Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 17 - 15 settembre 1906

} . RIVISTA POPOLARE DI Poli tic a, Lettere e Scienze Sociali, Direttore: Prof. NAPOLEONECOLA.JA.NNI (Deputato al Parlamento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese Italia : anno lire 6; semestre lire 3,50 - Estero : anno lire 8; semestre lire 4,50 Un numero separato Cent. 30 Amministrazione: Cm·so Vitto'rio Emanuele, n.0 115 - NAPOLI Anno Xli - Nnm. 17 ABBONAMENTO POSTALE Uoma, 15 Settembre 1906 SOMMARIO: Gli avveuhnentt e g·ll nomtnt: Noi: (Imprudenza di giornali ufficiosi italiani. A proposito del telegramma dd Conte Medolago al Cardinale Richard - L' emigrazione italiana verso gli Stati Uniti -- a. a.: Tra Vaticano e Spagna - La legge di separazione e i vescovi francesi - Ortografia e politica - Rinascita asiatiéa). - La Hlvtsta: · Il caso Nasi - A. Agresti: Le eroine russe. - O.r Enrico Leone: Il Sindacalismo. La crisi riformista. - Paolo Morbelli: Favoloso sperpero di personale nell'esercizio delle ferrovie italiane. - G. Sorel: L'industria urbana. - L. Hearn: Un barlume delle tendenze: economiche giapponesi -- Oott. EugenioBusacca: Sulla Colonia italiana di Tunisia. - Prof. L. Fabiani: Rapporti tra l'Italia monarchica e la Francia impe1iale (La demonstration sainglante del 1866). - Itivista delle Riviste : Istituzioni filantropiche per gli operai della National Cash Register Co. (Volxsai-ohl) - Il pubblico denaro ( L' Economista) - Il lavoro cinese (Engineering Magazine) - Un ministero di Stato pei fanciulli (Quarter"ly Review) - Dopo il capitalismo (Monthly Review) - L'educazione e la rivoluzione in Russia (American Monthly) - Il Giappone dopo la guerra (No,·th Americ:an Review) - L'Inghilterra, la Francia e il Socialismo (1l1onthly Review) -- Il mo-' vimento delle leghe di resistenza negli Stati Uniti di America (Reichsarbeitsblatt). - Recenslon1. GLI ftVVENIMENTI e GLI UOMINI Imprudenza di giornali ufllciosi italiani. A proposito del telegramma del Conte Medolago al Cardinale Richard.-11 giornale La Tribuna ha consacrato il suo leade1· del numero del 6 settembre al telegramma che il Conte Medolago in uome delle associazioni qi ttoliche di Bergamo ha indirizzato al cardinale Richard, come segno di solidarietà col papato e coi clericali francesi nella lotta contro la repubblica. La 'lribu.na biasima severamente tale telegramma e intitola il relativo articolo : Imprudenze cle1·icali. Noi invece lo lodiarr:o. Se il Conte Medolago e i cattolici di Bergamo sono sinceramente convinti della iniquità della legge di separazione del Combes, essi hanno mostrato coerenza e coraggio manifestando ciò che pensano. Non lodiamo forse quotidianamente i demo-· cratici italiani, che fanno atto di solidarietà colle vittime dell' autocrazia russa? Non ammiriamo tuttora Gladstone che denunziò il governo dei Borboni come la negazione di Dio ? Ma non è per rilevare questa contraddizione, che poirebbe esse~·esnggerita dal 5entimento patriottico, che noi segnaliamo l' articolo della .Tribuna. C'è un altra contraddizione, più grave e più generale, nel biasimo inflitto al Conte Medolago e alle società cattoliche bergamasche, che non dovrebbe sfuggire ai liberali sinceri d' Italia. La Tribuna ed altri giornali monarchici del nostro paese assai volentieri si atteggiano ad anticlericali .... in Francia. Ma essi non hanno trovato una sola parola di protesta contro jl linguaggio e l' intervento del Cardinale Francica Nava nell' ultima elezione di Catania; contro l'interventò confessato dall'Osservatore 1·omano nell' ultima elezione di Milano in favore del Conte Greppi. Ora i clericali di Bergamo che si affermano tali in · Italia come in Francia possono essere imprudenti, ma sono onesti e rispettabili; i liberali monarchici d'Italia invece, che si atteggiano ad anticlericali in Francia e mendicano e si valgono dell' appoggio dei clericali in casa propria sono impudenti più che imp1·ndenti. + . L' emigrazione italiana verso gli Stati Uniti. - La benemerita Società per gl' immigranti italiani di New York (17 Pearl Street) nel dare conto dell'opera propria solerte in pro degli Italiani immigrati nella grande rep11bblica dà le cifre relative all'immigrazione nostrana nella sola metropoli del capi talit:nno transatlantico pei mesi di Aprile, Maggio e Giugno. Fu di 119,194. . Se negli altri tre trimestri si manterrà nelle stesse proporzioni l' anno 1906 segnerà il 1·eco1·d della im• migrazione italiana negli Stati Uniti. Date le qu.alità morali, intellettuali ed economiche della nostra ern igrazione, e data ancora la ci_rcostanza deplorevole che i nostri emigranti si fermano prevalentemente a New York si trovarono abbastanza giustific.ate le preoccupazioni dei governanti americani. La corrente migratoria dell' Italia, poi, ha assunto tali proporzio!}i che allarma pure molti Italiani. Alcuni già suggeriscono se non la proibizione brutale ed anacronistica delle emigrazione, almeuo degli ostacoli, che possano infrenarla. Noi, è superfluo il dirlo, siamo contrari alla proibì zione e agli ostacoli indiretti e siamo convin ti che il movimento tra non guari si limiterà; e la limitazione sarà tanta piu rapida e più dnratnra quanto più si penserà a migliorare le tristissime condizioni dei lavoratori, specialmente di quelli della terra. La scarsezza delle braccia. non solo indnrrà proprietari ed industriali a trattare più u1uanamente i lavora.tori, ma condurrà alle trasformazioni ed alla cultura più razionale della terra. NOI + Tra Vaticano e Spagna. - Volge, per il Vaticano , un' ora parecchio difficile. La figlia minore di S. M. Chiesa gli si rivolta contro, e s'intravede già l'ora in cui la Spagna comincerà a liberarsi completamente dalle grinfie dei preti. Per ora non siamo che alle prime avvisaglie. Significative però. Non è sorprendente che la Spagna cominci a sentirsi stanca del dominio clericale. Da che gli ultimi Mori dovettero abbandonare la loro ultima residenza, la meravigliosa Granata, per ritirarsi nelle montagne

