r r RIVISTA POPOLARE DI Poli tic a, ·Lettere- e Scienze Sociali Birettore: Prof. NAPOLEONE COLAJA.NNI (Deputato al Parlamento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese I t,aUa.; :111110 lire (;; semestre lire 3,50 - Estero: anno lire 8; semestre lire 4,50 Un numero separato Cent. 30 Amministrazione: Corso Vitto1'io Emanuele, n.0 115 - NAPOLI A11110 Xl[ - Nmn. 19 ABBONAMENTO POSTALE noma, 15 Ottobre 1H06 AVVISO IMPORTANTE. - Tutti i nuovi abbonati, che pagheranno anticipatamente l'anno 1907 riceveranno gratis i numeri della Rivista, che si pubblicheranno dal giorno in cui avranno mandato l'abbonamento sino a tutto Dicembre 1906. Coloro che procureranno quattro abbonati. che pagano antlcipatamente ri• ceveranno gratis per tutto il prossimo anno la Rivista. SOMMARIO: GII avve11huent;I e gli nomini: Noi: (La lingua italiana ammessa nelle scuole comunali di NewYork - Cruati e Italiani - Scioperi e interessi di lavoratori - La lotta contro l'ana lfabetismo - Clemenceau e gl' impiegali del Ministero Jegli Interni - Per Mario Giobbe - L. F.: Il Trentino ed il Generale Turr). - Latini e AngloSassoni di N. Colajanni - La RI vist~: Il Congresso Socialista - lvanoe Bonomi: Il Congresso Socialista di Roma (La parola di un ottimista) - Dr. Napoleone Colajanni: Schermaglia Socialista attorno alla pregiudiziale repubblica na - Il Jiscorso Ji Clemenceau sulla Separazione della Chiesa dalio Stato - A. Crespi: La gotta di Chamberlain e la fin~ di un periodo - Prof. Angelo Celli: Antagonismi igie_nico economici - Prof. Domenico Apreda: Lo (( esperimento didattico » e la riforma della Scuola media in ftalia. - lti vista clelle H.tvtste: Il congresso socialista italiano (Nuova Antologia) - La Palestina e la conferenza dell' Aja (North Americ:ati Review) - Contro la Camera dei Pari (Positivist Re11iew) •- Contribuzione della psicologia al concetto della Giustizia (Philosopicltal Review) - La Repubblica sarebbe vitait: 1n Russia (Le Courrier Europeen) - L'amministrazione comunale a Giava (Review of R.eviews of Australasia) - Una statistica del rincaro (Die Nation) - La rappresentazione di Gesù ndl' Arte (Deutsclze Cultur) - Recensioni. 6LI ftVVENI.M.ENTI e 6LI UOMINI La lingua italiana ammessa nelle scuole comunali di New-York. - l:H'italiani che partono llnalfi:1beti dalla loro patria, raramente nei paesi d'immigrazioue vi apprendono la propria lingua ; è freqm'nte il caso, invece, che appena migliorate le loro condizioni imparino a leggere ed a scrivere ... in portoghel:le, spago nolo o inglese ! Frequentissimo il caso della loro snazionalizzazione culturale uel senso inglese, · percuè i Nord-americani pongono uno zelo 1:1traordinario 1JC-1l fare apprendere la loro liugna agli immigrati: nella scuola essi vedono giustamente il mezzo più effi <:ace per fondere i vari elementi etnicì, che accorrono in ogni anno a centinaia di migliaia nella grande reµ11bblica delle stelle. Ma se i Nord-americani fanno una attiva ed efficace propagllnda per sassonizzare gl'immigrati sono larghi e tolleranti verso gl'individui che mostrano il desiderio di conservare l' uso della propria lingua. Perciò quai;i in tutti gli stati quando un bnon numero di padri di famiglia fanno regolare domanda di vedere insegnata la propria lingua nelle scuole locali, come materia facol tati "f\ 1 essi vedono accolta la propria dimanda. I 'fedeschi, i Polacchi, gli Ungheresi a New-York e altrove si avvalsero di questa facoltà; ma gl'Italiani che vi sono più numerosi - oltre 500,000 ! - per vergogna loro e delle rispettive autorità consolari non li illlitarono. Ciò che veune stigmatizzato nello scritto del Colajanni: La Dante Alighie1'i e l' analfabetismo degli emig1·ati italiani. Alla fine i nostri concittadini si destarono specialmente per oµera del Cav. Giuseppe Nicola Francolini direttore della locale cassa di risparmio italiana; e fatta la opportuua domanda al Consiglio Scolastico Municipale di New York, questo accolse con giusta motivazione, la richiesta dello insegnamento della lingua italiana nelle scuole muuicipali. Il lieto avvenimento venne festeggiato con un ban• chetto al Francolini promoi:1sodal Comitato locale della Dante Alighie1·i presieduto dal sig. Alfredo Bosi e che venne tenuto nel nuovo splendido edificio italiano in Spring Street ove hanno sede il Consolato italiano e la Cassa di risparmio italiana. Noi ci auguriamo che i nostri concittadini a cui non venne impartita alcuna istruzione in patria sa.• pranno valersi dello insegnamento italiano che da oggi in poi verrà dato nelle scuole di New York e speriamo che i Comitati della Dante Alighie1·i e i nostri Consoli si adoperino efficacemente affinchè altrettanto avvenga nelle altre città e Stati dell'Unione Americana dove sono numerosi gl' Italiani. ♦ Croati e Italiani. - La signora Gina Lombroso nell' Avanti ha pubblicato un notevole articolo per una politica di acco1·do {'ra Italiani e Croati contro il dominio tedesco. - Il punto centrale è assai giusto : Croati e Italiani nell'Impero austro ungarico sono divisi contro il proprio interesse, in conseguenza della politica del divide et impera seguita da secoli dalla Casa degli Absburgo, mentre essi dovrebbero stare uniti contro il col'.)lune nemico. che ugualmente li opprime. Questa veduta. va completata osservandosi: che se i nemici comuni di ieri e di oggi sono i Tedeschi di Vienna , sono più temibili i nemici comuni di domani, cioè i Tedeschi di Berlino, che mirano apertamflnte a sboccare nell'Adriatico e ad impadronirsi di Trieste , doll' Istria e della Dalmazia. A questo pericolo noi guardiamo da molti anni ed a scongiurarlo crediamo che giovi la conservazione e la trasformazione dell' Impero Austro-Ungarico. La trasformazione dovrebbe consistere nella applicazione sincera ed integrale del regime federativo in base alle libertà costituzionali ed alla piena uguaglianza delle varie nazionalità. Ma se l'obbiettivo dei Croati e degli Italiani dello Adriatico con questà nostra veduta è un poco più lontano, non è meno vero che per raggiungerlo s'impone l'accordo tra gli uni e gli altri. Come ra!sgiungerlo? Sempre mirando alla giustizia ed alla uguaglianza tra i vari elementi etnici dello Impero.
