102 RIVISTA POPOLARE razza, la causa è integra. E l' A. fa veramente troppo onore alle fantasie dep,li Ammon e dei Lapouge discutendoli e pi-en dendoli sul serio. Le nazioni moderne, wmposti di elementi etnici fusi, danno una smentita ali' idea della razza ; sono unità reali , ma cangianti, esse pure, nel tempo e nello spazio: l'homo europaeus del XX secolo differisce dall'homo europaeus medioevale. Non si è creato un homo americanus? E 'e vic·ssituJini politiche e territoriali non formano dei gruppi che finiscono per divenire socia:mente omogenei'? In questo modo gli Alsaziani cd i Fiamminghi si sono incorporati , in meno di due secoli , alla nazionalità francese. Se è impossibile di fissare i caratteri fisici di un popolo, è ancora più delicato determinarne i caratteri psichki. Il Colajanni rileva degli errori e delle ignoranze sistematiche: Gustavo Le Bon dichiara i neo-latini votati al socialismo mentre gli Anglo-sassoni satut i d' individualismo vi sono refrattari; Ferrero vede nel Nlir, nella comunità agricola, l'originalità del popolo russo, senza pensare che l'istituzione è tanto tardiva quanto artificiale. Da tutta la dimostrazione sorge che gli epiteti superiore, inferiore non hanno legame colla p::irola rana. Si giustiticano esse coli' incivilimento? Ma che cosa s' intende per incivilimento? L' A. analizza gli elementi o tt fattori 1> di questo fe • nomeno complesso, prima l'ambiente geografico, di cui l'azione è meno costante, meno fatale di quanto si pensi. tt L' azione della Jor:i.a-natura scrive il C. , decresce in misura che aumenta la forr_a-uomo ; i geografi sinceri condi vide ranno questa circosrezione e questa modestia. Quanto al fattore antropologico - cio~ l'eredità - esso si manifesta con maggior persistenz,1. L' A. descrive in proposito la tesi neo darviniana di Weissmann che nega la trasmiss;one dei carattt:ri acquisiti ai_ discenJ~nti. L' A. è contro tale dottrina. Riportiamo qui la conclusione deila su:1 discuss:one in argomento: tt L'influenza della rana non è altro .:he l' in• fl uenza dell'eredità, fissata, fortificata eJ allargata dalle condizioni comuni di esistenza e dal mezzo fisico e sociale 1>. L'eredità, forza ~onservatricc è essa stessa modificata daihl educazione , forza novatrice. tt Bisogna inten 1ere per educazione l'insieme de' mezzi impiegati , conscientemente o no, nella scuola e nel mezzo sociale , per moditìcare i cara tt.::ri trasmessi a' discendenti ». L' cducaz:one non !':i limita dunque all'istruzione, tt istrumt:nto che s'impiega nd bene come nel male ». [n realtà è per il loro graJ0 di cJu.;azione che i po. poli si distinguono e così si avvicinano e si assimilano. L' esempio più luminoso di questa e lucazione è la lati11i11a1io11e che tt dà a molta gente l'illusione di una razza che non è mai esistita: la rana lati11a 1i. E si potrebbe anche inrncare l'americanizzazione. Eredità, educazione, ecco le energie e i motori dcli' evolu - zione sociale che mai si arresta e che produce le combinazioni più sconcertanti , come lo prova la curiosa transustanziazione che hanno subito sotto gli occhi nostri i giapponesi e le trasformazioni fisiche e psichiche dei popoli coloniali. Ma l'evoluzione sociale non è un meccanismo montato una v01ta per tutte e di cui la funzione è in previsione calcolata: essa è regolata anche dall'imprevisto-. L'imprevisto è per il Colajanni, un ge11io, un eroe ma che esso stesso non è (t che il prodotto e il rappresentante della sua epoca ii. Sono Peride, Alessandro, Cesare, Carlomagno - l'enumerazione termina con Mazzini e Garibaldi. L'imprevisto è anche un avvenimento: nella scoria inglese, per esempio, la peste nera, la distruz;one dell 'A rmada. Dopo questa esposizione dottrinale il Colajanni affronta (t i fattori dell'evoluzione sociale in