RIVISTA POPOLARE 65 Dio d'onde il dovere? Senza Dio, voi, a qualunque sist;ma civile vogliate appigliarvi, non potrete trovare altra base che la forza cieca, brutale, tirannica. Di qui non s'esce. O lo ~vi:upp_o delle cose L~man~ dipende da una legge di provvidenza che 1101 tutti siamo incaricati di scoprire e di applicare o è affidato al caso, alle circostanze del momento, all'uomo, che sa. meglio valersene. O dobbiamo obbedire a Dio o servire ad uomini, uno o più non importa. Se non regna una mente suprema su tutte le menti umane, chi può salvarci dall'arbitrio de' nostri simili quando si trovano più potenti di noi? Se non esiste una legge santa, immutabile, non creata dagli uomini, qual norma avremo per giudicare se un atto è giusto o non è? In nome di chi, in nome di che protesteremo contro l'oppressione e l' ineguaglianza? Senza Dio, non v'è altro dominatore che il fatto, davanti al quale i materialisti s'inchinano sempre, abbia nome Rivoluzione o Bonaparte. Or comanderemo noi il sacrificio, il martirio in nome delle nostre opinioni individuali? Cangeremo, in virtù solamente de' uostri interessi, la teoria in pratica, il pri nei pio astratto in azione? Disingannatevi. Finchè parleremo individui, in nome di quanto il nostro intelletto individuale ci suggerisce, avremo quel che aggi abbiamo: adesione a pai:ole, non opere >>. E qui (voi lo vedete) piena cd intera la sfìducià nell'uomo e nelle forze umane: è, altresì, tassativo ed indeprecabilc il bisogno di ricorrere, per salvarci an,che politicamente, alle forze estraumane e celesti. E questa stesrn sfiducia, che insinua; è questo stesso bisogno, che inculca la scuola puramente teologica. Come vedremo, le conseguenze, alle quali viene Giuseppe Mazzini sono ben diverse da quelle del teologismo; ma idcn tico è il principio, da cui egli e il teologismo partono e che, insieme, professano. Ecco perchè il teologismo oppone - forse, non a torto -- che, dato qLiel principio. le conseguenze logiche sono le sue: quelle, cioè, che non esistono diritti naturali; che ogni diritto proviene dal Vangelo e che la libertà dev'· essere ridotta alle vedute dei Padri della Chiesa e de' Pontefici, nonchè alla discrezione soffocatrice del Sillabo. Invece, le conseguenze, certamente liberali, tratte dal.lo stesso principio da Giuseppe Mazzini, sarebbero, secondo il teologismo, apocrife, non scendendo rettamente dal principio con tanto calore e con tanta irreconciliabilità abbracciato. E questa specie di contraddizione rra causa ed effetto, tra principio e conseguenze, che (lo vedremo) salverà, anche di fronte alla scienza, Giuseppe Mazzini, come salverà, nel suo sistema, la libertà. Comunque, questo priò.cipio va, senz'altro, respinto, nel teologismo come in Giuseppe Mazzini, non tanto in omaggio alla vita quanto in omaggio al vero, non tanto in omaggio alla libertà quanto in omaggio alla ragione. II. Notate, intanto, uno strano contrasto, che abbiamo in casa nostra e che è assai significativo e istruttivo. In un argomento così fondamentale quale è la origine del diritto e del dovere, men tre Giuseppe Mazzini, fuori della chiesa e nel secolo XIX, è, nei Doveri del/' u0mo, esclusivam2nte teologo; Nicola Spedalieri, prete vivente in Roma cd un secolo prima, è, nei Diritti dell' uonio, esclusivamente quanto audacemente filosofo, anzi massimo rappresentante della Rinascenza iìlosofica tra noi. 11 fenomeno di questo Vanni Fucci, che, nel grembo della Chiesa, fa le fiche a Dio· coi suoi amori adulteri colla natura e con la ragione; il fenomeno di questo nuovo e formidabile cavallo di Troia, che, completando la riforma di Dante e rompendo la secolare eomplicità tra il sacerdozio e la tirannide, fa scoppiare il turbine rivoluzionario fin sotto la cupola di san Pietro, è