Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 24 - 31 dicembre 1906

666 RIVISTA POPOLARE tura dei loro veri sentimenti : nelle loro riviste, si parlava continuamente ai lettori delle eroiche gesta compiute Jai preti tedeschi nella lotta sostenuta contro Bismarck: il governo repubblicano era minacciato di una identica guerra religiosa, ma quando in Francia la guerra fu iniziata tra la Chiesa e lo Stato i cattolici ~on dettero segno di vita, e scusarono la loro ignavia dicendo che la Corte romana imponeva loro il << ralliement >>. La tattica del <t ralliement >> fu eccellente per nascondere il vero motivo dell'attitudine dei cattolici. In realtà, il partito cattolico non aveva forza che a seconda dell'appoggio che riceveva dal Governo. Durante il Ministero Meline, l'illusione fu abbastanza grande per trarre in inganno molce persone. Fu allora che si videro produrre, in tutta la Ft:ancia , k violenti dimostrazioni delle bande patriottiche e antisemite. Ma, oggi, si sa che l'agitazione fu organizzata sotto l'occhio paterno della polizia. Da che il Governo non favorisce più le gesta degli <( apàches pieux », i cattolici non possono più nutrire alcuna illusione sull'efficacia del loro potere. li Clero parla ancora, per abitudine, del coraggio col quak affronta e affronterà la persecuzione , e la sua baldanza è in 1stretto rapporto con la speranza che egli nutre che la persecuzione rivesta una forma molto anodina. I cattolici so"o disposti a tutto, purchè non accada nulla. Gli uomini che hanno l'abitudine di esprimere i I pensiero della borghesia cattolica cercarono di agevolare il passaggio dal regime passato a quello della separazione. Sulla fine del . marzo 1906, fu pubblicata una lettera a~- vescovi, firmata da 2 3 persone autorevoli, undici delle quali appartenenti ali' Istituto. Questa lettera famosa non racchiudeva che consigli di prudenza ed esorta va i vescovi ad accettare la legge , sulla quale, i firmatari dichiaravano di avere l'opinione emessa dal papa nell'enciclica Vehementer dell' 11 febbraio precedente. Il metodo dd 23 racchiudeva una forte dose d'ipocrisia, poichè io so, da fonte certa, quanto essi disapprovassero l'enciclica; ma per attenuarne gesuiticamente l' importanza, essi pa1lavano dell'opinio.ze del papa, quando invece basta gettare un rapido sguardo su tale documento per convmcersi come la Santa Sede abbia pronunziato un giudizio solenne , reso t( in virtù dell'autorità superiore che Dio ha confer,ta al Sovrano Pontefice ». La. legge sulla separazione è condannata in essa enciclica come violatrice del jiritto naturale, del diritto delle genti, della giustizia, e come contraria alla costitùzione della Chiesa. Mi sembra che il papa parli qui in virtù dell'infallibilità che gli attribuisce il decreto del Concilio Vaticano. I 23 cercavano di far comprendere ai vescovi che la legge non era, in fondo, così pericolosa come lo si era creduto; e tenta vano d' ingannarli sul modo con cui le associazioni cultuali avrebbero dovuto fu llionare, consigliando loro di accontentarsi della propaganda tendente a far modificare ulteriormente la legge. Nella loro prima riunione, i vescovi credettero levarsi d'impiccio , proponendo gli statuti delle associazioni cultuali che avrebbc::ro pienam~nte assicurato l'autorità della gerarchia, ma che avevano il gran torto di costituire una flagrante illegalità. Furono questi statuti che, nell'enciclica Gravissimo, il papa dichiarò di non potere accettare::. finchè i principi in essi stabiliti non fossero stati riconosciuti dalla legge. Una tal deci sione produsse il più gran turbamento tra la borghesia cattolica, che contava di potere organizzare il culto mediante un equivoco. L'avvenire avrebbe riserbato, fuor d'ogni dubbio, assai spiacevoli sorprese alla Chiesa; ma il presente era assicurato, senza troppo grandi sforzi. li conflitto esistente tra il papato e i cattolici