Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 11 - 15 giugno 1906

294 RIVISTA POPOLARE lo svolgimento della scienza medesim':t, errore che s'asconde nella determinazione del conr.etto di quantità. L'unità in via assoluta e in astratto non esiste perchè la stessa estensione è uno , tre o trentasei a seconda che la si considera in relazione a un yard, a un piede o a un pollice. Noi diciamo un libro, una pagina, una linea, e consideriamo tutte queste ugualmen~e come unità, sebbene le une contengano parecchie delle altre. Insomma, l'unità in via assoluta ed astratta dovrebbe essere un' idea semplice e. incomi.,osta. la quale fiancheggiasde costantemente le altre idee della nostra mente; e una tale idea non esiste. Eppure la matematica presuppone come esistente questa inesistente unità. E, al pari di questa, non esiste in via assoluta e in astratto il numero, che è un composto di unità. Le cifre non sono originariamente che segni indicatori di unità concrete, cioè di cose, che, convenzionalmente e per il bisogno pratico di contare, si considerano come unità. Ma a poco a poco si abbandona questo significato concreto delle cifre e vi si lavora attorno colla mente considerandole, non più come significazioni convenzionali, ma come aventi un valore assoluto in sè stesse. Quindi i teoremi concernenti i numeri non riguardano in realtà alcun oggetto concreto , alcun oggetto realmente esistente di cui i numeri siano l' indicazione , ma riguardano solo le cifr~ , i caratteri, i segni arabici che noi tracciamo col nero della nostra penna sul bianco della carta. Sarebbe come trascurare l' uso, lo scopo, il significato reale del linguaggio, per escogitare sottilissime e complicate teorie intorno alle combinazioni delle lettere , delle sillabe , delle parole, considerate come figurine scritte ( 1). In fondo, ben poco di più dicono, attualmente, i Boutroux, i Milhaud, i Bergson. i Weber, tutti i metafisici che negano alla scienza, come alla conoscenza in genere, qualsiasi potere da quello infuori di sistemare, anzi di creare le illusioni della nostra mente. ♦ Ma se Berkeley ba dato coUa sua dottrina (come si espresse il J ames nel discorso su La concezione della coscienza da lui tenuto nell'ultima seduta generale del Congresso di Psicologia a Roma) (2). e il colpo di gra• zia alla materia , ; e se le sue argomentazioni sono, come lo sono infatti , direttamente i.uconfutabili ; c' è solo una piccola difficoltà che sorge, diremo, parallelamente ad esse Se la materia non esiste, se non esistono oggetti fuori della nostre percezioni e che siano causa di queste, quale è dunque la causa di tali nostre percezioni ? Il vescovo di Cloyne ha la rit1posta bella e pronta. È dio, il qnale, per la sua suprema saggezza e benevolenza, suscita in noi le percezioni regolari e ammirabilmente commesse. Le regole con cui egli le eccita in noi si chiamano leggi di natura , e le idee da lui impresse nei nostri sensi sono le cose reali. Dio è il cardine su cui si appoggia tutta l'argomentazione cii Berkeley. Anzi la dimostrazione dell'esistenza di dio è (1) Op. cit., ediz. cit., Sect 12, 13, 118 e seg., pag. 36, 101 e seguenti. (2) Puhl,licata nel "Leonardo ,, del Giugno-Agosto 1905. unicamente ciò che lò muove a filosofare, perchè con la sna dottrina egli tende soltanto a dare le prove più evidenti e immediate dell'esistenza di dio, q~elle prove ~ che sono così vicine e ovvie alla mente» (e cioè che dio deve esistere perchè è la sola spiegazione delle nostre percezioni). E il sottotitolo stesso del libro di Berkeley ne dice lo scopo e il fondamento : e Nel quale sono esaminati ... le basi dello Scetticismo, del1' Ateismo, dell'Irreligione » (1). Ma i metafisici moderni, negatori della realtà, come il Weber, non hanno dio a loro disposizione. Con l'introduzione nel loro sistema dell' idea di dio , essi cadrebbero in una invincibile contraddizione. Il loro scopo è, infatti q11ello di superare Kant, mostrando che non esiste , sotto ai fenomeni , un substrato inconoscibile, causa delle nostre percezioni (il noumeno). Anche in questa dimostrazione essi usano, in fondo, gli stessi argomenti del Berkeley, nei quali e' è veramente la più bella, e anticipata, confutazione del noumeno kantiano; e cioè che non si può dire che è causa delle nostre percezioni (che si conosc~ dunque come causa di queste) ciò di cui si afferma non· potersi rttt,lla sapere, e che non i;:iipuò sostenere essere occasione delle nostre percezioni ciò che si afferma essere impercepibile (1). Ora i moderni avversari del noumeno, se introducessero nel loro sistema l' idea di dio, verrebbero a creare con dio un noumeno più vero e maggiore. Rimàne adunque in loro il ragionamento di Berkeley sospeso a mezz'aria, senza cioè la colonna dell'esi• stenza di dio che gli servi va di indispensabile sostegno. Non basta. I metafisi.:i estremi , che negano puramente e semplicemente la realtà, come il vVober, vanno incontro ad un'altra contraddizione ancora più insolubile. Essi no~ possono negare che la mente umana, fuori della quale secondo essi la realtà non può esistere, sia sorta a un'epoca assai avanzata della realtà stessa. Sicchè prima dell'apparizione dell' uomo, la realtà, la natura, doveva nel medesimo tempo, esistere, per poter dar origine ali' uomo, e non esistere, non essendo percepita da nessun spirito conoscente. È vero però che i metafisici estremi rispondono anche a questa obbiezione. Con una serie di argomenti che da Berkeley al Bergson, passando per Kant, sono diventati sempre più acuti e irrefutabili , essi dimostrano che il tempo, come lo spazio, non è che una nostra produzione soggettiva. Siamo noi che sfilacciamo, per cosi dire, canevaccio della realtà 1ungo il telaio del tempo. Ma in sè non v' è che un eterno e uni versale presente. e Non dite (seri ve il Deussen) (2) che il no• stro globo ha dovuto subire numerose rivoluzioni, prima dell'apparizione di esseri viventi e intelligenti. Tutti questi periodi passati di cui parla la geologia, come il presente più immediato, non sono che la forma sotto la quale le cose appaiono alla nostra intelligenza le- (1) Del resto, per convincersi che dio è il fondamento indispensabile del sistema di Berkeley, basta consultare i seguenti passaggi dei Principles of Human Knowledge, Sect. 30, 33, 57, 62, 74, 146 e seg. (pag. 46, 47, 62, 66, 73, 120 e seg. ed. c1t.). (2) Op. cit., ediz. cit., Sect. 69, pag. 70.

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