450. RIVISTA POPOLARE dell' Ajuranez dinanzi alle truppe di Ferdinando e d' Isabella la cattolica , il potere dei preti fu sulla Spagna tanto nefasto quanto assol11to.In nessun altro paese, se ne togliamo alcune colonie spagnole dell' America, il potere clericale s'è rivelato come in Spagna oppressivo e dannoso al progresso , al benessere , alla civii tà del popolo. Alla mercè dei preti la Spagna perdette tutta la civiltà di cui l' avevano generosamente dotata i Mori, e a poco a poco si ridusse ad essere quello che è oggi: la più misera, e la meno importante delle nazioni Europee. Ma, l'ora della resipiscenza viene a tutti, la Spagna ha finito per capire donde viene e giace il suo male e sembra determinata a volerlo g~arire. Naturalmente il Vaticano si oppone a questo - che pur è un legittimo desiderio; ed è probabile che dobbiaino fra breve registrare un' altra bella batosta all'attivo del Vaticano. Per poco che Pio X viva, s'egli continua nella sua politica, si può star certi eh' egli avrà fatto più male alla Chiesa, di ciò che possono fargliene in dieci anni dieci predicatori di ateismo. Vale la pena dare uno sguardo , sia pur breve , a questa politica. E' stato detto, e scritto e si ritiene esser vero che Pio X si lascia un po' troppo dominare da due cardinali spagnoli , e , appunto perchè spagnoli , intransigenti; il suo Segretario di St.ato e il cardinale Vives y Tuto. Ora in questa diceria e' è verità; ma non è tutta la verità, nè è la principale. Nella attuale politica vaticana i due cardinali Spagnoli ci hanno la lor parte; ma la parte maggiore ce l'ha il papa; il quale è - da solo - più intransigente e più,. reazionario dei suoi due cardinali presi insieme. La sua enciclica a proposito dei dove1·i del clero fu molto chiara, e chiunque ha un po' di senno, deve aver capito da quella non bella prosa latina che a Pio X è inviso non solo il movimento liberale moderno, ma bensì anche la cultura moderna tutta, scienze, arti e lettere e non principalmente perchè_ atea - che non lo è - ma perchè consona a tutto uno sviluppo e ad un movimento progressista che un vero prete non può certamente veder di buon occhio. Sotto questo punto di vista la politica di Pio X è terribilmente logica , chiara e diritta. Egli considera che basta alla cultura del prete il Vangelo, e meglio ancora, il Breviario. Ohe basta alla cultura ed all'opera civile e politica. dei laici la coltura e la parola del prete. Ma c'è di più. Pio X, uomo cui non è possibile negare una grande fede, una cieca fede , considera la Chiesa come il più alto strumento di civiltà che esista e sia esistito al mondo, e non solo ma altresi come quell'organismo che per diritto divino ed umano, deve sovrastare a tutti gli altri, essere il moderatore ed il giudice di tutti gli altri organismi sociali ed avere in tutti e su tutti ce~ti speciali diritti, certe particolari autorità. Se tossimo ancora nel Medio-Evo egli sarebbe disposto a discutere dei diritti del Papa e di quelli dell'Imperatore o del re; e forse con rammarico egli pensa a quel Grande Gregorio (il fiero Ildebrando) che nel 1081 poteva proclamare nella Bolla Dictatus Papae che « solo il Papa può ...... se vuole, ...... spodestare i principi ....... che ....... tutti devon bRciargli i piedi .... > e a quel Bonifacio XIII che nel 1302 ribadiva il chiodo della podestà papale, a Giovanni XXII che nel 1317 affermava, senza tanti giri di frasi, che il papa « è il solo monarca legittimo : quelli che solo ha diritto di regnare su la terra • . Se fossimo ancora in tempi di forte preponderanza della Chiesa, Pio X sarebbe un di que' papi che agli avvocati di_un altro potere, ai nuovi Engelberto, Irnerio, Enzico da Suessa imporrebbe silenzio con metodi ben altrimenti persuasivi che non le encicliche, e la libera discussione. Ma non siamo più nel Medio-Evo ; alla autorità della Chiesa - come a quella dell'Imperatore - altre autorità sono subentrate e fanno sentire il peso della loro volontà; e non solo; ma nuove forme di diritto civile si sono sostituite alle antiche ed è diventato legge il concetto che lo Stato deve essere neutrale e indifferente dinanzi alle opinioni religiose. o alle tendenze economiche dei cittadini. Specialmente in fatto di religione, è ormai un concetto acquisito alla generalità, censuetudinario quasi, che lo Stato deve essere laico.· A questo concetto ed alla sua traduzione nel dominio dei fatti Pio X si oppone con tutte le sue forze e la sua energia. Fino ad oggi la Spagna non aveva dato , sotto questo punto di vista, alcun pensiero al Pontefice; anzi , era l' unico paese in Europa dove. consuetudini e sistemi medioevali in rapporto ai diritti della Chiesa vigevano ancora. Tale il diritto di esclu · siva proprietà dei cimiteri; tale il diritto della Chiesa a mantenere come solo legale, il matrimonio religioso. Nè son questi soli i diritti che la Chiesa gode in Spagna a detrimento dei diritti dello Stato;. m~ 1~ scuole di pendono dalla Chiesa, le Oongrega~10m v~ . sono quasi onnipotenti ed hanno nelle mani molti degli organismi dello Stato; nelle municipalità l'autorità dei parroci e la loro intrusione negli affari civili è grandissima. La Spagna era du~que_ fin'or~ - 1~ è_ tutt'ora - assolutamente nelle mam de1 preti; e siccome il dominio dei preti l'ha impoverita, dissanguata , avvilita ; l'ha resa debole e ignorante , l' ha quasi isolata - non nella splendid isolation ingles_edal resto dell' Europa, la Spagna che sente oggi la necessità di procedere di pari passo co°: le al~re n~- zioni , comin<'ia a scuotere il giogo dei -preti ed I I Papa -- loo-ico si ma impolitico - parla in nome del o ' . d 1. sno diritto - un diritto morto ormai a seco 1 - e minaccia rappresaglie alla Spagna senza riflettere , o senza preoccuparsi che per quel ~edesi~~ suo vano diritto tutto il popolo d' una nazione v1crna sta per liberarsi assolutamente da ogni influenza ed ingerenza dE:i preti. Il Re Alfonso XIII per quanto educato da un gesuita e per quanto sua madre abbia cercato di farn~ un bigotto,. ha sentito_ lo spirito e~ il soffio dei _temp~ nuovi e s1 trova pienamente d accordo con 1 suoi minist~i nel voler sottrarre alla Chiesa la proprietà dei cimi teri e nel volere che il matrimonio ci vile sia il solo matrimonio legale. Il ministro della Giustizia e dei Culti, Romanones, si è spiegato molto chiaramente. Egli sa di avere l' appoggio del Re Alfonso, cui non dispiacerebbe ~n viaggetto a Roma; sa di avere dalla sua la pa:te più illuminata della Nazione , ed anche la maggioranza del popolo ; 8a che il concordato ~el. 185 l può essere denunziato e che , se lo fosse , chi ci perderebbe sarebbe il Vaticano, egli va dunque diritto al suo scopo che è sottrarre quanto è più possibile la Spagna al~ l'infausto dominio dei preti. La questione dei cimiteri e del matrimonio è soltanto un primo passo, quando arri veranno alla questione della riduzione del clero, e della laicizzazione delle scuole, allora sarà il caso di vedere se la politica di Pio X e d~i suoi_cardina~i spagnoli è più forte della tendenza de1 tempi moderm; ma come la Francia gli è sfuggita si può ~tar. certi gli sfuggirà la Spagna. Cosa del resto di. cui non dovrebbe dolersi un papa che vuol essere umcame~te evangelico, come Pi o X tanto. più che già il_~el_g10, la Germania l'Italia stanno rn queste cond1z10m, e il papato no~ sembra avervi scapitato·; anzi, moralmente sembra essersene van taggia to molto. Del resto non è' detto nel Vangelo che il regno di Cristo no.a è di questa terra? + La legge di separazio~e e i ves_covi francesi. - La politica autorita_ria ed intr~ns1gent~ di Pio X ha messo in un bell' imbarazzo 1 vescovi francesi. Da un lato il Governo Francese con la pos.

