Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 22 - 30 novembre 1906

598 RIVISTA POPOLARE i nue1 ed io stesso saremmo stati gettati nella di...:. sperazione, comprendo come e quanto gl'impiegati ed i funzionari di ognj sµecie e di tutta la gerarchia devono essere gtun.1:ni con occhio invido da coloro, che non possono cont:1re sulla certezza dello stipendio da esigere a gio 11< 1 fisso, piova o faccia bel tempo, con o senza s·il u t • D' altra parte in sedici •1i di deputazjone ho potuto vedere che non c' 1 ,tata classe di cittadini che non mi abbia tempestato di preghiere, anche di minacce, per ottenere un impiego qualsiasi e non .-tbbia visto commettere ogni sorta di bassezze, di umiliazioni, d'intrighi, di corruzione, d'ingiustizie per conseguirlo. Ricordo altresì , e con me lo ricorderanno tutti i Deputati e tutti i Senatori del regno, che chiunque chiede un impiego, siano i contadini e gli operai , che aspirano al poc_to di cantoniere, siano gli avvocati che vogliono essere aggiunti giudiziari - e cosi via dicendo - sino al momento di conseguirlo giurano che esso rappresentavr, la fortuna, il benessere, la felicità ... D' onde in me il disgusto e l'indignazione che provo ogni volta che m'incontro in un tale che ieri adoperò ogni mezzo per arrivare ad un dato posto e che appena vi è pervenuto giura e spergiura che quel posto è intollerabile e che la r~tribuzione è indecentemente insufficiente ..... Ma non lo lascia e... provoca scioperi ed ostruzionismi a danno della collettività che vive assai più meschinamente di lui. Conci usione ultima: mi sembra una vera , una grande bricconata quella che commettono tutti gl'im• piegati, che domandano miglioramenti - dai cantonieri e dai doganieri ai magistrati ed ai ·professori; briconnata che si possono permettere di tentare ed anche di vedere riuscire per la minchionaggine dei 32 milioni d'ltaliani che lavorano e soffrono per assicurare l' esistenza ed una vita tollerabile al milione d'impiegati - minchionaggine che deriva dalla supina ignoranza dei più e dalla loro mancanza di solidarietà_ e di coscienza collettiva. Su questo terreno un'ultima considerazione occorre : si sono scatenate più feroci che mai tutte le brame e tutte le domande di miglioramenti da che il bilancio dello St,'.to accusa degli avanzi, e da che le condizioni della economia nazionale dimostrano di essere in progresso considerevole. L'iguoranza gtande delle condizioni reali del paese trae alcuni, anche, in buona fede, ad esagerare le pretese perchè si crede che il paese sia assai più ricco di quello che è. Siamo in progresso in nega bile· e con• tinuo; ma siamo sempre poveri. Ecco ciò che dovrebbe penetrare nella mente di tutti. Coloro che hanno diritto maggiore ed urgente a mig!iorament r1 sono quelli la cui condizione è tanto al disotto u quella degli impiegati: i 32 milioni di Italiani, che non conoscono la istituzione del 27 del mese ! 3.0 La sintomatologia della vita italiana attuale fatta d' indisciplina, di disordine, di anarchia ha un addentellato poderoso nella genesi troppo recente dello Stato. La Francia, la Gran Br;:::tagna, la Spagna, ecc., sono nazioni da secoli ; e presso di esse s' è formata, perciò una coscienza collettiva , che istintivamente e automaticamente si sovrappone alle coscienze individuali e le guida. Qnesta coscienza manca ancora in Italia. La propaganda socialista in un terreno intellettualmente, economicamente e moralmente disadatto; l'azione del libri, dei giorn'ali, del le comunicazioni rapide,che fanno avvertire tutta la superiorita del tenore di vita dei popoli più ricchi suscitano ed acuiscono l'ardente desiderio di elevarsi; il contagio psichic.o che diviene sempre più energico e fattivo q11anto più facili sono i contrasti materiali e intellettali tra as• sembramenti irrequieti per numero e per mobilità di passioni fanno il resto. D. NAPOLEONE CoLAJANNr Una Folla Fiorentina NEL SECOLO XV « Messer Iacopo . : : -: ;e ~• ~ndò · aÙa 0 pi~z;a deÌ palagio, chiamando in suo aiuto il popolo e la libertà. Ma perchè l'uno era dalla fortuna e liberalità dei Medie!, fatto sordo, l' altra in Firenze altramente non si de- - sidera va, non gli fu risposto da alcuno >>. MACHIAVELLI - Istorie Fiorentine, Lib. VIII. « E molte volte il tiranno, massime in tempo di abbondanza e quiete, occupa il popolo in spettacoli e feste, acc!occhè pensi a sè.e non a lui ....... . . . . . . . )) SAVAJSAROLA- Trattato del reggimento di Firenze. All'angolo di via degli Adimari e piazza della Si gnoria alcuni mercanti s' eran ritratti insieme e par lavano•tutti intesi a qualche lor' grave e segreto ragionamento. Se qualche passante s'avvicinava es8i tacevano o dicendo ad alta voce una facezia, da vano a credere che non d' altro parlassero che di cose gaie e spensierate. Chi li avesse attentamente guardati avrebbe riconosciuto, fra loro, taluni pe' quali le vie di Firer.ize conducevano tutte, e speditamente, al Bargello. C'era Raffaello Acciaioli, il bandito dalla città perchè nemico aì Medici, c'era Nero di Stefano Cambi ammonito, e Filippone Strozzi che il Medici voleva, vivo o morto, nelle mani ed aveva promesso per averlo se vivo, quattromila Fiorini larghi, e duemila se morto. Ed insieme a loro e' erano Nuto dei Gianfigliani, Bindo di Iacopo Soderini, e Maso del Porta, il beccaio, uno dei più audaci capipolo della città. Firenze incominciava a destarsi. Da via de' Neri sboccavano su la piazza file di carri di ortolani che si iiirigevano frettolosi verso Mercato Nuovo. Di tanto in tanto un gruppo di armati usciva dal Pala~zo e s'av viava verso via Oalzaioli. Le picche scintillavano nella pallida luce dell' alba. In mezzo della piazza era stato eretto un grande trofeo, ed alcuni operai s'affaccendavano a decorarlo di festoni di foglie di lauro, e a tappezzarlo di grevi panneggiati di velluto e di raso porpora frangiati di oro. Da alcune_finestre già pendevano i magnifici arazzi e i tappeti portanti ricamate nel centro le armi gen · tilizie e i motti delle più ragguardevoli famiglie Fiorentine. Prima di tutte, la campana della chiesa di Badia suonò mattutino, le rispose quella di Santa Maria del Fiore e una dopo l'altra le campane delle chiese di Firenze salutarono il sorgere del sole.

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