RIVISTA POPOLARE 95 esercizio dello St:-tto è il princ1p10 che e ➔ ::l .). non debb.t agognare, nè proporsi, lucri industriali , ben~ì i I per fetto eqnilibrio tra le spese e il fomentato elaterio del paese - che si traduce in cre::icente iJfOsperità puu• blica, cioè nel solo vero l::cro che deve imporsi e raggiungere una Amministrazione di Stato, persino a costo di lC.'asionali passività bel bilancio. 16. O forse credettero, Ministro e Direzione Gene• rale, cristallir.zando:-;i nell'infecondo ::itudiv di unfl. legge, ed annesso ciclopico regola:uento, !:lulla. limitazione dei biglietti di sen·izio, anziehè affrontan io con larga Yisione i ,·eri grandi problemi del tndfico, avere prnv-• vednto alla ineolumità où al disa\·anzo del bilancio ferroviario? lYH::ierelogomachie di men ti ottns':l od i uferme, Nes➔ ·111a legge o regolamento si111ile e:;i::ite, nè f,1 mai immag·inato, in ne::i-iUna altra regione fvrrov1aria di Europa o di altrove, ed è auzi noto con y_1Hde spirito di prudeute larghezza è con:;iderata all'estero la concessione facoltativa di biglietti gratuiti o ridotti; perchè ognuno sa clie l'onere rappresentato ·da ,rn legittimo, ma non legiferato, u:;o di ::lirnili conce.-;sioni, è trascurabile nella natura dell' a✓,ienda , cioè nulla to• glie ai ri::iultati del traffico e alla consistenza di un bilancio ferroviario. Ma in Italia il fiscali:;mo, anche a rovesc.o, è piaga incurabile delle pn 1>bJ;che AmminiHtrnzioni, e .ad es::io si po::;pongono sµes::io i più vitali interessi. 17. Quali i rimedi alla deleteria situazione attuale? Nessuno, nè pro:,;simo, nè lo11tano, fuorcbè epurclre e ricomporre con altri criteri, e con al tre idonee energie fattive l'Amministrazione fonoviaria di Stato, e risanarla con l' i11troiaz;ione di elementi anche estranei, purchè di notoria e0mpe1enza, secondo la chiarove~- gente proµo:;ta dell:t Oom1nissione Parlamentare ferro. viaria del giugno scor::;o, e sottrarre il Consiglio di An11nini:;trazio11e-ricostit11ito ed aumentato- ad :ma so\'crchia eg8monia del ì\Iinistero dei Lavori Pubblici, ed alla presidenza del D:rettore Genèrale. Que::;ta e non altl'a, è la veriU rnoµpugnabile, per chi1111q11e sia versato nella materia , sulle cause del1' att,iale fal iment) ferroviario in Italia. UN FERROVIERE (co,llin. e fine v. 11111n. preced.) · . Sia represso, dinnanzi a queste esortazioni pietiste dell'apostolo dell'Italia risona ocrni senso di schifiltosità ed ogni tendenza a sor~·id~rne. Tanto più queste es9rta~ioni. sono rispettabili guanto più s?no s_tate efhcac1 e sincere. « Dubitare di questa smcentà sarebbe - dice Giovanni Bovio - fare la più grande ingiuria al più grande degli uomini mo~er1:1i )). Trattasi, come dicevamo., d'un straordinano fenomeno storico e 1)sicoloaico rispetto a cui l . h o ' 3: scr~nza a u~1~olo quanto tassativo dovere: quello ~1 spiegarlo, d1st111guendo il mezzo dal fìne. Sarà 11 mezzo teologico, ma il fine è civile; e la scienza, che non deve preoccuparsi soìo della raaione pura ma _anche della ragione pratica, che n' ~ come J~ realizzazione ne' fatti, ha il dovere di tener presente, per giustitìcarc quel mezzo, che Giuseppe Mazzini bruciava nella fornace ardente della politica - fornace che fu da lui accesa per far venire, come venne fuori. la fiamma dell' indipendenza e della libertà della patria. V. Quando Giuseppe Mazzini parla de' doveri non autorizzza, davvero, alcuno a supporre che egli ignori o voglia ignorare i diritti, che li trascuri o li reputi trascurabili. Invece, apertamente, atferma che li soppone tutti, quali sono stati conq Ltistati dalla grande rivolL1zione. Soggiunge, anzi , che <e l' idea di questi diritti inerenti alla natura umana è, oggimai, ·generalmente accettata >). Ciò non ostante, egli reputa piena d'insidie e di pericoli la scuola esclusiva de' diritti: la reputa fonte d' orgoglio e d' isolamento, d'egoismo e di discordia, di viltà e di servitù. Più particolarmente l' uomo invasato solo dei proprì diritti naturali a lui produce l' effetto d' un nobile spiantato iri perenne quanto sterile contemplazione de' suo' vani titoli araldici. Gli si accèntua l' appetito, ma non lo può soddisfare; arde di sete, ma n_on può bere: vede da lontano la luce, ma non la può trarre nel suo dominio. Ad un uomo, come Giuseppe Mazzini, che era, ad un tempo, pensiero ed azione, il diritto doveva sembrare un [me, che era impossibile raggi ungere senza adoperare il mezzo adeguato che era l' adempimento del dovere. Certamente, il diritto bisogna che sia concepito, anzi preconcepito; ma, per se stesso, nL1llavale se non interviene il dovere, con lo sforzo che gli è proprio, a conseguirlo. Ecco perchè Giuseppe Mazzini dall'indole sua è indotto a parlare più di doveri che di diritti, più di sforzi che di vittorie, più di lotta che di tranquilli possessi e di godimenti. Non a caso dice che vuol combattere il materialismo, che disanima, ed il macchiavdlismo, che rende falsi e dopp'ì. Parlando esclusivamente di doveri, imita Cicerone; dimostrando che i diritti non s' impongono da sè stessi, ma sono un corrispettivo dello sforzo individuale, fa sua l'antica e sempre nuova dottrina romana, secondo cui i diritti sono de' vigilanti, non de' dormienti: lura vigilantibus et non donnientibus succurrunt et prosunt. 111 sostanza, Giuseppe Mazzini toglie a tutti un' assai funesta illusione: quella di credere che l'ind pendenza, la libertà ed il benessere si possano godere solo che siano dichiarati. La sola dichiarazione di questi diritti non fa sì che lo straniero abbandoni il suolo della nostra patria; non fa sì che il popolo sia libero dal tiranno; non fa sì che noi possiamo soddisfare convenientemente i nostri bisogni materiali e morali. Ma non solo la scuola esclusiva de' diritti è, per Giuseppe Mazzini , vuoto orgoglio: è anche isolamento. Credi amo che i nostri diritti siano illimitati; e, invece di conciliarli con quelli degli altri accostandoci a questi, ne rifuggiamo, non ritenendo sacro, in essi, ciò, cbe riteniamo sacro in noi. Diveniamo, così, egoisti ed incivili, disturbatori della pace e fomentatori di discordie, non ci pieghiamo, ma ci spezziamo, spezzando, a volte, la nostra e l' altrui esistenza. Insomma, il diritto senza il li mite e, peggio, senza la coscienza del li mi te, è barbarie. E v' ba di più. La scL10la esclusiva dei diritti ci rende vili e· servi. Quando noi ci rnostriamo stranamente convinti che i di ritti più essenziali ci spettano senz' altro, ci sembra anormale, in caso non improbabile di contrasto, che noi dobbiamo lottare per non perderli. Allora veniamo meditando se non sarebbe più conveniente abbandonarli giacchè così caro ci costa il contendere coi nemici. Così si
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