Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 24 - 31 dicembre 1906

RIVISTA POPOLARE 659 Ignoro chi sia il signor ibi, ma chiunque esso sia gli devo ringraziamenti sinceri, perchè ben di raro mi capita di essere discusso senza ingiurie, con serena obbiettività e con molta approssimazione alla verità. Non la incomoderei se dovessi limi tarmi ad un ringraziamento ; se mai, in questa occasione, come in tante altre, dovrei rendere atti di grazie a parecchi altri giornali della penisola. Invece mi rivolgo solamente a1 Lavoro, perchè è un giornale che sostiene il socialismo riformista e perchè si pubblica in Genova. A Genova spesse volte sono stato frainteso; e più da recente in occasione del giudizio severo da me formulato contro la serrata in una seduta della Camera e di cui a rorto si risentirono i socialisti, come ho rilevato nell'ultimo numero della Rivista popolare, che le mando. Ed a Genova, più che altrove, non amo essere frainteso e· male giudicato, perchè alla Superba sono legato da ricordi intirr.i e antichi di fan~iglia ed a Genova ho numerosissimi e cari amici. ~e le rivolgo adunque per pregarla di una corre.z10ne e per aggiungere un chiarimento. _La correzione. Afferma il corrispondente: « Colaianni, contro l' Estrenia sinistra, difese la ·necessità dei nuovi armamenti ». on è esatto; anzi è del tutto contraria al vero l'affermazione. Basta pensare: che da dodici anni sto contro 1' itTedentismo della vecchia maniera, giusto perchè odio la guerra e il militarismo; che ritengo utile, quasi necessaria, l'esistenza dell'Austria-Ungheria, per l'equilibrio nell'Adriatico e nel Mediterraneo, per intendere che non posso scorgere il bisogno di nuovi armamenti, specialmente dopo che tra l'Italia e la Francia si è stabilita quell'entente co1·diale, che, forse solo o in compagnia di pochissimi, caldeggiai anche all'indomani di Tunisi, della caccia ali' italiano in Marsiglia, dei fatti di Aigues-Mortes, ecc., cioè sin da venticinque anni or sono. Accennai rapidamente nell' ultimo mio discorso -alle spese militari per biasimare aspramente - dubitai financo della onestà e del coraggio dei ministri della guerra e della marina !... - il metodo invalso di strappare ogni anno subdolamente nuove decine di milioni, senza assicurare la difesa dello Stato nel modo e nella misura che si promette. Dissi ai ministri militari ed alla turba dei deputati che li segue: « con questi milioni chiesti e concessi a spizzico nuocete alla vita economica nel paese senza raggiungere lo scopo che vi proponete. Se lo credete necessario, imitate il Giappone che in pochi anni - dal 1896-97 al 1901-1902 - spese straordinariamente, 413 milioni circa per la guerra e 552 milioni circa per la marina; abbiate il coraggio della richiesta straordinaria e noi la discuteremo. Se ci dimostrerete che le centinaia di milioni sono indispensabili per la difesa del paese e che questo corre pericolo, noi li concederemo ».• Per parte mia, ora come ora, sono convinto che nessun ministro della guerra o della marina possa fare tale dimostrazione; perciò non concederei un centesimo per nuove spese militari. Aggiunsi poi che la difesa del paese, come sostengo da oltre venticinque anni in libri , articoli e discorsi, non si avrà sicura che colla na1ione armata. Mi si può far passare come difensore d_elle spese militari con tali dichiarazioni? E queste sono tali da farmi passare come conservatore? Ma in questo caso sono conservatore come lo sono Leonida Bissolati e Claudio Treves . . . I on le pare? Le mie dichiarazioni sulla na1ione armata dovevano assicurarmi le approvazioni dei miei amici (?) dell'Estrema sinistra. Ma non le ebbi, perchè le loro orecchie delicate rimasero offese da quest'altra mia atfermazione: che per avere la na 1 ione armata per due o tre anni - e qui aggiungo: forse per un maggior numero di anni - si dovrà spendere per l'esercito più di quello cbe si spende ad.esso. Mi si dimostri che si può provvedere all'armamento ed al munizionamento multiforme di oltre quattro milioni di militi senza fare grandi spese ed io mi ricrederò. Il chiarimento. Si; se il seguire nelle grandi linee le dottrine di Mazzini equivale ad essere conservatore, io lo sono perfettamente, completamente. Ma n~n dimentichi, egregio collega, che per me-come 1111sono sforzato dimostrare nelle conferenze di F?rlì (1891), di Parma (1897), di Messina (1898), d1 Genova (1905), in molti articoli ed in un opuscolo - Giuseppe Mazzini era un repubblicano socialista; e il suo socialismo era quello ... riformist~. Potrò sbagliare; ma questa è stata sempre la m1a profonda convinzione - mai nascosta, sempre apertamente, brutalmente professata. Date queste premess~, io non sarei divenuto conservatore; ma sarei stato sempre conservatore. E in verità io credo di avere conservato - a preferenza di tanti altri - il mio antichissimo bagaglio politico sociale. Fui repubblicano federalista - in questo il maggiore dissenso mio da Mazzini - dai miei giovani anni e da Aspromonte ad oggi - la bellezza o la bruttezza di quarantacinque anni di lotta 1non ho mutato avviso; sostenni pel passato e sostengo oggi, seguendo gli insegnamenti di Mazzini, che la· repubblica non dev' essere fine a sè stessa, ma meno per conseguire il benessere economico, intellettuale, morale: che il contenuto della forma repubblicana, insomma, dev'essere sociale. Guardi, signor direttore del Lavoro: su questi punti essenziali, non io sarò divenuto conservatore, ma moltissimi socialisti, coi quali ho spesso polemizzato e che hanno finito coll'accettare le mie idee, senza mai confessare che si erano ricreduti. Ciò non è nelk buone consuetudini polemiche dei partiti politici italiani. Anzi spesso mi è accaduto di avermi sentito dare torto, proprio quando si riconosceva che avevo ... ragione. Poco tempo fa Filippo Turati , cui ricordavo certi nostri dissensi, ora non più esistenti, scherzosamente mi ripondeva: 1ìt hai avuto il torto di sostenere certe cose... troppo presto ! Ma proprio in nulla ho io cambiato? No; ho subìto due notevoli cambiamenti, non tenendo conto dei dettagli sui quali tutti possono mutare da un giorno all' alrro per la interferenza degli i nnumerevoli fattori della evoluzione sociale. Il primo mutamento si riferisce al metodo. Sino al 1876 credetti che alla repubblica si dovesse e potesse arrivare colle cospirazioni, colle insurrezioni preparatrici di una vera rivoluzione. La lettura delle opere di Spencer, la dimestichezza con Alberto Mario, le osservazioni di Engels, le mutate condizioni tecniche degli eserciti che rendono sicura la repressione, e le mutate condizioni politiche che resero sempre più pacifico e indisturbato il godimento delle libertà politiche, mi convertirono sinceramente al metodo evolutivo. Del mutamento mi conforto credendo che anche Mazzini negli ultimi~simi anni di sua vita lo subì. Così credo; ma posso errare. 11 secondo mutamento è di data più recente; si verificò tra il 1896 e il 1900; lo discussi a lungo col carissimo Maffeo Pantaleoni, che tentò dissuadermene; fu provocato dallo studio della evoluzione economica dell' Inghilt<::rra: da liberista incondizionato divenni protezionista condizionato al momento attuale dell'Italia, alle nostre condizioni agricole e industriali e al sistema doganale degli altri popoli. E' questo il mutamento che urta di più molti

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