RIVISTA POPOLARE 97 latra dell'individuo tende a rovesciare le fondamenta della famiglia; che un nazionalismo ad oltranza tende a divulgare l'egoistica persuasione che la patria è tutto; che un cosmopolitismo malinteso tende, alla sua volta, a distruggere, nonchè i confini naturali, l'idea stessa della patria. A coloro, che, in un r({ferenduni ancora aperto, vengono vomitando le più sacrileghe bestemmie contro il concetto di patria, sia fatto presente, perchè cessi il ·rivoltante spettacolo, l'insegnamento augusto di Giuseppe Mazzini. << Senza patria - così egli sentenzia - voi non avete nome, nè segno, nè voto, nè diritti, nè battesimo di fratelli tra i popoli. Siete i bastardi dell' umanita. Soldati senza bandiera, israeliti delle nazioni, voi non otterete fede, nè protezione. Lavorando, secondo i veri princip'ì per la patria, noi lavoriamo per l'umanità: la patria è il punto d'appoggio della leva, che noi dobbiamo dirigere a vantaggio comune. Perdendo quel punto d'appoggio, noi corriamo rischio di riuscire inutili alla patria ed all'umanità. Prima d'associarsi colle nazioni, che compongono l'umanità, bisogna esistere come nazione. Non v'è associazione che tra eguali >>. Nè sia infirmato questo insegnamento del Maestro dal ricordare che, allorchè parla della patria in confronto della famiglia, afferma che se la famiglia », culla dell'umanità, durerà quanto l'uomo, << la patria, sacra oggi , sparirà , forse, un giorno, quando ogni uomo ritletterà, nella propria coscienza, la legge morale dell' umanità >>. Quel forse toglie ogni dubbio. Per lui, la patria, come la famiglia, è un elemento della vita. E, poichè questa pazza campagna contro il concetto di patria promana oq, come allora, dallo stesso campo socialista, si ascolti come Giuseppe Mazzini, paternamente, ammoniva i socialisti del tempo suo: « Non vi illudete a compiere, se prima non vi conquistate una patria, la vostra emancipazione da un'ingiusta condizione sociale: dove non è patria, non è patto comune, al quale possiate richiamarvi: regna solo l'egoismo degli interessi >>. ~on meno dell'individuo, della famiglia, della patria, dell'umanità è, per Giuseppe Mazzini, << elemento di vita >) lo Stato, il governo. Egli odia l' anarchia con lo stesso odio, con cui bersaglia il dispotismo. Per questo, egli accredita, quanto sa e può, il concetto del beninteso potere pubblico. « La vostra libertà - così egli ci ,ammaestra -- non è la negazione di ogni autorità. E la negazione di ogni autorità, che non rappresenti lo scopo collettivo e che presume impiantarsi e mantenersi sovr' altra base che su quella del libero, spontaneo vostro consenso ». Per Giuseppe Mazzini, adunque, come per noi, la rivoluzione non è scopo 8 sè stessa : essa è, unicamente, mezzo per la conquista della libertà e per la costituzione di LrnoStato, che sia essenzialmente giuridico ovvero espressione della nostra volontà e tutore de' nostri diritti. Per questo appunto, la iìlosotìa politica di Giuseppe Mazzini non è transitoria, ma ha carattere di permanente. Essa ci insegna, per sempre, non solo il modo di conquistare la libertà con la rivoluzione, ma anche quello di conservarla dopo che, con la rivoluzione, l'abbiamo conquistata e riconquistata. VII. La grandezza de' pensatori non sempre consiste nel prevenire le correnti e nell' a_gevolarne la via : spesso consiste nell'opporsi, quando sono deviate, a quelle correnti e nel richiamare tutti, con bruscç> ma benefico rigore, al senso vero della realta. E quest'ultima la. posizione, che, nel contrasto di tante opinioni e nella ridda di tante seduzioni, Giuseppe Mazzini piglia, risolutamente, di fronte alla rovenza della questione economica. Egli è, così, ancora una volta, grande non soltanto per l'elevatezza della mente, ma anche per l'eroico coraggio, con cui annunzia i suoi ammaestramenti a quelli stessi, che possono sembrare vittime: agli operai. Certamente, nessuno più di Giuseppe Mazzini è amico spassionato e sincero degli operai; nessuno, più di lui, ha, per essi, pensieri e cure di padre e di maestro; ma, appunto per questo, egli sa che se il ben guidarli per il loro perfezionamento morale e materiale è dovere, l' illuderli è delitto. . Compreso, prima della comparsa di Carlo Marx, della miseranda condizione in cui versa iJ lavoro rispetto al capitale sfruttatore, Giuseppe Mazzini propugna anch'esso l'emancipazione operaia. Non crede, però, al semplicismo empirico de' sistemi allora di moda: sansimonismo, furierismo, comunismo. Crede, invece, al progresso operaio secondo la natura e secondo la ragione. Astrarre, come fanno quei sistemi, dalle esigenze della natura e della ragione, è, per lui , sicura rovina. Per lui, anche nel campo economico, esistono certe leggi, delle quali è impossibile scuotere il giogo, che egl~ chiama << elementi costitutivi della vita » e che « c1 · vengono rivelate dalla grande voce dell'umanità i> e che, <e modificate e sviluppate sempre di epoca in epoca, non possono essere abolite mai i>. Oltre la religione, oltre la libertà, oltre l'associazione, egli pone, nel novero di questi elementi costitutivi della vit~ umana, la proprietà. E questo, più precisamente, il suo concetto della proprietà. <e Il principio, l'origine della proprietà - egli scrive - sta nella natura umana e rappresenta la necessità della vita materiale dell'individuo., eh' egli ha il dovere di mantenere. Come per mezzo della religione, della scienza, della libertà, l'individuo è chiamato a trasformare, a migliorare, a padroneggiare il mondo morale e l'intellettuale, egli è pure chiamato a trasformare, a migliorare, a .padroneggiare, per mezzo del lavoro materiale, il mondo tisico. La proprietà è il segno, la rappresentazione del compimento di quella missione, della quantità di lavoro, col quale l'individuo ba trasformato sviluppato, accresciuto le forze produttrici della .natura )). Ecco perchè, secondo Giuseppe Mazzini, <e la proprietà è eterna nel suo principio e si trova esistente e protetta attraverso tutta quanta l'esistenza del- . l'umanità J). Egli, certamente, ammette che, per vari motivi , la proprietà possa, a volte, trovarsi male costituita; ma questo, secondo lui, deve spingere, non già ad abolirla, sibbene a ricondurla alle sue vere origini. << Se voi - egli dice - volete abolirla, sopprimereste una sorgente di ricchezza, di emulazione, di attività e somigliereste al selvaggio, che, per cogliere il frutto, troncava l'albero)>. Non si scandalizzino gli antiborgbesi di questo concetto ortodosso ma progressivo della proprietà professato da Giuseppe Mazzini. Se bene considerassero, vedrebbero che, in fondo, è questo il concetto di Carlo Marx. La sua fondamentale opera Del capitale non combatte affatto la proprietà in genere e quella capitalistica in ispecie: mette soltanto in luce pienissima, e come nessuno aveva fatto prima di lui, gli abusi disumani del capitale. La sua critica, giustamente feroce, suppone, anzi, il concetto ortodosso della proprietà; perchè , secondo lui , la forma di proprietà capitalistica, che è la risultante del ladroneccio, è nient'altro che l'annientamento della proprietà privata fondata sul lavoro personale. La sua implicita, se non esplicita, conclusione è, dunque, non l'abolizione del capitale, ma il circondare questo di tali freni da togliergli l'occasione e la possibi-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==