506 RIVISTA POPOLARE La signora Lombroso giustamente ha rilevato che gl' Italiani in Dalmazia e nel!' Istria hanno la su periorità intellettnale e morale, meutre i Croati e i vari altri rami degli Slavi banno la superierità numerica: 180 mila Croati ed altri Slavi in Istria contro 150 mila Italiani ; 6.40 mila Croati e Slavi in Dalmazia contro 16 mila It.aliani, raccolti quasi tutti a Zara. Questi rapporti materiali e morali sembrano fatti apposta per mantenere l'ostilità. Gl'ltaliani superiori intellettualmente trattano con alterigia i Croati e questi, che sanno di possedere la superiorità materiale a la cui coscienza nazionale e la cni mentalità si sono già svegliate non intendono sopportarla e si vendicano rispondendo con manifestazioni di forza brutale. Intanto la visione della comunanza degli interessi dei Croati e degli Itali_ani è cominciata da un pezzo tra i primi, che pel passato sembrarono inaccessibili ad ogni sentimento di amicizia e di fratellanza coi secondi. In quest'opera santa di pace e di civiltà si è distinto con un apostolato decennale Francesco Supilo, che dirige lo slavo Novi List di Fiume. L'opera sembrava bene avviata; e noi, incoraggiandola, l'abbiamo segnalata negli anni scorsi. La recente recrudescenza di odi e di violenze tra Croati e Italiani prende le mosse da.Ila assegnazione dei collegi alle due nazionalità in vista della futura legge elettorale; secondo la quale 8petterà un deputato ad ogni 55 mila abitauti. Perciò gli Italiani della Dalmazia. che non arrivano a 16 mila dovrebbero rimanere senza rappresentante. . Pare che i Croati avrebbero concesso un collegio agli Italiani di Dalmazia purchè gli Italiani ne avessero concesso uno agli Slavi nell'Istria. Data la superiorità numerica degli Slavi anche nell'Istria la rappresentanza a loro concessa non sarebbe stata un favore; ma gli Italiani, che hanno la superiorità economica e intellettuale e dominano in tutti i Comuni, ne avrebbero abusato, negando loro un collegio. I Croati risposero negandolo agli Italiani in Dalmazia. Se le cose stessero così il torto evidentemente starebbe dalla parte degli Italiani; e noi ci sentiamo nel dovere di constatarlo, senza potere menomarnente approvare, anzi deplorando vivamente le violenze ultime dei Croati. Comunque da alcuni sintomi si sarebbe autorizzati a sperare che la buona inte:3a tra Italiani e Croati possa tra breve ristabilirsi. In questo senso scrive il Supilo nel Novi List di Fiume e il dott. Smodlacea nella Sloboda di Spalato. Con enfasi giovanile in nome depa studentesca croata i signori Bego, Uras e Lyubic hanno telflgrafato a Ricciotti Garibaldi dichiarandosi: oppressi e non oppressori, amici e non nemici dell' Italia loro maestra e madre in civiltà e premett.endo che gl'ltaliani oggi imprecando contro i Croati 'rendono al tedesco rapace un servizio quale i C1·oati non gli 1·ese1·0mai nel Lombardo Veneto. I giovani studenti di Croazia µare che non siano molto forti nella storia del secolo XIX sino al 1866; nè noi in questa occasione vogliamo rievocarla. In vece prendiamo atto ben volentieri dei sentimenti generosi di pace e di fratellanza che essi manife8tano ed auguriamo tote co1·de, che essi si diffondano tra i Cr0ati e li inducano a tener testa contro il comune nemico tedesco ed a far sì che l'Adriatico serva ad unire e non a dividere in un'opera di civiltà i popoli che abi• tano le opposte !:!ponde. Nota --:-Nell'ultimo numero dell'ottima Vita Interna:rionale troviamo un lungo articolo del prof. Luigi Pavia ( Un po di luce sui recenti fatti italo-croati), nel quale si sostiene che le provocazioni partirono dagli Italiani di Fiume e che i Croati si limitarono a reagire. Noi ci sentiamo nel dovere di segnalare questo articolo di persona , cht:: in Italia, si è fatta apostolo di pace tra italiani e Croati e desideriamo ..:he i nostri arni..:i dcll' Istria e della Dalma;:ia ci facciano conoscere se la vt::rità è quella esposta dal Pavia, quantunque dalla cortese risposta che i nostri amici del!' Emancipa{ione di Trieste ( 1 3 ottobre) alla signora Lombroso apparisca chiaro che il Pavia è corso troppo nel difendere i Croati. ♦ Scioperi e interessi di lavoratori. - Da un capo ali' altro d'Italia -- ed anche in Francia, ma il fenomeno francese interessa meno - è una recl'tldescenza di scioperi che , sovente , finiscono male per i lavoratori. Vale la pena osservare nelle sue più appariscenti manifestazioni il fenomeno. Lo sciopero dei contadini ortaioli di Roma è forse il più significativo di tutti, e quello che più di tutti ha me~so in lut.:e le deficenze di alcuni fra i condottieri delle masse operaie. Intendiamoci bene: noi non siamo avversari siste• matici dello sciopero, Nella lotta fra capitale e lavoro il fattore giustizia non comincia a penetrare se non quando l' operaio è abbastanza forte per difendere il proprio diritto ed imporne il riconoscimento. Lo sciopero è dunque una necessità , un fenomeno normale della attuale evoluzione economica, e gridaro contro gli scioperi e gli scioperanti è vana ed assurda cosa. Tuttavia e nell' interesse stedso della clas:3e ope raia , lo sciopero non dovrebbe essere proclamato che dopo una buona e seria preparazione, quando gli operai sapessero di avere dalla loro settanta probabilità di vittoria su cento, sia per il momento scelto , dannoso molto agli interessi dei padroni, sia per i mezzi e la solidarietà assicurata di altre classi di lavoratori sia ' per le simpatie acquistate dalla cittadinanza , e sia per Ia cognizione della situazione e dei fatti, e delle cause inerenti allo sciopero. da parte dei conduttori degli scioperanti, o dei dirigenti le Camere del Lavoro. Il sapere soltanto dà mezzi di vittoria, e questa è legge per tutti gli uomini, i lavoratori compresi. E' innegabile che gli operai si mettono in sciopero sempre costrett,ivi da dure necessità, ed è soltanto quando sono potentemente organizzati e consci della loro forza che - come i tramvieri ultimamente a Mi. lano e poco prima a. Roma - scioperano o minacciano di scioperare per 1rna pura questione di diritto. Gene ralmente è per migliorare le proprie condizioni che l'operaio sciopera, e sono anche gli operai meno evoluti che hanno più bisogno di miglioramenti e sono più facilmente vinti perchè-quasi sempre--male guidati. Non_ p~r mala fede, ben inteso, ma semplicemente per bestialità , senza escludere che qualche voi ta l' aw bizione o l'infatuamento di qualche capo o di alcuni, provocano delle sconfitte che avrebbero potuto essere facilmente evitate. Lo sciopero degli ortaioli di Roma, e quello dei vignaioli a Lec0e, ultimamente, ne sono esempi luminosi. I proprietari si sono trovati a discutere con della gente che ignorava completamente le condizioni dei contadini, e quelle della industria degli orti e della vigna nei due paesi; ed i proprietarii hanno avuto buon gioco; ed è stato loro facile rifiutare ciò che avrebbero pur dovuto concedere-le domande dei con• tadini erano giuste ed oneste-se i contadini nel loro sciopero fossero stati meglio diretti e speeialmente da uomini bené al corrente delle condizioni della industria. Questo fenomeno degli scioperi tende ad intensificarsi, le migliorate condizioni, ed il progresso continuo delle nostre industrie offrono agli operai la opportunità di migliorare il loro tenore di vita; ma non bisogna che le Camere del Lavoro si la·scino prendere la mano da inconsulte impazienze - e fin' ora pur troppo è stato così, onde si hanno a registrare parecchie sconfitte che avrebbero potuto essere evitate- nè bisogna che gli operai sieno spinti allo sciopero - anche •se hanno, come generalmente hanno, cento volte ragione- ' senza la dovuta preliminare preparazione. Bisogna
