RIVISTA POPOLARE 465 concorrenza , 11ientre acuiscono l' intelligenza, tendono ad indurire il carattere ed a sviluppare l'egoismo. Intellettualmente , vi sarà , senza dubbio , grande progresso, ma non così rapido come ci vorrebbero far credere quelli che pensano che il Giappone si sia realmente trasformato in trent'anni. Beuchè largamente diffusa nel popolo , la educazione scientifica non può elevare immediatamente la media dell'intelligenza pratica al livello 0ccidentale: la comune capacità deve rimanere più bassa per generazioni. Vi saranno, in vero, mo!tissime notevoli eccezioni; e una nuova aristocrazia dell'intelligenza è per nascere. Ma il futuro reale d'una nazione dipende piuttosto dalla capacità generale di molti che dall' eccezionale di pochi. Fon;e esso dipende, specialmente, dallo sviluppo della matematica, da per tutto assiduamente coltivata. Questo è oggi il punto devole: masse di student,i son escluse dalle più importanti classi di studii superiori per incapacità a passare a gli esami di matematica. Nelle Imperiali scuole militari e navali pure si sono oitennti tali risultati , snfficienti a dimostrare che a questa debolezza sarà eventualmente rimediato. I più difficili rami scientifici diverranno meno astrusi ai figli di quelli che sono stati capaci di distiuguersi in tali studi i. Per altri riguardi qualche temporaneo . regresso si potrà aspettare. Certamente , come il Giappone ha raggiunto cio che è di sopra del li111ite normale dei suoi poteri, così dovrà certamente ricadere fino a tale limite o anche di sotto. Tale regresso, naturale come necessario, non è altro che preparazione recuperativa per più forti ed alti sforzi. Segui ne sono visibili nel lavoro di alcuni ruinisteri - specialmente in quello della educazione. L'idea di fonare gli studenti orientali ad un corso di stL1di su peri ori alla capacità media degli studenti occidentali, l'idea di rendere ;nglese il linguaggio o almeno L1nalingua del :paese, l'idea di cambiare l'avito modo di pensare e di sentire, credendo di far 111eglio, furono pazze stravag_anze. Il Giappone deve sviluppare la sua propria anima , non può prenderne in prestito un'altra. Un mio caro amico, la cui vita fu dedicata agli stL1di filologici, mi disse una volta parlando del deteriorarsi dei costumi tra gli studenti giapponesi : « sì, la lingua inglese stessa è stata u11a infiuenza demo1·alizza11t~ ! ,. . V' era moUa profondità in quell'osservazione. Fare studiare a tutta nna nazione la lingua inglese (lingua d'un poµ1ilo che predica sempre dei suoi diritti e mai dei suoi doveri) fu quasi un' irr:: prudenza , compita con grossolana e subitanea condotta, che implicava un grande consumo di tempo e di danaro·, e r aiuto alla distrnzione del sentimento etico. Nel futuro il giapponese apprenderà l'inglese, così come l'inglese apprende il tedesco. Però, ::,e questo studio è stato inutile sotto alcuni riguardi, non lo è stato per altri ; I' influenza dell' inglese ha effettuate delle modificazioni neJla lingua nativa, rendendola più ricca, più flessibile e più capace di esprimere le nuove forme di pensiero create dalle scopèrte della scienza moderna. Questa infiueuza continuerà ancora. Vi sarà uu considerevole assortimento di pa · role inglesi e forse pure francesi e tedesche: fenomeno del resto, già notato ne! mutato linguaggio delle classi alte , non meno che nei discorsi ascoltati sui porti, •misti di curiose 1 •arole modificate dal commercio estero. Inoltre, la struttnra grammaticale giapponese ne sentirà l'influenza; e benchè io non convenga con un pastore, che ultimamente dichiarava, che l' uso del passivo nei gridi dei ragazzi di strada di Tokio , an. nunziante la caduta di Port-Arthur, - ( ~ Ryojunko ga senryo se1·areta! ~) - rappresentava l'opera del « la divina provvidenza ,,, pure credo che ciò dia un indizio che il linguaggio giappo11e.:3ea, ssimilativo come il genio della razza , mostri capacità a rispondere ad ogni domanda fatta dalle nuove condizioni. Forse il Giappone ricorderà i suoi maestri esteri più benignamente nel ventesimo secolo. Ma non sentirà mai verso l'Occidente, ciò che esso sentì verso la Cina prima dell'era dei Meiji , il reverente rispetto dovutò, per antico costume, all'amato maestro; perchè la sapienza della Cina fu volontariamente appresa, mentre quella dell' ovest fu imposta con violenza. Avrà qualche setta cristiana, ma non ricorderà i nostri missionarii inglesi ed americani , coìne ancora ricorda quei grandi sacerdoti cinesi che un tempo educavano là sua gioventù. E il Giappone non conserverà le reliq~ie del nostro soggiorno, preziosamente , involte in settemplice fascia di seta e chiuse in preziosi scrigni di legno bianco , perchè noi gli abbiamo dato nessun insegnamento di bellezza - niente che faccia appello alla sua emotività. L. HEARN Sulla Coloniaitaliana di Tunisia Non ho mai avuto l'abitudine di rimpiangere il passato, quindi non accennerò neppure di volo ai privileo-i di cui godette per secoli questa nostra coloni~ fino all'occupazione francese della Reggenza; nè di quel tanto che l'era rimasto sino al 1896 con la guarentigia delle Capitolazioni. Nè ho vaghezza di rammentare come col trattato del 1896 siamo stati venduti da chi aveva il dovere di difenderci. Nè magnificher~ gli slanci pa~ri<?t!ic~ d~ guesta nostra colonia, ne la sua potenziahta 1nd1v1duale mediante la quale ad onta delle dedizioni del governo della madre-patria, anche dopo il '96 ha sempre progredito ed ha tenuto alto il nome della terra d'origine. Del perduto, dell' ir~eparabi~mente perduto, son<? vane le lacrime; ma e bene, forse utile, occuparsi di ciò che è ancora il nostro diritto, di ciò che il trattato del '9G non ci tolse e che ci viene tolto giornalmente o con evidente manomissione di quel trattato, e per ignavia o per nuove dedizioni del governo della madre-patria e dei suoi rappresentanti. ♦ <( I Tunisini in Italia e gl' Italiani in Tunisia sono ammessi, senza altra condizione e senza altra restrizione che quelle risultanti dalle leggi d,ei loro rispettivi paesi, a godere gli stessi diritti civili che i nazionali ed i francesi ». Così il trattato del 1890 metteva gl' italiani qui
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