RIVISTA POPOLARE 451 sihilità, la forza e la volontà di applicare la legge; dal!' altro la enciclica « G1·avissimo officii » la quale dice chiaramente: - Questa legge non può essere accettata - il che significa, per ogni persona di buon senso - dunque non deve essere obbedita. Ma, ed è quì dove i vescovi di Francia si trovano fra l' incudine e il martello, ma la medesima enciclica lascia intendere che i vescovi ed il clero devono trovare il mezzo di non porgere al governo l'occasione d' intervenire perchè la legge si.a rispettata. E allora? Sembra che il papa abbia proposto ai vescovi francesi l'arduo problema della quadratura del circolo. Si dice che Pio X non vnole la guerra religiosa. Lo crediamo. Per fare la g-uerra ci vogliono dei soldati, e le recenti elezioni francesi hanno dimostrato che i soldati mancherebbero alla religione. Quindi e' è da credere che nella loro recente Assemblea, della quale nulla è trapelato al pubblico, i vescovi avranno messo da parte l' enciclica . che in fondo non è che il pio desiderio d'una rispettabilissima persona, ed avranno tenuto nel debito conto il fatto che il Governo pnò, sempre restando nella legge - mantenendo quindi tutta la ragione dalla parte sua - organizzare egli le associazioni cultuali, o passare alle municipalità l'amministrazione dei beni per il culto; o anche semplicemente avocare alla amministrazione delle Belle Arti le chiese i monumenti e gli arredi che hanno valore, e lasciare che al reste provvedono i cattolici come a loro sembra meglio. E si vedrebbero in breve tempo i nove decimi delle chiese di Francia cadere in rovina, perchè i cattolici toccati al portafoglio sono, essi come tutti gli altri uomini , gente venale prima e cattolica poi. Questo sanno bene i vescovi Francesi, è dunque probabile che essi abbiano trovato il mezzo di mettere - decentemente- in tacere l'enciclica e di obbe• dire alla legge. · D'altra parte la e supplica dei Cattolici Francesi al Papa • è un documento significativo dello stato d'animo della grande maggioranza dei cattolici, e non può non avere influito su la decisione e le deliberazioni che sono state prese dai vescovi. Questa supplica è un docurnento importante non solo perchè dimostra che i cattolici sono , molto più di ciò che pensino Pio X e i suoi consiglieri , ossequenti alla legge ; ma anche perchè offre al pontefice tm monito politico di non piccolo valore. ·un passaggio di questa supplica - che è intonata al più grande rispetto ma anche alla più nobile fermezza. - dopo avere accennato allo errore commesso dal Papa di consigliarsi con prelati e dignitari estranei alla chiesa di Francia, dice: e Quando Leone XIII dopo quindici anni di persecuzione brutale firmava la pace con la Germania e ratifica va una decisione, certamente più aggressiva di quella dei nostri legislatori, noi cattolici francesi non ci siamo lamentati che il gesto di oblio fosse troppo bello o troppo brutto. Ma noi non arriveremo mai a comprendere come Pio X possa essere meno tollerante per la Francia di quello che fu Leone XIII per la Germania. Nei giorni cattivi, terribili, quando la Francia agonizzava, ricordatevi, o Santo Padre, che se noi eravamo soli, se i nostri allea ti non erano nel convegno, è stato unicamente perchè il capo del Governo francese aveva rifì.11tato fino all' 11ltimodi abbandonare la Roma dei Papi a quelli che ne erano desiderosi da lungo tempo. • Queste parole sono chiare assai , e al Vaticano dovreobero essere meditate profondamente, se l' intransigenza e l' orgoglio di Pio X non lo rendessero inca pace di sereno giudizio. Intanto i vescovi hanno tenuto la loro Assemblea e prese le loro decisioni. Quali? per ora , ·malgrado le indiscrezioni della sta~pa s'ignorano; a Novembre lo sapremo certamente ; ma si può star certi che, fossero anche decisioni di battaglia, di qui làdinanzi all'atteggiamento del governo francese che nè si spaventa nè cede, e del popolo che si mantiene indifferente - i vescovi avranno trovato mezzo di metterle d'accordo con la mansuetudine che il Vangelo raccomanda ai Cristiani; tanto più che chi realmente ci guadagna sono i cattolici. E di fatti già si comincia a parlare di tentativi e di possibilità di accordo. Si capisce. Pio X ha voluto fare, ed ba fatto tt_n bel gesto, senza però obbligare i Vescovi Francesi a farne essi pure ·nno, che avrebbe potuto costare un po' caro. + Ortografia e politica. - Chi non poteva aspettarsi una accoglienza tanto rebarbativa. ad una proposta in fondo ragionevole , è Teodoro Roosevelt. Il presidente della grande Repubblica ·Nord-Americana s'era detto : mettiamo la grafia della lingua in rapporto diretto con la sua pronuncia : e propose la riforma dell'ortografia. Non l'avesse mai fatto ! Le università cominciando da quella di Harward, e tutti i difensori della letteratura anglo-americana gli si son ribellati contro. Alla polemica hanno pre:;o parte giornalisti, artisti, gente che se ne i°:te~de ~ g_ent~ che finge d'intendersene. Una delle ragiom prmcipah addotte a difesa delle riforma Roosvel tiana è questa: l' Inglese è enormemente differe1;1tenella pron~ncia dalla scrittura; semplificarlo vuol dire re1:1derela hngna più maneggevole. Se questa f~sse la rag1on_e vera no1;1 sarebbe la migliore, o non c1 sarebbe rag10ne perche anche gli Inglesi non l'adottassero; e Teddy avrebbe torto. Ma la ragione intima, vera e I ogica .della pro• posta riforma non stà tanto nella qnesti one della pronunzia quan~o nel f~tto che l' ,Americano _t~nde a diventare una lmgua diversa dall Inglese. Prn bella o più brutta, più agevole o no; questo poco imp~rta. E' un fatto che fra un cinque secoh, forse anche prima, sia adottata o no la riforma ortografica Roosveltiana; Skakespeare Shelley, Swinbourne dovranno essere tradotti dall'Inglese in Americano. Basta avere anche una lieve conoscenza del Whitmann - il più grande poeta americano - pe~ pers_uadersi A_11bitoeh~ nell' americano entrano oggi tanti elementi es~rane1 , t3:nte parole spagn?le ! tede~ch~ , perfino p;ae!~che am~nc~: nizzate, che di etimologia mglese non e pm, proprio pm il caso di parlare. Accade in America per l'Inglese, quello che accadde in F_rancia, _in Spag':'-a ed in Italia per il latino. Non è qm però 11 caso d1 fare una que• stione di lingua; la riforma di Roosevelt ci porge però occasione di mostrare come in America tutto serva alla lotta politica. Già ferve il lavorio per le prossime elezioni presidenziali. Il candidato serio - rappresentante dei democratici - di fronte a Roosevelt_ è Bryan. A Bryan, mancata la piattaforma del ?imetallismo e Roosvelt diventato avversario dei frusts, mancava un programma essenzialmente suo; una sua nota speciale da portare nella lotta politica. Ròosevelt gliel ha data lui stesso: La riforma ortografica. Bryan si atteggia a difensore determinato e accanito delle antiche forme di scrittura. A dir vero E>glinon s'era mai occupato di questioni di lettera tura e di filologia, e la riforma ortografica di Roosevelt se fosse stata accettata senza · proteste dalla maggioranza del popolo e d~lle Un_vi ersità , sarebbe stata una fiera tegola per 11 candidato democratico; ma dacchè le Università - per malinteso spirito conservatore - la respingono Bryan se ~e fa campione ed eccolo con un programma ed una piattaforma elettorale tutta diversa da quella di Roosevelt; e tutta sua. Volete centomila nuove cose nella politica degli Stati Uniti? - Votate contro la riforma ortografica: Volete lo Statu (j_tto? Votate in favore: e le doppie

