RIVISTA POPOLARE DI Politica, Lettere e Scienze Sociali Direttore: Prof. NAPOLEONE COLAJA.NNI (Deputato al Parlamento) .. Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese lt.aJia: ;111110 lire 6; semestre lire 3,50 - Estero; anno lire 8; semestre lire 4,50 Un numero separato Cent. 30 Amministrazione: C01·so Vittorio Emanuele, n.0 115 - NAPOLI t\11110 Xll - Nnm. 8 ABBONAMENTO POSTALE ltoma, 30 Aprile 1906 SOMMARIO: Noi: Gli avve11lmentl e gli nomini: (A Milano - Calimera - Le convenzioni marittime - I malumori della Germania - Il caso Fortezza - Stillicidio liberista). -- La Rtvtsta: Attorno al Vesuvio (L'opera degli uomini) - D.r N. Colajanni: Le condizioni del Mezzogiorno e delle Marche (Ad Angelo Ce/li e Domenico Valeri)- Dott. Alfeo Biassoli-Ottaviani: Il progetto della nuova -rrocedura penale - F. Pietropaolo: La Legge della separazione delle· Chiese e dello Stato in Francia - ltivi~ta delle IUvlste: Progetti Commerciali tedesco-rumeni (Deutschland) - Sullo sviluppo della plutocrazia in America (The arena) - Le colonie e le popolazioni indigene (Rivista italiana di sociologia) - Il problema di uno sbarco tedesco in Inghilterra (Die Gegenuart - Le pensioni operaie in Francia (Economista d'Italia) - Le istituzioni di beneficenza per gli operai delle ferrovie prussiane -assiane nel r 904 ( Archiv fùr Ei-· senbahnwesen) - Il millennio del partito del lavorio (Review of Reviews far Australasia) - Ciò che rendono le ferrovie dello Stato in Prus.sia (Le Courrier Européen) - Il valore ammonitore della monarchia (Review of Review). GLI ftVVENIJvlENTI e GLI UOMINI A :NCILA NO A Milano si è aperta una esposizione nazionale che per tal uni rami è internazionale. Nessun' altra città in Italia può e sa fare meglio di Milano per queste solenni rassegne dei progressi del lavoro e della civiltà, che riescono sempre a stringer~ nuovi legami tra gli uomini ed a cementarne la solidarietà. La RIVISTA consacrerà molte delle sue pagine in ogni numero per descrivere questa esposizione. Essa oggi si limita a mandare il suo saluto affettuoso e reverente a Milano operosa e democratica; a Milano che per i suoi grandi pregi ed anche pei suoi difetti rappresenta la città più moderna dell'Italia, il centro più importante della vita economica , intellettuale, politica, e la vera CAPITALE MORALE dell'Italia nuova! ♦ Callmera l -Ancora un conflitto tra lavoratori e forza pubblica nel mezzogiorno. E' il tredicesimo in breve tempo nella provincia di Lecce ... Come e perchè si ripetano con tanta frequenza nel mezzogiorno in questo stesso numero viene dimostrato coli' ampia e documentata esposizione delle diverse, profondamente diverse, condizioni del mezzogiorno e del settentrione d' Halia. Nè ripeteremo ciò che abbiamo detto le tante volte sul doloroso argomento. Molte delle cose qui esposte l' on. Colajanni ha npetuto in una lettera ad Enrico Ferri pubblicata nel1' A vanti I del giorno 22; ci limitiamo a rispondere ad una obiezione del direttore del giornale socialista. Alla osservazione fattagli sui frutti amari che ha dato e continuerà a dare la propaganda socialista. nel mezzogiorno Enrico Ferri contrappone quest' altra: « Quando Colajanai dice che la propaganda socialista « nell' Italia meridionale non può, per quelle condizioni « disgraziate, dare buoni frutti, gli ricordo che queste « condizioni, d' ineducazione politica delle masse, c' ec. rano, più o meno, anche nell'Alta Italia quindici o « venti anni fa, ed anche allora la prima propaganda « socialista diede qualche frutto acerbo; ma poi essa ha « educato e disciplinato i lavoratori ed anche ... i pro- « prietari ed anche i... pubblici funzionari. Lo stesso « avverrà per l'Italia meridionale >. Ecco q uà : noi memori delle par0le pronunziate da Ferri nel 1904 credevamo che egli conoscesse pienamente le differenze tra il settentrione e il mezzogiorno. Ma di fronte alla sua risposta dobbiamo concludere: o che egli non le conoscesse allora o che le abbia dimenticate. L' articolo del nostro Direttore che pubblichiamo in questo stesso numero servirà a richìamargliele alla memoria o a fargliele apprendere. Ci sembra pure che ponga una comparazione assai erronea tra le risultanze della prima propaganda socialista nel settentrione e quelle attuali nel mezzogiorno. Noi non ricordiamo alcuna serie di episodi simili a quelli che in Sicilia e nel mezzogiorno si ripetono da alcuni anni in qua e saremo grati a Ferri se ce li apprenderà. Rammentiamo che ci furono molti processi - tra i quali celebre quello di Venezia, l'altro di Bologna contro A. Costa e C.inei qnali il torto era tutto tutto da parte delle autorità e della servile magistratura che volevano, tornando ai tempi -dei Borboni e degli Austriaci impedire qualunque legittima manifestazione d'idee e qualunque pacifica propaganda; e nel settentrione , senza che si avessero a deplorare gli episodi sanguinosi e dolorosi del leccese e di altrove, si ebbe la cosa·più scellerata compiuta del governo in prò dei proprietari e dal capitalismo : i soldati che mungevano le vacche o mie-
198 R I V I S T A P O P O L A RE tevano i cereali in concorrenza coi lavoratori in isciopero. Se siamo m errore speriamo che l' amico Ferri c1 · corregga. Calimera ha dato luogo alla solita efflorescenza di proposte per impedire la ripetizione dei conflitti, che sono sempre gli stessi nelle cause e nelle manifestazioni episodiche. Si è proposto lo sciopero generale; la dimisHione dei deputati socialisti ; la pubblicazione dei nomi dei soldati che sparano ... Ci fermiamo a questa ultima proposta, che prendiamo colle molle e la mettiamo in archivio. Nessuno, però, ha proposto la gogna per tanti propagandisti senza fede e senza coscienza, che eccitano, si nascondono e rispnntano a data ora per deplorare, per versare lagrime di coccodrilli e per sputare sen tenze sui frutti dati ... dalle loro seminagioni. Siamo di accordo con Ferri che le autorità pOlitiche italiane non brillano pel loro tatto e per la loro prudenza ; conveniamo che non si debbano incoraggiare colla impunità, se non col premio, quando essi hanno male operato; ma per punirle si dovrebbe assodarne Je responsabilità. Oiò dovrebbe fare la magistratura in tutti i suoi gradi ; e quale essa è, specialmente nei Tribunali e nelle Corti di Appello, non