RIVISTA POPOLARE 507 che quelli che dirigono le masse operaie si ricordino che uno sciopero - anche se vittorioso-porta sempre seco, e rappresenta per gli scioperanti una somma di sofferenze non facilmente rimediabili, e che quindi non si può nè si deve proclamarlo a torto e a traverso: ma questo è il guaio delle Camere del Lavoro, che esse sono organismi politici più che economici; e q 11indi pronti a battagliare per idealità astratte, più che per interessi concreti; mentre, in verità, la massa operaia italiana non è ancora matura, nè economicamente, nè intellettualmente, a quella grande e terribile arma di guerra che è lo sciopero politico. ♦ La lotta contro l'analfabetism.o. - Il comm. Rava che alla Minerva dirige con amore l'istruzione primaria ha presentato al Ministro della Pubblica. Istrnzione ,in interessante rapporto sulle scuole se1·ali e festive nell'anno scolastico 1004-905. Il documento è rigorosamente obbiettivo; e in questo sta il suo valore. Il Rava fa parlare i fatti ed è sobrio di commenti; e i fatti dimostrano quale e quanta era la uecessità di una legge speciale per combattere l'analfabetismo nel mezzogiorno e nelle due maggiori isole. Dagli allegati E, P, che riproduciamo integralmente, risulta ch'era minimo il numero delle scuole serali e festive nelle cennate regioni colle vecchie disposizioni (N. ·1) e che invece l'equilibrio fra nord e sud si è ristabilito colle nuove (N. 2). N. 1. Notizie complessive sulle scuole serali e festive del 1904-905 di complemento, autunnali e per adulti. Raggrùppamentl Compie• ADULTI Totaie mentari e di provincie autunnali serali festive Totale gener. ---- Nelle 25 provi 11cie meridiòn. e insul. 269 201 82 283 552 Nelle altre44 prov 1762 903 282 1185 2947 Nelle 29 provino. 2031 1104 364 1468 3499 N. 2. Numero delle scuole serali e festive autorizzate in base alla legge 8 luglio 1904 nelle 69 Provincie del Regao nel 1904 905. ----- SEH,ALI FESTIVE '1'0TALE 2066 1384 3450 Le stesse notizie per le 25 Provincie meridionali e insulari. SERALI FES'l'IVE TOTALE 1622 1123 2745 Le stesse notizie per le 44 Provincie rimanenti. SEll.ALI FESTIVE TO'rALE :t:44 261 705 La relazione· non ci dice quale fu il numero degli alunni nelle se uole del vecchio ti po, che prevalevano nel settentrione; ma fa conoscere q nale fu q nello delle scuole del nuovo tipo che prevalgono nel mezzogiorno. Nelle provincie meridionali e insulari gl'iscritti furono: maschi 83270, femmine 25281. Nelle altre provincie: maschi 22606 e femmine 5001. E' doloro .,;oconstatare, però, che sopra un totale di 136158 meno delJa metà, 61529 arrivarono agli esami e poco più di un terzo, 48737 furono approvati. Il comm. Ravà riassume dai rapporti dei R. Provveditori delle 69 provincie i motivi, che non fanno funzionare bene le scuole serali e fe~ti ve in a.lcune di esse; e questi motivi si devono far conoscere nella loro dolorosa semplicità e come li espone l'egregio funzionario Egli scrive: e Vengono poi le Provincie di Belluno, Benevento, Cagliari, Campobasso, Caserta, Lucca, Mantova, Messina, Parma, Piacenza e Vicenza, nelle quali, secondo i Provveditori, i resultati sono stati sfavorevoli. e Nell'uno o nell'altro o in più d'uno dei seguenti motivi si riassumono le cause: « 1 ° L'emigrazione temporanea; e 2° Lo scarso zelo in alcuni 1uoglii delle Autorità comunali; e 3° Le aule scolastiche anguste, umide, male i!Juminate, tal01·a luride, che non permettono, sa.lvo eccezioni, di accogliervi tutti coloro che, oltre gli obbìigati, chiedono l'ammissione; l'ost,acolo è reso maggiore nei Comuni, che hanno una sola scuola. diurna maschile ed una sola scuola femminile e che disµongono perciò di dne sole aule, e nella maggior parte dei casi, di un solo insegnante, giacchè frequentemente le maestre rifuggono dal fare la scuola serale; e 4° L'ignoranza e la p·Jvertà , anzi la miseria di buona parte delle popolazioni rurali che non sono in grado di apprezzare il beneficio dell'educazione e del1' istruzione, che si ricava dalla scnola e non hanno modo spesso d'approfittarne; e 5° La stanchezza nei contadini dei luoghi dove debbono fare lungo cammino per recarsi e tornare da.I lavoro giornaliero; " 6° I pregiudizi pei quali si aborre da ogni novità e che fanno, se non avversare, non desiderare la scuola, tanto più che come gl'ignoranti credono, non toglie la ., miseria che gli opprime. Ciò si verifica specialmente nei ~omuni piccolissimi, che hanno 'meno di 500 abitanti e che in una Provincia (quella dì Cagliari, per la quale è il Provveditore che fa queste considerazioni) sono più di 50, in una regione montuo8a, isola ti e distanti assai gli uni dagli altri, senza mezzi di comunicazione fra loro, nè col capoluogo di Circonda• rio, essendo le Htrade comunali nei monti spesso molto eattive, non potendovisi camminare che a cavallo o a piedi; e 7° L'egoismo dei pochi che stanno bene economicamente, i quali poco curano l'istruzione e spesso l'avversano per poter continuare ad avere il predominio nel piccolo Comune; e 8° L'arredamento disadatto, mancante o logoro e specialmente i banchi maladatti per fanciulli e tanto più per adulti; « 9° La duplicazione che si dovè fare in alcuni Comuni delle sezioni, poichè s' iscrissero alle scuole non solo gli analfabeti , ma anche i semi illetterati. E di qui il lavoro serio del maestro per procedere alla cosidetta livellazione intellettuale degli alunni di ciascuna sezione , condizione essenziale per un razionale insegnamento simultaneo. e 10° In una Provincia le poche scuole autorizzate non hanno potuto neppure aprirsi , avendosi la certezza che non sarobbero state frequentate per tutto il tempo prescritto e perchè mancava un centro popolato e si verificò anche il caso di maestre che non vollero accettare l'incarico. Fu tale lo sconforto che un Ispettore è arrivato a formulare il dubbio se anche nella
