RIVISTA POPOLARE 129 plicatissimi, ma non importa: tutti credono di poterli spiegare col « buon senso• e mettono in giro un'infinità di spropositi. Tanto peggio se le uorme scoperte col solo aiuto del buon senso e cristallizzate nègli afo rismi popolari diventano poi d ret.trici della con iotta privata o ispiratrici di riforme legislative. Si pensi a qnanti errori dà ori.gioe la moneta, cbe sembra al popolo la vera e sola ricchezza, termine fi. nale di tutta l'attività economica e caui:ia di ogni benessere. Senza rimontare a tutto un sistema viziato di politica economica: il mercantilismo, che si proponeva di far prosperare lo Stato moltiplicando il capitale mo netario, basta aprir gli orecchi per udire le singolari illusioni, che nascono dalla moneta. Uno vi dirà che il prodigo, buttand_o il suo denaro, si rende benefico e altamente encomiauile, poichè dà da vivere a tanta gente , e uu altro aggiungerà 0he gli operai e i domestici non potrebbero sussistere se i p·-\droni non si degnassero di pagar loro i salari. Un ottimo ufficiale del nostro esercito sosteneva che egli e i suoi colleghi non solo difendono la patria dalle invasioni e dai tn• multi-nel che nessuno saprebbe dargli torto-ma che ancora essi rendcno un secondo servigio e favoriscono cioè l' economia nazlOnale , stimolando colle loro spese il sorgere e il prosperare di industrie e commerci e che anzi essi non pesq,no a carico di nessuno, poichè rimettono integralmente in giro la moneta , dopo di averla ricevuta a titolo di stipendio. E una brava e giudiziosa signora, a cui narravo che 1:1.lals' sedio di Casilino un topo fu venduto per 200 fiorini, esclamò tutta. convinta: meno male che in quel paese c'era rimasto il danaro per compera re i topi, se no guai ! g I i abitanti certo sarebbero morti di fame. Ignorando che vi Bono leggi ecouomiche altrettanto infles--;ibili quanto le leggi tisiche; che per es. vi è in ogni mercato un prezz J di equilibrio, il quale pareggia l'offerta e la domanda ; che le equazioni di domanda e di offerta in un istante determinato dipendono dai gusti degli scaJ.1bisti e dalle quantità di merci disponibili e che il governo non può creare gli uni nè le altre, molti immaginano che l'autorità p~tbblica possa fissare per es. i prezzi delle merci o i salari del 1 a voro, e si lamentano che il governo non provveda secondo i loro desiderii. Altre volte si vede soltanto un lato di un certo fenomeno produttivo o distributivo, e cioè il lato favorevole ad alcune classi o professioni, ma non si vede l'altro lattl, non si sente il contraccolpo che danneggia - in grado maggiore - altre profesl:lioni e altre clasJi. Il protezionismo ne è un esempio lampante: si asserisce che comprando merci all' estero si diventa tributari dello str~niero e si preferisce di produrle in patria con maggiori stenti. Si pagherà di più e si godrà di meno, ma si avrà il conforto di essersi mostrati buoni patrioti, facendo rimanere il danaro in casa propria e incoraggiando le industrie, alcune industrie nazionali. Affine a questo è il sofisma, secondo cui un temporale che rompe i vetri è desiderabile perchè aiuta l'industria dei vetrai-o l'altro, per cui le leghe operaie devono preferire 1.. ;avori più lunghi e pesanti per aumentare i salari. Molti demagoghi o :filantropi di corta vista. pensano che si rimedii alla disoccupazione coll' intruprendere opere pubbliche e non st accorgono che lo Stato non può eostrufre strade o edifici senza togl~ere i capitali dalle tasche d' imprenditori privati, i quali d'altrettanto dovranno ridurre la loro domanda di lavoro. Altri vogliono che lo Stato sovvenzioni gl'Istituti di credito agrario, ma non dicono da quali serbatoi sicuri dehba lo Stato trarre i capitali necessari. Ogni cittadino si crede in grcido di svolgere u11 piano completo e coerente di riforme per lenire i mali onde geme la società, e gli uomini pratici deridono, colla sicu. rezza che nasc0 dall'ignoranza, le « utopie > degli scien. ziati, che perdono il tempo a studiar sui libri. ♦ Tutti questi spropositi un po' sono dovuti a interessi individuali o di classe, ma un po' anche alla reale comple:;si tà di fenomeni, i quali non poterono essere abbracciati nella totalità delle loro cau·se e dei loro effetti ne:ii'meno dalla mente di poderosi economisti, che vi si provarono. Comunque, è certo che la scienza economica possiede oggi un complesso di teoremi, ossia di verità dimostrate , che bastano a spiegar molto, e a dirigere, coi principii normativi dell'art.e economica, una buona parte del!' attività pratica. Sicchè, senza pretender di sradicare i sofismi voluti da particolari interessi, la diffusione della coltura economica è a desiderarsi per abbattere le deduzioni dovn te alla seconda fonte di errori : l' inadeguata conoscenza dei fe. nomeni, su cui si discute. E se non è sperabile che un nuclec di dottrine complicate diventi. patrimonio collettivo, è almeno pensabile che esso sia assorbito e assimilato dai cervelli , cbe dovranno avere la tnassima parte nella direzione della società. Ora, mentre nelle altre nazioni i trattati e i manuali di economia politìca abbondano, in Italia, fino ad alcun tempo fa, ci si doveva contentare di pochi t.nanualetti, che, sebbene precisi e rigorosi, pure erano troppo succinti o rimanevano fermi e uguali a sè stessi, mentre la scienza camminava in avanti. E però un certo risveglio, che si va notando nella pubblicazione di raccolte sùitematiche di principii economici deve salutarsi con simpatia, e fra esse s'impone in primo luogo alla nostra attenzione il grosso volume di Istituzioni dovuto alla penna del Prof. Augusto Graziani. Questo libro merita molte lodi. La materia vi è ben ripartita e tanto abbondante da farlo assomigliare a una enciclopedia di dottrine economiche. L' autore , sereno e obbietti·vo, ignora gli odii di scuole. Egli è al corrente della letteratura anche recentissima , e ciò non deve stupire, giacchè il valoroso professore dell'ateneo napoletano è uno studioso autentico. Le teorie si appoggiano ai fatti, esposti, quando occorre, in veste stastitica. La bibliografia è copiosissima; il lungo indice alfabetico degli autori ci rivela che numero colossale di monografie e di scritti l' autore dovè consultare. Nondimeno, a rischio di ·sembrare incontentabili, dire• mo che ci rincresce non abbian trovato posto nell'estesa bibliografia alcuni autori indubbiamente notevoli. Ci limiteremo a citarne tre. Uno è il Cannan, il grande critico della scuola classica. Il suo libro: I-Iisto'ry of the theories of p1·oduction and distribution in english political economy from 1876 to 1848 è una rassegna
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