ci autorizza a sperare che essa faccia opera di giustizia e di civiltà. Ohe valse Ja fiera ed onesta requisitoria del Procuratore del Re Candela di Trapani contro il Brigadiere dei Carabinieri che era responsabile chiaramente, in-· discutibilmente dell'eccidio di Castelluzzo, se la Procura generale di Palermo ne volle l' assoluzione e la Sezione di accusa con servilismo abbietto la conces8e? Il caso di Castelluzzo è tipico, perchè ivi i fatti si svoi'sero in guisa che non erano possibili i dubbi suJle responsasabilità dell'autorità. Da questo lato, adunque, nulla c'è da sperare. Ciò che preme è la cura causale : diminuire la miseria, combattere l' aualfabetismo, educare le masse del mezzogiorno. E non possono educarle tanti proJJagandisti improvvisati del socialismo, che spesso· non hanno nè la fede degli apostoli , nè il coraggio dei martiri, nè la onestà dei buoni cittadini. Sappiamo benissimo che ce .oe sono, e non pochi, ottimi ed ammirevoli anche nel mezzogiorno e in Sicilia : essi servono ·a confermarci la diffidenza contro i primi, poichè ci risulta che dovunque ci sono questi propagandisti buoni si evitano i tristi conflitti, di c11i spesso dobbiamo 1)ccuparci. E chiudiamo queste nostre coni:-iderazioni rilevando con nostra grande soddisfazione che Ferri Sllll'Avanti! e Turati nella Critica sociale hauno pnbblicato degli articoli sulle condizioni. dei lavoratori italiani e dei socialisti dei giudizi altrettanto e forse più severi dei nostri. Noi fummo denunziati quasi come reazionari e svillaneggiati da molti rivoluzionari da pochade perchè prima degli altri proclamammo la verità; oggi gli accusatori chinano il capo perchè le staffilate vengono dai loro idoli di una volta. Il tempo ei ha reso una parte di giusti zia; ce la renderà complet,a quando gli Htessi Ferri e Tnrati bolleranno come meritano i professionisti df l disordine del mezzogiorno. ♦ Le convenzioni marittime. - A q nest' ora :wrebbero dovute già essere state votate perchè l' articolo 15 della legge 16 maggio 1901 faceva obbligo al governo di presentare al Parlamento entro il 1903 il relativo disegno di legge; ma oramai siamo al punto che non ci Rarà tempo a discuterle nemmeno entro il 1906; e le convenzioni C(11la Navigazione Generale Italiana scadono nel 1908 ! Colle convenzioni marittime si ripete ora ciò che si deplorò uel 1893 e ciò che si verificò nello scorso anno colle conven7,ioni ferroviarie : non si è provveduto in tempo. Si capisce che questi contratti discussi e coneh iusi all'ultima ora danno modo ad uno dei contraenti d'imporre i snoi patti leonini, perchè non s'improvvisa una Hotta nè in 15 giorni nè in due anni. Così si elimina ogni possibilità di concorrenza. In vista di qneste deplorevoli circostanze· il Senatore Erasmo Piaggio, che conosce assai bene i dati e l'importanza del problema propone una proroga di tre anni delle attuali conven;,,ioni 8u queste basi : 1 ° Determinatr, d'accord 1J fra Governo e assuntori, le spese di egercizio delle singole lince, e calcolato presuntivamente l'ammontare dei noli di ciascuna linea, la sovvenzione da corrispondersi nei primi tre anni di esercizio sarà provvisoriamente stabilita in misura eguale alla eccedenza delle Rpese in confronto dei noli. 2° Il complesso delle sovvenzioni provvisorie stabilite come sopra dovrà essere inferiore alla spesa massima che il Governo è diRposto a incontrare per i nuovi servizi m:-'lrittimi. Se, in conseguenza di ciò, non fosse possibile, sin dal primo anno, iniziare l'e::;ercizio di tutte le linee, converrà rin11nziare a quelle riconosciute meno utili, salvo a provvedervi q1iando la esperienza abbia dimostrato essere 811fficiE;ntii fonrli disponibili. 3° I maggiori noli realizzati annualmente in coufronto di quelli pres11nti saranno, uei µrimi tre anni, accreditati allo Stato, il quale per converso reintegrerà la somma dei noli eventualmente accertati in meno. 4° Trascorsi tre anni dall'inizio dei servizi, la sovvenzione sarà definitivamente determinata sulla media dei noli conseguiti nel triennio e con~olidata cosi per tutta. la durata residuale del coutratt0. 5° Verificandosi una eccedenza di prodotti in confronto della media suddetta, essa sarà destinata per metà alla costituzione di 11nfondo, che lo ~tato potrà erogare in eventuali riduzioni di tariffe, in conce:-::-io11i speciali al personale, o, volendo, nella istituzione di nuove linee. L'altra metà rimarrà agli assuntori (1). Giustamente il senatore Pi aggio nelle nuove con veu zioni vorrebbe che lo Stato esercitasse una maggiore ingerenza nella <lisciplina delle tariffe, che attuai men te, nella sostanza sono abbandonate alla buona grazia della Compagnia per disgrazia del Commercio. Se però lo Stato dovrà rimborsare le Cnmpagnie di ogni menoma modificazione, pel primo sarà un pericolo. Non e' è parola in questa lucida memoria del Senatore Pi aggio sulla sorte del personale , che venne in· degnamente turlupinato dalla Navigazione generale colla complicità del Governo. Nel 1893 in seguito alle vive iusii:;tenze dtl deputato Culajanni e di quakbe altro ali' ultim'l ora, per- evitare che le Convenzioni venissero resrintt'l . il Ministro del Tempo on. Finoc · chiaro.Aprile , presentò una lettera del Comm. Florio colla quale s'impegnava a provvedere all'asdÌ<.rnrazione del perdonale. Il ministro, eh' è un giurista , asdicurò cue quella lettera era un articolo addizionale che aveva valore C(·ntrattuale. In fatto re:;tò 1m pezzo di carta sporca : il contratto sta per terminare e di assicura· zione del personale 110n se ne pctrla più. Speriamo che il gi 1oco indegno non 8i ripeta. ♦ I malumori della Germania. - I lettori d1e non trn:;curano la rubrica Rivista delle 1'iviste vi avrn11no letto due articoli d, un giovane e valoroso sociali::;ta tedesco, Roberto Michels, tratti l'uno della Riforma sociale e l' altro dal Mouvement socialiste. Entrambi danno la psicologia militarista tedesca e dovi ebbero servire di ammonimento ai socialisti italiani o fra,ncesi1 che per combattere una cosa intesta, il militarismo, ne attaccano una che dovrebbe essere sacra anche pe1 proletariato, la patria. I socialisti italiani e francesi in questo momento sopratutto dovrebbero tener (I) Lo Stato e le Co,-ivenzioniMarùtime. Roma. (asa Edi trice Italiana, 1906.
