80 RIVISTA POPOLARE sulla via della riforma progressista. 2° Tutti i direttori delle scuole pubbliche elementari dovrebbero essere nominati dalle autorità pubbliche. 3° Ogni insegnante dovrebbe divenire un pubblico funzionario ; e questa sarebbe una riforma che reagirebbe sulla educazione degli alunni in modo che sarebbe impossibile apprezzare esattamente. 4° L'istruzione nelle campagne (villages) dovrebbe passare dalle mani degli ecclesiastici in quelle dei municipi. Se noi non ottenessimo che questo non avremmo lavorato invano nel 1906. Questo fu il nostro grande sforzo; e questo fu molto contro le forze trincerate del dominio territoriale e clericale. 5° L'insegnante dovrebbe essere dispen · sato , senza pregiudizio della sua qualità di funzionario dello Stato, dall'obbligo di dare l'insegnamento religioso intorno al quale potrebbe avere degli scrupoli di coscienza. 6° La rimunerazione degl 'insegnanti confessionali sui fondi pubblici dov1'ebbe essere dichiarata illegale. 7° Si dovrebbe stabilire il grande e benefico sistema d'ispezione medica e di assistenza pei tanciulli poveri nelle nostre scuole più umili. Nessuno può misu - rare l'azione benefica che eserciterebbe questa riforma che lo stesso Balfour cordialmente appoggiava in modo molto simpatico. Il Bill del 1907 dovrebbe stabilire in modo scientifico la parte finanziaria dello Stato nelle spese per l'istruzione. Attualmente i contributi annuali dello Stato in pro dell'istruzione sono spesi e dati nella maniera più disordinata (rough-and ready Jashion). Si deve sperare che al momento opportuno il governo faccia trionfare il principio che l'istruzione confessionale venga pagata dalle rispettive confeisioni. E in ciò sono di accordo gli stessi denominazionalisti. · Finalmente rimane la quistione della condotta da seguire verso le se uole non sussidiate ( ? Non prov'ided). Fa parte del progetto del governo I' idea che tutti gli amministratori delle ,scuole devono essere nominate dall'autorità scolastica locale. Ma le scuole non-provided saranno amministrate da un Comitato di sei persone, delle quali due soltanto saranno rappresentanti pubblici. Per parte mia credo intollerabile questo sistema. (Contemporary Review, Gennaio). ♦ Eduard Goldbeclc: La politica Balcanica <lell'Ita · Ha. - Il Conte Corti fu supersaggio quando, al tempo del Congresso di Berlino, respinse sdegnosamente il consiglio di Bismarck che l'Italia occupasse Tunisi, dicendo che l'Italia non voleva aver guerra colla Francia. Tunisi, soltanto poche ore distante dalla Sicilia, e scopo naturale della politica espansiva dell'Italia, aveva già nel 1878 un carattere chiaramente italiano, e l'occupazione di Biserta avrebbe assicurato ali' Italia il comando della traversata del Mediterraneo. Invece, Jules Ferry prese Tunisi, ed il trattato di Kasr-el Saie segnò il principio della Triplice Alleanza; poi seguendo l'idea di Mancini che la chiave del Mediterraneo è il Mar Rosso, l' Italia cominciò la disastrosa politica in Abissinia. Il tempo guarì la ferita all'orgoglio e nel 1899, l'Italia strinse l'accordo colla Francia rispetto a Tripoll. Per difterire la presa di possesso dell'Italia, la Francia suggerì che essa dovesse estendersi nel1' Albania e Macedonia, e, mentre I' attenzione dell' Italia è stata diretta ali' est, sotto iI pretesto di proteggere la frontiera di Tunisi, ha occupato una oasi dopo l'altra - l'ultima Birma, - dominando Tripoli dalla parte del Sudan, mentre l'Italia non può o non vuole far obiezione e continua a volgersi all'est. Il matrimonio di Vittorio Emanul!le con Elena di Montenegro ha rinforzato questa tendenza. Non è mai difficile di trovare una base storica per qualunque azione. L'Italia si dice erede della tradizione di Venezia, ma questo è direttamente contrario ai bisogni dell'Austria. L'Austria deve mantenere il suo solo sbocco sul mare per conservare il suo traffico internazionale, un interesse vitalissimo. Inoltre, nei Balcani occidentali, l'Austria