Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 15 - 15 agosto 1906

K.IVISTA POPOLARE 409 noi pure nell' altro articolo) dal troppo n11mero di gente, che entra negli studi secondari e rimane delusa nelle sue aspirazioni, non trovando alla fine di essi un'occupazione corrispondente all' istruzioue ricevuta. Queste critiche del Piazzi (1) sono dolorosamente -conformate anche da fatti recenti. Vero è, com' egli osserva, che la scuola, or qua or là, è "' argomento di accuse e di difese, di recriminazioni e di apologie e <li proposta e di controproposte~ (pag. 9). Vero è pure, -come seri veva pochi mesi or sono i1 Ber tana (2J, che « non ci fu quasi Ministro, fra i troppi che si succedettero vertiginosamente alla Minerva durante l'nltimo ventennio, che non annunciasse l' intendimento di riformare, più o meno ab imis, le scuole medie e non esponesse, in discorsi parlamentari o extra-parlamentari, o ' non accennasse con qnalche effimero provvedimento parziale, o non isvolgesse in vasti progetti di legge, presto sepolti negli archivi del Ministero, i suoi propositi di riformatore >. Ma. tratta--i sempre di vo~i isolate: e intanto il paese e gl' in.;egnanti stessi ben poco si occupano di questioni scolastiche. Quanti si curano infatti di quella riforma dell' istruzione secondaria, per la quale· fu istituita la Commissione Reale? Nel settembre dello scorso anno gl'i nsegnanti, quasi a sbugiardare l' accusa che mirassero sol tanto ai loro materiali interessi, si occuparono con amore e con calore della riforma scolastica in dne riunioni importanti e numerose; nel Convegno Fiorentino per la diffusione e l'incoraggiamento degli studi classici e nel Congresso Nazionale di Milano tra i professori delle scuole medie. Ma ben presto sbollirono gli entusiasmi, e quegli stessi insegnanti, che tanto spesso e giustamente avevano proélamata la necessità che intorno alle riforme da introdurre negli ordinamenti scolastici il Governo non mancasse di i~terpellarli, finirono, doloroso a dirsi, col disinteressarsi essi pure di problemi che li toccano tanto da vicino. Ai questionari inviati dalla Commissione Reale, i più infatti o non si curarono di rispondere, o risposero in fretta e senza discutere e solo per non apparire del tutto ·manchevoli ai loro doveri (3). ♦ Se guardiamo alle nostre scuole secondarie, troviamo, da un lato , istituti che dovrebbero essere di coltura generale, e, dall' altro , istituti che dovrebbero essere di coltura professionale: nel fatto però aoche qufst'ultimi diventarono di necessità sempre meno disformi dai primi, perchè non si può ormai concepire un com- (1) Op. cit. p. 4-17. (2) Emilio Bertaua, Come risolvere la questione della scuola secondaria (nella Rivista d' !calia dell' aprile 1906). (3) Questo rimprovero non è meritato dagl' insegnanti del Liceo-Ginuasio di Arpiuo, che anzi di tutte le questioni intorno alla riforma della scuola e ai 111etodi di iusegnamenr,o, trattarono con larghezza e pubblicarono le loro risposte iu un fascicolo, dal quale apparisce tuttavia il solito difetto della mancanza di discussi,:o.e, poichè in generale uno solo propose e, vole.;ti o nolenti, gli altri tutti aunuiron,, (R. Liceo Ginnasio " Tulliano ,, di Arpino, Risposte alle questioni proposte dalla Commissione Reale per la 1·iforma della scuola media, Arpino, Fraioli, 1906). Rlsogna dire il vero, del resto, che parecchie osservazioni contenute in questo fascicolo sono giuste ed opportune. merciante, un ragioniere, un insegnante di scuole primarie o che so io, senza che abbia un certo corredo di studi. Tranne dunque per ciò che riguarda l' insegnamento del latino e del greco, alle scuole classiche andarono avvicinandosi, qual più qual meno, tutte le altre, le qnali col propol'si insieme il fine della coltnra e un fine pratico finirono co·lnon raggiungere nè l'uno nè l' altro. Fermiamoci alle scuole classiche, che, insieme con la sezione fisico-matematica degl' Istituti tecnici, godono il privilegio di non esser fine a sè stesse, ma di avviare alle professioni liberali, aprendo l' adito all' Università. In esse abbiamo prima un Ginnasio di ciuq ue anni, monotono e pedantesco. ma che presenta almeno il van• taggio di avere per ogni classe un insegnante che prevale sugli altri per il numero e l'importanza delle materie che insegna : poi un Liceo , nel quale· al1' istruzione classica si è innestata allargando via via le sne basi un' istruzione scientifica , senza però rammodernare l' istituto in cui s'impartisce. Certamente nè i tempi, nè i nuovi bisogni, nè i continui progrejsi delle scienze biologiche e sociali e sperimentali possono ormai più consentire un istituto puramente letterario, ma intanto il Liceo è divennto ple torico per il troppo numero delle materie e, peggio ancora, degli insegnanti e per la vastità dei programmi. Questi del resto ben di rado e da pochi si svolgono interamente, come sarebbe prescritto, e, ancor più di rado, gli alunni studian davvero, fidando in quella indulgenza che divien sempre maggiore e più comune e che, bisogna pur dirlo, è anche un bisogno per temperare la stolta pretesa d' infarcire di cognizioni le menti dti giovanetti (1). E l' altre scuole? Delle Tecniche disse per primo non ricordo se il Martini o il Chiarini che di tecniche non hanno che il nome. Ed è veris~imo, perchè in esse l' enciclopeiia fin dal principio fa capolino, con l' aggravante che trattasi di una scuola che segue imme~ diatamente alle primarie e che immediatamente vi si hanno pure insegnanti molteplici, donde la mancanza di unità nell' insegnamento. E meno male che almeno ora, speciaiizzandone alcune, si mostra di volerle ricondurre al fine per il quale erano state create! Non parlo poi dell' insegnamento farraginoso e di necessità. superficiale, che s' impartisce nelle Scuole (1) Nota anche il Piazzi che la ginventù arriva impreparata all' Uuiversità, perchè " g,li elementi dell .L coltura vanno rapidamente iugro.;sando rd ampliaudosi ,,, e soggiunge ottimamente: " nou a tutti è indispensabile la conoscenza delle lingue antiche, ma niuno deve andar digiuno di studi letterari: nessuno può fare a meno di un'istruzione scientifica, ma l'estensione e l'indirizzo di qu~sta noo. debbono essere identici per tutti,, (p. 199-200). E altrove osserva che la scuoi& secondaria presso di noi è tald da opporre gravi ostacoli a che le '' vocazioni si rivelino liberamente alla coscienza individuale e, rivelatesi, ottengano appagamento ,, , ed anzi "le deprime e le soffoca e fluisce col provocare una fredda indifferenza verso qualunque ordine di studi .... La nostra scuola secondaria è diventata un sempre più complesso agglomerato di materie, ed essa si è illusa di prov,edere al compito suo, obbligando i giovani ad ingoiarne quante pìh possono ,, (p. 17-18).

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