RIVISTA POPOLARE 199 conto dell'avvertimento che viene loro dal compagno tedesco ; il quale dice chiaro e onestamente : il grande partito della democrazia sociale in Germania non è contrario alla patria e anzi se una guerra ingiusta venisse intrapresa dall'Imperatore Guglielmo esso non è disposto a seguire la tattica antimilitarista e a ricorrere allo sciopero generale che dovrebbe impedire la guerra. Me110che mai la Germania socialista sembra pronta ad imi tare l' esempio di Ledru-Rollin e dei democratici e sociali::;ti francesi , che nel 1849 ricor!'lero alle armi per tentare d'impedire la spedizione di Napoleone Bonaparte che preludeva all'assassinio della. repubblica in Francia assassinando la repubblica a Roma. I socialisti italiani e francesi, quindi, devono pensare che se essi continuassero con isperanza di fortuna nella tattica antimilitarista reuderebbei·o fac-ile l'assassinio delle rispettive patrie per opera della Germania e col concorso, benchè passivo dei socialisti tedeschi. Esageriamo un pericolo appena appena possibile? Vaneggiamo forse? Bisogna non conoscere la mentalità di Guglielmo 2.0 , della borghesia e dei Junker della Germania per non avvertire il pericolo grave di guerra che si va preparando. Se I' imperiale Tartarin si decise alla calata di '1.1angeri, clie doveva coprirlo di ridicolo e procurare all'Impero il maggiore insucesso diplomatico che si ricordi , egli è che la sua intenzione era ben ferma di prendere a pretesto il Marocco per aprirsi l'entrata nel Mediterraneo e per venire alla guerra contro la Francia e contro l'Inghilterra. Il contegno onesto del!' Italia sventò la scellerata trama e la8ciò sole, solette. Ja GermaJiia e l'Austria contro il resto del mondo civile. Guglielmo 2.0 s'è legata al dito la graQde umiliazione subita e dev'essere furilJondo per la perduta occasione di potersi riaffermare l'Imperatore degli Unni, quale si era annunziato ai suoi soldati che partivano per la Cina. Il malumore del popolo tedesco, e non del solo suo Imperatore, pel contegno del nostro ambasciatore ad Algesiras venne da noi rilevato nel N.0 del 31 marzo dove esaminammo se eravamo ,già alla fine della Triplice, che pur da recente ufficialmente dev'essere stata rinnovata. Un telegramma di Guglielmo 2.0 al Cancelliere austriaco Golncbowski e la condotta villana e antiumana verso l'Italia nell'ora di dolore e di tristezza, eh' essa ha attraversato per la catashofe vei;uviana sono venuti in buono o mal punto a dare forma sgarbatamente ufficiale al malumore teàesco. Nel telegramma a Goluchowsky l'Imperatore rendeva atti di grazia all'Austria pel fermissimo appoggio prestato ai delegati tedeschi e pe1· la buona ope1·a di fedele alleato. La punta centro l'Italia messa naturalmente nei ringrazia men ti non poteva essere più intenzionalmente chiara. La sua promessa di ricambiare gli stessi servigi alla fedele alleata in caso analogo, che chiude il suddetto telogramma, forse ci riguarda più direttamente. L'Austria, infatti, si prepara ad una politica più at ti va cioè più brigantesca , nei Balcani; ciò che nelle sfere diplomatiche verrebbe interpretata cvme una grave provocazione alla Russia e all'Italia che non vuol veder divenire l'Adriatico un lago austriaco. Questo telegramma a Golnchowski acquista maggiore valore pei commenti aspri della stampa ufficiosa tedesca ( Taegliche Rll,ndscau Post) ed anche di quella indipendente (F1·ankfm·ter Zeit1.1,ng); la liberale Vossische Zeitung parla sinanco della co:,cienza sporca dell'Italia ... Il malanimo dell'Imperatore nella forma più villana verso l'Italia si è p1:1lesatonel silenzio sulla sventura che ha colpito Napoli, dove pure egli ha avuto tante foste indecenteruente entusiastiche. Al silenzio suo non r;ouo compenso adeg11ato le condoglianze glaciali fatte tardivamente dall'amba::iciatore tedesco al nostro governo ; silenzio e ufficialismo glaciale, che sono stati messi in brutta luce ancora di più dal ·pensiero gentile della Repubblica francese, che ha voluto più direttamente fare atto di solidarietà umana e manifestare le sue vi ve simpatie pel nostro paese mandando un apposita squadra nel golfo di Napoli. La villania premeditata dell'Imperatore di Germania viene aaaravata dal linauao-aio cinico e svergognato ~o n nn di alcuni giornali tedeschi, che si sono quasi rallegrati del disastro vesuviano , nel quale forse hanno visto l'effetto del dito di Dio, che si è reso vindice dell'ira imperiale. E tale villanìa ba suscitato una profonda e genera.le indignazione in Italia, di cni si ha un indice appena appena adeguato nelìo sdegnoso linguaggio della stampa tutta e particolarmente di quella di Roma. Non sono più i socialisti e i repubblicani a levarsi cnntro il Sire della Sprea ; ma sono i monarchici di ogni gradazio11e , che abbandonano il riserbo abit'uale e ricordano alla Germania, che l'Italia non ha il dovere d' incoraggiare gli scellerati propositi guerreschi del suo Imperatore; eh' essa è sua alleata e non vassalla ; che ha degli interesHi propri nel Mediterraneo che deve e può garantin• anche senza venir meno agli obblighi della Triplice. Ciò hanno detto in forma più o meno vibrata Rastignac nella 'lribuna , De Felice nel Domani, ~l Bf!,- raceno nella Vita. Q11est'ultimo con quella fine iroma che sa maneggiarP- rnae8trevolmente ha ricordato che e nella politica estera come nell'interna non ha e non può avere al tra cura che questa: difendere il proprio diritto all'esistenza. ~ e E di questa cura non ci verrà certo rimprovero dalla Germania, poichè nessuno Stato quanto la potente e fedele alleata nostra , si è mai mostrato più vigile custode degli affari suoi. A lei , per la grai:- dezza , il diritto d'occuparsi di tutto il mondo: n01, con modesta fermezza, ci riserbiamo di pensare alle terre e ai mari nostri. E' questo il solo nostro dovere, l'unico scopo , che gli alleati non penseranno certamente di negarci. E però, con o senza carte da visita, nulla ha turbato la nostra amicizia e nulla deve turbare la loro. > Nello interesse dei principi democratici noi dovremmo i ncondiziouatamente rallegrarci di questi malumori che avvicineranno sempre più l'Italia alle nazioni che m Europa rappresentano meglio il regime di libertà; ma noi temiamo forte che il distacco brusco del nostro paese dalla Tri pi ice renderà più tesi ~ no~tri rappor~i coll'Austria e che le imprudenze degh um e le meditate provocazioni degli altri possano condurre a~ un conflitto, in cui la democrazia, comunque quello fimsca, non ha proprio niente da guada~nare._ . Se questa malaugurata occas10ne s1 presentasse s1 può essere sicuri che l'Imperatore degli Unni contraccambierà al l'Imperatore degli impicca ti i se1·vigi ricevn ti ad Algesiras. Queste le nostre preoccupazioni; che non sono nemmeno diminuite dopo le rassicuranti dichiarazioni del ministro Guicciardini in Senato ; dichiarazioni, che hanno riaffermato la solidità della Triplice e che hanno trovato lieta accoglienza in Germania. Ohi non sa. che in diplomazia la parola serve per nascondere la verità? Il oaso Fortezza - Dal Prof. Bruno, a sua giustificazione riceviamo una lettera cbe pubblichiamo quasi integralmente, per debito d' imparzialità e per un riguardo personale. Ecco la lettera: « La importanza del periodico da Lei diretto , La Rivista Popolare, m'impone di rispondere all'articolo sul caso Fm·tezza , pn bblicato nel n. 0 3 del corrente anno, con lo scopo µreci puo di rettificare, in omaggio alla verità, alcuni datti di fatto, i quali da soli bastano a distr,1ggere taluni apprezzamenti. Mi spinge benanche il dovere di salvagnardare il decoro della __;; ···~--