508 RIVISTA POPOLARE grande maggioranza delle al tre Provincie le scuole se- rali e festive per adulti analfabeti abbiano veramen te prodotto i ben..,fici effetti che il legislatore se ne ri- prometteva. Non fa meraviglia se con simili prevenzioni si sono avuti in quella Provincia resultati ne- o-ativi, senza dire che si sarebbe dovnlo meglio s ce- ;liere le località per le scuole prima di proporle al Ministero, affinchè potessero utilmente fonzionare • . ♦ Clemenceau e gl' impiegati del ministero degli Interni.- Giorgio Clemencexu, come ministro, ha delle strane pretese: egli vuc>leclte gl'i m- piegati del suo dicastero rispettino l' orario di la_v o~o cui sono obblicrati , che i funzionari tutti da lm dipendenti e sp;cialmente i Prefetti esercitino la fu n- zione per la quale sono pagati ..... Cose dell' altro mondo ! per combattere ( ora che era necessario combattere ) nella vita ? Ahimè, la dolce compagna, del suo nobile lavoro non aveva soccor.:1i al triste compito: ed e gli s' infranse , quando era per levare il suo più a lto volo. S' infranse adoratissimo , poi che uno de gli animi più nobili che abbia mai avn to la vi t,a p ose. in lui, qnando tutti lo avevano abbandonato, un affetto che basterebbe esso solo ad onorarlo, che ne segui l' ultima via con animo trepidante, che al bllO male senza rimedio porse ogni cura, tonera come que lla d'un cuore materno. A Valentino Gervasi, alla do lce creatura che portò il suo animo angelico e la paro la confortatrice presso una delle più elette, commosse ed infelici nature d'artista che abbia avuto la nostra arte vada ogni parola di ·nostro conforto, nell'ora in cui, con la vita di Mario Giobbe, una parte de lla loro vita si spezza. I giornali hanno narrato diversi episodi, in parte · umoristici, relativi alle sorprese poco liete dei fun zio- nari, che tutto facevano, meno il loro dovere; m3: no~ hanno accennato alla ribellione di qualcuno d1 t ah funzionari. Caratteristica q nella che con soverchia l eg- o-erezza della direzione ha trovato ospitalità nelle colonne del Courrie1· Éuropeen. Alcuni impiegati 3:lla dipendenza di Olemenceau <'Onsingolare sfacc1atagg~ ne vi hanno sostenuto il diritto di ...... far nulla, pur m- tascando uno stipendio più o meno lauto, solo perc h~ al Ministro dell'interno si possono rimproverare alcu m errori o peccati antichi.... . Nel numero successivo lo stesso Courrier pubblicò una risposta dell' illustre Gabriel Se~illes , che_ se rv~ di meritata lezione agli audaci truffatori di stipen di ed un po' anche alla pregevole rivista parigina, che in un momento di sbadataggine accolse la balorda esplosione di malanimo degli impie~ati. . . Le Courrie·r cercò giustificare molto ttm1d_amente l' errore commesso dichiarando che aveva pubbhcato le accuse degli impiegati del ministero degli interni ...... per ragioni d'imparzialità. . . Bella imparzialità! Per far comodo a de1 mascalzom che mancano al loro dovere si vitupera un galantnomo ... ♦ . . Per Mario Giobbe. - Nell'ora in cm appren diamo la nuova tristissima, nel cenno dolente con cui dobbiamo annunziarne la tragica fine, noi n?n possiamo parlare di Mario Giobbe, che ci fo c3:rissimo, con serena parola. La pura sua mente vr nse in un mondo di alti iwo-ni, cui non era adeguata la vita, cui non fo benig;o il mondo eh' egli ebbe intorno. Pr.ssò tra lotte inique senza vederle, tr~ f or: midabili interessi senza accorgersene, in una ':1ta di tumulto e di prepotere, soffrendone, tacendo, rn~ran d~ ad altro ad un suo mondo puro, un mondo m cu~ pareva ~hiuso come II no di quei. puri er_oi_che egh amava. Al giornalismo chiese la vita quot1?1ana, / na esso· non gli diede che la povertà e la fatica e 1 m- guaribile male. Ali' arte diede ogni suo sogno, ma di essa non raccolse che le inconsolabili amarez~ e. Troppo tardi, troppo tardi, era entrato ne~la sua v ita l'angelo che doveva guidarlo alla. mèta ?t~l la. natura lo aveva chiamato con le sue più nob1h dot,. . Quando dalla vita profonda di Valentino Gerva~i si staccl, la sua Rosa per portargli soccorso, era. già tardi pel suo trionfo. D' allora, da quella_ ca~a ':1n1o1;1~ di anime e di volontà nacquero le traduz1om mirabi li del Cy 1·nno e dell' Aiglon, dell'Edipo Re e del Sardanapalo , del Mefistofele e dell~ Fed?·a '· tu_tto un immane e nobile lavor~, proseg~1to nei g1o;Ill lab o- riosi nelle notti insonni, in ogni ora _tiella rncuran te esist~nza, chiedendo all' organismo esile, al _lar~os u~ s irito alla vita tutte le sue forze , ed a 1. b,sog m ~otidiani e alle miserie d' ogni ora un po' di tregu~ . ira donde trarre le forze, gli accorgimenti, l'energ ia NOI ♦ 11 Trentino ed 11 Generale Tttrr.-In una intervista del signor Ottone Brentari col generale Turr nel Corriere della sera del :l4 settembre pasRato, interpellato sul Trentino così il generale si 0f:lpri me: e Del Trentino parlai con Bismarck sino dal !867. « l' ultima volta che rn' incontrai con lui; e gh ace cennai alla p:>ssibilità che l'Austria si decidesse ~ e cedere quella provincia all'Italia. Ma Bismarck m1 e disse: No, no; l'Austria non avrà mai un ministro e tanto intelligente da comprendere il vantaggio c~ e e l' Austria avrebbe nel cedere il Trentino all'Italia. e E' una cosa che a suo tempo sarà fatta dalla Gerc mania. - E Trieste soggiunsi io (Turr)? - Ah! - « disse Bismarck - Trieste no; Trieste deve essere e il porto della Ge,·mania nell'Adriatico •. Ora qui domandasi al generale Tiirr, come può con - ciliarsi la rispm~ta di Bismarck, la cessione del Tre n- tino all' Italia come cosa che, a suo tempo, sarà fat ta dalla Germania, col fatto riferito dallo stesso genera le Alfonso La Marmora nel! a sua pubblicazione: « Un pò di luce sulla guerra del 1866 •. che nei patti ~i alleanza offensiva e difensiva tra l'Italia e la Pruss 1a nella guerra contro l'Austria, lo ste_ssoBiAmarck a.v ea · imposto il veto formale per la cess10ne del Trentmo, siccome facente parte della federazione germanica? La verità storica. che ormai dopo 40 anni dovrebbe imporsi sulla guerra del 1866, è che quella guerr~ fu simulata per la sola cessione del Veneto esci us1va.- mente, non avendo potuto onestamente l' Italia ri ce- vere da Napoleone III il Veneto senza combatter e, Di qui l'onore delle armi per l'_Astri~ a (!ust.o zz_a ed a Lissa· di qui l' obbedisco d1 Ganbala.1 vmc1- , ' f ·t tore ormai verso Trento, quasi reo d essere s ugg 1 o fin là al piombo austriaco. L. F. Latini ed 1tnglo-sassoni di N. COLAJANNI La mancanza di spazio non ci ha consentito di c ontinuare nei due ultimi numeri la pubblicazione dei giudiz i sopra Latino ed Anglo-sassoni; nè possiamo oggi riprenderla. Ci limitiamo a segnalare che altre riviste francesi , se. ne. sono occupate _ tra le quali il Cosmos, La Revue sc1e~tifique, L~s annales diplomatique. Se ne occupa pure l' ulttma Annee sociologique del Worms, che fa, senza vol~rlo, un par~~lelo, col libro sullo stesso argomento di Jean Fmot: Le pr?uge des races e che riesce alla constatazione di quello d1 Colajanni.