45 2 RIVISTA P OP O L ARE l, e l' i sostituite alle due e decideranno forse del futuro indirizzo politico degli Stati Uniti; a meno che gli elettori degli Stati - anche questo s'è visto - lasciando alle prese filologiche i due li tiga.nti , non facciano la sorpresa di mandare alla Casa Bianca un terzo che potrebbe anche essere un po' più avanzato dei repubblicani e dei democratici presi insieme. Non bisogna dimenticare che i trusts - con i loro misfatti -hanno molto giovato all'incremento dell'idea radicale -- che in America è quasi, anzi senza quasi, un minimismo socialista. + Rinascita Asiatica. - L'esempio del Giappone che si è fatto forte modellando una parte dei suoi organamenti civili e politici e specialmente militari, su i Ristemi Europei, non è stato perduto per i popoli Asiatici. E non è male. Il mondo sarà veramente in pace quando i popoli che l'Europa crede oggi di potere opprimere impunemente si saranno fatti abbastanza forti da opporre una seria e valida resistenza agli oppressori. Seguendo il passo al Giappone ì popoli asiatici si preparano a loro volta ad una dottrina di Monroe Asiatica , e bisognerà, tosto o tardi, che gli Europei ci si adattino. Quando si parla di pericolo giallo non è nel senso di una invasione mongola , non è nel senso di una discesa Cinese o Giapponese in Europa che bisogna intendere il pericolo. Tali invasioni, oggi, per le mutate condizioni di abitabilità dei paesi che gli invasori avrebbero da traversare per giungere in Europa, non sono più possibili. Il pericolo giallo è invece di natura economica, e risiede appunto nel risorgimento delle popolazioni Asiatiche. La Cina si desta dal suo millenario sonno; nell'India i soggetti ali' Impero Inglese si agitano: la Persia volge gli sguardi all'occidente ; e ali a testa di tutto questo movimento sta il Giappone: il piccolo Giappone che ha saputo insegnare agli Europei molte cose che essi ignoravano e, prima di tutte , che il loro dominio in Asia non può essere perpetuo. Ora bisogna bene tener conto del fatto che l' Europa per vivere ha bisogno dell'Asia. Assolutamente bisogno di molti prodotti che l' Asia sola dà e può dare. E' una questione economica della massima importanza questa; e per il risolvimento di questo problema l'Europa ha bisogno di non inimicarsi i popoli Asiatici. Kuang-su , l' imperatore Cinese, ha annunziato la Costituzione: intanto ha dichiarato di por mauo con i suoi ministri ad una serie di riforme preparatorie e coopera tori con 1 ui a queste riforme sono J uan shikay, Tuang Fang, Nang-she-kse uomini che sono stati in Europa, la conoscono ed hanno potuto capire qnal è il segreto della· potenza Europea, ed a.nche il mezzo di poterla fiaccare. Guai se domani, invece di amici ed allea ti negli Asiatici l'Europa trovasse dei nemici. Non è l'invasione delle orde - diventate truppe regolari - Cinesi, Giapponesi, Indiane, Persiane che l'Europa ha da temere, è semplicemente la chiusura dei porti asiatici al commercio e alla esportàzione Europea. E' questa che sarebbe la rovina dell'Europa. Nè potrebbe essere rimediata dalle armate Europee di terra e di mare, nè potrebbe essere non tenuta in conto. Naturalmente non è possibile impedire che ciò che è ormai fatto, entrato nel dominio della evoluzione non sia: l'Inghilterra potrà ridere della incoronazione del Re Indiano Banerjee, e non pigfo1.re sul serio l' agitazione Bengalese contro gli Inglesi; la· Francia potrà disinteressarsi, o quasi , delle società segrete che pullulano al Tonkino, e tutta l' Europa sorridere benignamente delle buone intenzioni di Muza:ffer-Eddin, o di Kuang-su ; non potrà ridere però, nè rilllanere indifferente, ne accogliere benignamente gli ambasciatori: quando le verrà dall'Asia il grido: - L'Asia agli Asiatici ! - Dovrà fare, allora, di necessità virtù. Se i governi Europei saranno stati intelligenti da partire in buona armonia , prima di farsi cacciare , l' Asia sarà per l' Europa quelio che oggi è l' America: un buono sbocco pel commercio Europeo, e una leale e pacifica concorrente ; se al contrario l' Enropa si sarà fidata su la forza delle sue armi, e intenderà per la forza delle armi rimanere, dove oggi è già insediata, allora proverà la dolorosa sorpresa di imparare, a sue spese, che il grido-oggi derisodall' agitatore indiano coronato Re, sarà diventato grido di guerra di t 11tt-a l'Asia concorde - ciò che i Giapponesi hrdentemente desiderano - Fuori gli Europei! L'Asia agli Asiatici!- Il che, dopo tutto, non è che g-im~t.iziAe, 0iviltà. a. a. I1 caso Nasi Il Comizio del Politeama di Palermo ha rimesso di nuovo in voga il caso Nasi. Noi non possiamo approvare menomamente la manifestazione; viene dopo le manifestazioni ProPalizzolo, di cui nell' isola stoltamente si tentò di fare una manifestazione Pro Sicilia ed è molto adatta a fuorviare la pubblica opinione italiana sulle condizioni morali della Perla del Mediterraneo. La manifestazione anzitutt~ viene erroneamente giudicata dal lato diremo, c:osì, quantitativo. Molti leggendo che al Politeama convennero circa 2000 persone e che vi erano rappresentati molti corpi locali ùa oltre duecento consiglieri provinciali e comunali, suppongono realmente che si tratti di una vera levata di scudi dell'isola in favore dell'ex ministro della Pubblka Istruzione. Ciò che assolutamente non è. Si lratta di una montntura , di una selezione artifiziosa di persone vanitose e frivole che non avendo altro modo ed altra occasione per mettersi in evidenza , nella speranza di maggiori onori, profittano della loro qualità di Consiglieri comunali e provinciali, - Dio sa come acquistata! - e si arrogano il diritto di rappresentare i rispettivi corpi locali. Noi siamo più che sicuri che se si esaminassero i titoli di siflatti rappresentanti, i municipi rappresentati con regolare delegazione da duecento scenderebbero a due. Non si tratterebbe che di togliere i due zeri , che seguono le due unità. Una ben piccola operazione aritmetica! In una città di circa 350 mila abitanti, poi, è facile raccogliere al Politeama 2000 persone, che vogliono darsi il lusso di applaudire o di fischiare ; tanto più che in quella città è ancora rigoglioso il palizzolisrno. La connessione intima tra palizzolisnw e manifestazione Pro Nasi, risulta evidentissima, innegabile, dalla circostanza che pars magna della medesima fu il Comm. La Manna, una egregia persona come amministratore e come privato, che, diresse il movimento Pro Palizzolo. Comunque, siano due o duecento i municipii rappresentati; siano duecento o duemila gl' intervenuti la manifestazione non !,ara mai abbastanza deplorata. Noi abbiamo scarsa fede nella giustizia italiana; ma francamente ci sembra una detestabile aberrazione quella che pretende sostituire alle ristJltan;e di un regolare processo un ordine del giorno di un Comizio. Se i Comizi, in fatto di reati comuni dovessero elevarsi a giudici della reità o della innocenza di un individuo non si sa davvero dove si potrebbe arrivare. .