. 200 RIVISTA POPOLARE Scuola, che ho l'onore di dirigere, anche contro infonda te accuse. e Mi risparmio d'jl]ustrare i limiti dello imperio di un Assessore preposto temporaneamente ad un ufficio qualsiasi, per quanto vi rappresenti il Sindaco: nè tampoco mi fermo a dire dei rapporti tra un Assessore ect un Capo d'ufficio stabile quanto anziano. Obbietto soltanto che nelle grandi Amministrazioni Comunali, come in quella di Napoli è molto elevato lo spiritò che anima quei delegati elettivi, nelle fumioni amministrative loro affidate, quanto altrettanto è elevato lo spirito, al quale un funzionario che si rispetta, ispira i propri adempimenti. e E' superfluo far l'applicazione di questi concetti alla mia carriera ed alla mia posizione nel Comnne di Napoli, ove da 17 anni sono fuori pianta organica, in missione d'Ispettore Capo alle opere di Risanamento e Fo~natura col consenso del Governo, e Il cav. Fortezza intanto fu per qualche mese soltanto, ed in supplenza, delegato alle opere di Risanamento al 1899. Venuto al caso strepitoso è pur morale atto depennare il paragone con il caso Straticò, ben diverse essendo persone, cose e moventi! e I fatti, nel caso Fortezza, andarono nel seguente modo: Al 1903 il sig. Fortezza chiese al Ministero il diploma di a1·chitetto e la Giunta Superiore di Belle Arti, cui fu sottoposta la domanda stessa, dette parere fàvorevole; giudicando sui titoli, tra cui quello di professore di disegno architettonico. « Il Consiglio della Scuola di Napon, cui la domanda ed il parere suddetto furono trasmessi, insieme ai. titoli, dopo esame particola-reggiato fatto da apposita. Commissione , opinò che, nonostante H parere della Giunta superiore suddetta , il t?-entenna1·io esercizio professionale ed i titoli relativi, sarebbe stato conveniente far procedere il richiedente ad una pruova generale di esame. e Quel voto fu trasmesso al Ministero, il quale lo approvò senz'altro ed autorizzò l'esame; ma la Direzione della Scuola non si affrettò a riunire avanti tempo la Commissione. < Nelle more fu sollevato ricorso dal Collegio degli Ingegneri di Napoli contro la data disposizione. Il ricorso fu esaminato dal Consiglio Superiore di Pubblica Istruzione, al quale il Ministro demandò anche la questione legale sulla chiesta abilitazione. Dopo tali istruttorie, il Ministro, togliendo ogni sospensiva, autorizzò la Scuola a far procedere alla pruova di laurea nel settembre ultimo scorso. Ma la Direzione della Scuola aspettò, per dar corso alla pratica, che si riunisse la Commissione generale di laurea annuale. e Era per finire il periodo dell'esame, quando, per ulteriori ricorsi del Collegio degl' Ingegneri, si soprassedette di nuovo; e di poi, in seguito a tassative disposizioni, la Scuola fu autorizzata ad espletare l'esame, al che fu otte!Ilperato. < Il caso di cui parlasi è uno dei tanti verificatisi per consuetudine, saltuaria sì, ma non mai smentita, la cui ripresa è stata sempre d' iniziativa del Ministero di .Pubblica Istruzione. Mai più questa scuola, o altra che io mi sappia, ha preso la iniziativa di proporre la concessione di una laura ad hono1·em o pe1· equipollenza di titoli. Partì sempre dal Ministero lo invito al giudizio di singole domande, e molte volte la iniziativa del Ministero è stata accompagnata da un giudizio preventivo emesso da una Facoltà e da una Giunta Snperiore, come nel caso Fortezza e d: altri. Nel fatto speciale, come dianzi è ricordato, questa Scuola usò il rigore di non accettare pienamente il giudizio della Giunta Superiore di Belle Arti, proponendo al Ministero che potesse quel giudizio essere comprovato dallo esame generale, che nel caso speciale dell' invocato diploma di architetto, era ben appropriato, poichè di certo consistente m un progetto architettonico. « Si noti che nei concorsi a titoli per Ja nomina di professori, il regolamento stabilisce cLe, in casi dnbbi o d'insufficienza di titoli, la Commissione giudicatrice ha la facoltà di chiedere la prova scritta , grafica o sperimentale. « Perchè adunque, si vuol ora basare la critica sulla proposta prnova di esame generale , quando Ja stessa rappresenta una esigenza maggiore e diretta , per accedere ad un ponderato gindizio? E la simiglianza ora ricordata è molto più calzante di qnello che si fa ai tanti esami speciali, dalla scuola di matnrità , in su ; poichè, è ovvio che ad un vecchio esercente, che abbia varcato molti lustri di maturità, non si possono chiedere quelle singole pruove. e Se si ammettesse per nn momento (a pa,~te la legalità) la equipollenza di titoli, è pur mestieri ammettere che non si. può tener conto delle pruove d' esami singoli. « Ad ogni modo, è evidente c4e nel caso speciale fo ben severa la proposta fatta dal Consiglio di questa Sènola, che le Autorita superiori del Ministero approvarono ripetutamente. e In quanto alla legalità o meno del procedimento consuetudinario tenuto dal Ministero in qnesto, come in molti altri casi, non mi compete di discutere, nè sarebbe oppo.rtuno il momento. e Se non che è giusto aggiungere che tale consuetudine è stata autorizzata ed usata, come si è premesso, in tutte le Scuole d' ingegneri. e di recente (al 1903) presso la Scuola di Roma per due laureati in ingegneria civile. E si noti che in questa Scuola su 26 domande perven11te dal Ministero nel decennio ultimo, soltanto tre trovarono l' accessit: per l'illustre quando rimpianto Alfredo Cottran, pel quale il Ministero emise un decreto ; per l' architetto Marchesi pel quale fu intesa prima la Giunta Superiore di Belle Arti , ed il Ministro non credette necessario alcun decreto, e per il caso ultimo che ba levato tanto rumore, quasi si trattasse di espugnare Porto Arthur. « Accolga, on. Professore, coi sensi del mio verace attaccamento, i ringraziamenti per la pubblicazione di questa necessaria risposta. devotissimo lNG. PROF. GAETANO BBUNO Ed ora brevi eommen ti : Il miglior commento alla lettera del Prof. Bruno s può fare ricordando il parere, che in seguito a richiesta del Ministro della P. I., ha emesso il Consiglio