RIVISTA POPOLARE 509 IL CONGRESSOSOCIALISTA Le forze e la distribuzione del socialismo. Il Congresso socialista che si è tenuto quest' anno in Roma è stato un avvenimento, di cui i militi del socialismo hanno e avranno sempre giusto motivo d'inorgoglirsi per la vivacità, per il tono altissimo per una relativa sincerità delle discussioni e dell~ affermazioni. La Casa del Popolo in Roma non poteva essere più degnamente inaugurata. Noi vorremmo avere molto tempo per potere logicamente e chiaramente riordinare le discussioni e non poco spazio per esporre il nostro lavoro, che vorremmo fare, come sempre, imparziale ed obbiettivo; ma non avendo nè l' uno nè l'altro ci contenteremo di una esposizione assai sintetica e senza tener conto nè della cronologia, nè del raggruppamento delle idee attorno alle persone, contentandoci di mettere in risalto le cose. Cominciamo dalla rassegna delle forze del socialismo e dalla loro distribuzione geografica in Italia. Guardiamo alla relazione sullo sviluppo del socialismo noi .apprendiamo che c'è decadenza nel numero delle sezioni e dei loro componenti. Ma se poniamo mente alle sezioni legalmente rappresentate e votanti nei due Congressi di Bologna e di Roma troviamo un piccolo aumento nel secondo. I votanti a Bologna furono 32,225; a Roma 34,082. Parimenti mentre la diminuizionè delle forze del socialismo italiano potrebbe argomentarsi da quella del numero dei deputati che si sono assottigliati del 30 °lo circa dal 1900 al 1904 al 1906, i progressi dell'Avanti I direbbero il contrario. Ma è ricerca più interessante quella sulla distribuzione geograGca delle forze rappresentate nell'ultimo Congresso. Queste sono distribuite assai inegualmente. Segn·1ndo tra i massimi le provincie che hanno più di 500 iscritti e tra i minimi quelle che ne hanno meno di 100 in ordine decrescente si ottengono questi risultati: Massimi Reggio Emilia Ravenna Alessandria Bologna Pavia Novara Forlì Firenze Mantova Torino Par1na Como Roma Genova Milano Ferrara Pisa Perugia Ancona Modena 4144 3125 2027 1800 1357 1341 1245 1209 1070 l012 956 926 9o9 853 841 800 77° 752 602 54° Minimi Foaaia 98 oo v,~ Avellino ov Salerno 86 Siracusa 83 B 7v ergamo u Caserta 73 Treviso 66 Campobasso 63 Caltanissetta 62 Chieti 53 Teramo 52 Cosenza 49 CagJiari 46 Girgenti 46 Sassari 45 Belluno 45 Sondrio 44 Catanzaro 33 Benevento 30 Reggio Calabria 27 Catania 23 Messina 23 Fra le venti provincie a massimi non ce n'è una sola del mezzogiorno; tra le ventitre a minimi invece ce ne sono quattro.-Bergamo, Treviso, Belluno, Sondrio,- che appartengono al settentri?ne. Questa distribuzione corrisponde a ciò che sr sa e che in questa stessa Rivista venne dimostrato sui rapporti trà socialismo e criminalità. I massimi asso~u ~i n?,n ~ppartengono alle provincie che hanno le c1tta p1u 1mportanti del re ano e che maagiormente fanno parlar di sè · Mihtno Torino }Joma l d . ' ' ' sta~n.o a 1sotto per numero d' iscritti di Reggio Em1_ha, Ravenna, Alessandria, B".>logna ecc. Milano. Tonno 1 Genov~, Como sono tra le più industriali. ~l primato d1 Reggio Emilia si spicaa coll'azione spiegata da Prampolini. Sulla consistenza delle forze di Ravenna e di Forlì ci sarebbero da elevare dei ?~bbi; m~ il. fenomeno si può spiegare colla tr_a~1z10nale,v1vac1tà delle lotte poli ti che e coll'abitudrne dell organizzazione. La miseria della organizzazione nel mezzoaiorno e in _Siciii2. costituisce il più umoristico com~nento all~ intransigenza dei suoi ra pprcsentanti affermat~s1 anch~ burlescamente nel Congresso regionale d1 Calt~n1ssetta. Ma se sono pochi i socialisti nel mezzog10rno e in Sicilia sono almeno buoni? ♦ Le tendenze. Nell'articolo sulla Preparazione alla battaglia socialista furono esposte e rapidamente criticate le tre tendenze-la riformista, la integralista, la sindacalista - che si preparavano a contendersi il campo nel Congresso. Esaminiamo adesso rapidamente che cosa avvenne di esse e come si rivelarono cd affermarono. a) Il riformismo. Questa tendenza ebbe difensori di valore diverso ed anche di diversa gradazione: da Modigliani sistematico a Vergnanini, che si attenne ai fatti e con spirito pratico, a Bissolati e Turati che lo difesero attaccando, a Prampolini che ne consumò e giustificò la dedizione. Nelle vivaci e appassionate discussioni tra i migliori oratori raramente mancò la nota della imparzialità e talvolta della cavalleria. Così ad esempio Enrico Leone nel suo robusto discorso in difesa del sindacalismo non negò la ragione di essere della tendenza riformi sta, quale espressione di una borghesia avanzata ed illuminata; ma la mise fuori del socialismo , eh' è movimento essenzialmente proletario. La n1gione pratica del riformismo venne esposta da Vergnanini che vive in mezzo ai lavoratori e sa organizzarli e comprende che la prospettiva di un lontano millennio non attenua le miserie presenti, non seduce i sofferenti e non giuva al proletariato Egli combattendo il catastrofismo di Labriola con quella eloquenza schietta, che viene dalla osservazione quotidiana della realtà volto ai lavoratori efficacemente esclamò: <e Morite, soffrite, infecclici contadini delle risaie, il socialismo di voi ccnon può occuparsi; la sua mèta è più alta, è più cclontana l Tra le masse che lavorano e che lottano cccontro la miseria non è quistione di rinnova- « mento sociale , è quistione di fame. Le teorie « scritte sui libri son belle; ma le più vere son cc quelle che saltan fuori dallo studio e dal conce tatto della gente che lavora e che soffre >>. ~.Ma ~1 carat_teristi~o,. fu qu~st?: il riforrf!ismo dai suoi difensori e dat srndacahstr venne dimostrato essere tutta una cosa coll'integralismo, che invano tentò dimostrare la propria autonomia e la figura propria. i ~Mod~gliani, che rappresen~ò. l'esstre~na destra d~l rifor»:ismo se la prese coll integra_l1smo , ~be drchiaro non essere altro che un equivoco, ne seppe vedere in che cosa consisteva la differenza tra l'uno e l'altro. Per Turati, l' artista mordace del riformismo, ccil movimento socialista se vuol marciare ha bisogno di tranquillità interna: va\ meg~io u~1 esercito pic~olo e compatto che non l esercito d1 Serse.
