468 RIVISTA POPOLARE Banca agricola _ Coi 1;1ezzi dati dal governo tunisino s' è fondata f 111 dall anno scorso una banca agricola a solo uso e consu1~0 deitrancesi, e colla quale non possono aver da fare gh stranieri, quantunque sia risaputo che numerosissimi sono gli agricoltori italiani in queste contrade, e che la popolazione italiana, almeno quattro volte maggiore di numero della francese, contribuisce in proporzione a fornire i cespiti del pubblico erario. Scuole italiane Col trattato del '96 si riconobbero tutte le nostre scuole allora esistenti, ma è fatta condizione espressa che non possono venire aumentate in appresso. Credo che sia questa l'unica clausola rispettata senza ~lcuno strappo, anzi è con grande oculatezza sorvegliata dal Governo del Protettorato . .._"o'.-uai se q~alche modificazione si tenta apportare nell' ambiente delle nostre scuole, allora è uno strillio as- ~ordante di t~1tta la stampa francese, e si grida alla mfedeltà degh italiani verso il trattato del '96 anche se si dà un po' di bianco sui muri. Dal lato italiano contenti che non si facciano chiudere le_ nostre scuole, si fa del meglio per in- ~erpreta:e Il trattato nel senso più favorevole agli 1nteress1 francesi anche con sacrificio del proprio clecor? ~ne ha ~ai avuto il governo italiano?) e dei propri 1nte_res_s1:La società « Università popolare >> la scuola d1 B1serta, e quella di Goletta informino. Sono molto criticabili le nostre scuole primarie in conseg~enza del trattalo del '96, e non poco le secondarie per molte ragioni, di cui principali la nessuna cura che ne prende il pontefice massimo delle scuole italiane all'estero Comm. Scalabrini e la sonnolenza abituale di questo· Consolato. Delle scuole, tema importantissimo, non posso in questa rassegna di guai occuparmi convenientemen_te; ma spero di farlo più tardi con un articolo speciale. Non posso però astenermi dal dire fin da ora che questa Deputazione scolastica nella sua tornata del 5 aprile ultimo scorso ha creduto necessario esprimere ali' una1!imità il voto che si istituisca un ispet- ~orato sco!ast1c_oa Tu1;1isi e_che si proporzionino gli rnsegnanh agh alunm o viceversa. DoTT. EUGENIO BusACCA RAPPORTI tral'Italmiaonarchica elaFranicmiaperiale (La demonsfratiosnainglanfe del 1866) _ Si è discusso lungamente in questa morta staz10ne del tentativo di Triplice alleanza tra l'Austria l'I~alia e la Francia nel r869; Triplice che dovev~ spiegare la sua azione contro la Prussia e che fallì per la cecità di Napoleone 3° e del rinneo-ato Emilio Olivier. 0 L_'uno ~ l' altro non vollero saperne di porre in pencolo ~l potere temporale del papa. Sicchè fallito .11 tentativo della Triplice , dovuto al Beust la guerra ch'era divenuta inevitabile tra la Prussi'a e !a Francia, scoppiò nel r870 _per imprudenza e per 11:1pr_eveggenza del N~poleomde e per le male arti d1 Bismarck, che arnvarono alla confes1;ata falsificazio_ne ed e~be le conseguenze disastrose per la Francia Impenale che tutti conoscono. La di_scussione _s~ quel tentativo di Triplice, che mette 111 luce smistra il clericalismo inguaribile della Corte Imperiale Francese, è stata v1v1ssima in questi giorni nella Tribuna e nel Gio1:-naled'Italia tra noi, nel 1èmps, nel Matin e in altri giornali in Francia, nulla di nuovo ha appreso agli Italiani, che non hanno dimenticato la rubrica: C'est nia guerre del nostro Alberto Mario continuata per molti anni nella Lega della Democrazia. Alla discussione con parecchie lettere importanti ha preso parte ~o~erto M_ir_abelli,che ha ricordato agli immemori 11 servilismo della monarchia sabauda v~rso l_'Impero Franc_ese e la nessuna sua premura d1 vemre a Roma smo alla catélstrofe di Sedéln. A Roma, come sì sapeva già da altri brillanti articoli di Alberto Mario,·la monarchia vi fu cacciata a pedate dalla parte rivoluzionaria tra le lagrime di Lanza e il rammarico di_Vittorio Emmanueb 2°, che non voleva saperne di fare la grande baloussada: frase, che il così detto Gran Re e Padre della patr!a. cere~ ~an_ce_llaresostituendovi ~'a~tra che_ gli stonc1 cort1gia111 illustrarono con enfasi rettonca : A Roma ci siamo e ci resteremo ! Queste polemiche oramai inut"ili per gl' Italiani dovrebbero avere grande valore di attualità pei Francesi. Nella lotta della Repubblica contro il cl~ricalismo dovrebbe rappresentare una parte preminente questa ampia documentazione·- iniziata da un articolo nella Revue des Deux Mondes del principe Girolamo Bonaparte -dovrebbe provare a luce meridiana che la catastrofe del 1870-71 fu dovuta al clericalismo di Napoleone 3°. Le recent1ss1me dichiarazioni del rinnegato Olivier , che si dice pronto a ripetere ciò che fece nel 1870, in difesa del Papa e contro la Francia, se la situazione di allora si ripresentasse, dovrebbero rappresentare un ammonimento severo per tutti coloro che amano la Francia più del Papa. E in questo senso le ha commentate Jaurès nell' Humanité e altri sinceri repubblicani in altri giornali. Ultimo nella polemica è entrato il Ge:nerale Tlirr, la cui intelligenza indebolita dalla vecchiaia, lo ha indotto, per difendere l'Impero dei Bonaparte, a fare delle stupide insinuazioni contro Mazzini e Garibaldi, che segnala quasi come due marionette, che sì movevano a volontà dell'Inghilterra e della Prussia. Si può essere più stupidi e più rimmi nchioniti nella calunnia dei due colossi, la cui sola ombra schiaccia ed oscura parecchi Generali Tiirr '! Le trattative per la Triplice si prestano a qualche considerazione di ordine morale sulla lealtà di Casa Savoja. La quale pff~ndendovi parte attiva ripeteva e completava la slealtà e il tradimento del r 866 verso la Prussia. Anche quel periodo storico venne illustrato splendidamente da Alberto Mario; il quale nelle sue brillanti polemiche col Fanfulla e colla Libertà di Arbib dimostrò che il governo italiano, o meglio la dinastia Sabauda, commise un vero tradin,ento, promettendo di condurre la guerra ignominiosamente ~ di condannare l'Italia alla disfatta preventiva, promettendo di fare una denionstration sainglante e non una vera guerra coll' Austria , che aveva ceduto la Venezia alla Francia, prima della guerra, e che la consegnò alla monarchia italiana col bollo Leboeuf . Le pubblicazioni e il contegno del Conte Usedom - ambasciatore prussiano a Firenze- nel r866 - e quelle successive del Generale Lamarmora che per difendere sè stesso--· senza riuscirvi-disonorò il Gran Re, il Padre della Patria , tolsero ogni dubbio in proposito e dettero piena ragione ad Alberto Mario, che aveva lasciato intontiti gli apologisti della monarchia quando buttò loro in faccia la frase : Ton·e Malimberti.
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