di Stato in merito al famoso caso Fortezza. Il detto Consesso ha dichiarato illegale assolutamente e quindi nullo tutto quanto si è fatto, tanto dal Ministro della P. I. quanto dalla Scuola d'Applicazione degl' Ingegne i _di Napoli, per laureare Fortezza. Cadono perciò sotto la censura della illegalità le difese del Prof. Brn no. Consentiamo che il caso Straticò sia stato diverso dal caso F01·tezza, ma la diversità. sta a tutto danno del secondo; perchè pel primo si trattava di ammettere nella Scuola Vete6naria un giovane sprovvisto della Licenza Liceale, mentre per il secondo si è fatta astrazione non solo dalla licenza medesima ma anche dall'obbligo di iscriversi e sostenere i relativi esami nei 6 anni di corso. ·Lo Straticò in seguito a proteste dei giovani della Scuola Veterinaria ed alle dimiRsioni del Direttore della Scuola stessa Prof. Paladini, fu obbligato a sostenere gli esami di licenza e quindi ottenne l'iscrizione richiesta. Il Prof. Paladini difese energicamente il prestigio della Scuola Veterinaria ; non poteva fare altrettanto il Prof. Bruno. al quale, ed oramai non v' ha dubbio, non doveva sfoggire l'illegalità che si volle commettere a vantaggio di persona tanto strenuamente sosti-
RIVISTA POPOLARE 201 nuto da alcuni professori della scuola al di fuori del sereno ambiente di un istituto Superiore d'istruzione? L' adJurre a giustificazione che ci sono precedenti analoa-hi al caso Fortezza non diminuisce di una linea "' la illegalità sua. Tanto meglio se oggi c'è stato il richiamo alla legge. Meglio tardi che mai! Potremmo divertirci a commentare in ultimo la difesa tentata dei delegati elettivi in genere dell'ammini:strazione di Napoli ; preferiamo rinviarlo all' inchiesta Saredo. ♦ &tlllicldio liberista. - Per assoluta mancanza di spazio siamo costretti a rinviare ad un altro numero una risposta al signor Edoardo Giretti. NOI ATTORNAOL VESUVIO (L'operadegliuomini) Nel numèro precedente la Rivista s' iutrattenne della crudeltà della natura contro ii mezzogiorno; oggi, più proficuamente forse, vogliamo dire della opera degli uomini nel mezzogiorno.· Circoscrivendo lè nostre osservazioni alla catastrofe vesuviana ci si potrebbe osservare che a torto generalizziamo e che dovremmo limitarci a dire dell' opera degli uomini della provincia di Napoli o nella zona che circonda il vulcano malefico. Ma, pur troppo, dalla conoscenza che abbiamo del resto degli uomini del Sud e da ciò che si apprese <lal disastro recentissimo delle Calabrie, siamo indotti a generalizzare e non abbiamo molta speranza di essere colti in errorre. Diremo cose ingrate e che solleveranno sdegni e malumori contro di noi? E che ce ne importa! Non è la prima e non sarà l'ultima volta che affrontiamo l'impopolarità pur di compiere quello che ci sembra nostro dovere ; e a noi , che del mezzogiorno siamo stati e siamo assidui difensorie lo fummo quando gli altri dormivano come ghiri e ci vituperavano come nemici dell'unità della patria perchè lo difenda vamo con ardore - ci sembra che incomba maggiormenre il compito di compierlo. Saremo brevi; e chiari. Pa la maggiore chiarezza preannunziamo la conclusione formulandola in questi termini: se la natura si mostr:i crudele contro il mezzogiorno, gli uomini che lo abitano ci mettono dell' impeg::.o a dimostrare che sono meritevoli di quella crudeltà. La catastrofe vesuviana ha data occasione ad uomini generosi di ogni parte d'Italia, di ogni classe sociale - soldati, funzionari, studenti, operai, deputati, cittadini di ogni età e delle più svariate condizioni -- di spiegare una grande attivitù, mo! ta abnegazione, non poco coraggio. Non lesineremo la lode ai Generali Tarditi e Durelli, ad altri alti ufficiali, che li hanno imitati nello sforzo energico e pietoso di correre in aiuto di tanti sventurati; constatiamo anche che il Duca di Aosta, contro il quale, in ultimo, si appunteranno maggiormente le nostre critiche amare, non si è risparmiato in alcuna guisa nel correre da un punto all' altro dei luoghi devastati; nel pregare, consigliare, comandare perchè fossero prese ed eseguite le misure opportune per diminuire i danni, per evitare incoovenieo ti, p~r soccorrere i derelitti. Certamente a lui non è mancata la buona intenzioue di fare il bene. Ma lo spettacolo, che le masse e non pochi appartenenti alle éLites hanno dato; la rivelazione senza attenuante e senza veli di deficienze morali e l'opera di degradazione e di abbrutimento, che compiono lo stesso Duca di Aosta e la sua illustre consorte in un paese, in cui più è urgente e indispensabile che ve ne sia iniziata e svolta una in un senso diametralmente opposta ci rattrista, ci didisgusta ed anche ci scoraggia. Cominciamo dalle inezie. Quel Prof. Matteucci, invidioso della popolarita di Palmieri, colla sua inutile diarrea telegrafica , che faceva quasi comprendere che lui e il Vesuvio erano tutta una cosa; che si serviva delle bricconate inconscie del vulcano per mettere innanzi il proprio nome e la propria persona ; che dimenticava coloro che erano stati esposti ai pericoli reali o immaginari quanto ed anche più di lui, ha assunto forme ciarlatanesche a scapito della serietà, che si addice agli uomini di scienza. L' inerzia musulmana _degli abitanti che sono state vittime del disastro in generale non poteva esser.e maggiore e più deplorevole: come in Calabria. Mancò l'energia fattiva e predominò un egoismo straordinario: tutto si aspettò dai soldati, anche i lavori pei quali essi sono meno adatti e che più facilmente e più utilmente potrebbero essere fatti dagli interessati; e tutto si pretese dallo Stato. Molti poi d~i provvedimenti, che avrebbero dovuto essere presi dai rappresentanti <lei governo, lentamente arrivano e lentamente si eseguiscono, spesso per deficienza di mezzi, che un comitato di alti funzionari come quello scelto dall' ou. Sonnino, con esclusione brutale nella forma , ma forse non del tutto ingiusta, dell'elemento elettivo della provincia, che ha la coscienza delle proprie responsabilità non dovrebbe somministrare a spizzico ed omeopaticamente. La catastrofe che ha messo io evidenza tante deficienza morali, ha creato e rincrudito molte e grandi miserie materiali. Su queste miserie si è speculato e si specula. Si afferma che ci sia stato un tentativo di speculazione politica come ci fu in Calabria nel 1894 e nel 1905 per la distribuzione dei soccorsi ; ma sembra sicuro, che ci sia stata molta esagerazione ed un poco di calunnia contro i deputati del luogo, che trovò l'addentellato nel convegno e nel!' animata discussione tra Sonnino e i deputati di Napoli. Un:1 speculazione di altro genere, veramente camorristica, fu tentata nella stessa Napoli colle ofierte a forfait di liberare le strade della città dalle cenerè per la piccola somma di L. 500,000; altre piccole e laide speculazioni si fanno sui luoghi, nei quali fu più grande il disastro. Ivi ci si assicura che i soccorsi in natura , distribuiti con relativa generosità, vanno ai meno bisognosi; e che persone agiate riescano ad accumulare quantità considerevoli di pasta, di pane e di altre sostanze alimentari per rivenderle a prezzi esagerati ai bisognosi, ai lavoratori, che per fierezz,1 non chiedono l'elemosina o che chiedendola non vengono ascoltati. Lo stesso criterio si vorrebbe far prevalere nell' aiuto
