Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 2 - 31 gennaio 1906

RIVISTA POPOLARE 49 e Ridete, eh? Ridete .... 1111 cavolo! A voi vi dà il cuore di ridere, se torna lassù il Cavaliere. Lo capisco bene, io! E~li vi predilige. Certi lavori li dà a voi. Un trenta casse mort11ari~ il giorno, per esempio, sono un guadagno sicuro. Lo stesso mastro Sebastiano ruppe in una risata so uorissima. e Compare, ammattite? Neppure se.-ei fosse il colera, caspita! In un paese che conta poco più di quarantacinquemila abitanti. Il dolore vi :iconquassa il cervello. Il subuglio cresceva di mano in mano. Gli strillono carichi di giornali, non vendevano più ma reg-alavano a destra e a sinistra tutti quei fogli usciti allora al lora dalla macchina tipografica, dai caratteri freschissimi ; sn pe' muri, alle cantonate, appari van1> di gran pitaffi verdi, roi!si, bianchi che contenev.ano delle insolenze ributtanti contro i disonesti, o inneggiavano con paroloni gonfi alla scrupolosa condotta degli onesti: tutta nna baraonda di lerci sguaiati e di caratteri cu bi tali, un frastuono discordante di astio, di in vidia, di rabbia. I galoppini facevano per mille. Gruppi di uomini ge.3ticolavano e vociferavan·) qua e là, senza ritegno, quali imbestialiti e qu,tli entusiasti Nelle radici della sostanza di quegli es~eri, dove si nas0ondono tutte le frenesie e tutti gli appetiti iugeniti, g'i impeti animaleschi e le impazienze feroci , là dove gongoglia in continuo bollimento la feccia che dà alimento e moto all' uomo, era un irrompere violento di tutte le forze osc,1re. Qua due si minacciavano coi denti serrati , là pioveva una gragnuola di pugni e di bastonate, altrove 8i videro due corpi aggrovigliati che ruzzolavano per terra, con le unghie conficcate nella. carne , coi denti che cercavano di mordere. Padre Culordi, per volere fic care quel benedetto latino dove non ·ci entrava, aveva toccato un colpo di bastone - che! nna clava di Ercole di quelle provate - su la schiena: ora, brontolando, si lamentava di sentirsi spezzato. Don Daniele e don Angelino non si vedevano, q nasi fossero sprofonda.ti sotto terra ; don Gigi in giro a succhiellare le pal'Olfl, ad :annusare, a veJere che tempo si apparecchiasse, n11golo ,o sereno ? Don Peppino Florina , tr<1.nquil lo nel sem hiante, ma agitatissimo nel!' interno ; l'avvocato L·rni urlava, quasi volesse subissare il paese a tutti i patti. « Un paese di cretini, salvo qualcuno! Volete sentìrlo, si o no ? Gli occhi gli si erano ingranditi nel volto nerastro. e Se il Cavaliere torna lassù , noi non potremo ricordare pel nostro partito un'onta più infame, una vergogna più grande. e Bravo! • approva.va don Ciccio Rasca. e No? q: Si, perbacco t E, giacchè ci siamo, un discorso. I discorsi dell'avvocato non erano poi dei narcotici: però, come il giusquiano, potevano fare da succe::làneo .all' oppio. Il Cavaliere, pian pianino, sempre di poche parole, tranquillamente, compariva assaporando il suo bravo ,sigaro , guardando con indifferenza a traverdo il cristallo degli occhiali, elegantemente incastrati ne' cer- •Chietti d'oro; la sua faccia conservava l' aspetto di un .muro imbiancato , e non era quindi agevole leggervi una qualche espre::isione, per quanto il sistema muscolare l'accennasse. Gli amici lo attorniavan0 nel Caffè. « Ca vali ere. e Che e' è? e Eh, qnesta voi ta è sicuro il trionfo. Scrollava le spalle, affettando impassibilità. Poi parlava a uno dei confidenti. Don Gigi veniva a raccontargli chi>.due votanti si erano azzuffati, e si erano conciati pel dì delle feste, con belle granfie da belva! Intanto faceva l'occhio pio a un bel pezzo di ragazza in s11i venti anni, dalla capigliatura copiosa e nera, dall'occhio grande e limpi-_ dissirno, il c 1i co.rpo, modellato dall'abito semplice, app~riva nascosto in parte dallo scialle di seta; aveva un color ci inca.rnatino squisito , quasi un miscuglio d latte e miele. Una donna modesta, dalla faccia increspH.ta di rughe, le teneva compagnia; fuori, impalato. attendeva don Carmelo Zanno. La giovanetta comprò dei dolci, e uscì. Don Carmelo comandò loro imperiosamente : • Ora andate a casa. Il Cavaliere e don Gigi si HCambiarono un'occhiata; quindi il primo, celiando, si accodtò a don Carmelo, dicendogli che non stava bene comandare le donne con quel garbo. • Signor Cavaliere• fec.l questi, rimanendo interdetto. e Eh via , non vi scoraggiate presto. Noi non teniamo odio per nessuno. Se Dio ci aiuta, anche voi. Potete andare. State tranquillo. Nel pomeriggio di quella giornata mastro Sebastiano s' imbattè in suo compare. e Che! Compare? « Che cosa vedete ? e Questa mattina piangevate ; ora siete così allegro! e Sentite, compare, com' è vero Dio, se il Cavaliere non torna ad essere sindaco, m' ammazzo l ♦ Ma il Cavaliere, a dispetto di tutti gli onesti, trionfò, e don Carmelo Zanno non si ammazzò. Gli onesti si sparpagliavano qua e là, dispersi dalla sconfitta, di. sordina.tamente. qua.li accecati dalla ra.bbia, quali inebetiti dal dolore, mord~ndosi le labbra ; don Angelino, don Daniele, qualche altrJ respiravano a larghi polmoni, ingrassati dal piacere, e cacciavano fuori gli artigli adunchi per ghermire la preda ghiotta della soddisfazione. Il bailamme era. stato assordante: era parso di vederl1 passare le bande pei Cosacchi e de' PanJuri. Ora ogni cosa rientrava nella quiete normale. Soltanto nei Circoli e nei Caffè si bucina va ancora. ; nel Casino dei No bili, specialmente, pareva di vedere il Congresso degli Dei su nell'Olimpo, descritto da Omero.L'avvocato Luni, sempre con la sua furia. In tutto il paese però si asseriva che, tolto il Cavaliere, nessuno in ·quel Municipio poteva fare da sindaco ; alla quale a.sset·- zione padre Culordi, di rimando : « La colpa è vostra : glie ne metteste la matassa iu mano, quando se ne poteva prendere il bandolo. Il Cavaliere, salendo le scale del Municipio con freddezza. glaciale, vaporava un gros:;o sospiro : una luce violenta si faceva nel suo spirito, la luce del dominio . Traversando le stanze si accorgeva eh' era a.tte-,o da

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