RIVISTA POPOLARE 541 II proletariat<)francese e la legislazione operaia È solamente ora, nel corso delle sessioue attuale e della sessione prossima che si potranno apprezzare le tendenze della Camera uscita in Francia da.Ile elezioni d; maggio 1906. Si vedrà con interesse come esso agirà sotto la pressione crescente delle organizzazioni operaie sempre più rinforzate. In ultima analisi è il proletariato in tutti i paesi nei quali una mezza libertà è stata acq11istata, che domina e comanda la legislazione· Quando esso è amorfo, ribelle alla disciplina, refrattario all'associazione, si consacra da sè stesso alla peggiore servitù. Quando invece esso constituisce delle associazioni potenti, attorno ad un programma definito, strappa a poco a poco delle concessioni che fanno rinculare la dittatura capitalista e che sviluppano ad un tempo il suo campo di lotta. Ciò che è vero dello insieme del proletariato si verifica ugualmente per tate o tale altra frazione del proletariato, guardata individualmente. Per esempio in tutti i paesi del mondo e sino ad una data recente gl'impiegati di commercio e i salariati dell'agricoltura erano più maltrattati di tutti gli a.Itri. Ciò avveniva perchè essi scoooscevano il valore dell'organizzazione o che a cansa delle loro stesse condizioni economiche, della dispersione delle loro forze tra tante altre, essi non aveva.no potuto intendersi. Ma la fioritura sindacale che si è notata in Francia da tre o quattro anni, la fondazione delle grandi federazioni di mestieri e d' industrie preparono nnove vittorie nel dominio della legislazione. Io dico: nuove vittorie perchè è innegabile che questa legislazione operaia in grazia degli sforzi continui, si è già arricchita di alcuni leggi utili dopo il 1898. Non c' è da farsi illusione snlla portata di queste leggi; esse non valgono se non ciò che vale l' energia sindacale. Si infiacchisca , si indebolisca , e la le,zge che non è mai se non una transazione accettata au pis allor dell' orgoglio patronale, diviene una carta morta, inutile. Se ne sono visti molti esempi e in tutti i paesi. Ma quando i lavoratori vegliano sui loro diritti ( io alludo ai diritti che le leggi hanno consacrate ) essi possono benissimo migliorare realmente le condizioni della loro esistenza e della loro lotta. Volta a volta il Parlamento francese ha stabilito la riparazione degli infortuni nel lavoro ( 1898 ), la giornata di dieci ore per le donne e i fanciulli e del pari per gli adulti maschi nelle officine miste (1900); ha stabilito la giornata di 9, di 8 1/2 e di 8 ore, per tappe' per i minatori (1904), esteso le regole dell'igiene ai magazzini di commercio e dell'alimentazione (1903), introdotto il riposo settimana.le per la massa dei lavoratori. Vi sarebbe molto a dire, però, sul modo col quale funzionano queste leggi. In molti casi la legge è elusa ed anche sistematicamente ed ostinatamente violata dai padroni. Questi ultimi moltiplicano i pretesti per sottrarsi alla legge sugli infortuni ; essi licenziano le donne e i fanciulli affinchè non godano della giornata di dieci ore i mar1chi adulti che sono impiegati coi primi; essi prolungono il lavoro dei minorenni con diversi espedienti al di là dei limiti regolamentari; infine ci si può rendere conto adesso degli incidenti quotidiani, delle difficoltà che sussistono per fare modificare la legge del 13 luglio 1906 sul riposo settimanale. Dopo tutto, queste leggi sono buone-se non fosse per altro perchè esse sovraeccitano nel proletariato il desiderio di vincere. Esso si accorge che per migliorare le proprie condizioni non gli basta di esercitare una pressione di tuiti g' istanti sui poteri pubblici, ma che gli occorre altresi di erigersi a sorvegliante, a controll ore, ad ese- . cuture delle leggi votate. Voglio qui ricordare quali sono i problemi che sono di già posti in questo largo dominio innanzi a.Il~ Ca mera attuale e che essa deve necessariamente risolvere. Esaminerò innanzi tutto quelli che concernono l' insieme del proletariato ed in seguito quelli che interessano alcune particolari categorie. C' è in prima linea la durata della giornata di lavoro. Presentemente il limite del lavoro quotidiano è di dodici ore per la massa degli operai delle fabbriche (legge del 1848) e di dieci ore per le donne , i fanciulli e gli adulti maschi che lavorono insieme a donne e fanciulli (legge del 1892 - 1900)· La legge rì.el 1848 - benchè non sia da pertutto rispettata, corrisponde ad un'atra epoca. La legge del 1892 - 900 non è più che un testo vano. Tutti i rapporti degli ispettori divisionali del lavoro mostrano_ che i padroni per non sottoporvisi licenziano più che possono le donne e i fanciulli; cosi essi trattengono gli adulti 11, 12 ore e più. Da un altro lato il grande movimento che si è prodotto in Francia in favore delle 8 ore al 1 maggio 1906 era troppo considerevole perchè non si tentasse di arrestarlo. Se i radicali oggi al potere, non comprendono l1ampiezza del problema sociale posto innanzi al vecchio mondo, sono però favorevoli ad un intervenzionismo che permetterebbe allo stato di elevarsi a mediatore tra la grande industria e la classe lavoratrice. Non discuto la concezione; io la noto. Il ministro del commercio signor Doumergue ha, dunque, elaborato un progetto che istituisce la giornata di 10 ore per tutti i salariati dell' industria.. Il progetto non dà soddisfazione alle grandi federazioni che hanno lottato per le 9 ore (tipografi), o per le 8 ore ( metallurgici, litografi, modellatori, ceramisti ecc.) ; ma esso segna un nuovo colpo assestato dallo Statismo ali' arbitrio padronale. · Ciò che si deve constatare in questo progetto è che esso stabilisce una distinzione nettissima tra gli operai dell' industria e i salariati del commercio. Questi ultimi, sino ad una data recentissima, erano dei veri paria dello Stato sociale. Per mancanza di organizzazione es~i restava.no al di fuori di tutti i provvedimenti legislativi. Ma in seguito a feconde agitazioni essi hanno ottenuto la legge sugli infortuni nel lavoro di cui era.no vittime e il riposo settimanale; ma è ancora permesso di trattenerli al lavoro 13, 14 e 16 ore per giorno.
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