Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 6 - 31 marzo 1906

RIVISTA POPOLARE 149 rinunciare a una lotta che li mette contro al Partito unificato? O non piuttosto finiranno per preferire una azione autonoma nella classe operaia per distaccarla dai metodi del Partito socialista? A leggere certe interviste di sindacalisti eminenti, come il Leone, - interviste in cui si parla di portare ·candidature operaie e rivoluzionarie contro quelle del partito socialista - parrebbe 'che la soluzione della crisi dovesse avvenire col distacco dal Partito dei sindacalisti rivoluzionari , i quali tenteranno di esercitare contro il superstite movimento socialista la stessa azione in transigente che noi, una dozzina d'anni fa, abbiamo esercitato contro i democratici. Ma chi oserebbe dire oggi che una tale soluzione sia, se non certa, probabile? In questi ultimi giorni abbiamo assistito alla più allegra pochade che il rivoluzionarismo sindacalista potes:;e allestirci. I fieri rivoluzionari dell'Avanguardia di Milano hanno ritirate le corna appena l'odore della sconfitta è giunto alle loro nari. Il sindacalismo è diventato per loro, non già un fatto reale; ma un « movimento tendenziale», una specie di teoria cosmogonica affatto innocua ai pacifici mortali della terra. Enrico Ferr_i, contro cui hanno scagH'ato i loro fulmini , fino a congiurare di togliergli la direzione dell'Avanti I è ridiventato il buono e bravo compagno col quale si può dissentire ma con cui si può... andar d'accordo nello spartirsi gli organi direttivi del Partito. E intanto che Walter Mocchi mette la sordina alle sue imprudenti interviste, Arturo Labriola sta illustrando ancora una volta questa massima ... pacificista: che il posto del generale durante la battaglia, è sotto la tenda. Cosi questa crisi del socialismo finirà forse per ridurei alla crisi anzi alla bancarotta del rivoluzionarismo. Perocchè l' Italia che ha visto dai rivoluzionari sul serio, non può tollerare a lungo delle contraffazioni rivoluzionarie che, per paura d'esser tagliate fuori da un Partito di cui continuano a dir corna, si rimangiano allegrame l' audacie spensierate di un'ora. I VANO E BoNoMr Un"beleas,o, dipolitiesaocialista Chi avesse voluto delineare - fino a qualche giorno addietro - la posizione interna del Partito Socia.lista avrebbe dovuto riportarsi alla mozione votata nell'ultimo Congresso di Bologna. Ricordo di avere - subito dopo quel Congresso - scritto le mie impressioni su di esso in queste colonne. Presagivo la fine irrimediabile dell' unità del partito socialista italiano - ancora tenuta ferma a Bologna dalla grande ascendenza personale di Enrico Ferri; ma nel configurare la futura bipartizione del Partito io lo dividevo in due parti, l'una che da Ferri andasse agli avangua,rdisti, l'altra dal così detto centro destro a Turati. Nè diverso pensiero doveya nutrire il Turati istesso che nella mozione vittoriosa di Bologna, presentata appunto dal Ferri, ha sempre visto il vero· punto teo1·ico e pratico di dissensione fra rivoluzionari e riformisti. La mozione di Bologna - pur riconoscendo il valore della conquista delle riforme - proclama in modo molto esplicito che il metodo da svolgersi è quello della lotta di classe, la quale esclude ogni possibilità di appoggio ai governi borghesi. L'ordine del giorno definisce per tal inodo un connotato permanente della lotta di classe: quello di esS:\re una. mauifestazione contraria ali' atto positivo di votare a favore di nn governo. Si badi: il Congresso di Bologna versò tutti i suoi quattro giorni di discussione attorno alla famosa quistiene delle tendenze. L' ordine del giorno Ferri voìeva. essere appunto la solnziooe di tale dissenso, contrapponendo alla tendenza riformista la tendenza rivoluzionaria - scevra, com'egli amava insistere, dalle esagerazioni e ultra.rivoluzionarie »; e stabiliva ancora l'unità del partito con l' obbligo del rispetto delle minoranze alla volontà delle magg10ranze. A Bologna, dunque, si era stabilito in via di principio' o di dotfrina e di tattica socialista l'antiministerialismo sistematico. L'on. Turati ha sempre battuta in breccia una tale opposizione sistematica, imputandola di anarcoide. Ferri invece - nell'Avanti I di cui tiene la direzione - se ne è mostrato zelante difensore, proclamando anzi ostentatamente di non volersene mai allontanare. Così stando le cose pareva che il movimento di scissione , cominciato a Milano con la fondazione dei Cit·coli socialisti autonomi, dovesse gradualmente contrapporre al partito socialista ufficiale , un contromovimento che via vil:1s. i assorbisse gli uomini affini, spostando verso il nuovo organismo il Gruppo Parlamentare Socialista - composto nella sua maggioranza di riformisti - e liberandolo dalla sua dipendenza dall'attuale partito. Il Turati con i suoi amici - per avere scelta questa via - che a rigore lo ha già posto fuori del Partito socialista - manifestava cosi di avere rinunciato alla speranza che un prossimo Congresso potesse riaffermare l'ordin9 di idee da lui propugnato. E come sperarlo, difatti? Il Congresso di Bologna non aveva deciso soltanto in ,via contingente e transitoria : la mozione di Bologna, vincitrice, contene va una determinata concezione della lotta di classe, eh' era in opposizione con quella che ne recano i riformisti. Ecco dunque un dissidio di natura permanente ed insanabile, ammenochè non si voglia ritenere cosa normale per degli uomini politici mutare la concezione generale della vita sociale ... ad ogni congresso nazionale. A vero dire, chi conosce il fondo di pensiero evoluzionistico e la speciale forma mentis positivistica del Ferri, era ancora pieno di mara viglia eh' egli si fosse così chiaramente schierato dalla parte rivoluzionaria. Ma si poteva ragionevolmente presumere che l'influsso della vita di partito e dei teorizzatori di essa avesse spostato l'angolo visuale delle sue concezioni democratizzanti e l'avesse reso accorto della profonda soluzione di continuità che intercede tra il positivismo comte-spenceriano e il mm·xismo, facendolo optare deliberatamente per quest' ultimo.

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