202 RIVISTA POPOLAR~ di natura più duratura e nei soccorsi da distribuire ai danneggiati. La pane del leone vorrebbero prenderla coloro che sono stati colpiti, anche duramente dal disastro, ma a cui rimane t;'tnto da vivere non solo ma anche da ricostruire la posizione antica con alquanta attività non iscompagnata da qualche sacrifìzio; e costoro esagerano di proposito i danni subiti. Le bricciole si vorrebbero lasciare ai poveri, a coloro che banno tutto perduto - la casa, le masserizie, le provviste - e che non hanno mezzi e speranza di rifarsi. Questa iniquita si e vista in Calabria e non deve ripetersi attorno al Vesuvio. Ma la deficienza più dolorosa e che ha avuto le conseguenze più disastrose si e rivelata colla esplosione colossale di una superstizione degna di popoli selvaggi e che da prova delle condizioni intellettuali bestialmente arretrate, vergognosamente anacronistiche, del1a popolazione della provincia di Napoli. Per potere comprendere ciò che diremo a giustificare la severità del nostro giudizio riportiamoci alle manifestazioni di un secolo fa. Si riferiscono alla eruzione del 17 79. Ecco le parole testuali di Vincenzo Florio, contem poranèo, e che sono state in questa occasione riprodotte nell' Archivio storico napoletano: Il rumore e strepito continuo davano terrore e spavento, giacchè si vedevuno per aria grandini di grosse pietre , globi <li fumo e tempeste di cenere. E talmente alzossi il fuoco che si disseminava per tutta la montagna, che venne a cadere ancora nella cima e IH::llefalde della prossima Somma, detta altrimenti montagna d'oro, che sembrò ancht: qut:sta infuocata. Dalle fiamme alzate circa due miglia in aria, si diffondeva tal lume per la città e contorni, che eguagliava il lume della luna piena 1che allora già risplendeva); se no:1 che il lume suddetto era rosseggiante e spaventoso ... Del popolo, alcuni ricorsero alle orazioni, altri alle processioni di penitenza, tutti, però, titubanti fra la confusione e il timore. La gente della marina corse all'arcivescovato per porla statua del glorioso S. Gennaro a benedire il monte, solito aiuto in tali bisogni, altri ricorsero a S. M. per la licenza. Un tale spettacolo durò per un quarto d'ora circa perchè le fiamme andarono subito a cessare, restando il Vesuvio spaccato e rotto alla cima come un melo granato, ed ambedue le montagne ricoverte da fuoco. La Maestà del Rt: trovavasi al teatro dei Fiorentini, ed avutane notizia, ordinò calarsi il panno al teatro, e si lasciò I'opera imperfetta. Il popolo fece aprire la chiesa di S. Giovanni de' Fiorentini con concorso di numerosa gente, per raccomandarsi alla beata Vergine dei dolori, che ivi venerasi come immagìne molto miracolosa. Da persone che trovavansi a Portici fu assicurato essere stato tale lo spavento, la confusione e l'orrore che se ne concepì che mente e lingua umana non poteva spiegarlo. La ma tt:ria bituminosa ed infocata s' indirizzò per la parte di Bosco - trt:case e , per quanto si disse, fu causa della morte di più persone, oltre la perdita notabile dei territori e delle case. Il re si portò subito al suo palazzo a Posilipo, ordinò a molti cavalieri che incontrò per la strada che si portassero all'arcivescovado e si facesse quello che i 1 popolo voleva per sua devozione; il quale essendosi aperta la chiesa, pregò caldamente il protettore S. Gennaro per la liberaziont: di così ct:rto ed imminente pericolo. Ma, per grazia dd Signore Iddio t: intercessione del glorioso santo, non andò avanti l' inct:ndio, come si dubitava. Nella notte tutti gli abitanti della Torre, Resina, Portici, Ottaiano, Bosco, Somma e luoghi vicini fuggirono per rifugiarsi in Napoli, lasciando tutto in abbandono, badando soltanto a salvarsi la vita. Li religiosi fuggirono da' loro conventi e si rifuggia - rono nei prossimi. Il danno fu generale, ma più di tutti l' intesero gli abitanti di Ottaiano, giacchè tutte le case restarono rotte ed arse, ed altre sepolte dalla cenere e dalle pietre vomitate dal monte, e moltissimi furono quei mist:rabili cht:, coi fardelli delle loro robicciuole sotto le braccia oppure attaccate ai carri e galessi si ricoverarono in Napoli. Sin qui il cronista del 1779. Il quale ci dà no• tizie della superstizione del popolo e del Re. Ebbene a quale spettacolo abbiamo assistito oggi a centoventisetteanni di distanza ? Alle stesse esplosioni di fanatismo e di superstizione con un poco meno di fede e un poco più <lì camorra in Napoli; con un accecamento maggiore nei disgraziati paesi, che stanno alle falde del Vesuvio. A apoli San Gennaro fu invocato, pregato, ed anche vituperato perche tardava a fare il miracolo, e fu portato in processione come nel 1779; e ci furono processioni in tutti i quartieri della città e in tutte le ore - deprimenti e terrorizzanti quelle notturne, con copia di foci che illuminavano i volti di parecchi poveri Cristi e di alquante Madonne in una a quelli di diverse donr:e allampanate e atterrite ed a parecchie facce da galer;1. I quali imponevano la divozione a tutti e racimolavano quattrini, che furono di visi e consumati nelle taverne con accompagnamento di coltellate. Se q u~sto avveniva nella più grande città del Regno d'Italia con disgusto e vergogn,t degl~ ~taliani civili , provocando lo scherno e la dens10ne degli stranieri , si possono immaginare le scene della popolazione dei pic<:oli paesi investiti dall'ira del Vesuvio. Fermiamoci a S. Giuseppe di O ttaiano dove ,lV· venne la maaaiore catastrofe. Ivi il fanatismo religioso era riiogliosissimo prima della eruzione; ivi le scuole ~ono come nel re to del mezzogiorno e mancano gli :isili pei bambini e pei vecchi come nel resto del mezzogiorno ; ivi da alcuni anni s~ sta costruendo una Chiesa co11 grande lusso d1 marmi e colle relative spese: le sole colonne di marmo di Baveno sono costate L. 40,000; ivi, dove aiornali educativi non vedono la luce e forse non penetrano nemmeno, si pubblica una rivista,_ c~me quella che pubblicava Don Bartolo Longo, 10t1tolata La vocedi S. Giuseppe; ivi si porto fuori, faccia a faccia col Vesuvio che se ne rideva, il patron◊ S. Giuseppe e tanti strappi dettero i di voti all~ sue gambe di legno, per commoverlo, che esse s1 distaccarono dal busto ..... Sin qui si puo sorridere; ma alla farsa segue la gran traaedia. C' era , in atte a della 11uova , una sgangher~1ta e vecchia Chiesa