RIVISTA POPOLARE 453 Di proposito scnv1amo in corsivo le parole: reati comuni affinche si vegga chiaro, che riteni:1mo una enorme balordaggine quella <li taluni, che vorrebbe"ro dare colore politico alle accuse formulate contro Nasi. Noi auguriamo di tutto cuore all' accusato che egli possa dimostrare la propria innocenza; ma per dimostrarla a luce meridiana non c' e che un mezzo solo: presentarsi ai giudici ed afhon tare il giudizio, che sarà pubblico e che non potrà , per tante e tante_ ragioni, terminare con una sentenza iniqua. Un uomo politico del valore e coi precedenti e colle relazioni di Nunzio Nasi, si può vivere sicuri che se potrà dare occasione alla parzialita dei giudici, ciò avverrà in senso a lui favorevole. Ma Nunzio Nasi protesta che egli non si vuole esporre al ludibrio del pubblico presentandosi ammanettato come un volgare malfattore ..... Quanta miseria io questa giustificazione della latitanza!! Un u~mo che pretende di essere un grande uomo politico, che ha paura di qualche mese di prigione, che le autorità gli renderebbero comoda, pur di dimostrare la propria innocenza si riduce a proporzioni lillipuziane. Nunzio Nasi non sa che le manette se avranno stretto i polsi di un innocente saranno onorate e che quello che dovrebbe essere lo sgabello dell'accusato, in questo caso diverrebbe il piedestallo della propria apoteosi? Nulla gl'insegna il caso Dreyfos? Nulla la serenità colla quale Zola, l'accusatore, affrontò una condanna iniqua? Ma già il paragone non regge: sia reo o innocente Nunzio Nasi, tra I ui e Dreyfus e Zolc1, moralmente e intellettualmente, c' e un abisso che non può essere colmato. ♦ Altra volta, in occasione della rielezione di Crispi dopo le dimissioni date in seguito al processo, abbiamo spiegato il fenomeno Crispi ai nostri amici Jel Settentrione che non se ne rendevano ragione. Altrettanto vogliamo fare oggi di fronte al fenomeno Nasi, considerato non· dal punto di vista individuale, ma sotto l' aspetto collettivo. Se ne se sono date parecchie spiegazioni; ma nel giornalismo chi più di tutti si e avvicinato alla verità e stato il corrispondente romano della Stampa di Torino. Lo seguiremo e all'occorrenza lo completeremo. Dove il fenomeno Nasi è più spiegabile è in Trapani, la sua città natale, che sempre lo predilesse e di cui seppe mantenersi ed accrescere l' afletto con ogni sorta di favori accordati alla città ed ai singoli cittadini. Egli li giustificò in parte affermando che se nessun ministro per quar.1nt' anni si era ricordato di Trapani - ed e vero - egli aveva il diritto e il dovere di ricordarsene. Aggiungasi che la .vita privata dell' ex Ministro della Pubblica Istruzione era stata sempre più che modesta ed incensurabile. Ciò che rese in verosimili le accuse, di cui dovrà rispondere innanzi ai giudici; accuse che se fossero dimostrate vere, a nostro avviso dimostrerebbero che Nunzio Nasi, mettendo piede alla Minerva, smarrì la ragione. · · Le accuse che apparivano inverosimili ai suoi concittadini per i precedenti dell' accusato , per la sproporzione gigantesca tra gli atti criminosi addebitatigli, la utilità economica che poteva ricavarne b posizione politica che occupava e quella più eminente cui pareva destinato - di Nasi come Presidente dal Consiglio tutti parlavano a Montecitorio e fuori - furono rese odiosissime dalla persona, che per la prima volta le ventilò al Parlamento. Ci sem br~1superfluo avvertire che non alludiamo a Bissola ti; ma a Saporito che scopri i reati e li denunziò come relatore dei bilanci consuntivi. Non vogliamo assolutamente malignare sulle in- , tenzioni del!' on. Saporito e siamo disposti ad ammettere che egli denunziando Nasi sia stato mosso esclusivamente dal sentimento del dovere. Ma egli quando si accorse di quei reati per tatto politico e per delicatezza doveva rinunziare all' incarico e lasciare ad altri l' ingrato compito di erigersi a pubblico accusatore. I precedenti glielo imponevano; e glielo imponevano le posizioni rispettive del!' accusato e del1' accusatore nella provincia di Trapani. Infatti t_ra Nasi e Saporito c' era un'antica ruggine, se non odio vero; e l' antagonismo era notissimo. Inoltre per quanto Nasi era amato e popolare in Trapani altrettanto era odiato Saporito quasi in tutta la pr, ,vincta ed anche da una forte frazione dei proprij concittadini in Castelvetrano. Badiamo: qui si constata una situazione di fatto senza volere esaminare da qual parte stia la ragione tra i due antagonisti; se gli odi e gli amori, la popolarità e la impopolarità dell'uno e dell'altro siano giustificabili e giustificati. . Ma data tale situazione di fatto appena si seppe in Trapani e nella provincia delle accuse formulate, immediatamente, spontaneamente , senza preparazione, senza artifizi e senza suggestioni ad uné:1 voce si gridò : Saporito si vendica contro Nasi; Saporito si v-uolesbarazzare di un avversarioabborrito ! Il sospetto si accreditò maggiormente quando durante il processo le centinaia di migliaia di lire· che Saporito asseriva essere state fraudolentemente distratte o appropriate da Nasi si squagliarono succcessivamente e si residuarono in una decina di migliaia, tra le quali quelle più sinceramente rimaste illecitamente nelle mani dell'ex Ministro del1' istruzione erano quelle poche centinaia di lire rappresentate dal famoso servizio del Gin ori e dal lavoro fatto in casa propria dagli operai pagati dal Ministero. Chiudendo colla parte che si riferisce ai precedenti tra Saporito e Nasi, aggiungeremo che il contegno del Prefetto di Trapani, se non erriamo il Panizzardi, fu talmente balordo durante il processo e durante la prima rielezione del Nasi da accreditare il sospetto che tutto il processo non fosse che una montatura indegna ed una vendetta politica. S' insinuò sinanco stupidamente che l' on. Giolitti vi avesse avuto mano onde sbarazzarsi di un concor- ·rentc alla Prt!sidenza del Consiglio! ♦ E sin qui ci sembra che abbiamo dimostrato che ce n' era abbastanza per ispiegare l'interessamento di una popolazione infiammabile, schietta, immaginosa qual' e quella di Trapani per Nunzio Nasi, i? in cui vede una vittima della scelleratezza altrm, che sarebbe viltà e ingratitudine imperdonabili abbandonare all' ira dei suoi persecutori. E la viltà e l' ingratitudine sono i difetti, che meno si pos-

