Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 14 - 31 luglio 1906

378 K 1 V I S .1' A P O P ù L .\ K E scuole classiche pubblicata finora, quella del 1902-903, apparisce che in quell'anno erano inscritti 7895 alunni nella I classe dei Ginnasi regi e pareggiati , 6344 nella II , 6348 nella III , 6332 .nella quarta e 6058 nella V, e che, peggio ancora, frequentavano la I classe dei Licei regi e pareggiati 6061 alunni, mentre uella II erano appena 4475 e 3985 nella III. Nè questo è un triste privilegio delle scuole class!che, chè anzi nelle tecniche la diminuzione ,,rogressiva del numero dei frequentanti di classe in classe è anche più spaventosa. Se<!ondo le cifre citate, ammontano ad un qnarto nei Ginnasi e a -più di un terzo nei Licei gli alunni , che mano mano disertano la scuola; ma nelle Scuole e negli Istituti Tecnici le perdite sono molto maggiori ; niente meno che d,el 50 e del 60 per cento ! Anche nel decorso anno scolastico gli alunni delle tre classi di Scuola Tecnica furono rispettivamente 22594, 15064 e 10912 con una diminuzione da1la prima alla terza del 52 °fo. e quelli delle qnattro classi dell' Istituto furono 5300 , 3564 , 2542 e 1779 con una diminuzione di poco meno del 66 °/ 0 ! E poichè la popolazione scolastica va sempre crescendo, au·menta pure di continuo il numero dei giovani , i quali comprendono di non poter proseguire. Nè si dica che forse si prepareranno privatamente alla licenza ed otterranno da privatj_stì il sospirato diploma. Neppur questo è vero, perchè annualmente si licenziano meno di 4000 giovani dai Licei, tra i 900 e i 1000 dagli Istituti, e nelle Scuole Tecniche il nuwero dei licenziati è, in proporzione, anche minore, tant'è vero che, per esempio, dal 1879-80 al 1887-88 oscillarono tra i 1300 e i 2100, mentre gli alunni della prima classe erano stati àagli 11 ai 14 mila. Come dunque ho dimostrato altrove con queste eifre e con altre parecchie (1), il fatto è che, confrontando il numero di quelli che incominciano a seguire l'1struzione secondaria classica e tecnica col numero dei licenziati , si ha una perdita annua di più che ventimila giovani. ♦ Ora quali sono le cause di questo fenomeno doloroso? Non certamente la difficoltà degli studi o il rigore degli esami, che sono e vanno diventando sempre più una burletta, tanto poco si pretende davvero spe-· cialmente alla licenza e sopra tutto da chi proviene dalla cosidetta istruzione paterna. Molte di quelle _perdite dipendono invece dalla troppa facilità , con cui entrano nella scuola secondaria giovani incapaci di seguire gli studi. Dice il Gamberale nell'opuscolo citato ( ed io son d'accordo con lui) che la moltiplicazione dissennata degli istituti secondari, l~ facilità di conseguire le licenze elementari e le concessio_ni di ogni genere hanno ingannato ed ingannano e le famiglie con l' ampiezza dell' entrare • e vi adescano < assai più famiglie di quanto la reale potenzialità finanziaria del paese è capace •. E che direbbe ora che il cosi detto esame di maturità manda nelle scuole secondarie giovinetti, che pe1· lo più neppure sanno leggere correntemente, nè fare un dettato senza spropositare ad ogni parola, nè scrivere un numero di più cifre? · 1) Torrazzo di Cremona, 10 giugno 1901. Ma vi hanno p11re alti e cause. AriHtide Gabelli in una Relazione ufficiale pubblicata nel Bollettino della P. Lstrnzione del 1884 osserva va che vi era fin d'allora nella popolazione scolastica un anmento rapidis&i1uo , molto più rapido (inutile il dirlo) che non quello della popolazione , e che non si spiega se non collo sviluppo democratico del tempo, o coli' elevarsi delle classi inferiori. e Evidt>ntemente (egli esclama) l'onda democratica porta alle scuole secondarie e perfino alle superiori una qnantità di alunni, che prima si fermavano alle elementari>. E fin qni nulla di più naturale e di più giusto; ma, come aggiunge egli pure, a qnesto fatto <contribuirono sicuramente, massime appunto per i licei e per gl'istituti tecnici,. certe facilitazioni negli esami di promozione e di licenza, l'abolizione di alcuni esami di ammissione e il pareggiamento conceduto· via via a un numero sempre maggiore d'istituti. Ciò è quanto dire che alla causa naturale se ne aggiungono anche d'arcificiali in un tempo in cui non ce n' è bisogno. È infatti assai dubbio se convenga al Governo di aggiungere volont.ariamente stimoli e sp;nte ad un'inclinazione tanto forte. Essa prepara all' Italia una q uau tità di medici senza ammalati, di avvocati senza cause, di ingegneri senza ponti da costruire, e crea nella disoccupazione di tanta gente, costretta a discendere dal grado cui era salita, una fonte perenne di morbosa inquietudine e di malcontento. > Ed anche il Fracc~roli giustamente lamenta che finora agli alunni siansi insegnati l' «ozio>, l' <indisciplina>, la <menzogna,., la «frode> e il «disprezzo per la legge, per il sapere e per l'autorità >, e lamenta altresi l' « acquiescenza •, l' « indulgenza •, la « vigliaccheria di cedere sempre alle raccomandazioni, alle pre~sioni , allo grida, alle minaccie, alle pazzie> (1). Questo µure è verissimo, e ne vediamo tutti i giorni gli effetti , come tutti i giorni vediamo che si rotola sempre più giù nella china delle concessioni. Non ne è forse una prova anche il disegno di legge che è stato prossimamente presentato alla Camera per fa cilitare anche di più le disperi.se dagli esami e per dar modo ai candidati privati di disertare gl' istituti più seri e meno scandalosamente indulgenti e andare in cerca di commissioni pietose o corrotte, che li approvino senz' alcun merito ? Non si vuole perfino tornare ad introdurre i rappresentanti dell' insegnamento privato negli esami di licenza dalle scuole regie? Eppure uomini competenti e superiori ad ogni sospetto, quali furono i Presidenti della Giunta Superiore per la licenza liceale, eransi doluti che l'esame avesse affatto perduto di serietà. nel tempo in cni qnegl' insegnanti erano chiamati a prendervi parte, e si erano lamentati che quella introduzione avesse portato un'indulgenza maggiore verso tutti i candidati, e che fosse tanto più ingiusta, in quanto che, dice il Tenca, dagli insegnanti governativi non venne mai fatta ( distinzione veruna fra studenti pubblici e privati », e , e se di qualche cedevolezza poterono esser talora appuntati, ciò fu a (1) G. Fraccarolì, La, questione della scuola. - Torino, Bocca. 1905.

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