ha il migliore diritto; e in 25 anni ha fatto un lavoro di gran valore per la Bosnia ed Erzegovina, che negli 80 anni della sua occupazione in Algeria la Francia ha tentato invano, verso la soluzione del problema d'accordo la civiltà maomettana collo spirito occidentale. Quest' unione è più facilmente detta che realizzata; in Macedonia e Albania abitano serbi, bulgari, turchi, albanesi, greci, cuzovalacchi ed altri: vicini lottano islamismo e cristianesimo, cattolicismo romane e cattolicismo greco, difficoltà nelle chiesa rumena e serba, e scismi tra i maomettani stessi, lotte che cambiano faccia di mese in mese. Gli albanesi stessi sono tutt'altro che un'unità confessio.nale, e sono i mantenitori classici del'a vendetta. Il grido di quelli stabiliti in Italia per un'autonomia irrealizzabile dell'Albania, vuole dire necessariamente lo stabilimento di un protettorato, e per conseguenza, possesso del protettore. L' Italia si dichiara per la penetrazione pacifica usando la ferrovia e la scuola come i mezzi d'avanzarsi: il barone von Chlumecky nel suo libro << Oesterreich Ungarn und Italien » racconta come sono elaborati i dettagli: Quando i due :;:tati si saranno tanto fortemente impegnati in qualla direzione che abbiamo fatto di quei paesi un nuovo Schleswig Holstein, sarà troppo tardi per ritirarsi. C'è ancora tempo per l'Italia di consolidarsi a Tripoli: la sua politica ali' est trascina inevitabilmente alla guerra coli' Austria. ( Der Deutsche, Gennaio 1907). + Hans Lindau : Il precursore dell' unìone Europea. - La posterità ricorda altri vincitori oltre che quelli della spada, e tra questi eroi del cuore non dimentica inte • ramente il pn:cursore del movimento della pace, l'Abate St. Pierre ( 1658- 1743), un uomo, per i suoi contemporanei, mezzo filosofo e mezzo pazzo, ma secondo Hermann Hettner, un uomo sopratutto benefico nel senso, in cui la parola era usata dall'abate stesso. « Le Paradis est aux bienfaisants ». Herder lo mette nello stesso rango con Comenius, che considerò il governo degli uomini come l'arte delle arti, e suo scopo, la pace. Nel 17 12 in Colonia uscì il libro del!' aba~e St. Pierre, « Memoires pour rendre la Paix perpetue/le en Europe », il cui successo incoraggiò l'autore a pubblicarne nell' anno seguente un lavoro più grdnde, il ben conosciuto « Projet », pubblicato in Utrecht in 2 volumi da Antòine Schouten. Nel 1716 seguì un terzo volume colle aggiunte e i cambiamenti. A 20 anni, St. Piecre si mise a studiare un piano per diminuire il numero dei processi: una memoria cnn proposte costituzionali e audaci giudizi sul governo di Luigi XVI ne causò l'espulsione dalla Accademia di Francia. Nei << Caratteri » di La Bruyèr l'abate St. Pierre è dipinto come uomo, in società, vestito in modo strano, senza riguardi per le abitudini co~renti di precedenza e di contegno, e interamente indifferente al ridicolo: tuttavia la persistente bontà del suo cuore e della sua volontà gli guadagnarono simpatie anche tra coloro che ridevano. St. Pierre credeva alla possibilità di una pace europea duratura sulla base di un 'unione nazionale cristiana, una associazione di stati che doveva assicurare ad ogni stato le stesse garanzie che ogni stato dà ai suoi cittadini, proteggendo i deboli contro i forti e tenendo a segno i malevoli, col rispetto a leggi efficaci. Le incerte condizioni nell' equilibrio del potere degli stati europei non avrebbero potuto sussistere in presenza di una tale unione di poteri. Il bravo abate avrebbe voluto applicarla a tutto il mondo ma si contentava dell'Europa per non compromettere interamente il credito del suo schema. Egli aveva un modello nella federazione germanica a quel tempo (1712) e un precedente incoraggiante in un piano analogo presentato già da Enrico IV di Francia e ricevuto con molta approvazione. St. Pierre pensava che la realizzazione di un vero bisogno può in molti casi sormontare diffi
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