RlVISTA POPOLARE 401 nifosta, nella legge comunale e provinciak, la convenienza di una disposizione espressa che negasse alk don 1e il diritto di voto. n ~ Ben diversa invece era la condizione dc Ile cose nel campo d~ll'elettorato politico. Quivi nessun precedente, nè italiano nè straniero, nè recente, nè anti...:o, a favore della donna: quivi nel corso dei lavori preparatori della legge 24 settembre 1~82, nessuna proposta concreta per il pareggiamento dei due sessi. Alla data almeno ddla riforma (2--1-settembre 1882), la coscienza generale era così concord.: con lo stato del diritto positivo nel non riconoscere alla donna l'elettorato politico, che ben a ragione, non si pensò neanche di farne ogge:to, nella legge di una disposizione specialt:. Quivi ognuno parve acquietarsi e si acquietò realmente alk aichiarazioni eloquenti, con le quali il ministro Zanardelli, il più strenuo propugnatore della riforma 24 settembre 188! giustificava nella sua rela zione (pagina 34) l'esclusione della donna dal suffragio politico. Dimodochè, allo stato delle legislazione, ravvicinando fra loro la leggé comunale e provinciale e la legge elettorale politica, è d'uor-o conciudere che, nella specie piuttostochè il ditterio dell'ubi voluit, si presenta invece molto più appropriato l'altro che ubi cadem legis ratio, ibi et eadem legis dispositio. Che anzi, per argomenti razionali e storici evidentissimi, è necessario ritenere che, se i.I legislatore italiano ha creduto di non riconoscere alla donna il dirit~o di voto amministrativo, tanto più deve averle negato qut:llo politico. La maggior importanza e gravità del suffragio politico si dt::duce anche da ciò, che il titolo di elettore politico racchiude e attribuisce quello di eh!ttore amministrativo, ma non viceversa (art. 14 legge comunale e provjnciale) 11. Del resto la lettera stessa della legge elettorale politica addimostra almeno indirettamente, che la donna non è ancora chiamata (come dice lo Zanardelli) ai diritti e ai doveri della vita pubblica e militante. A tal proposito conviene ricordare il capoverso dell'art. 8 e l'art. 12 del testo unico 28 marzo 1895. (( Per costituire il censo elettorale (dice l'art. 8), al marito si tiene conto delle imposte che paga la moglie 11. E l'art. 12 : (( Le imposte dirette pagate è.a una vedova o dalla moglie separata legalmente dal marito, possono essere computate a favore di uno dei su0i figli o generi da lei designato 11. Questo significa abbastanza chiara mente che, se pure la donna, maritata o vedova, figuri •scritta nel c~tasto della possidenza, tanto non giova perchè ella acquisti il diritto di suffragio politico. Ddle imposte da lei pagate si tiene: calcolo, non a favor suo, ma a favore di altre persone, e cioè a favore del marito ope legis senza bisogno di particolare indicazione, e a favore dei figli o generi in quanto uno di questi sia da lei designato. La differenza fra l'un caso e l'altro, fra la dicitura dell'art. 8 (si tiene conto) e quella dell'art. 12 (possc.,no essere computate) deriva da ciò che il marito è uno e non havvi quindi bisogno di akuna designazione da rane della moglie, mentre i figli e i generi possono t:sserc: più e la legge aspetta che uno di essi ed uno soltanto sia designato dalla loro ascendente. Aggiungi che se il legislatore avesse voluto attribuire alla donna il diritto di suffragio, riuscirebbe ancora inespticabile che l'art. 12 abbia parlato esclusivamente di ge11eri e nient' aflatto di nuore. La miglior prova però che la donna sia esclusa dall 'elt:tto - rato politico , si trae dal confronto della parte prima col capoverso primo dello stesso art. 12. Ed invero, mentre il cap,werso dichiara che il padre può delegare al figlio o al genero l'esercizio del suo diritto, quando egli non possa o non voglia esercitarlo, ben diversamente si esprime la parte prima dello articolo relativamente alla vedova e alla moglie legalmente St:- parata. Queste, secondo l'articolo, p0ssono soltanto designare il figlio o 11genero a cui favore comput,.,ire le imposte da esse pagate. Ora, si può tener conto al figlio delle imposte pagate dalla madre , anche se questa non ha alcun diritto di voto come non ha certamente alcun diritto di voto la prole minorenne nel caso che i tributi dei suoi beni siano computati a favore del padre (c. v. art. 8).