510 RIVISTA POPOLARE Ferri ha detto che è per le riforme contro i riforrnisti, ma come si fa ad avere le riforme se non svilup·pando un' azione di conquista delle riforme, cioè a dire riformista? Anche Ferri vuole le riforme. Ma come si fa a conquistarla, essendo noi una sparuta minoranza, senza il concorso degli altri partiti, e perciò, senza l' attenuazione della lotta di classe? L' integralismo è la nostra stessa azione, la nostra stessa dottrina, ed è curioso che gli integralisti per volere l' unità del partito vogliono dividersi da noi! » « I riformisti sono transigenti? Lo sono del pari gl'i n tegralisti: transigenza vuol dire semplicemente applicazione del concetto evoluzionistico nei rapporti sociali. Noi crediamo alla utilità, spesso alla necessità delle alleanze >>. « Gli integralisti dicono che l'appoggio a un Ministero dev' essere la eccezione e non la regola, ma la eccezione nasce dagli ayvenimenti e quando gli avvenimenti incalzano allora si diventa ministeriali : così dicono gli integralisti , così <licia~ mo noi I » cc Morgari ha detto che si può essere ministeriali quando un ministero tutela la libertà e vuole le riforme ». cc Ma voi integralisti siete troppo riformisti, andate più in là di noi. Voi sarete sempre ministeriali, perchè tutti i ministeri promettono la libertà e le riforme >>. cc Io voglio essere ministeriale quando questo giovi alla lotta di classe: all'infuori cti lì, mai ! » cc Nè il ri.formisnio si differenzia dall'integralismo sulla scottante quistione militare; nè sullo sciopero generale. Noi vogliamo lo sciopero generale solo in casi catastrofici; gl' integralisti non lo vogliono nemmeno come regola , ma in varie circostaaze non bene determinate ..... » cc L'accordo c'è anche nella tattica parlamentare. Nella questione ministeriale , io e Ferri fummo d'accordo: egli fu con noi nell'appoggio a Giolitti, noi fommo con lui , con meno entusiasmo , per Sonnino; Ferri ha detto che è diventato antiministeriale quando ha visto spuntare la barba di Depretis sulla faecia di Giolitti : noi avevamo visto prima di lui dei peli pericolosi sulla faccia di Sonnino ». cc Dunque, nella grande questione dell'atteggiamento parlamentare siamo sostanzialmente d' accordo. E allora? Allora , vi sono due partiti qui dentro: il riformista e il rivoluzionario anarcoide. L'integralismo, che cosa è? L'integralismo è contro i sindacalisti come il riformismo. Qui non vi sono che due tendenze: ossia, vi è una tendenza che è fuori della dottrina socialista ed è la anarcoide, e la tendenza che è socialista ed è quella sostanzialmente tratteggiata nell'ordine del giorno integralista, che è viceversa riformista ». « I capi del sindacalismo sono uomini che arrivano nell'aia di altri, trovano dei covoni di grano e se li portano a casa, dicendo: - Questi covoni sono nostri. Essi sono venuti nell' aia di noi riformisti , c1 banno presi i nostri frutti, dicendo: - Sono nostri! cc E l'opera nostra? A noi che abbiamo tanto faticato, che resta? >> cc Noi abbiamo lottato quattro anni a corpo a corpo con gli anarcoidi e gli integralisti non si sono mai veduti. Ed ora che è il momento di raccogliere i frutti della nostra lotta , gli integralisti entrano e dicono: - Il partito è nosrro,. e la porta è quella ! Questo è il supremo del comico ! » <e La rassomiglianza tra il riformismo e l' integralismo è tale e tanta che si è potuto vedere questo caso comico: Francesco Ciccotti, difendendo l' integralismo ripeteva mie frasi di miei seri tti >>. « Questi sono scimmiottamenti. Chi sono gl' integralisti? Dei riformisti camuffa ti ». cc L'ordine del giorno integralista incomincia col metodo della lotta di classe: va avanti domandando tutto quello che domandano i riformisti, con l'aggiunta di qualche sproposito .... >> cc Domandiamo agli integralisti che ci riconosciamo il diritto di essere noi! Noi siamo i voi di domani ». cc Se voi ora siete integralisti, è perchè noi fummo riformisti ». <e E' poco leale, o integralisti, la vostra condotta, che tende a tagliar la strada a chi venne prima di voi ! » cc Il nostro diritto d'esistenza l'abbiamo strappato col lavoro, che è la nostra corona e che nè l'equivoco degli integralisti, nè la furia dei sindacalisti ci potrà togliere ! » Questa rassomiglianza che rasenta l'identità tra l'integralismo e il riformismo venne più volte affermata da Labriola che ritenne Ferri più moderato di Turati; da Lazzari, che non- comprende le riforme di Ferri senza il riformismo; da Leone e da tutti i sindacalisti; che anche per buona tattica e per dimostrare che essi soli sono i socialisti veri, custodi della dottrina di Marx, dovevano rigettare gl' integralisti nell' orbita del riformismo, che sul terreno della teoria credevano di poter meglio combattere. Dimostrata realmente, punto per punto la somiglianza tra integralismo e riformismo si comprende · benissimo che uno come Prampolini , che rappresenta il buon senso e il disinteresse personale accoppiati colla rettitudine coll'amore sincero, sconfinato per le classi lavoratrici sia venuto a fa_r~ un discorso come questo, che rappresenta la ded1z10ne e la fusione del secondo col primo: << Il Congresso ha dimostrato che fra integr:ilisti e riformisti vi è differenza di forma non d1 sostanza. << Dato questo fatto, noi dobbiamo votare l'ordine del giorno degli integralisti, poichè se fossimo_ un club di studiosi, sarei per la formula riform1sta, ma qui siamo un partito, dobbiamo guardare l' azione; ora quando nell'azione non vi sono di fferenze fra riformisti e integralisti, io domando come mai noi non dobbiamo votare per voi integralisti, pel vostro ordine del _giorno l . . . . . cc lo rappresento qm non solo 1 soci dei Circoll socialisti di Reggio Emilia, 111'.3, anche le cooperative di cui quei soci fanno parte. Ora io non posso tornare a loro e dire che per una semplice questione di teoria e di etichetta, mentre eravamo di accordo nel campo pratico, abbiamo respinta la cooperazione vostra, o Oddino Morgari, o Enrico Ferri ... cc No! Per l'aiuto che darete al socialismo, o integralisti, oggi siamo con v?i, og_gi_che compie~e un'opera santa pel proletariato dichiarando pericolosa la tendenza sindacalista! <e Noi non vogliamo alcuna carica nel partito! Noi siamo paghi del bene che il partito farà marciando sulla strada che noi abbiamo tracciato ». Con questa dichiarazione interrotta e coronata da uragani di applausi il riformismo proclamò nel Congresso la propria scomparsa, segnò l'atto di morte. Ma non vorrà rinascere nel paese e al · l'indomani del Congresso? Forse. Senza Prampolini e senza i reggiani , però, esso potrà essere l'ombra dell'antico riformismo; anzi dovrebbe essere qualche_ cosa di diverso e di più determinato. ...