454 RIVISTA POPOLARE. sano rimproverare alle popolazioni della Sicilia in genere e di Trapani in ispecie. Questo_ cumulo di ragioni e di sofisn1i fu cementato dal regionalismo ; il quale fece sì che i sentimenti favorevoli a Nasi da Trapani e dalla sua provincia si propagassero tra gli stra ti meno colti e più astuti della Sicilia. Gli apologisti del patriottismo unitario, i grandi sacerdoti dell'ipocrisia politica, che si annida specialmente nei giornali, protesteranno contro questa darola regionalismo e metteranno in mostra il loro sacro orrore, la loro santa indignazione. Ma le loro denegazioni per quanto unanimi e calorose, non valsero pel passato e non varranno per · l' avvenire a distruggere la realtà; ora la realtà non bella, non lieta, non utile e questa: nel settentrione si guarda sempre con disprezzo al mezzogiorno, che si crede abitato da pezzenti e da delinquenti analfabeti (1); viceversa nel mezzogiorno e in Sicilia si vedono dei sopraffattori e degli sfruttatori nella grande maggioranza dei settentrionali. Questa la verità vera, che noi amiamo, Ct)me sempre , proclamare contro tutti senza preoccuparci delle smentite che ci vennero e ci verranno condite da ingiu~ie e da calunnie. Questi sentimenti regionali noi vorremmo che non esistessero; constatiamo che da alcuni anni nel mezzogiorno e in Sicilia si sono attenuati. Le manifestazioni di solidarietà e gli aiuti,. generosi del settentrione - specialmente della Lombardia - in seguito ai disastri di Modica, delle Calabrie, del Vesuvio ecc., le leggi per la Basilicata, per le Calabrie · e pel mezzogiorno, per l' acquedotto pugliese ec. al cui trionfo cooperarono efficacemente Zanardelli e Giolitti tra i maggiori uomini del settentrione, valsero a produrre il benefico e parziale mutamento nell' animo dei siciliani e dei meridionali. Aggiungiamo che se le leggi riparatrici sumenzionate fossero venute prima, con maggiore spontaneità, sarebbe stata più sollecita e più profonda la loro azione politica unitaria ed anti-regionale. Nel caso Nasi il regionalismo vènne acuito morbosamente dalla camp:1gna rivelatrice delle precedenti m:igagne sulla Minerva fatta dal figlio. Noi non esitiamo un istante nel ri~onoscere che c' e una grande dincrenza tra la natura degli éltti rimproverati da Virgilio Nasi ai precedenti ministri della_ Pubblica Istruzione e quelli che Saporito e il magistrato comune credono di avere assodato contro Nunzio Nasi; nei primi c' e il favoritismo sfacciato, la indelicatezza piramidale, lo sperpero gigantesco del pubblico denaro, ma non vi appare chiaro il reato comune; invece il reato comune sarebbe la caratteristica degli atti imputati a Nasi. La diffe. renza, però , non è facilmente percepibile dalla comune degli uomini; la quale apprende che tanto Nasi quanto i precedenti ministri dclb Pubblica Istruzione adoperarono malamente i fornii del bilancio. Se la differenza dal punto di vista dei codici e non piccola, riconosciamo anche noi che si riduce a ben poc~ cosa dal punto di vista morale e dali' altro più tangibile della correttezza a111rn1nistativa e degli interessi dei contribuenti. ( r) Annunziamo sin da ora che pubblicheremo un articolo in cui saranno delle curiose rivelazioni sulla delinquenza di Trapani. Perciò, dato lo stato di animo regionale della Sicilia e date le circostanze precedentemente esposte si comprende benissimo, che se si procede in via penale contro Nasi mentre non c' e stata alcuna censura contro i suoi predecessori, si sospetti e si dica facilmente : Nasi si processa e si perseguita perchè è siciliano, è rneridionale;si accorda l' irnpunità e si continua ad onorare gli altri perchè sono settentrionali. Nessuno vorrà negare l' efficacia di questo parallelo ; e noi possiamo assicurare che abbiamo sentito dalla bocca di fior di gaLrn tuo mini , che non hanno alcuna simpatia per Nasi e che lo reputano reo, ripetere siflatto ragionamento in perfetta buona fede e con molto calore. L' efficacia del ragionamento , ripetiamo , viene accresciuta da un lato dalle circostanze peculiari del caso Nasi; e dall'altro dai precedenti più gravi della storia d' Italia. In verità i sospetti regionali vengono aggravati terribilmente dagli episodi della Banca Romana e dalla consecutiva inchiesta. Rocco de Zerbi , meridionale, fu :i:•--:--soalla gogna e tradotto in giudizio per le sue criminose relazioni col signor Tanlongo ; ma non si volle andare in fondo nelle losche faccende della Banca Nazionale, nella cui gestione contro i settentrionali - e molti - si" sarebbero assodate non poche e maggiori responsabilità. Il differente ingiusto trattamento fra i frodatori della B:rnca Romana e quelli della Banca Nazionale indusse i giurati di Roma :t mandare assolto Bernardo Tanlongo, quantunque la sua reità fosse più che evidente e tutti la riconoscessero. I moventi Jell' assoluzione furono a suo tempo ammessi da tutta la stampa italiana. Risalendo un poco più lontano va ricordato che la vita della Tiberina, dell' Esquilino, del!' Irnmobiliare ec. sarebbe stata più che sufficiente a mandare in galera molti grandi ladroni settentrionali; molti altri potevano mandarne - e tutti pez..:i grossi del settentrione -. le inchieste sul Corso forzoso , sulle Meridionali, sulla Regia cointeressata dei tabacchi; sui milioni che lo Stato ha impiegato nelle costruzioni ferroviarie e che avrebbero potuto accrescere la popolazione carceraria di molti commendatori e di qualche senatore. Si sospetta che se non fossero settentrionali i pe..:zi grossi della Terni, assisteremmo a ben altre condanne anziche a quella di Enrico Ferri; e si susurra-e noi non· siamo lontani dall'associarciche se nella inchiesta sulla marina i colpiti non fossero stati tutti settentrionali la Camera non avrebbe votato l' indecente ordine del giorno Arlotta ..... Ed ecco perchè a Trapani non sanno darsi pace pel processo contro Nasi. A Trapani, in Sicilia, si dice: si procede contro Nasi reo per poche migliaia di lire perchè siciliano; si lasciano indistmbati ed onorati i grandi ladroni di milioni perchè settentrionali ..... La Rivista Nota. - (I collocamento in disponibilità del!' ammiraglio Palumbo è venuto a ribadire questi sentirnenti regionali. Il A1atthw ha risollevato b quistione del Nord e del SuJ per tale fatto; e l' Ava11ti ! - è tlltto dirè - gli ha Jato ragi<rnè.