dedicata a S. Giuseppe; si fece credere al popolc che il patrono era tanto miracoloso che non l' avrebbe fatta crollare; ivi, invitati dal ministro del culto si raccolsero donne, uomini, vecchi e fanciulli. Ma il miracolo sopraggiunse e non quale invocato e aspettato; il tetto della fragile Chiesa crollo sopra circa 200 persone, 105 delle quali vi lasciarono la vita .... Il p,1rroco scampo e dopo 7 giorni dell'immane disastro non era ancora tornato tra le pecorelle rimaste vive .... Fu questa la maggiore perdita in vite umane! Rinunziamo ai commenti e ci asteniamo anche dal riprodurre le severe critiche che una temperatissima rivista, Lo Spettatore (15 aprile), ha rivolto al Cardinale Prisco Arcivescovo di apoli pel suo contegno passivamente colpevole di fronte alla marmaglia fanatizzata che volle in istrada S. Gennaro. Ma affinche non si cred:1, che, noi rileviamo tutto ciò per ispirito antireligioso vogliamo ricordare un altro caso, che prova come anche la superstizione da uomini di mente e di cuore possa
RIVlSTA POPOLARE 203 essere- sfruttata a fìne di bene e per salv;ire vite umane. Un :dtro mostro, più gig:rntesco dd Vesuvio, l' Etna, vomitava lave roventi; Nicolosi, un grosso paese era minacciato d' in_vasi~ne imminente; gli abitanti non sapevano dec1ders1 ad abbandonarla e non as~oltavano consigli e preghiere di coloro che prevedevano imminente il disastro, che sarebbe costata la vita a migliai:1 di persone. Ma c' era sul luogo un altro porpoc1to, il Cardinale Dusmet, arcivescovo di Catania. Egli allora per decidere gli abitanti religiosissimi ad abbandonare iJ luogo si valsi:! Jella religione ed ordinò che i S:mti ed il Santissimo uscissero fuori dall'abitato. Gli uomini abbandonati dalle divinid non esitarono a seguirle .... Tra il 1779 e il 1906 s1 e visto che c' è stato un peggioramento nelìa esplosione di malefic:t e degradante superstizione ; tra il 1779 e il 1906 ci è un secolo di progressi sciètitifìci, di pr0gresso intellettuale, di diffusione ddlc civiltà; tra il 1779 e il 1906 infine c'è stata l'entrata di Garibaldi e di Vittorio En1111anuele 2° in Napoli e il trionfo di una rivoluzione, che doveva iniziare una vita nuova e riparare l'azione moralmente devastatrice di tanti secoli di tirannide e del malgoverno Borbonico. Che cosa ha fatto questo preteso governo riparatore in quarantacinque anni per elevare intellettu;ilmente e moralmente queste popolnioni? Nulla, proprio null:1 di vvluto e di cosciente; se qualche passo inn:ìl1zi si è fatto è stato per cause che hanno agito automaticamente: strade, giornali; servizio militare, viaggi dal Nord al Sud e viceversa ... Sotto qualche aspetto si puo atfermare che vi sia stato peggior;1mento : i Borboni , ad esempio, di fronte al P:1.pa ebbero sempre un contegno più fiero dei Sabaudi. nel 1815, ritornato dalla Sardegna in Piemonte, ordinò che cerimoniale, cariche, usi, fu11zioni e funzionari ritornassero com'erano prima del .1789.... Allora si tornò indietro di 24 :umi ; oggi di 47 anni ! Al Gaudenzi che portò nella Camera l' aflare èlell'assistenza del Duca al miracolo di S. Gennaro si .rispose eh' era incivile ed illiberale il sindacare un uomo per le sue opinioni religiose, il negare ad un alto personaggio ciò che 1w11 si nega ad un qualsiasi cittadino. La risposta fu balorda. Se il Duca di Aosta vuole essere considerato come qualsiasi altro cittadino del Regno esca dai Palazzi reali, che sono di proprietà della Nazione; rinunzi al grado di comandante del X corpo di armata, che gli dà tanto prestigio e che ne fa un alto funzionario dello Stato. Torni cittadino privato e noi· ne rispetttremo le. convinzioni, ne ammireremo lo spirito di carità e non saremo costretto a biasimare chi vorremmo incondizionatamente lod,ue per l'attività, per l'abnegazione e per la filantropia spiegata nel1' occasione del disastro vesuviano. Francamente un generale che va io Chiesa per aspettare in ginocchio il miracolo di S. Gennaro potrà essere un bravo generale del Papa ; ma non potrà mai ess~re un generale dell'esercito italiano, che ieri combattè e domani potd tornare a combattere contro gli amici e gli alleati del Papa. La Rivista Una breve nota. Un membro del Consiglio Comunale di Napoli ha proposto che venisse murata una lapide a perenne ricordo dell' opera del Duca di Aosta. Eugenio Guarino, il segretario della Borsa del Lavoro l' ha fatto immediatamente seguire da quest' altra, che può sembrare una caricatura della prima, ma che ha un fondo di giustizia : venga innalzato un monumento a: pompieri che in occasione del disastro vesuviano hanno messo in cimento ia vita propria per salvare quella degli altri. Benissimo! A Napoii più che nel resto del continente meridionale era necessaria un' azione energica ed educatrice per elevare le masse superstiziose , per - rin vigori re I a borghesi a fiacca , per seppellire un a ================================= aristocrazia degenerata. Nulla o poco di bene si fece pel passato in tale direzione; molto di male si fa da un anno in qua da un alto rappresentante del1'ltalia nuova. Noi preghiamo i lettori di ricordare ciò che abbiamo scritto altra volta a proposito della devota assistenz:1 del Duca e della Duchessa di Aosta al miracolo di S. Gennaro. Oggi si è potuto vedere che b nostra protesta era giustificata ed opportuna. E' enorme, è incalcolabiie l'azione che esercit:l lo spettacolo di un altissimo person:1ggio che ostenta solennemente la propria credenza nelle più sciocche superstizioni; si ricordi ciò che Bagehot e Spencer hanno scritto sulb gener:tle tendenza degli inferiori a modellare le proprie convinzioni e la propria azione su quelle dei superiori. Si aflerma che la Duchessa sia caritatevole ; è così e b lodiamo. Ma essa per un poco di pane che somministra allo stom.aco dei poveri dù all'anima loro una buona dose di veleno facendosi accompagn;1re sempre da qualche monaca, a preferenza Crancese ; ma essa ha rimesso io uso forme e salamelecchi degradanti , che bellamente furono stigmatizzate da Monicelli nell'articolo sulla zarnpa leccata. A conti fatti il Duca e la Duchessa di Aosta imita110 quel povero scimunito di Carlo Felice che Si è pubblz'cata la 2.a .Jj/dz'zz'onedell'opera del nostro Direttore: Latini e 1\nglo=sassoni (Razzeinferiori e Razzesuperiori) Pi'ù che una seconda edizione, l'opera può dirsi interamente rifatta ed aumentata di parecchi' capitoli'. L'elegante e grosso volume di 500 pagine, in ottavo, si: vende presso ta nostra A·m'lnz·- ni'strazione a Lire 6. Gli' abbbonati· i·n regola coi paga1ne7J,tz~ possono avere l'opera per L. 2, 75 z·n brochure e per L. 4, 75 rz'legata elegantmnente i·n tela ed oro. Per gli" abbona# dell'Estero ai· detti prezzi vanno a_qgz'unti·ceni. 75 per le spese postalt'. A semplice rz'chiesta l' Ammi'ni'strazz'onc spedisce l'Indice analitico dell'opera.
