaria; aumentiamo l'autonomia dei Comuni in quanto al resto. Avremo seguito l'esempio dell'Inghilterra, ch'è a tutte maestra in fatto di autonomie. Aggiungiamo che se i Comuni saranno liberati della preoccupazione finanziaria metteranno molto maggiore diligenza nell' invocare il rispetto delle leggi, nello interessamento per la scuola, nel promuovere la istruzione popolare. I Comuni che potranno e vorranno spendere avranno sempre largo campo a spiegare la loro benefica attività consolidando l'istruzione acquistata nelle scuole elementari, allargando la cultura, favorendone le applicazioni prati che. ♦ Il movimento in favore dell' avocazione della Scuola allo Stato nella sua forma pratica e nel suo primo tentativo di applicazione ebbe b spinta dalle ragioni finanziarie. In tali motivi risiede la .:ausa prima delle larghe simpatie che esso ha incontrate. Ma ad esso portarono il loro contributo i rappresentanti dei partiti politici più avanzati, specialmente dei socialisti e dei repubblicani, che l'avocazione della Scuola allo Stato integrarono ed allargarono col principio della laicità. A nostro avviso l'invocata laicità nuoce al trionfo dell'avocazione della Scuola allo Stato. I clericali e i conservatori l'avversano benchè sappiano, eh' essa di fotto esista nella grandissima maggioranza delle scuole elementari, che omettono interamente o riducono al minimum l'insegnamento religioso. (1) Se lo Stato di fatto è quello della laicità, perchè svegliare gli avversari , che potranno riuscire ad una non piacevole reazione, invocando dichiarazioni legislative superflue e diremmo retoriche o teatrali? Non discuteremo qui se per laicità debba inten• dersi l' areligiosità assoluta nella scuola, che realmente non esiste nè in Is~izzera, nè in America, nè altrove. Ma certamente la laicità viene invocata dai più per togliere un mezzo di propaganda ai clericali, che della scuola intendessero servirsi per combattue l'Italia nuova e tutta la nuova civiltà. Crediamo esagerato il timore della efficacia della propaganda clericale per mezzo della scuola. Questa non ha tempo e modo di educare efficacemente; ma non si può negare del tutto la sua influenza specialmente nei piccoli centri. Ora questa particella d'influenza che il clericalismo può ,.esercitare per mezzo della Scuola avrebbe dovuto indurre tutti i veri liberali a propugnare l'avocazione allo Stato. Non è senza meraviglia, perciò, che abbiamo letto le obbiezioni che contro il provvedimento sono state formulate nello interesse della libertà e della civiltà. Si è detto - e, se non andiamo errati, anchè da un radicale come l'ex Deputato Girardini - che lo Stato potra cadere in mano dei clericali e che allora esso per mezzo della Scuola eomprimerà ogni sana iniziativa progressiva; e si è detto altresi che la Scuola in mano dello Stato sarebbe la più flagrante violaiione di ogni principio di libertà. Ai primi la risposta è semplice. Ora come ora, lo Stato non è in mano dei clericali, per quanto qualche governante per essi nutra delle simpatie. Molti Comuni, invece, sono stati da recente o sono tuttavia nelle mani dei dericali. E non si tratta di comunelli, ma delle maggiori città d'Italia: Roma, Torino, Genova, Venezia, Messina, Napoli ..... Ciò (1) Il Momento, giornale clericale di Torino tra i più autorevoli, esplicitamente, almeno secondo un punto dell' articolo che dà la sindacalista A 1ione, di ac.:ordo con quello, domanda: chi ci garantisce, chi ci assicura contro il pericolo che lo Stato mini le basi dell' insegnamento religioso 't
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