.. RIVISTA POPOLARE 511 b) L'integralismo. La difesa, l'esposizione del1' integralismo nelle scaramnccc di avanguardia educante la battaglia fu iniziata da Francesco Ciccotti e da Morgari e compiuta da Ferri. In verità non c'è gran bisogno d'intrattenersene a lungo, perchè in realtà in nulla si differenziò dal ,..ifonnismo. La distinzione avrebbe potuto stabilirsi insistendo sul metodo e più nettamente sulla pregiu,ii:r_ialerepubblicana ; ma nè i riformisti vollero rigettarla esplicitamente - e se lo avessero fatto sarebbero divenuti puramente e semplicemente dei monarchici come li chiamò Labriola e sarebbero rimasti assai diminuiti di numero e di forza morale col distacco di Prampolini - ; nè Ferri volle affermarsi nettamente repubblicanù. All'integralismo non vennero risparmiate accuse cd ingiurie sanguinose. Leone disse che esso è una menzogna, una speculazione artificiosa, sulla ignoranza della grande massa del partito e che non è equidistante dal riformismo e dal sindacalismo; Turati lo chiamò una contraffazione, uno scimmiottamento del riformismo; per Labriola gl' integralisti rappresentano una farsa; Morgari non è che un perfetto riformista - le sue parole sono l' epigrafe dei riformisti - le sue idee il sublimato delle idee riformistiche - esso, insomma, non è che il manto di Noè, che copre tutte le lordure del riformismo ... Ma se così venne malmenato, fieramente giudicato da riformisti e sindacalisti come è che esso fu il vittorioso? La contraddizione tra le parole e il fatto fi spiega facilmente, pur riconoscendo che sono giusti i giudizi e meritate le speciali accuse che si riassumono nella mancanza di originalità e di contenuto proprio per differenziarsi dal riformismo. Tale spiegazione la dette Turati: « Ma insomma, egli si domandò, che cosa sono questi integralisti ? Sono il partito della maggioranza. Ma qual' è il suo programma ? La maggioranza. Quale il suo scopo? La maggioranza. Avviene agli integralisti quello che è avvenuto ai giolittiani, i quali avevano formato il partito della maggioranza, non avevano che il programma della maggioranza, le idee della maggioranza. Gli integralisti ripetono qui la stessa situazione che si è verificata alla Camera col giolittismo ». Per quanto offensivo per Ferri il paragone esso corrisponde alla verità. Se l'integralismo non è che il riformismo di ieri, l'onestà politica avrebbe voluto che il primo avesse riconosciuto la priorità del secondo. Ma gl'integralisti rappresentavano il numero, la forza ed avvenne l' inverso proprio come per la legge dell'attrazione universale: gli astri minori vengono attratti nell'orbita degli astri maggiori. e) Il sindacalismo. Prima della riunione del Congresso pareva che nei riformisti e negli integralisti prevalesse l' intenzione di escludere i sindacalisti dal partito socialista. A Congresso finito si può riconoscere che i fieri propositi dei loro avversari scomparvero; anzi si riconobbe in loro una forza del partito e qualche merito. Ferri riconobbe nei sindacalisti il merito di avere ricondotto il partito alle sue origini proletarie. Se ciò fosse vero, il merito non sarebbe piccolo. Lo stesso Turati che chiamò i sindacàlisti politicamente dei disoccupati, constatò che il sindacalismo esiste, è forte, è tenace, è contro il riformismo e contro l'integralismo. « Forse - dice - i sindacalisti saranno più vicini a Marx - almeno essi lo dicono - ma io non sono disposto a cedere loro la medaglietta col ritratto di Carlo Marx. « Per esempio, il Labriola crede agli aforismi di Marx sulle miserie crescenti, sul progressivo concentramento della ricchezza? Non credo eh' egli vi creda, egli che è in sostanza un individualista e un liberista alla Pantaleoni. Egli crede che sia inutile l' azione delle leghe di resistenza, egli non sente - come Marx -- l'odio pel capitalismo, anzi lo vede pletorico, florido. E allora la catastrofe pel Labriola diventa una tragedia da palcoscenico, una tragedia senza le gambe. « Labriola e i suoi sono dei mistici, che aspettano il mille, che attendono l'Apolicasse, e che aspettandolo lasciano la gente affamata, incolta, cretina! « Che cosa importa ai sindacalisti la conquista delle riforme? Iulla ! Essi vogliono che il gesto sia bello e quèsto basta. Essi sono estetici, plastici, le idee loro sono vaghe nubi. Essi amano lo sciopero generale spinto agli estremi, con grande slancio e non si curano d'altro. « Labriola a Milano eccitò a continuare lo sciopero generale, e fu causa che i cittadini applaudissero le guardie ! >> Ma Turati, pur riconoscendo - e con ragione a nostro avviso - che i sindacalisti sono fuori della direttiva socialista , e dichiarando che li avrebbe combattuti e non vuole fondersi con loro, non li vuole, però, nè allontanare, nè espellere. Queste conclusioni se segnano una contraddizione dei capi autorevoli delle due altre tenden:r_e, costituiscono una vittoria reale del sindacalismo; alla quale hanno contribuito diversi fattori: gli errori degli avversari, qualche lato giusto della dottrina, il valore dei suoi sostenitori: Labriola, Leone, Orano, Romualdi. Degli altri non vale la pena di far menzione: colle loro intemperanze e coi loro spropositi dannaggiarono la causa che volevano difendere. Il lato dottrinale in cui potrebbero avere ragione è quello della lotta di classe e della teoria catastrofica intese secondo la più rigida dottrina marxistica. Labriola trascinato alla sincerità dallo slancio dell'eloquio atfermò nettamente la teoria catastrofica col disprezzo verso tutte le riforme, anche per quelle che i più rigidi marxisti accettano e propugnano eon entusiasmo qual'è quella della riduzione della giornata di lavoro, provocando uno scoppio di applausi ironici da parte dei riformisti. Conforme al rigido marxismo, per noi, egli si mostrò nel discorrere del caritale. <( Lasciate, egli disse, che le industrie fioriscano lasciate che abbiano il loro completo sviluppo le grandi audacie del capitale. Noi abbiamo bisogno che la società sia felice e si completi di ricchezza perchè noi vogliamo conseguire una vita di abbondanza nella quale adagiare e costruire la futura organizzazione sociale .... Voglio l'arricchimento della industria perchè le migliorate condizioni di questa produrranno automaticamente l'aumento dei salari e migliori patti di lavoro >>. Anche queste dichiarazioni provocano scrosci -di applausi ancora più ironici da parte dei riformisti e degli integralisti. Inteso in tal modo il capitalismo non c'è bisogno di lottare per tirargli le cuoia;· è inutile qualunque azione socialista: dal capitalismo germoglierà spontaneamente ed automaticamente il socialismo. E allora perchè i sindacalisti a Milano e a Napoli - a Napoli più perniciosamente perchè il capitalismo vi è iniziale e vi sono bambine le industrie-provocano scioperi, che tendono ad uccidere nelle fasce l'uno e le altre? Nei presupposti sul capitalismo di Labriola c'è la giustificazione dell'accusa rivolta ai sindacalisti di essere degli indiJ,idualisti e dei liberisti.
