Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 20 - 30 ottobre 1906

554 RIV-ISTA POPOLARE E passiamo alle lunghe gallerie perimetrali addossate all'Arena: vi troveremo due quadri ad olio di Carlo Wostry, IL FOLLE e;; L'IDIOTA, due documenti di manicomio, terribili nell'eloquenza spietata della realtà: son di quelli che non si dimentican più, sebbene non s'abbia nessun piacere a tenerseli fitti nel cranio: ed allora ... perchè infliggerli al prossimo? E perchè Raffaele Uccello ha plasmato il suo gruppo del piccolo mietitore seduto per terra, che interroga fiero e accigliato la bambinetta che in piedi lì presso, confusa e mesta, non gli risponde, perchè, dico, lo ha plasmato così evidente, così impressionante, per poi confonderci e ottenebrarci l'interpretazione dell'opera sua col titolo sibillino di NOTTE ALL'ALBADELLAVITA? Notte? E che notte? E perchè? E come ? X Più oltre, troviamo la mostra dei concorrenti al premio della Società per la Pace: e ci soffermiamo a una forte incisione d'Alberto Martini, LA GUERRA, visione simbolica e apocalittica di tutte le furie, di tutti i mostri, di tutti i fantasmi più orrendi d'un incubo atroce; e poi ad un trittico monocromo, LA MADRE,del Carpanetto, che al centro, nella sua stanza quieta, contempla mesta il ritratto del fìglio soldato, mentre la figlia lavora d'ago sotto la lampada: di qua e di là, a lume di luna, e con begli effetti di luce, si stende immenso il campo di battaglia, tacito ormai , sparso di cadaveri abbandonati, a mucchì. Ma più terribile, •·più impressiouante, più tragico , è il MAs DUMEXULTA.T.... del ·già citato Daniele de Strobel: gran trittico, terreo nel suo insieme, misto del più assoluto verismo e della più libera fantasia: un immenso car-:- name, un viluppo, un groviglio, anche qui, di cadaveri umani, ma, questa volta, copiato senz'alcun dubbio dal vero, convulsi , contratti , squarciati, atroci, con occhi vitrei fissi nel nulla, con ghigni macabri su bocche sanguinolente, con smorfie orrende in mascelle spezzate dal piombo; e là in mezzo, feroce ed immobile, un nero fantasma a cavallo , lo spettro implacato del dio della guerra, col suo ajutante di campo, la Morte, ed intorno, confuso, un cerchio immenso d'armati, una siepe senza uscita di lance omicide. X Romolo Romani, nel ramo seguente della galleria, ha due grandi cornici di disegni a matita, S1Mnou e SENSAZlONIr,appresentanti con altrettante grandissime e mostruosissime teste, il dubbio, la guerra, l'attrazione, lo scetticismo, la malizia, e poi l'incubo, lo scrupolo, il silenzio, l'impressione, il lamento: tutte, però, queste faccie mostruose son incubi, sono visioni da febbricitante in delirio, e quand'anche due o tre in qualche modo rispondano al titolo, senza di esso nessuno riuscirebbe ad indovinar di che cosa si tratti. Ne parlo tuttavia, perchè qui si tratta, in c•gni modo, di un'arte, per quanto aberrante, malsana, antipatica , non però priva di genialità, e che sembra non ispirata da spirito ciarlatanesco e insolente, ma da sincero fervore, da buona fede non dubbia. · Ci si riposa un momento con gli otto disegni di Felice Zanelli, paesaggetti poetici e suggestìvi, tracciati a biacca e matita su carta verdiccia, con molta grazia e semplicità; e si giunge ad un altro stranissimo originale, ad Antonio Rubino , autore pure di singolarissime poesie , non meno geniali che eccentriche: ve ne riporto una, che può dar del suo stile, identico nelle due arti , un' idea più concreta ed esatta d'ogni mia frase: « Grigie nel v·iolaceo mattino, muovon le nubi ad una ridda folle; per l'erta solitaria del colle