RIVISTA POPOLARE 455 Le eroine Russe . 9-uando, i_n su i primi del 1878, Vera Zassulìch tt_ro.contro Il generale Trepoff - capo della polizia d1 Pietroburgo, padre del recentemente defunto Trepoff, e come questi brutale e reazionario - fu in Europa come una rivelazione. La tirannia di Alessandro II era ormai diventata così odiosa e feroce i metodi di ripressione erano tanto brutali e be~ stiali che non v~ fu allora giornale - per quanto ben pensante - 111Europa, che non sciolTliesse un inno all'eroina. Per fino il ponderato Times e la riguardosa Revue des deux mondes si abbandon~rono al lirismo e magnificarono la modesta e forte fanciulla che si era fatta vendicatrice della dio-nità umana oltraggiJ.ta nella persona di Boloo-uboff che Trepoff aveva fatto fustigare. 0 L'atto _della Zasulich era stato per l'Europa come u_n ragg10 di luce gettato sul terribile baratro della nvoluz_ione Russa; e chi seguiva ed ha continuato a segmre attentamente il movimento liberale in Russia ha potuto accorgersi che da allora anzi anche prima di allora, ad oggi le donne ha~no avuto una partè grandissima, sovente principale negli atti e nello svilupoo di questo movimento. E' doveroso ricordare che anche gli altri movin:enti rivoluzionari in Italia, in Spagna, in Francia ebbero le loro eroine; ma a queste - meno rare eccezioni - non toccarono che parti secondarie. In Russia è diverso. Le donne agiscono come gli uommi: Sofia Perowskaja, Vera Figner, Hessa Helmann, e giù giù fino a Maria Spiridowna, fino alla finta contadina Larimoff e alla signorina Konolislakowa, che salendo il patibolo ha rifìutàto il prete, ed l~a pronunziato fiere parole di speranza per la Naz10ne, di disprezzo per i suoi giudici e carnefici, le donne stanno in prima fila, infaticabili organizzatrici di_ movimenti e di attentati, propagandiste e battagliere; entusiaste amanti della libertà. Si può dire che le eroine della rivoluzione Russa ne ~egnano le varie tappe; stanno al primo atto di ogm nuova evoluzione del movimento. Questione di condizioni sociali ed anche di temperamento. Q~and_o lo storico si accingerà a narrare alla Russia nnnovellata i fatti ond' ebbe origine il suo nuovo sviluppo politico interno ed esterno, ed il sociologo rintraccerà le leggi e le cause del nuovo assetto della Nazione Russa essi non potranno fare a. meno di tener conto di quanta e quale influenza di quanta e qual somma di energia furono portate, es_ercitate ed impiegate dalle donne in questa titamca opera. Tanto più meritevoli inguanto che per esse più gravi sono i pericoli; il cosacco ha contro di loro un mezzo di tortura che non può avere con_tro gli uomini: Maria Spiridowna ne è un episod10. Or questo grave pericolo cui vanno incontro, non le spaventa al punto di deciderle ad abbandonare ad altri la lotta. Lo paventano - poichè se ne sa1:no minacciate - ma non lo fuggono pronte a chiedere o a darsi la morte dopo averlo subito. Nè sono arrivate a questo senza avere traversato altre tappe, meno pericolose, o meno terribili di questa. La _loro educazione all'eroismo s' è fatta per generazioni attraverso bisogni di lotta sempre più violenta; bisogni sempre più imperiosi. Da quando, malgrado l'odio che Alessandro II nutriva per le donne colte, esse riuscirono nel r 872 a fondare a Pietroburgo una prima Università per do~ne ad oggi, esse hanno proceduto costantemente ostmatamente su la via delle conquiste intellettuali ed ::inche politiche. L'accademia di medicina aperta per opera di donne che il governo aveva richiamate in patria Jall' università di Zurigo, chiusa nel 1874; ria~erta un anno dopo fu una pietra miliare sul camm1110 della conquista dei diritti della donna in Russia. ~~• er~ancipazione politica ha proceduto per loro, d1 pan passo, con l'emancipazione intellettuale. E' un fatto notevole e che si è avverato soltanto_ pc_r le donne . Russe, appena orizzonti più larghi di sapere e d1 speranza si sono .:1perti per loro, immediatamente esse hanno voluto che ne proti tasse il popolo. Hanno voluto che la massa enor~e di contadini, e che le _grandi folle degli operai_ fossero esse pure consc1e dei loro diritti, partecipassero esse pure alle gioie che son date dal sap~~e ~ da_llo sperare !n u~a vita cittadin·t più alta e prn d1g111tosa. Esse 1ntuirono che la rivoluzione rus~a non potrebbe compiersi finchè a questa rivoluz10ne non partecipasse il popolo con tutte le sue forze, con t~tte le sue energie, animate, sospinte da~le medesime speranze dalle quali esse erano anunate. Sofia Kowalevsky - che fu poi famosa come professore di matematica all'università di Stoccolmafu una. delle iniziatrici del movimento verso il popolo, d1 quel movimento cui ha poi dato un impulso tanto vigoroso dalle Kursistkj-/e brevi chiomate sorelle cui Pascoli dedicò uno dei suoi inni più belli. Naturalmente in quest'opera, come in nessuno altro atto della rivoluzione Russa, esse, non furono sole; ebbero a fianco uomini di.fede, di volontà e di energia, ma non furono seconde ai loro compagn~; e i rozz_i Mujxihs, e gli operai grossolani e beom da ~oro impararono a leggere, da loro intesero le prime parole di umanità e di speranza che suonassero ai loro orecchi, da loro impararono ehe ben altre gioie può dare la vita e più pure e più belle, del bere la wodka e dell'aspettare preo-ando le icone, nella rassegnazione vile, la mo;te. 0 · Prima ancora che la Kowalevsky riunisse intorno ~ ~e q':1el p_icco_logruppo di eroine - quasi tutte hm te rn Siberia, o nelle carceri di Stato - da cui tanto bene venne al popolo Russo e che creò tanti nemici alla autocrazia Sofia Stasora, nel 1861, aveva già fatto qualche cosa in questo senso Aveva aperto in Pietroburgo delle scuole domenicali, e si era adoperata perchè nei villaggi altre donne andassero ad iniziare dei corsi serali per i contadini e gli operai. Ed è doveroso rendere omaggio al cuore di queste donne che tutto abbandonando per il popolo, nè chiedevano, nè aspettavano nulla per se. Modeste e semplici come, certamente, non potrebbero neppur sognare di esserlo le più modeste deJle donne occidentali. Ne ho conosciute alcune a Londra e a Parigi e mi piace ricordare la signora Kropotk.ine, la signora Lawroff, Maria Elisk.a, Davidotf, donne di alto valore, che avrebbero potuto aspirare ad essere - anche nella nostra società - delle figure notevoli del movimento politico, intellettuale e internazionale, e che si contentano di agire senza farlo parere, forti donne in tutta la più bella estensione del termine, pronte al sacrificio silenzioso, rifuggenti dalla pubblicità , dagli onori , da tutto ciò che può sembrare, ed anche essere, vanità. Do1:ne di lavoro e di sacrificio: donne di lotta, eroine. Ed è appunto perLhè non le sole che io ho citato erano e son tali; ma perchè tali sono tutte le donne che hanno partecipato e partecipano a questo movimento di cui rimarrà grande la memoria nella storia, chè questo movimento tende, nella liberazione della Russi~ dalla oppressione dei Romanoff, a creare una naz10ne nuova. Naturalmente la razza, co' suoi caratteri particolari, influisce moltissimo in yuesto fattp.