512 RIVISTA POPOLARE L' individualismo poi venne esaltato anche nella sua manifestazione morbosa da Orano, che per meritare meglio il titolo di filosofo fece l'apologia di Max Stirner e del suo egotismo. Tutto questo unito alle dichiarazioni di Labriola, di Orano e dei minori anti-militaristi all' Hervé e all' antistatismo prova colla massima evidenza che i sindacalisti italiani non sono dei semplici anarcoidi, come li chiamò Turati, ma dei veri anarchici, che sono - per noi - al di fuori del socialismo. ♦ Le questioni speciali. Si è rimproverato al Congresso chiaritosi riformista di non avere esposto quali sono le riforme immediate che propugna; che esso abbia trascurato la trattazione di alcune questioni di attualità per lasciarsi assorbire dalla discussione sulle tendenze, ch'è sopratutto politica e che involge anche gl' interessi elettorali e personali. D'onde la sua vivacità ed anche l'attenzione del pubbiico. Il rimprovero soltanto in parte è meritato; lo è sp_ecialmente per n~n av~re d~ciso su alcuni problemi, ~he fu~ono posti e discussi; ad esempio; quello dell Herveismo. Altri furono davvero messi da parte e dovevano essere discussi seriamente; tra questi 9uello sulla propaganda nel mezzogiorno, la cui importanza venne riconosciuta coll'ordine del giorno Pignatari, che avrebbe potuto ·contarne delle belle e delle brutte sul conto dei socialisti meridionali. Nello insieme, però, si deve riconoscere, che molte quistioni furono ampiamente discusse nel vivace, ampio e spesso geniale dibattito sulle tendenze. Fermiamoci su di alcune di esse. A) Il metodo. Si trovavano di fronte riformisti e rivoluzionari e non potevasi evitare che si accennasse al metodo, che se non è la dottrina, sulla dottrina getta tan~a luce, da darle quasi una forma ed un contenuto dive_rso da quello apparente o ufficiale. Così è, ad esemp10, che per lo evoluzionismo noi della Rivista spesso ci sentiamo più vicini ad alcuni socialisti, che ai pochissimi repubblicani che si dicono rivolu~i?nari per elezione - noi lo saremmo per necessita.- Dove sono gli evoluzionisti e i rivoluzionari nel socialismo ? Che siano evoluzionisti quelli delle riforme si sapeva: ma in fondo si affermarono anche tali i partigiani dell' integralismo. Al rivoluzionismo di Ferri non credemmo mai; di frequenti versammo su di esso il ridicolo, senza intendere con ciò di offendere la persona. Ma ogni dubbio ed ogni equivoco ora è cessato. L' affermazione che corrisponde ad un prediletto concetto di Morgari, che : « il partito sociatista si serve dei mezzi legali, ma si risen;a l'uso della viotenza quando le classi dominanti gl'impedissero l'uso degli stessi mezzi legali >> non è propria degl' integralisti; non è suggerita da opportunismo - per attrarre i riformisti colla prima parte e i rivoluzionari colla seconda - come vorrebbe l'acuto resocontista del Giornale d' Italia; ma costituisce l' assenza stessa del metodo evolutivo. Non è respinta da noi; non la è da Turati e da Bissolati; non sarebbe respinta dallo stesso Spencer. Talora, non si può fare dell'evoluzione che per mezzo delle violenze. Fu il caso di Mazzini; è oggi il caso della Russia. L' equivoco, però, venne fugato più completamente dalle ·dichiarazioni di Ferri al çorrispondente del Corrieri! della Sera sulla funzione del partito socialista nella società attuale e sull' Herveismo, che respinse. Ecco le parole notevoli di Ferri: « Ho già detto nell' Avanti ! che il trionfo dell' integralismo al Congresso deve togliere aUa borghesia italiana ogni timore e anche ogni speranza e che, se la borghesi~ non ha da temere nè da sperare, ha però molto da imparare dai· risultati del Congresso. La borghesia non ha da temere perchè gli integralisti respingono i metodi violenti e insurrezionali e sostengono invece la gradualità della trasformazione sociale; gradualità ed evoluzione, non rivoluzione più o meno artificiale. « La borghesia non ha però da sperar tregua da noi, che se non vogliamo violenze e insurrezioni, non possiamo neppure volere che essa si fermi nella via del suo sviluppo economico e del continuo progresso sociale. Una borghesia inerte, fiacca, corrotta, ci avrà nemici senza tregua. Noi vogliamo tenerla in perfetta attività, vogliamo stimolarla, spingerla nel suo sviluppo ascensivo; voglìamo che si liberi da tutti quei resti feudali che impediscono lo svolgimento di un più largo aumento di ricchezza e di civiltà. Una borghesia ché continuamente si migliora e progredisce non può essere avversata da noi, anzi a noi conviene stimolarla e spingerla per questa via. Poichè il trionfo del socialismo non può essere l'effetto di un salto, ma deve essere il risultato di un processo, di una successione di stadi economici e sociali >>. Prendiamo atto con piacere delle dichiaraziòni del Ferri di oggi senza chiedergli no7izie di quel passaggio improvviso dalla lucerna ad olio alla lampada elettrica del Ferri di ieri. E per carità non predichi più la rivoluzione .... Rivoluzionari per metodo e per elezione non restano che i sindacalisti. Se tali non si vantassero esplicitamente, tali risulterebbero dalla loro predilezione sistematica per lo sciopero generale e della accettazione incondizionata dell' Herveismo. In quanto a Leone che è rivoluzionario ma rifugge dalle rivolte fa pena il vedere che una mente così acuta non si accorga che sinora tutti i tentativi di sciopero generale non sono riusciti che rivolte più o meno sanguinosamente represse tanto in Italia, quanto altrove. b) Lo sciopero generale. Per un momento Enrico Ferri, interrompendo Turati che rimproverava ai sindacalisti la loro indecisione e indeterminatezza sullo sciopero generale parve volere rientrare nella famiglia rivoluzionaria, ricordando il voto del congresso internazionale di Amsterdam. Ma noi abbiamo dimostrato altra volta che Ferri quel voto lo aveva cucinato in tutte le salse e specialmente in quella dolce e in. quella amara. Turati giustamente gli rispose: <e Amsterdam fu corretto da Colonia e da .Tena, che poi furono completate da Mannheim. ln Germania lo sciopero generale è messo nel solaio insieme con le antichità >>. Il carattere e ìl significato eminentemente rivoluzionario dello sciopero generale venne messo in evidenza da Labriola con queste dichiarazioni : cc Lo sciopero generale, per noi sindacalisti, come simbolo della catastrofe del capitalismo e della guerra sociale, è un buon mezzo per far crescere la temperatura rivoluzionaria del proletariato ed educarne il sentimento eroico del sacrificio. Inoltre questa idea permette di vedere immediatamente che il socialismo deve essere opera delle classi lavoratrici, svolgersi come un processo economico e risultare un atto rivoluzionario. cc Lo sciopero infatti non può essere praticato che dagli operai secondo le norme ordinarie delle competizioni economiche e concentrarsi in una rottura violenta dello stato ordinario delle relazioni sociali. Il sindacalismo sostituisce questa nozione a quella tradizionale della conquista del potere, la
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