francesi proviene dal fatto che questi non comprendono affatto la missione che la Chiesa crede di aver ricevuta dal suo fondatore. Tale missione consiste nel tendere ad uno stato assoluto di santità, o, come si esprime Pio X, nel rinnovamento delle cose tutte in Cristo. La realizzazione di simile speranza può essere rimandata al più lontano avvenire, senza diminuire con ctò la Fede del vero cristiano: gli avvenimenti contemporanei hanno un bel rendere inverosimile lo sperato universale trionfo, essi vengono considerati come semplici accidenti. Le:: sconfitte possono moltiplicarsi senza scuotere menomamente la fede della Chiesa. La storia sembra dimostrare che, privo della fede nella propria mi,sione, il Cattolicismo non avrebbe potuto trionfare delle forze che lo hanno così sovente minacciato. La Chiesa non è punto un'associazione cui sia dato, nella società ci vile, prender posto a lato di altri gruppi, e e he possa venir sottomessa alle regole giuridiche alle quali essi sono sottoposti. I borghesi cattolici non si curano punto della missione della Chiesa; essi non si occupano del lontano avvenire, bensì degli avvenimenti attuali. Il rinnovamento di ogni cosa in Cristo verrà a tempo e luogo; per il momento bisogna occuparsi di cose più urgenti ; e ciò che importa è assicurare la salvezza degli uomini del giorno d' oggi. Pc::rchè i borghesi cattolici sieno certi di poter un giorno salire al cielo (Brunetière vi è salito in questi giorni) occorre che essi possano andare a messa, confessarsi, comunicarsi St!condo i canoni ddla Chiesa e che abbiano quindi a loro disposizione dei preti puramente ortodossi. Se non esistesse una certa tolleranza permettente loro di purificarsi ogni qual volta lo stimano necessario , il timore dell' inforno a vvelenerebbt! loro la vita. Simile tolleranza basta ai nostri borghesi, che appartengono ad una classe ormai vinta, invasa dallo scoraggiamento e che avanza vc::rso la morte , ma la Chiesa , che è animata dalla fede:: nella propria missione vuol compiere l' opera sua e la tolleranza non le basta. Essa esige ciò che chiama la propria libertà, cioè il mezzo di potersi elevare al di sopra del la sfera degli interessi immediati. Il conflitto è dunque molto più serio di quello che non lo credano gli osservatori superficiali. Sarebbe interessante di confrontarlo con l'altro che esist~ tra i socialisti riformisti, unicamente· preoccupati di ottenere delle concessioni dalla borghesia, e i sindacalisti rivoluzionari, che subordinano tutta la loro attività all'insegnamento della missio,1e storica che spetta al proletariato. Il confronto potrebbe dar campo a innumerevoli osservazioni; ed è perciò che ho creduto dover richiamare l' attenzione dei compagni sul conflitto attuale del quale in questi giorni è così vivo parlare. (Il Divenire sociale, 16 dicembre). ♦ Roberto Mirabelli : La Campag·na del 1866. Il " Pegg·io ,, di Blxio ( r). -Rievocando la catastrofe militare io ho detto: 1° che nel '66 l'Italia non schiacciò l'Austria, perchè così volle • apoleone m; 2° che ia Prussia ci accusò di perfidia. Chi non ignora la storia contemporanea ne' documenti ravvisa la causa della sconfitta nella soggezione del principato sabaudo al dispotismo imperiale francese. Questa la sostanza del dibattito. Fermiamo i fatti. Il capitano De Giorgio riconosce che l'Italia poteva schiacciare l' Austria, ma: non la schiacciò per asineria. << Noì fummo sconfitti - ei dice - non già perchè ci fosse mancata la volontà di vincere, ma perchè non sapemmo. Avevamo forse, per vincere, le forze; ma i nostri generali non seppero impiegarle ». Senza forse - e già non si tratterebbe nemmeno di asineria, (1) Questo articolo del Mira belli è una risposta al capitano De Giorgio che aveva criticato i,i un discorso la condotta del generali italiani nella guerra del 1866. N. d. R. l

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