s'affretta un singolare pellegrino. Porta una cappa di candido lino e incontro a lui su' rei calami estolle tasso-bar~ basso le fetenti ampolle; funghi immondi gl'infiorano il cammi no. Or sì, or no, l'accid'ia d'un vento con u~ trito gridìo di spiriti egri. garrisce tra gli stecchi un suo lamento. E il peplo balla, tentenna e svolazza, scoprendo l'ossa degli stinchi allegri, e l'atroce mascella che sghignazza ». Tali i ve_rsi, tali i quadri: piccoli quadri, specie di sonetti anche questi, dis•egnati a penna a contorno secco e reciso, o colorati pure a tinte vive e piatte, armoniche od equilibrate per vivi contrasti, e che lasciano un' impressione di vago sgomento, di stupefazione confusa, di smarrimento psichico , di vertigine intellettuale , come si fosse fumato dell' oppio o inalato dell' haschisch: e sono parecchi , rappresentanti La Fede , La Verità , Il penduto (sic!) To be .or not to be, Il mulino della. morte, e così via; ma io non dirò che dei tre che a un dipresso son giunto a capire: IL FILOSOFOu, na gran testa idrocefala e coronata di torri ( castelli in aria, suppongo), chiomata di stallatiti di ghiaccio (le idee congelate ed irrigidite, che più non corrono, più non gorgogliano, più non spumeggiano, più non irrorano e nutrono tJiante nè tergono e dissetano uomini ed animali), col mento sur una catasta di libri (dottrina erudita, convenzionale; di seconda mano, non tratta direttamente dalla realtà e da.lla vita), e con i sorci che senza paura cammina no e passano sopra le spalle, le braccia , le man i, le orecchie ( il filosofo, assorto, rapito, i nfatua to nei suoi metafisici sogni, non vede più nulla, non sente più nulla, non ha più nervi, nè moto, nè respiro); IL VIANDANTESCETTICO,lungo una via senza fine , tra un doppio filare di alberi ischeletriti, che incede sui trampoli, nudo, calvo, con un cranio enorme ( forse i capelli simboleggiavano le illusioni, il cervello la saggezza, la nudità il disprezzo dei beni e del lusso, i trampoli il punto elevato di vista dov' egli si pone, gli alberi spogli la triste realtà?), recando per tutto viatico in cima ad un trampolo una zucchetta, parecchie carote ed un mazzo di cardi selvatici, e sogghignando fra sè e sè, senza guardare nè donde viene , nè dove va, nè per dove passa; ed infine LA TIRANNIDEDEL DIO MALÈ, rappresentato come un carnefice i!.1 maglia rossa , barbaccia nera arricciata , grinta , bocca, orecchie, occhi, espressione di bruto inconscio e spietato, uno spadone nel pugno destro, un gufo sull' altra mano, e un diadema imperiale di corna contorte sul capo; sei scheletri reggono attorno alla sua spaventevole maestà il baldacchino sanguigno , sopra si· stende un cielo fantastico a chiazze violacee, gialle, nerissime, e avanti, ai suoi piedi, s'affollano e si confondono le più tremende visioni d' arpie , di megere, di mostri, di lèmuri, di mascheroni, di ciclopi, di minotauri , di rettili, di molluschi, che stendono ovunque gli artigli grifagni, le lingue bavose, i tentacoli viscidi, le jettature e i malocchi ed i fascini devastatori. X Terzo ed ultimo (rassicuratevi!) artista di questo genere, è Alberto Martini: impressionante e gagliardo lui pure, non c'è che dire: ma assai più violento e deforme e assai meno accurato, elegante, attraente, che non il Rubino: per cui basterà che l' abbiam ricordato passando, qui e poc'anzi. Dopo, respiriamo: siam riusciti, fuor dai delirì febbrili, alla vita com'è, all' atmosfera del mondo dei vivi, all'ambiente normale e tranquillo: fermiamoci, respirando a pieni polmoni, palpandoci,

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