così straordinario che,aprioristicamente,in ,contrasto con tutta una tradizione storica, si è potuto, testè, negare in base all'astratto presupposto della sua inverosimiglianza, riducendosi la tragedia alle proporzioni della farsa; ma questa renitenza degli idioti e degli impreparati a riconoscerlo è una prova di più della grandezza del fenomeno stesso. Perchè Nicola Spedalieri è il nostro Ugone Grozio con di più un altro secolo di evoluzione di pensiero, i benefici dell'indole positiva del genio italiano e, date le sue condizioni personali e d' ambiente, l' eroismo. A lui dobbiamo il nostro più compiuto sistema di Diritto naturale portato nel secolo della Rivoluzione, in cui nacque, alle estreme conseguenze rivoluzionarie. Egli, che aveva per còmpito la riforma universale, si spoglia, per edifiçare questo sistema, delle proprie credenze, dimentica Dio e guarda in faccia alla natura. Per lui, il diritto, al pari del dovere, non è, come per Giuseppe Mazzini, in Dio. ma nella natura; da essa deriva, e ne è mallevavadrice la ragione. Le nozioni morali del buono e del malo, del turpe e dell'onesto, del giusto e del1' ingiusto, non sono, come per Giuseppe Mazzini, espressione della volentà divina, ma cc sequele delle cose, esprimenti verità eterne, necessarie, immutabili>). La morale ed il diritto, pertanto sono, per icola Spedalieri, tali <e da vivere anche tra gli orrori dell'ateismo>) ; onde, secondo lui, « una società senza religione >)avrebbe sempre buoni costumi e leggi. Egli, anzi, stima <e funesta sorgente di pessime conseguenze » il porre Dio alla base del diritto e delle istituzioni giuridiche e politiche; imperocchè ( così egli dice ) « eh' ignorasse l' esistenza di Dio o non ne fosse pienamente convinto non sa- - rebbe soggetto ad una vera obbligazione naturale, nè potrebbe astringersi a riconosecre una vera legge di natura>). Mentre, per Giusseppe Mazzini, qualunque sistema civile senza Dio mena al trionfo della forza bruta, Nicola Spedalieri, contro questa forza bruta, trova il rimedio nel contratto, che regola, con le leggi, i diritti ed assicura l'armonica coesistenza di tutti. Massima espressione del contratto sociale è l'esercizio della sovranità; e, mentre Giuseppe Mazzini crede che si governi in nome di Dio, Nicola Spedalieri dimostra, con matematica evidenza, che il Governo è una pura e semplice delegazione del popolo, in cui egli fa risiedere, in permanenza, la sovranità. Anzi, egli - a cui son ben note tutte le sventure derivate all'umanità dalla dottrina teologica del potere, che è, ancora, custodita, come arca santa, dal Sillabo - la combatte con mai visto aecanimento. Gli preme <e di chiudere per sempre» - com' egli si esprime-cc la via di derivare la sovranità dal cielo >)e ciò perchè sa che, solo in questo modo, si può chiudere definitivamente, a danno della chies:1 trafficante e del dispotismo, il Medio Evo politico. Proprio quest'omerica battaglia antiteologica, che ha dell'inverosimile e che gli ha meritato da un vostro eminente e compianto maestro - lcilio Vanni-· il monumentale appellativo di « acerrimo e pugnace nemico del diritto divino», costituisce la sua benemerenza più proficua e la sua gloria più fulgida. Se è grande Laplace allorchè, parlando del moro universale, dice: <e Non ho bisogno, per ispiegarlo, della potestà divina>); è ancor più grande Spedalieri allorchè, parlando della sovranita, dice: cc Non ho bisogno, per formarla, dell'intervento divino, bastandomi quello umano» - Nè questo è tutto. La protesta contro l'oppressione, che, secondo Giuseppe Mazzini, dovrebbe farsi in nome di Dio, si fa, secondo Nicola Spedalieri, in nome de' diritti naturali offesi, de' patti violati, della fede mancata. '
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