-All'incontro con manifesta contrapposizione col caso del padre, l'art 11 non parla per le donne anzidette, di detegazione di eserci 1 io del Jiritto elettorale, ap - punto perchè la delegazione dell'esercì-rio di un diritto presuppone nel delegante godimento di quel diritto. E così non soltanto lo spirito informatore dell'istituto, non soltanto il principio dell'uhi eadem ratio, ma altresì la lettera stessa della legge addimostra che il pareggiamento dei due sessi non è ancora , sotto i riguardi del diritto pubblico un fatto compiuto. Che se, come osserva il ricorrente, la legislazione è venuta via via riconoscendo nella donna sempre nuovi titoli di capacità giuridica e sociale, fra gli altri quello di poter essere chiamata ad amministrare qualsiasi istituto pubblico di beneficenza (art. 11 lett. a, della legge 17 luglio 1890), tale argomento s·_ ritorce piuttosto con~ro la tesi del suffragio feminile, inquantochè rende mar,ifesto che, ogni qualvolta il legislatore , seguendo le evoluzioni della c: viltà , ha creduto di poter •dischiudere alle attività della donna nuovi campi della vita pubblica, ha sempre avuto cura di dichia1ar. 1o apertamente. + 3.0 L'adattamento della nonna giuridica ai bisogni delta vita sociale. elle interpretazione delle leggi esistenti il principio del loro adattamento ai nuovi bisogni ed ai progressi delle società assegnate come elevata funzione al magistrato è il lato simpatico della sentenza di Ancona. Kisponde al crite::rio applicato alquanto ci,lrlatanescamente dal buon giudice Magnaud ; ancora di più si riconnette alla tradizione nobilissima dell' antico pretore romano, la cui giurisprudenza formava la legge e la legge armonizzava continuamente ai tempi ed ai bisogni ed alle nuove condizioni sociali (1 ). Ma nel caso della sentenza di Ancona c'è già una contrétddizione con il principio della giurisprudenza adattatrice perchè la sua motivazione fondamentale si basa sulle leggi esistenti e sopratutto sull'art. 24 dello Statuto. Comunque il pretore romano, il buongiudice in ogni adattamento ed in ogni interpretazione innovatrice ci mettevano e ci mettono tutta la loro convinzione e tutta la loro coscienza sulla utilità e giustizia della innovazione. Invece Ludovico Mortara nella intervista ha fatto questa sbalorditoia dichiarazione: - Personalmente, io non ho entusiasmo per l'estensione del voto politico ed amministrativo alle donne, poichè mi sembra non anc9ra matura la preparazione della gran maggioranza di esse a questa importante funzione. E le dirò anzi, a conferma di ciò, che in un referendum iniziato dall' Unione Femminile di Milano nel 1903, richiesto del mio parere sulla opportunità di una agitazione pro-voto, mi pronunciai in senso contrario. E così tutte le contorte interpretazioni dell'articolo 24 dello Statuto, tutti i sofismi per giustificare l' assurdo e b contraddizione che scaturiscono dal fatto ..:he le leggi accorderebbero alle donne il più - il v-oto politico - e negherebbero il meno - il voto amministrativo - non trovano neppure l' attenuante della passione che deriva dalla salda e ferma convinzione nella utilità e nella giustizia del voto politico accordato alle donne italiane ... Tutto ciò - non escluso il compiacimento addimostrato pel telegramma laudati-vo della Contessa Giacinta Martini --- aggrava il dispiacere che ho provato leggendo la sentenza della Corte di Appello di Ancona, che con quattro righe credette di risolvere uno dei piu dibattuti problemi, cancellando gli articoli delle leggi e interpretando sofisticamente lo Statuto. E quando si pensa che l'estensore di quella sentenza è Ludovico Mortara si deve credere realmente che qualche volta Omero dorme. DR. N. COLAJANNI ( 1) Andrea Cantalupi in un interessante articolo pubblicato nel Mattino (8-9 agosto) rende conto obbiettivo del movimento che c' è in Germania contro il diritto codificato e in favore della più larga , sconfinata applicazione del principio , che informa la sentenza di Ancona. L' ultima manifestazione di tale movimento si è avuta nella pubblicazione recentissima fattasi in Heidelberg di uno scritto sulla lotta per la scien-ra del diritto (Der Kampf um die Rechtswissenschaft). L' autore si nasconde sotto lo pseudonimo di Gneo Flavio e la pubblica - zione ha avuto un grande successo.
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