azione ». Questi capitali sono i più suggestivi del libro; quelli in cui l' A. si rivela storico. Comparando l'evoluzione <li Venezia, dell'Inghilterra, degli Stati Uniti, si nota l'apparizione degli stessi sintomi, delle stesse fasi presso i popoli detti superiori come presso quel i qualificati inferiori , e queste coincidenze e queste previsioni distruggono fino l'illusione della razza. Ma dallo studio dei fatti, sorge la conseguenza che i popoli Litini sieno in decadenza'/ L'Autore esamina lo stato presente della Spagna, della Francia, dell'Italia. Queste tre nazioni non solamente non d~mno alcun segno di degenerazione ma al contrario spiegano una vita 1ità del migliore augurio: la Spagna sgravata da' suoi pesi morti; la Francia di cui la debole natalità , maltusianismo bene inteso, segna un progresso di ci - viltà che i popoli detti superiori sono in via di imitare. In quanto all' ltalia il Colajanni la tratta dl'I. predilr;tta, ma senza parzialit~l. L'evoluzione parallela della Germania e dell' [talia mostra che quest'ultima mai grado la configurazione difettosa, la povertà del suolo, l'azione delJa Chiesa, Jella monarchia unitaria e accentratric:e prosegue il suo risorgime11to e si arma per piti prosperi Jes'.ini. Poichè le nazioni possono rinascere::. Conclusione ottimistica che non si limita a' soli Latini, ma che abbraccia tutti i popoli e li solidarizza in uno stesso sforzo fraterno verso il progresso n. Le nazioni furono il crogiuolo nel quale le ra,ie si sono fuse e confuse; sotto la inAuenza della civiltà, dei bei sogni e degl' interessi economici sempre crescenti, esse preparano l' avvc;nto del grande organismo internazionale. (dalla Revue Germanique) B. AUERBACH La distribuzionegeografica delle biblioteche governative in Italia Se sì considera la distribuzione geografica delle biblioteche governative nel contine;:ite italiano, con meravigl.ia si constata che mentre esse esistono in tutte le re 15ioni del nord, mancano completamente nel sud, esdusa la Campania, e scarseggiano al cèntro della penisola. Di questo fatto strano, duplice è la ragi0ne: la prima, più antica perchè storica, si deve ricercare nella divisione politica d'Italia in parecchi staterelli, -fino alla metà del secolo passato; la seconda, pi Ll recente, nella trascuratezza dell' istruzione sotto l' attuale regime, che in fatto di biblioteche ha creduto di lasciarne prive quelle regioni che non l' avevano al tempo dei governi cessati. Le città che in Italia da lunga pezza furono centro di studii e di coltura, come pure quelle altre che fino a pochi lustri or sono furono sede di principato, avevano ed hanno tuttora una o più biblioteche pubbliche, mentre vaste regioni popolose, fornite di numerosi istituti d'istruzione, e ricche di città che costituiscono importanti centri di vita politica e amministrativa, non hanno ancora neppure una biblioteca dello Stato, come non l' avevano in passato, quando l'istruzione era un privilegio, e i Principi pensavano specialmente a sìruttarc le popolazioni con l'ignoranza e la superstizione. Guido Bìagi rilevò incidentalmente quest'inconveniente, nella bella prefazione alla Storia del libro in Italia nei secoli XV e XVI (Firenze, 1900): « Le biblioteche governative, egli dice, non sono <e equamente distribuite in tutte le parti d'Italia, e <e v' banno larghissime plaghe, come quella, ad esemcc pio, che facendo capo a Padova e a. Bologna e cc discendendo fino all' Jonio si voige all'Adriatico, « dove il Governo non ha biblioteche s 1e proprie; « così nel cuor dell'Italia, nella vasta regione Urne, bra; così in altre provincie >>. Lasciamo rilevare in tutta Ia sua tristezza, dalla fredda eloquenza delle cifre che seguono, la grave sperequazione fra
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