Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 24 - 31 dicembre 1906

RIVISTA POPOLARE 661 lioni ammonta a L. 7242000: somma non trascurabile pel tesoro. Le Società però si sono recisamente opposte a tale tassazione ed è facile immaginare con quanta energia, quando si pensi che nella sola città di Genova, furono dell' Agente delle Imposte accertate circa L. 36 milioni di reddito, pari all' imposta di L. 3,672 mila. Nel maggio u. s. l' on. Cavagnari interrogava il Ministro delle Finanze, per sapere se nou fosse il caso d' impedire agli Agenti delle Imposte consimili accer tamenti. La risposta del Ministro fu evasi va; ma intanto, la questione essendo giunta alla Commissione Centrale per le Imposte dirette, questa, nella decisione del 6 corrente, N. 11296 in una vertenza dell' Oleificio Pavese l> si è pronunciata favorevolmente alla te8Ì fiscale. Vedremo, quindi, la causa portè:i.tadavanti all'Autotorità giudiziaria, e fot·se assisteremo di uuovo allo spettacolo verificatosi fino al 1897 : cioè che i tribunali e le Corti di appello accoglieranno le ragioni della Finanza e la Cassazione Romana le darà torto. In effetti, nessuno indizio lascia supporre che q nesta voglia mutare la sua giurisprudenza, stabilita con Sentenza ~-3 luglio 1897 a sezioni unite. Questa Sentenza era stata accolta dalla Finanza come massima (Circolare 23 dicembre 1897 N. 14272 della Direz. Gen. delle Imposte). Or con quale pretesto la Finanza ritorna sulla stessa questione, che per nove anni ha lasciato in abbandono? S' essa riteneva che la tesi della tassabilità del sopraprezzo delle nuove azioni fosse sostenibile in base alla vigente legge, doveva, invece di abbandonare l' accertamento di parecchie diecine di milioni d' imposta, provocare dallo stesso Legislatore l' autentica dichiarazione del suo pensiero. Così la Finanza aveva fatto in consimili casi. La legge 11 aprile 1889 fu dal Governo provocata precisamente per dichiarare l' art. 30 della Legge, che_ora trattasi di applicare alla tassazione del sopraprezzo delle azioni. E i disegni di legge Branca del 1896, Branca-Luzzatti del 1897; Carcano-V acchelli del L898 tendevano, fra altro, a definire legislativamente alcuni punti extra-vaganti e a troncare alcune questioni dibattute davanti ai magistrati. Era questa la via che il Governo doveva seguire per risolvere la questione nel 1897 e farla decidere dal legislatore. Ed oggi è forse la via alla quale il Governo, sebbene con ritardo, si decide a far ritorno. Esso deve aver Il]-editato che quelle varie derine di milioni d'imposta. abbandonate avrebbero pot,1to servire ad utili e desiderate riforme della stessa imposta sui redditi di ricchezza mobile. Come abbiam visto, pel 1905 l'imposta accertata è di circa sette milioni. Volendo ritenere più scarsi i sopra pre:tzi incassati dalle Società nelle nuove emissioni di azioni fatte negli anni dal 1898 al 1~06, l' imposta perduta dallo Stato si può calcolare in tre milioni annui. Essi avrebbero potuto servire a concedere sgravii parziali a piccoli industriali, commercianti e professionisti ; esenzioni d' imposta ad alcune categorie di redditi agrarii. Per esempio: ad esentare i redditi derivanti ai vroprietari o colti-vatori dalla manipolazione, perfezionamento o trasformazione dei prodotti del proprio fondo, eseguiti allo scopo della loro conservazione e commerciabilità; ì redditi derivanti dalla loro vendita eseguita personalmente o per conto diretto dai proprietari o colti va tori; ad esentare i redditi formati pei corriHpettivi che i proprietari ritraggono, concedendo agli affittuarii le scorte vive e morte occorrenti alla conduzione del fondo; o per i maggiori lucri che gli lillevatori del be:-:itiame ric.tvino sul bestiame stesso, quando anche lo alimentino sutisidiariamente con prodvtti e::1trnaei al fon io, o lo conducano a pascere su terre altrui. E si è calcolato cl.te altri sgr,wii ancora si sarebbero potuto concedere con quei tre milioni a_nnui d'imposta che lo Stato abbandonò alle Società per azioni (1). Tale somma, infatti, basta va anche per assicurare ai nuovi stabilimenti alcuni anni di esenzioni dal tributo diretto e per concedere, con più larghi criterii tecnici ed economici, l'esenzione della qnota di reddito industriale occorrente per la rinnovazione totale o parziale dei congegni fistii e del materiale mobile; sarebbe, infine, bastata per una mitigazione del!' imposta per ritenuta sugli assegni conces::;i per rimborso •di spese (redditi effimeri questi!); per una serie di giuste concessioni ai Comuni, alle Provincie, ai Consorzi Comunali e Provinciali, riguardo all'imposta sui loro debiti verso gl' Istituti di credito; alle Casse di Risparmio, alle Società di assicurazioni , alle Banche Popolari ed Istituti di_ credito, riguardo alle entrate per plusvalenza dei titoli tenuti in portafoglio; alle anzidette Società di a,;sicurazioni, riguardo a.Il' esenzione delle quote di premio per rischi non estinti alla chiusura del!' esercizio, ed al!' esenzione dell' ammontare dei sinistri liquidati, ma non ancora pagati. Per tal guisa, si sarebbero fatte delle concessioni a quasi tutti i contribuenti, assai modeste , ma equamen te distribuite. E certo la Fi.nanza, nell' accingersi al ricupero .dei parecchi milioni abbandonati alla forte resistenza di alcune tra le più fortunate Società per azioni, deve aver meditato come l' imposta pel 1905 accertata in oltre sette milioni, potrebbe , ove continuasse l' attuale sviluppo delle Società stesse aumentare notevolmente, come notevolmente aumentano da q nalche anno a questa parte i loro capitali statutari, e ancor più il valore delle loro azioni. ~d allora l'imposta sui sopraprezzi lucrati nelle emissioni di nuove azioni raggiungerebbe gli otto milioni ne~essari per esentare dall' imposta - senza aggravio del bilancio dello Stato - anche i 70 mila contribùenti d1e vengono colpiti, quantunque possiedano un' entrata al di sotto delle L 700 annue. Cifra, questa, inferiore a quanto occorre ai più urgenti bisogni di esistenza di una famiglia, per quanto modesta la si ·voglia immagrnare, Si potrebbero, cosi, liberare gli agenti delle imposte da un improbo lavoro che, non di rado, conduce allo accertamento di quote inesigibili, e che sempre causano (1) R.<Jlazione Padameutare Legisl. XX, Sessione 2.a, 18\:18-99. Docum. 45 B., Pag. 9.

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