RIVISTA POPOLARE 61 la fede _repubblicana e l'entusiasmo per Ginsèppe Mazzini. Scorso poco più di un anno e' incontrammo di nuovo in apoli, reduci entrambi dall'agro romano, dopo che a Mentana aveva avuto termine il secondo tentativo di Giuseppe Garibaldi di ridare Roma al1' Italia. C'incontrammo accidentalmente nel Caffè Testa d' Oro, dove allora conveniv~rno gli elementi più avanzati, la sera del 5 novembre dopo ch'era _stata sciolta coll'intervento della cav,1lleria una delle tante dimostrazioni clamorose contro la viltà del governo italiano che colla sua inerzia aveva permesso agli chassepots francesi di fare le sapute Merveilles sui petti dei garibaldini quasi inermi. I nostri animi vibravano all' unisono ed erano saturi <l'ira e <lisdegno contro Vittorio Emmanuele 2° e Napoleone 3°, che odiavamo ugualmente e consideravamo come4Ì peggiori nemici della nostra unità e della nostra libertà. Incontrarci, avvicinarci e unirci in amicizia, che da allora in poi anzichè affievolirsi cogli anni è di venuta sempre più salda, indissolubile, fraterna, fu tutt'ullo. Tale si mantiene da circa quarnnt'anni, attraverso ad una serie straordinaria di vicende politiche, economiche e familiari e non ostante alcune divergenze politiche, ch'erano accentuate all'inizio e che si sono alquanto attenuate: infatti Pantano era un fervente unitario con una lieve tinta di misticismo religioso, di cui dette un saggio con la brillante pueblicazione sulla discussione avvenuta nel 1868 nel Senato imperiale francese intorno al materialismo: era un mazziniano tipico. Io invece e:a un convintissimo federalista ed un ag~ostico; seguivo Cattaneo, Ferrari e Gabriele Rosa. Erano anche diversi sotto molti aspetti i nostri temperamenti, perciò più facilmente tra loro, per cosi dire, sl compenetrarono e questa diversità valse a stringere viemmaggiormente i nostri legami. Ciascuno ammirava nell'altro ciò che a Jui· mancava e che credeva di scorgervi ; cosi mentre Pantano m'invidiava la pazienza nello studio e nella ricerca, io mi credevo addirittura un essere inferiore a lui perchè mancavo della rapidità della percezione, della facilità e calore straordinario della parola, della vivacità dell'immaginazione, della esuberanza dei confronti e dei paragoni vivi e impressionanti. Ogni g:orno avevo prove della forza di queste sue smaglianti qualità, e ad ogni nuova prova cresceva la mia ammirazione pt-r lui, che arrivò al fanatismo quando nel Decembre dello stesso 1867 , .se non erro, lo sentii parlare, freneticamente applaudito, sul feretro di Raffaele Di Benedetto caduto eroicamente a Monte San Giovanni; quando mi lesse l'opuscolo 7 raditi e spergiuri, che il governo italiano si affrettò a sequestrare·, e che equivaleva ad una battaglia contro il Papato e contro la monarchia sabauda. Questa lettura m'indusse a pregarlo di convivere insieme - preghiera, che venne accettata con espansione sincera - in Napoli; dove secondo la nostra intenzione ci eravamo fermati per continuare i nostri studi di medicina e dove, invece, (onsacrammo tutte le nostre forze ad una cospirazione repubblicana che condusse me prima in Febbraio e lui in Aprile 1869 in prigione e dove restammo sino alla nascita dello attuale Re d'Italia, in occasione della quale fummo amnistiati. E fummo insieme nelle vicende della industria zolfìfera , che condusse me alL1 miseria e scosse fortemente la sua fortuna; insieme nelle proteste della Sicilia contro la minacciata restrizione della sua libertà nel 1875; insieme nel congresso repubblicano del 1878 in RQma , al Comizio dei Comizii, promosso da Alberto Mario nella stessa Roma nel 1881; insieme nd Fasciodella Democrazia e nella vigorosa camp,1gna contro la politica coloniale iniziata coll:t occupazione di Massaua e contro le infauste convenzioni ferroviarie del 1885; insiame nella lotta contro Crispi; insieme nella difesa sincera e continua degli interessi del Mezzogiorno e della Sicilia. E mai , mai , mai , in quaran t'auni di vita non platonica, ma viva e attraversata da mille incidenti, una nube venne ad offusctre la nostra fraterua amicizi:1. Fummo uniti nella vita politica per quarant'anni e la costituzione del Ministero Sonnino è venuta a dividerci ... Poichè da oggi in poi , almeno nelle manifestazioni esteriori, in politica io continuerò a battere l'antica via; egli ne batterà una nuova, nella quale trepidando. lo seguirò coll' occhio e col cuor.e facendo voti ardentissimi, che possa trovarvi quella fortuna, che pur troppo non potemmo 1ncontrare sino a quando, uniti ne percorremmo 11na diversa. Questa separazione puo diminuire di una i!-1fìnitesima parte l'affetto e la stima, che sempre nutrirò per lui? Neppure per sogno. Devo aggiungere che se tale menomazione non è, non sarà possibile, ciò si rleve non a ragioni sentimentali, ma alla profonda convinzione che io ho della rettitudine delle sue intenzioni e dell' animu suo ; convinzione che si è formata in me per lo appunto dalla lunga, quarantenne dimesticheZZél, che mi ha permesso di conoscerlo intimamente, vorrei dire sino nei più intimi meandri del suo cuore e della sua mente. Questa conoscenza mi ha permesso di seguire la lenta preparazione di quel mutamento. che a tanti è apparso improvviso, inatteso; che molti, anzi, malignamente con, iderano e dicono tale, pur non essendone convinti, per poterne fare alte meraviglie e trarne argomento, a econda del diverso colore politico, o ad ironico compiacimento o a non sentita indignazione. Per parte mia intravvidi il mutamento sin dal 1891-92, sin da quando, cioè, lo sospettai in Felice Cavallotti ; e il sospetto feci palese nell'Isola di Palermo , che dirigevo. Nel sospetto mi andai ser~1pre più confermando nelle intime espansive conversazioni e specialmente negli ultimi tempi in occasione del rifiuto del portafoglio delle Finanze oflertogli dal ministero Giolitti. Questo rifiuto con lealtà esplicitamente accertato nei corridoi di Montecitor:o da Angelo Majorana è un indice assai convincente degli intendimenti che guidarono Edoélfdo Pantano nel passo fatto testè e dell'assenza di volgare ambizione eh' era ed è in lui. Per coloro che tengono ad una speciale gerarchia nella importanza dei ministeri quello delle Finanze vale di più di quello dell'Agricoltura e Commercio; per chi va al governo per ambizione volgare o per vanità, quindi, il primo è sempre preferibile al secondo. Cosi non poteva e non doveva essere per Edoardo Pantano che nel potere scorgeva un mezzo, uno strumento per fare, per agire nell'interesse del paese. Perciò egli discorrendo con me della offerta ripetutamente venutagli soggiungeva: forse accetterei
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