204 RIVISTA POPOLARE Lecon~izioni ~eMl ezzo~iorno e~elMlearc~e Ad Angelo Celli e Domenico Va/eri Ai provvedimenti presentati dal ministero Sonn!n~ ~n favore del mezzogiorno e delle Jue magg10n isole del Regno è toccata la sorte degli altri provvedimenti d'indole politica o amministrativa prese~t~ti . da!lo s~ess? Gabinetto : l'opposizione li ha cntlcati, d1scred1tat1 e proclamati o inutili o dannosi; ma poi o negli Uffici o nella Camera li ha accettati ? votati. S:osi _pei p_rimi: sono stati più o meno vivamente d1scuss1 negli Uffici e pur essendo stati dichiarati inutili, evanescenti, inadeguati ai mali cui devono riparare , da pochi anche più somt11es~ samente sono. stati dichiarati ingiusti o impolitici, perchè, contro la lettera e lo spirito dello Statuto creano una posizione privilegiata per talune regioni a danno delle altre. Nella speranza che tali provvedimenti entrino in porto e trascurando la critica non palese che si fa ai medesimi dal punto di vista politico e contro il c:iter~o <.~iuna legislazione speciale e di eccezione, d~ cm ~111sono spesso occupato e che precisamente viene ridotta a nulla da questa semplice riflessione: che non c_ipuo essere un_itàd' 'Italia vera ed efficiente quando esistono due Italte profondamentediverse tra l~ro; - in tale speranza, ripeto , mi- proponoo di riesaminare la necessità dei provvedimenti e dimostrarne indirettamente la utilità e la efficacia col semplice fatto che altre regioni, le quali si trovano in condizioni disagiate vogliono estese a sè stesse i provvedimenti pel mezzogiorno, per la Sicilia e per la Sardegna. Imprendendo la difesa complessiva e non di dettaglio, la difesa dello indirizzo che rapprese,nt~no tali ~r?vvedimenti, continuo ed esplicare quell az10ne posiuva ed evolutiva, che tiene conto della po~sibilità e che per l'amore del meglio non · tr~~cura 11 ben~; continuo a seguire il metodo che ?1 mdusse a difendere come meglio seppi e potei 1 pr~vvedimenti per la Basilicata, per l'acquedotto pugliese e per la città di Napoli che costituiscono un merito incontrastabile dei ministeri Zanardelli e Giolitti, mentre a~evo fieramente oppugnato il pro- ~etto Carcano, eh era una vera menzogna, un vero mganno pel mezzogiorno. . L'opportunità e l'utilità dei provvedimenti Sonn_mo, per quanto modesti, come avvertii, viene sperimentalmente dimostrata dal fatto che i deputati delle Marche e dell'Umbria- hanno presentato una m~mo:ia _all~ Commissione parlamentare, che esamina 1 pnnu affinchè essi vengano estesi alle reaioni da loro rappresentate. 0 E qui un'osservazione preliminare. Questa mossa dei Deputati dell'Umbria e delle Marche è ispirata dall'opposizione? I sostenitori dell'attuale Ministero lo affermano per discreditarla ; e che essi si appongano al vero lo argomentano dalla circostanza che Alessandro Fortis è intervenuto alle riunioni deuli Um~ri . ~ dei Marchigiani. Ma questa specie 0 di preg1ud1ziale non ha alcun valore. Se le condizioni delle Marche e dell'Umbria fossero disaaiate come qu~lle de_l mezzogiorno, da chiunque ve~isse il richiamo, rn nome della giustizia dovrebbe essere accolto. La presenza dell'ex Presidente del Consiolio che rappresenta un collegio dell'Umbria, nella ~iu~ nione e:a logie~ e doverosa e non può da sola dare al r~10v1mento 1_lcaratter_e di opposizionè politica. Sta 1r1 fatto, p01, chè pnma che soroesse il minis . ' b s~er~ onmno e mentre cera al governo l'on. Giolitti s1 ?1sc~teva n~lle_Marche sp~cialmente, la quistione e 1 amico_ Cell1 s1_era fatto interprete della corrente popolare 1n. un discorso pronunziato alla Camera 11 .30 mag~10 _1904 Immediatamente segui una sobna pubblicaz10ne del_Tom besi, che cerca va Ji suf: f!agare la tesi del deputato per Cagli con dati statistici. E col Celli e col Valeri, prima assai che venissero presenta?ti i proge!t_i ~on nino spesse volte m' intrattenni delle co~d1z1011d1elle M:uche ; perciò dedico a loro questo arucolo perchè essi sanno che le convinzioni che oggi manifesto sono di data antica e assolutament~ ir~dipendenti dalla simpatia, probabilment~ transttona, che può ispirarmi il ministero Sonmno. ♦ Nelle amichevoli discussioni coi colleghi Celli e Valeri sostenni sempre eh' erano diverse e assai le condizi~ni delle Ma~c~1~e dell'Umbria d:1 quelle 'del Mezzog10rno, della Sicilia e della Sardeona · insistetti 11, ff' b ' soprat_utto ne . a _ermare che del disagio di un paese non s1 deve gmd1care dalla sola condizione economica e non desumere questa esclusivamente dalla quantità assoluta di ricchezza ; ma che i criteri dovevano essere attinti alla distribuzione della ricchezza ste~sa? alla sua st~b!lit~, al tenore di vita, ai rapporti sociali, alle cond1z1om demoorafiche intellettuali morali e politiche. 0 ' . ' Oggi mi proverò di documentare tali affermazioni con una serie di dati statistici, che costituiscono u~ insieme che dovrà convincere qualunque persona di buona fede. Prima di procedere oltre nella mia Jimostrazione sento il dovere dì dire che le conclusioni mie sono state annunziate da un marchioiano l'avv. Vittorio Bianchini, che conosce appieno l~ condizioni Jel natio paese in risposta al discorso di Celli sotto il min~stero Giolitti e che le ha riprodotte ora in un g10rnale locale, l'Unione, in seguito alb presentazione della memoria dei Deputati Marchioiani eJ Umbri . i b ' cm precec entemente accennai. L' Avv. Bianchini , consigliere provinciale di Macerata in detto articolo (1) sostiene : l. 0 Il movimento è parlamentare e non ha· la sua base nel paese; la pnisentazione della memoria dei deputati Marchigiani ed Umbri, nelle Marche almeno ha avuti> una accoglienza che ha forse maagiore affinità collo stupore, che col consenso. e 2.0 Il malessere economico e circoscritto ad una limitata zona delle Marche; queste, nel loro complesso, attraverso molti dati di semiolooia economica, rivelano un malessere minore e bdiverso da quello i_ncombente sulle regioni del Sud. Le Marche, e~onomicamente come geograficamente, stanno nel gmsto mezzo d' Italia. Le Marche differiscono dal °:1ez~ogi~rno : _pel ten~peramento delle due popolaz10m eh esercita un mfluenza notev0le sul modo di con~epire e di vivere la vita; per la struttura econonuca, che nel mezzoaiorno si fonda esclusiv~mente sull'agricoltura, 1~entre questa non è l'umco elemento dell' economia marchigiana. Perciò ( 1) L'ho letto nel Giornale d'Italia del 29 marzo.
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