RIVISTA POPOLARE 47 Capperi! Era stato uno sbandamento bello e buono, quello lì! Tutti sbaragliati i nemici, perbacco! Padre Oulordi , con la testa pelata come una zucca, ano.ava in o-iro a simiglianza di una ·trottola· e non si potendo ,.., ' ' saziare, a tutti diceva la stessa cosa, con la mede::;ima inflessione di voce, quasi stesse all' organo. « Ohe fiasco, neh? Un fiai:-;cone! Amilcare Raxza dalla grande gioia scntrettolava come una donnicciuola « Non ve l;avevo detto io? Non ce la sbarba con noi! Don Ciccio Rasca, che in queste commedie preferiva di starsene spettatore, se ne veniva lemme letnme al Oirrolo dei nobili, volenteroso di svagarsi in quel fru fru che metteva una nota di animazione in quella vitit quieta di piccola cittf Trovava un fanatico quah,ia::ii del partito onesto, e se lo patallava per un'ora « Avet'3 veduto che faccia da flmerale ha il Ca vaiiere? ~ E chi non ia vede? La sua faccia da funerale io la capisco bene, però, io! « Ohe cosa ci capite? Vediamo! e Tutto. Il brav' uomo non ha t'orto di addolorarsi : egli ci aveva preso gusto a spadroneggiare la8:3Ù, con Ìa massima iridi:ff0rerìza, q ua':3i ste:3::ie a -èci::ia sua l Ed ora come farà? Si addvlora, l'amico! « E come faranno le s11e...... le sue belle baiadere? e. Oreperanuo ... e Con moglie e figli ..... Una indecenza, via! « Voi, parlate proprio voi? Benedicite, pad(e Uap· vellano ! Là padella dice al paiuolo : Fatti in là chè tni tingL Parecchi cieì partito caduto, col cuore gonfio di bile, nervosi, già subollivano; dirugginavano i denti, masticavano le parole· a metà, drizzando a dritta e a manca occhiate sanguigne; e, impazienti, cercavano un appiglio, un pretesto qualsiasi per rompere i u invettive o iu minaccie. Qualcuno, i1ubattendosi io uno degli onesti, ghignava, e non si ristava al prurito di volerlo mettere aUa berlina. Non manca va chi gestisse accanitamente, sugli usci del Circolo Nis:,eno, ritto ::rn la µersona, terribile cotue 1rn giudice che pronunzi una sentenza. Ma il Cavaliere , mulesca,uente , si ostinava a non darsi per vinto. Girondola va per tutto il paese con la solita compagnia, tenendo le mani uni te dietro l' osso sacro, fumando tranquillamente, benchè in verità il sigaro gli sapesse ostico. « Sono contento del risultato. Voglio vedere ciò che faranno ora. Anche questo! Don Gigi lo confortava con delle notizie fresche, odoranti come fiori che scbiudano il loro calice nella verginità del primo profumo. Oomecché gli fosse accanto, gli si accostava un altro pocolino, tenero come un amante, in un profl.u vio di seduzioni vibranti da tutta la persona; quindi si piegava in arco, e gli soffiava nell'orecchio la confidenza, la notizia, la parolina dolce. Su la faccia taciturna e nera del Cavaliere scendeva un raggio allegro che animava di luce gli occhi e spianava le rughe precoci della fro11te. Non poche volte ciò si notava davanti al Caffè Romeres, attorno a un tavolino, sul quale anche le tazze e i bicchieri parevano costei·nati, quasi percossi da uu riflesso di desolazione. Don Daniele si mangiava da sè da sè il cruccio, silenzioso come un sepolcro, con un palmo di sigaro in bocca e le mani ficcate nelle tasche dei calzoni; non diceva sillaba, e si sfogava a fumare. Don Angelino, mummificato del tutto, si teneva inchiodato 811 la sedia, con gli occhi Hmorti appuntati alla tazza con una fissità vitrea; l'enorme angoscia l'opprimeva dal capo alle piante, lo rendeva viù abbiosciato del i;olito; e se ne stava cosi, mancandogli persiuo il coraggio di voi tarsi verso il Palazzo di Città, quasi che il grande edifizio, tutto di pietra. da intaglio, spiasse il più µiccolo movimento del suo capo per sbeffeggiarlo. E i maligni, in visibilio per la soddisfazione: « Ohi paga di loro le tazze di caffè ? ♦ « Sono contento de1 dsultato; Voglio vedere ciò che faranno ora. Po' ]JO' aveva ragione a bizzeffe il Cavaliere, esternando questa curiosità intima. Egli era sicuro del fatto suo; ecco tutto; i galantuomihi del partito onesto, eneBtamente gio~ condi, lieti, sino a un certo punto si e1ano sentiti ventilare sul viso un'aura di felicità obliosa: qua!cosà di musicale cantava loro dentro 7 viù dolce dei motivi allegri che vi aveva lasciati pochi giorni µrima una comp:ctgnia di operette; l'aroma di quel µotere ambito da tanto tempo, per quanto intempestivo, li inebriava col fuoco di un forte profumo femwinile. Godevano pienamente, in una specie di febbre vul uttuo::ia. « l!,lemwa, amici cari,» pensava intanto il Cavaliere ~ Bisogna eleggere il sindaco. Qui ti voglio l Appunto! 11 fatto del labirinto, o che l'avevano dimenticato? Ohi ne conosceva le vie dubbie, le tor 0 tuosità intrigate, i 8entieruzzi avviluppati, i serpeggiamenti, i nodi, e, sopr,1 ogni altro, ]e uscite? Un laberinto più famo8o di 'l uello di Creta. Qui ti voglio! Non aveva torto l'ex 8indaco. Tutti q nei poveri galantuomini, novellini in 8iffatta materia, benchè sprizzanti di onestà come girandole bruciate, si trovarono nel pit1 bello cosi smarriti, così confusi che t11tta la loro gioia vaporò in men che non si dica e restarono impigliati, con la faccia terrificata, a girare e girare come arcoìai. S'iniziò per quella Amministrazione un periodo indefinibile: non si sc1 peva se si facesl:!e pompa di uno spettacolo emiuentemente ridicolo o di uno spettacolo eminentemente tragico. N è c'era a ridir nulla : tutta luce di sole, pur1ssima. Accadde una sfilata di siudaci tale, che il paese per poco non ne rimase schiacciato dal terrore. Davvero o per baia? • Vivaaaaa ! Vivaaaaa !.... Ohe succede ora ? Un'onda tumultnante di popolo, é!garbata come un pienone d'acqua. 81 riversa di qua, di là, e infine infila Il Uorno Vitte rio Emanuele, accelerando i passi, con una ressa fitta fitta; t 1tto un miscuglio fangoso di visi dalle tinte varie, dalla più cerea alla più paonazza, dalla più rosea al la più livida, di occhi, quali
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