Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 17 - 15 settembre 1906

RIVISTA POPOLARE 463 sè stessi col tentativo di soppiantare i negozianti stra nieri. Benchè spaventati dall' idea di doversi sottomettere alla legge giapponese, i commercianti delle concessioni. ma.i imagina.vano un felice attacco ai più grandi lore interessi , foorchè dalla violazione della legge stessa. Importava poco che la Nippon Yusen Kwaisha fosse divenuta, durante la guerra, una. delle più grandi compagnie di navigazione a vapore del mondo, che il Giappone commerciasse direttamente con l'India e con la Cina, che agenzie giapponesi si fossero stabilite nei grandi centri manifatturieri esteri , · che i mercanti giapponesi :nandassero i loro figli in Europa e in America per uua solida educazione commerciale. Se gli avvocati giapponesi si guadagnavano una estesa clientela estera e costruttori navali, ingegnieri ed architetti prendevan il posto di quelli esteri al servizio del governo,· non significava che gli agenti esteri eran dispensati dal controllare il commercio d' importo e d' esporto con l' Europa e l' America. Il macchinismo del commercio sarebbe inutile nelle mani giapponesi e la capacità in altre professioni non presagiva qualità latenti per quella degli affari. Il capitale estero impiegato in Giappone non poteva essere minacciato con successo da combinazioni organizzate contro. Qualche casa commerciale poteva continuare un importo limitato, ma l'esporto chiedeva una vasta conoscenza delle condizioni commerciali dell' altra parte del mondo, e, simili relazioni e crediti, i giapponesi non potevano ottenere. Nondimeno, questa eccessiva confidenza degli importatori ed esportatori esteri fu bruscamente infranta nel luglio del 1896, quando una casa inglese, avendo fatta appello al tribunale giapponese contro una compagnia giapponese per rifiuto d' accettazione di merci ordinate, ed avendo vinto il giudizio per quasi trentamila dollari, si trovò d' un tratto avver sata e minacciata da una associazione la cui potenza non era mai sospettata. La ditta giapponese non fece appello contro la decisione del tribunale e si mostrò pronta a pagare l'intera somma alla richiesta, però l' associazione, alla q 11alela ditta apparteneva, imformò la casa trionfatrice che un compromesso sasebbe stato più vantaggioso. Allora la casa inglese si accorse d' esser minacciata con un e boycott > che l'avrebbe interamente ruinata in tuttì i centri industriali dell' Impero. Il compromesso fa immediatamente effettuato, con considerevoli perdite della ditta estera, con grande spavento delle concessioni; si strepiiò contro l' immoralità del procedere (*), ma contro questo la legge .non poteva nulla, perchè ad essa sfuggiva, dando una chiara prova che i giapponesi erano capaci di forzare le ditte estere a subire . le loro leggi, con cattivi se non buoni mezzi. Estesissime associazioni si costituirono fra le grandi industrie, combinazioni mosse e perfettamente regolare per telegrafo, che (*) Un commerciante di Kobé di grande esperienza, scrivendo nel Kobé Cronicle del 7 agosto 1895, 011ervava: - " io non tento di difendere il " boycott ,, ma fermamente credo, per cib che è in mia conoscen1a, che in ogni caso v' è stata provocaaione, che irritando i giapponesi ne ha eccitati i loro sentimenti ed il loro aenao di giustizia, spingendoli cosi a tal combina1ione per difesa. ,, avrebbero ruinate le opposizioni e sfidato i giudizii dei tribunali. I giapponesi avevan tentato il boycott nei primi anni , con si scarso successo, da esser giudicati incapaci di associazione; ma la nuova situazione mostrò come ben avevano appreso con le disfatte, e come col futuro progresso d'organizzazione essi avrebbero tenuto il commercio estero sotto il loro controllose non nelle loro proprie mani. Sarebbe il pros8imo gran passo verso la realizzazione del dederio nazio. nale, - il Giappone solamente dei giapponesi. A11che ~he il. paes~ fos_sea~ert? alle concessioni stran-iere, gli mvest1menti dei capitali sarebbero sempre alla mercè dei. giapponesi. V. La breve relazione antecedente sulle condizioni del Giappone, basta a provare l'evoluzione d'un fenomeno speci~le di gran~e importanza. Naturalmente, la prosp~tt1va che schiude al paese nuovi trattati, un rapido sviluppo alle sue industrie ed un vasto incremento annuale al commercio con l'Europa e l'America, trasporterà probabilmente ancora nuovi coloni esteri• e questo risultato temporaneo ingannerà parecchi co~e inevitabile corso degli avvenimenti. Ma vecchi commercianti d' esperienza anche ora dichiarano che la probabile ulteriore espansione dei porti significherà realmente uno sviluppo maggiore del concorrente commercio indigeno che eventualmente scaccerà i mercanti e~teri. Le _grandi case estere , come associazioni, spariranno : rimarranno solamente poche grandi agenzie, come ve ne sono nei principali porti del mondo civile: le vie abbandonate delle concessioni e le sontuose case straniere sulle colline , saranno popolate e tenute dai giapponesi. Grandi investimenti di capitali esteri non· saranno più possibili nell' interno dell' Impero. Anche l' opera delle missioni cristiane deve essere rilasciata· ai missionarì indigeni, perchè come il buddhismo non prese mai definita forma in Giappone , finchè l' insegnamento della sua. dottrina non fu interamente lasciato ai preti giapponesi, cosi il cristianesimo non prenderà mai una forma sta.bile, finchè non sa.rà stato rimodellato per armonizzare con la vita emotiva e sociale della razza. Anche cosi rimodellato il cristianesimo può appena. sperare d'esistere, fuorchè nella forma di piccolissime sette. Il fenomeno sociale esposto può esser meglio spie-' gato da un paragone. Da parecchi lati l'umanità può esser comparata biologicamente ali' organismo dell' individuo. Gli elementi estranei introdotti per forza nel sistema dell' una o dell' altro, ed impossibili ad assimilare, producono irritazioni e parziali disintegrazioni, :fìnchè non sono naturalmente eliminati o artificialmente rimossi. Il Giappone prende vigore per eliminare gli elementi disturbatori e questo processo naturale è simbolizzato dalla determinazione di riguadagnare il possesso di tutte le concessioni, giungere ad abolire la giurisdizione consolare, non lasciar niente al controllo estero in tutto l'Impero. Ciò è anche manifesto ·nel congedo degli impiegati esteri, nella resistenza. mostrata dalle congregazioni

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