Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 17 - 15 settembre 1906

\ 458 RIVISTA POPOLARE grande rivoluzione violenta per instaurare l' ordinamento socialista della produzione. Marx aveva detto: La gue1·1·ao la morte; la lotta sanguinosa o il niente, cast è invincibilmente posata la quistione ope1·aia ! Ma nelle file socialista il marxismo era stato sottoposto ad una glosaa senza fine, svolta tendenziosamente dai conduttori stessi del movimento socialista. Essi snaturarono il marxismo, riducendolo ad nn formulario stacchito, da giovare ai fini politici del partito. Così il M01·0, come dai suoi amici era chiamato Carlo Marx, fu costretto a diventare biondo slavato: e la sua dottrina rivoluzionaria, così potentemente descritta nell'ultimo capitolo della sua Philosophie de la Misè1·e, diventò una innocua previsione dell'evento futuro, del capitalismo che, antropofago di sè stesso, sarebbe automaticamente rimasto schiacciato dallo sviluppo delle sue stesse forze Una interpretazione maccheronica del metodo dialettico adottato dal· Marx, secondo il quale ogni movimento deve addurre alla sua distruzione, ed ogni affermazione alla sua negazione, aveva condotto nelle file dei partiti socia.listi a questo bel risultato: di mutare la rivoluzione marxista in una banale concezione di evoluzionismo progressivo. Il capitalismo preparava da sè stesso le condizioni della socializzazione delle ricchezze: i proletarii dov,.evano ajutare la borghesia a compiere q uest' op~ra misterioHa di suicidio occulto. Oh il triste e lerido destino insieme della borghesia moderna, secondo questi ortodossi del marxismo... elezionistico: essa va incontro alla potenza alla ricchezza, all'espansione più gagliarda delle sue energie; ed ecco che il fastidio della sua ambizione le scava ad un tratto l' abisso, le apre il gorgo della sua ruina ! La attesa della rivoluzione t1ociale per tal guisa diventava cosi confidente come la discesa. del Messia per gli Ebrei. Era dunque inutile modellare la tattica del socia lismo attorno a questo cataclisma sociale, che la bor~ ghesia si incaricava di compiere da sè stessa: ciò che importava era di venirsi impadronendo gradualmente del potere politico dello Stato, per assumere-quando la catastrofe scoppiasse - la direzione della nuova forma di produzione socializzata. Il revisjonismo dunque av.eva ben ragione di aflermare che la differenza tra le nuove tendenze riformisti che e il socialiamo tradizionale era soltanto una questione ... di parola. Socialisti tradizionali e riformisti, rivoluzionarii politici e revisionisti; in transi genti elettorali e transigenti, avevano una comune dottrina. Bisogna attendere all' impos8essamento del potere graduale per l' ala destra, col colpo di mano secondo l'ala sinistra: la borghesia - malgrado suo è destinata a compiere una traiettoria che prepara ' inevitabilmente il socialismo: dal momento che la ri. voluzione non si fa ma è fatta dalle cose, la conseguenza riformista s'impone : bisogna sviluppare tutte le attività della borghesia, accrescere la sua potenza economica e politica, cercare di non acuire troppo il conflitto aperto tra operai e borghesia, perchè questa non venga distolta dalla sua preliminare opera di preparazione al socialismo. Ora> lo sviluppo della potenza sociale della borghesia sta nella democ1·azia; dunque il.compito del socialismo è qnello di arrecare tutte le sue forze all' estensione più completa possibile degli istituti democratici. Questo il ragionamento del revisionismo riformista. Lo stato democratico è la grande leva del socialismo. Cosi ancora una volta, se Marx fosse stato vivo, avrebbe preso la penna, per dimostrare che la litania, delle riforme democratiche borghesi non deve esser salmodiata dal socialismo: che la democ1·azia come seri ve nella critica al programma di Gotha non è lo stato futiiro, ma lo stato pnsente capitalista : e che dietro i suoi veli d' Iside ghigna il coccodrillo dell' esteso dominio degli sfruttatori delle energie operaie. DoTr. ENRICO LEoNE Pavolososperpero di personale nell'eserciziodelle ferrovieitaliane Ora che l' ultimo balnardo della grande camorra ferroviaria italiana, è caduto; e che, con l'esercizio di Stato , tutta l' azienda è soggetta al libero esame , il nobile compito della critica anzichè esser cessato, non ha fatto che mutare d'indirizzo, nel senso che, prima era rivolto contro le potentissime società politiche indusfriali pe1· il ftt/rto legale del pubblico denaro; ora, si deve rivolgere contro la burocrazia. Nel mio articolo pubblicato nella Rivista del 30 novembre ~05 ho dimostrato che le nostre fronti di carico ed i nostri binari di manovra sono sperperati in ragione della metà pr.ecisa, in confronto della media delle reti principali d'Europa. Nel susseguente, pubblicato nel N.0 del 31 gennaio H06, ho dimostrato, sempre sulla scorta di document-i ufficiali, che lo sperpero dei nostri rotabili ammonta alla somma di 231 150 000 lire in confronto della media della Francia, ' ' della Germania e dell'Olanda; ed a 207 milioni prec1s1, in confronto dell' esercizio italiano del 1896 , e fatto dalle stesse società, con quello del 1905. Ed ora siamo al pe~sonale. Per evitarmi possibilmente il paterno e gentile rimprovero di essere un po' oscuro , incomincerò con lo spiegare , nel miglior modo che mi riesca possibile, il • fondo e la base del mio discorso. Ecco ; è risaputo che il mezzo che risponde con maggior precisione per misurare il lavoro dell'esercizio ferroviario è quello della numerazione del suo prodotto in unità di traffico. Non essendo l'unità di t?-affiicofe1'1·oviar·ia, che un viaggiatore o una tonnellata di merce trasportata· alla distanza di un chilometro; è chiaro che la sua produzione costa lo stesso lavoro e l' impiego degli stessi mezzi per tutto il mondo. Possono intervenire lievi differenze di produzione in rapporto ai mezzi, per differenze altimetriche o per maggiore o minore densità di traffico; ma non mai tali da giustificare i colo~sali sperperi italiani. Infatti , mentre l'agente italiano sopra una produzione di 345,707 unità di traffico per chilometro , ne produce 46,183; quello della Paria Lyon Mediterranée

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