Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 4 - 28 febbraio 1906

RIVISTA POPOLARE 105 chiaro anche che tutto il mio discorso veniva implicitamente ad affermare che, qualora si voglia insistere nel considerare i vari tentati vi o saggi cbe l' artista compie per la creazione dell'opera sua , tutti quegli studi bozzetti disegni ecc. non sono che espressioni rispondenti ad altrettante intuizimi (le q11ali potranno ben esser derivate da concetti) e che la forma defini ti va del fatto artistico non sarà che la sintesi, il risultato, di quelle elaborazioni , rispondente ad una sintesi di fatti intuitivi ( pensamento artistico). Tenendo conto, in tanto , di alcuni esempi addotti dal Monneret, dicevo che l'artista il qnale non fece le colonne doriche come esatti tronchi conici , ma ne curvò alquanto la linea, ecc. aveva asfrattamente pensato leggero elegante armonico l' edificio da costruire, e ne intui effettivamente ( pensamento architettonico) la forma e il carattere, resi poi visibili a tutti, quando, a render fatto concreto quella voluta leggerez~a e quella voluta eleganza, si servì di quanto gli suggeriva la conoscenza astratta e l'esperienza ottica, ecc. ecc. Ed ecco che il detto signore si attacca disveratamente a queste mie parole, e, riferendole con discutibile esattezza, le traduce cosi: « l'architetto pensa un dato edificio armonico ed elegante e lo pens~ con date forme, ma poi si accorge che per raggiungere l' armonia e l'eleganza che si era proposto deve modificare tali forme ed usare di espedienti che la sua intuizione sola non gli aveva suggerito e non poteva farlo. > Vale a dire che, secondo lui e per virtù d' una tale strabiliante traduzione, io avrei affermato, per negare quel che volevo negare, precisamente quel che era oggetto della mia critica. e della mia negazione .... Che onesto traduttore e che meraviglioso ragionator d'estetica è questo signor Monneret Je Villard ! un traduttore che non sa leggere e un ragionatore che non sa qual differenza sia fra l'indeterminato e il determinato, fra il concetto e l'intuizione, fra ciò che è astratto e ciò che è concreto , e come l' attività mentale passi dall'uno ali' altro! Ma se egli non capisce queste cose io non posso far altro che dolermene con la sua cultura e la sua comprensività ; e spero, frattanto, che avendo ora sottolineato le parole mie, delle quali non si è compiaciuto di tener conto, ne comprenda un po' meglio il significato. Giacchè appunto il valore dell'avverbio astrattamente non poteva lasciare dubbi su quel che volevo dire; e j 1 signor .Monneret non ha capi t:> nè pure che quel e pensamento astratto~ non altro significava che un'idea vaga dell'eleganza e df3llasnellezza d'un edificio, quello ~ stadio rudimentale 7> dell'attività estetica, quel « pensamento primo e confuso> ( sono parole sue) nel quale l'artista « non vede ancòra esattamente l'opera, ma sente come un ritmo, una musica > ecc. ecc. - il quale « pensamento b non è d'altronde, come par che creda il Monneret, l'intuizione artistica., giacchè questa ha luogo soltanto quando l'artista vede esattamente l'opera sua. Ma naturalmente, dopo avermi fatto dire ciò che non ho mai pensato (e se lo avessi pensato non avrei avuto alcuna ragione di scrivere l' articolo che scrissi ) il detto signore fa di qnella « traduzione > famosa la base della sua pretesa risposta, la chiave di volta per l'interpretazione di ogni alt.ro brano del mio scritto e procede così , comodamente, alla scoperta di , risultati meravigliosi > che in verità son dati dal suo b:slacco ragionamento mi. stificatore e non certo dalle cose da me dette. Così appunto la frase in cui accennavo al pensamento architettonico come alla forma stessa dell'edificio e resa poi visibile a tutti > gli pare-sempre in virtù di qnella traduzione- tanto assurda ~ da valere nella sua assurdità un intero trattato di metafisica, > mentre essa non altro esprime ( e mi servo ancòra una volta delle parole del mio avversario) che « il pensamento architettonico è quello per cui si vede un edificio come già fosse tradotto in materia h e cioè reso visibile, o tangibile che dir si voglia, a tutti! Dunque il pensamento architettonico, per me e per il signor Monneret, votrebbe non essere ( oh dolcezza! ) che una sola e medesima cosa: senonchè a lui pare e non pare che il detto pensamento sia una cosa distinta dall'intuizione artistica e che anzi risulti dalla somma di questa intuizione e di un certo numero di concetti, i quali nè pure pos~on venire coinvolti nella intuizione perchè serbano_ le qualità di concetti .... Or io gli avevo fatto notare che le conoscenze intellettuali procedono da intuizioni in ogni caso di attività teorica--e che l'intuizione è la sostanza immediata e reale d' ogni pen siero - e che i concetti hanno bisogno di risolversi in una intuizione, cioè di dar luogo ad una intuizione, per venire ad un punto d'uscita dal campo delle astrazioni e quindi ad un punto d'entrata in quello del concreto, che è precisamente il campo della produzione artistica - e che infine, se le cognizioni intellettive non dessero luogo ad intuizioni, che nella visione del1' artista fossero come parti di un organismo solo , se cioè rimanessero allo stato di concetti, dovrebbero risultare alla contemplazione dell'opera d'arte: la qual cosa è impossibile perchè l'arte è espressione del concreto e del particolare e dalla detta c~ntemplazione risulta soltanto il modo col quale l'artista. ha rappresentato quel che voleva rappresentare. Ma egli, naturalmente 1 non ha capito niente di tutto questo; e si scandalizza. perchè io , a ribadire le mie affermazioni, aggiungevo che tutt' al più da.il' analisi d' un' opera d'arte si potran dedurre le cognizioni intellettive possedute dall'artista solo quando si compia mentalmente il lavoro inverso a quello da lui compiuto, e cioè tornando dal concreto all'astratto. E sapete cosa fa, scandalizzandosi, questo sperduto signor Monneret? Riferisce quelle mie parole con la solita cortese inesattezza fino a formarne un periodo privo di qualsiasi significato; mi fa affermare ohe il modo col quale un artista rappresenta quel che vuole rappresentare non dipende dall'intuizione ( mentre questo lo aveva affermato soltanto lui nel suo capolavoro pubblicato dal Leonm·do); e poi si ferma. e mi spiega dinanzi l' Estetica di B. Croce a pag. 18 per farmi leggere che: e noi dobbiamo respingere tanto la tesi che il fatto estetico consista nel solo contenuto ( ossia nelle semplici impressioni) quanto l' altrà che consiste nell' assunzione della forma al contenuto , ossia nelle impressioni più le espressioni > e che e nel fatto estetico l' attività espressiva non si aggiunge al fatto delle impressioni,

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