456 RIVISTA POPOLARE E bisogna ch'io rn1 spieghi subito quando parlo di razza. Per me-che seguo incondizionatamente le teorie espresse da Colajanni in « Latini ed Anglo-Sassoni » la razza non è più - se pure è mai sotto tal forma esistita - una speciale famiglia umana che si è perpetuata attraverso i secoli, dall' origine Gno a noi conservando le sue qualità e i suoi caratteri; è invece quell' agglomerato di esseri umani, costituito da uno o più popoli che vivendo in un dato clima sopra un certo suolo, in condizioni speciali ha acquistato certi peculiari caratteri e certe qualità sue proprie che lo differenziano dagli altri popob. Ora le qualità speciali del popolo Russo - e particolari della donna Russa - contribuiscono molto a far si che essa sia quella che è, modesta e forte, energica e dolce, facile all' entusiasmo, pronta al sacrificio, in una parola, eroina. Né queste qualità appartengono alle donne di una sola classe, o delle classi più elevate soltanto. Figlie e mogli e sorelle di contadini e di operai, non la cedono in niente alle figlie, mogli, sorelle di uomini della nobiltà o della borghesia. In tutte è un identico desiderio, la libertà, è in tutte un medesimo cuore. In fondo esse portano nella lotta rivoluzionaria le medesime qualità, che esse esercitano nella vita di tutti i giorni, nell'esercizio delle loro semplici funzioni di figlie, di spose, di madri. La posizione sociale della donna Russa è - fino dai più antichi tempi - molto differente, e per certi lati superiore alla posizione sociale delle donne occidentali. Si può dire che è-molto vicina alla posizione della donna in quelle società primitive, ma già organiizate socialmente, nelle quali vigeva _il matriarcato. E fors' anche, quando-cambiate le condizioni politiche nelle quali ora agonizza la Russia - sarà oossibile studiare a fondo la costituzione primitiv~ delle varie tribu e dei diversi popoli cbe si sono sovrapposti e che vivono in Russia, e che compongono la Nazione Russa, si verrà a trovare che presso molte di queste tribù, e in molti di questi popoli vigeva il matriarcato, o ne vigono le sopravvivenze. Ora di questa antichissima istituzione rimangono ancora le traccie nella influenza che la donna esercita nel Mir, nella sua occasionale possibilità di essere elettrice allo Zemstvo, nel governo della famiglia che, in Russia - specialmente nel popolo, operai e contadini.- è affidata a lei. Queste sue attribuzioni hanno sviluppato e coltivato nella donna Russa una somma di qualità pratiche ed attive che mancano alla generalità delle Europee occidentali. E quando, uscita dall'ambito della famiglia o delle amministrazioni municipali, essa si è trovata di fronte ed in lotta con i poteri costituiti, ha portato, nè poteva essere altri menti, tutta la energia acquisita nei lunghi secoli d' esercizio d'un certo potere, la pratica e l'attività stessa che gli uomini - a ciò addestrati dalla educazione - manifestano. E gli autocrati si son veduti avversati non da un movimento di soli uomini, e sul quale, per eccezione , combatteva qualche donna, ma faccia a faccia a frotte e folle di donne energiche e determinate quanto gli uomini, ed anche un po' di più. Si direbbe che nella loro azione esse si sono date r incarico di dimostrare vera la intuizione geniale di Shakespeare nel Macbeth, e vera la affermazione scientifica moderna; che la donna spinta alla necessità dell'azione è più determinata, più energica, più risoluta dell'uomo. Non è possibile, nè sarà possibile agli storici futuri non tener conto della donna nella narrazione dei fatti della Rivoluzione Russa; anzi bisognerà osservare che la rivoluzione, fin' ora, è passata per tre fasi ed ognuno di questi periodi ha avuto le donne per iniziatrici o cooperatrici attivissime. Il periodo della preparazione cbe va dal 1858 alla liberazione dei servi - con l' ukase di Alessandro II - nel 17 marzo del 1861, ed è il periodo degli entusiasmi quasi legali; il periodo dei tentativi per la educazione e la istruzione dei contadini; il periodo durante il quale Hertzen e Ogareff accennavano appena aJle idee che avrebbero poco di poi -Hertzen specialmente-espresse nella famosa Kolokol (la Campana) la prima audace voce di libertà sociale. Durante questo periodo due donne sono famose, di una ho già detto, l'altra, come lei attiva organizatrice di scuole domenicali, e di corsi serali, andò a morire in Siberia. Il secondo periodo, che può essere chiamato del primo grandioso tentativo, si apre con la revolverata di Vera Zassulich e si chiude tosto dopo la morte di Alessandro IL Durante questo periodo le donne eroine e vittime non si contano. Emergono dalla grande massa quelle che per aver partecipato a fatti più grandiosi sono state messe in luce dalla loro stessa opera e morte; ma quante sono morte o impazzite a Schlusselburg, nella fortezza di San Pietro e Paolo, in Siberia? Migliaia e migliaia ; eppure non una ba piegato, non una ha ceduto. Piene di giovinezza, di energia, di vita sono andate incontro alla morte con l'anima serena e il cuore forte dei martiri antichi, esse tutte piene d'una antica e fortissima fede. Il terzo periodo non si è ancora chiuso , e non è vicino a chiudersi. L'opera delle donne è ora multipla; è come un riassunto degli sforzi precedenti ; educazione del popolo, dei contadini , dei soldati; opera d' amore e di morte ad un tempo: d'amore per il popolo, di morte per i tiranni della Russia. Una donna cerca di colpire Trepoff, una donna colpisce Minn, una donna tenta di uccidere Stolypine. Al tempo stesso una donna porta dei proclami . rivoluzionari ai soldati, una donna legge ai contadini il manifesto della Duma: queste arrestate, ad esse altre subentrano, innumerevoli, come se la rivoluzione fosse la inesauribile generatrice di martiri, di erbine, di energie. Sanno che la prigione, il doloroso viaggio in Siberia , la forca, forse , le aspettano; non importa, esse vanno. Sanno che, supplizio più orribile di tutti, il Cosacco brutale, schifoso e feroce abuserà della loro carne martoriata dalle staffilate; sanno che esse saranno buttate come premio alla lascivia feroce dei barbari putenti d'incenso e di vodka e pur vanno fiere e serene e forti, allo strazio più orribile della morte; per la libertà. . Figlie di nobili e figlie di operai; donne della aristocrazia e donne dei campi, procedono tutte la mano nella mano, verso una sola meta, esposte ai medesimi pericoli, alle medesime lotte , sorrette tutte dalle medesime speranze. Al fiotto della rivoluzione che s'avanza lo Tsar oppone la sua livida e crudele paura - l_a su_a fe-:- roce energia di tiranno ipocrita -- Stolyp1ne 1 suoi bugiardi manifesti, e le sue decisioni feroci; eppure non trionferanno, non possono trionfare. Non bisogna dimenticare che il Cristianesimo e la Rivoluzione Francese trionfarono quando le donne furono folla fra i martiri cristiani ed i rivoluzionari francesi. Fra i rivoluzionari russi la donna non è più la eroina isolata che si leva come una vendicatrice; sono le madri, le spose, le figlie di tutta la nazione Russa che dicono ai tigli militari, ai mariti lavoratori, ai padri, agli uomini della ~us:- sia: Non uccidete i fratelli ; combattete da forti, noi siamo con voi.

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