Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 11 - 15 giugno 1906

RIVISTA POPOLARE 293 tende appunto à stabilire l'adeguazione della ragione umana a tutta la realtà. E questa è appunto una delle difficoltà in cui cade quell'idealismo estremo, al quale accennavamo più sopra e che è ora nel suo momento di apogeo. ♦ Se i filosofi di Elea e di Efeso sono i lontani precursori di questa moderna metafisica estrema , essa trova il suo padre spiri tua le più prossimo in Giorgio Berkeley. Si può dire che tutte le più audaci correnti metafisiche odierne, il pragmatismo, la filosofia della contingenza, la negazione della scienza di Remacle è di Bergson, l' ideali~mo «logico» di vVeber (Louis), abbiano in Berkeley il loro capo stipite. La dottrina di Berkeley si potrebbe , come tutti sanno, riassumere così : ognuno conviene che le qualità secondarie d_ei corpi non ejistano se non nella mente che le µerc1:pisce. Infatti , anche per la fisica moderna , la I nce, pe1· esempio, è in sè soltanto una serie di vibrazione del!' etere. Queste vibrazioni non acq 11istano la q nalità luminosa, non diventano luce, se non per il nostro occhio, se no,-i dunque q_ uando un occhio le percepisce. Quindi, se in una stanza, in cui è accesa una lampada , non v' è alcun individuo percipiente, in quella stanza non resta la luce, ma resta solo una serie di vibrazioni che non hanno affatto il carattere luminoso, che in sè non sono nè oscure, nè luminose, non possiedono alcuna di queste qualità, perchè queste qualità sono solamente proprietà del soggetto che percepisce. Lo stesso dicasi, del suono, del colore, del calore, del sapore, ecc. Ma, prosegue Berkeley, ciò non è vero solo per queste qualità s~condarie dei corpi ; è vero anche per le primarie : estensione, movimento, peso, solidità, resistenza. Infatti: una volta che si conviene che il colore, p. es., non è nelle cose, ma nella mente ehe le percepisce, se si volesse sostenere elle l' es tensione, il movimeu to, ecc. sono qualità esistenti foori di noi, bi:-.;ognerebbe concludere ~be esistono corpi estesi, mobili, ecc., ma senza alcun colore; il che è assnrJo. L'estensione , del resto, é grande o piccola; il movimento celere o lento. Ma questo grande questo piccolo, questo celere , questo lento, sono tutti rapporti che stabilisce la nostra mente; se il movimento esistesse in sè, non percepito, esso non sarebbe nè celere, nè lento; e l'estensione, nè grande, nè piccola ; il che è dire che nè il movimento , nè l' estensione possono esistere fuori della nostra mente. Il ritenere poi che esista 11 n quid, la materia, substratum dei modi e degli accidenti dei co1:pi, ed esistente fuori del la nostra men te, in tanto che q 11esta percepisce solo j wodi e gli accidenti, è 111a1ssnrdo. Infatti. o q11e-;ta materia è percepita, e allora cade nella. no~tra meu~e, è una, percezione , una sensazione . un' idea ; o Hon è percipita, e allora è qualche cosa s11c,1i noi non possiamo dir nulla, nè che esista 1 nè che non esista, ma che a ogni modo poiché non è percepita ed è per ipotesi priva di ogni qualità percepibile non può essere cansa delle nostre sensazioni. Del resto, poniamo pure che esista; essa è infinitamente divisibile: dunque ogni corpo comprende un numero infinito di parti; dunque quando più i nostri sensi diventassero acuti, e µiù parti noi scorgeremmo in un corpo ; e se essi diventaf:asero infinitamente acuti, noi scorgeremmo ogni corpo infinito, vale a dire privo di forma e di figura, e ciò senza che il corpo abbia in sè variato. Ora questo significa che_ sono la nostra percezione e la nostra. mente le quali formano tutte le varietà dei corpi che costituiscono il mondo visibile. Ebbene : gli idealisti estremi d'oggidì non si di:ffe. renziano punt,o in sostanza da Berkeley. Il loro atteggiamento è identico. « Quale posizione ci resta dunque? (si chiede Louis vVeber, dopo aver passato in rassegna alcune delle principali soluzioni date al problema della realtà). Una sola, quella che consiste nel non ammettere in alcun modo l'esistenza del reale, nel nega1·lo puramente e semplicemente. Il problema del reale, ossessione della filosofia, non è insolubile solo perchè Yenne µosto male; ma, sopra ogni altra considerazione, ~erc.;hè il siw obbietto non esiste.» (1) E le loro argomentazioni a sostegno di questa t(-si non sono che quelle di Berkeley sottilizza te, ampi ia te approfondi te. Ma Berkeley era anche pragmatista. Contro la sua ste,;sa metafisica, che consiste nella negazione della materia, egli ammette la possibilità che rimanga il linguaggio corrente e il comune modo di concepire, perchè (dice) • negli ordinari affari della vita si possono mantenere alcune modi di dire fin tanto che essi eccitano in noi sentimenti o convenienti disposizioni ad agire in una data maniera secondo è necessario per il n0stro benessere, per quanto false essi possano considerarsi in senso stretto e sreculati vo » (2). Ecco una proposizione che il Leona1·do potrebbe prendere per propria epigrafe. Più stretta ancora è la connessione tra Berkeley e la. filosofia della contingenza e quella in generale che insorge contro l'attendibilità della scienza. Se ne trovano i prodromi chiarissimi (cha, del resto, risalgono a Enosidemo da Gnosso e a Sesto Empirico, l' antore del libro Adversus Mathernaticos) nella critica eh' egli fa del principio, allora appena proclamato da Newton, dell'attrazione universale. Si osserva (egli dice) che i corpi cadono a terra, e che le onde del' mare tendono verso il centro della luna.· Si uniscono questi due fenomeni sotto un ordine solo, perchè si riscontra una certa similarità apparente in entrambi. Da questa analogia si deduce illegitimamente che l' essenza dei due fenomeni sia la stessa e si afferma che è nell'essenza di tutti i corpi di aver una mutua tendenza gli uni verso gli altri, mentre ciò non è perchè le stelle fisse non subiscono questa tendenza, le piante crescono perpendicolarmente e l'aria è elastica (3). Più intimo ancora apparisce il rapporto tra Berkeley e i moderni metafisici estremi, dalla critica che il primo fa della matematica. Questa scienza, egli dice, così celebrata per la sua esattezza, ha. alla sua base un errore fondamentale, tacitamente accettato lungo tutto (l) Louis TVeber - Vers le positivisme ahsolu par l' idéalisme (Alcan 1903) pag. 159. · (2) Th~ principia of Humau Knowledge, Sect. 52 (pag. 59 dell' etlizionti d<:!ll' Ope,i Court, Chicago, 1904). (3J Op. cit., ediz. cit.; Sect. 104-106, pag. 90-92.

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