Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 1 - 15 gennaio 1906

RIVISTA POPOLARE 23 animo sincero, nemico delle sofisticherie, amante della quiete. Dov'era il sindaco, ivi si vedeva don Gii.;i; tutti e due sempre uniti, in discorsi di intimità, stretti da un vincolo tenace di ardore confidenziale. Ma don Gigi non era mai assessore, non era mai consigliere, e si teneva pago di un modesto posto qualsiasi. Perchè dunque attaccato sempre alla giacchetta del sindaco, non altrimenti che se a qnella lo avessero cucito? I maligni la pensavano a modo loro: nutrendo il sindaco una debolezza speciale, una adorazione istintiva per tntto ciò che odorava di gonnella, e compiacendosi particolarmente di indugiarsi spesso in tale argomento con uno sfoggio più o meno i:;variato di discorsetti lubrici, don Gigi, che di questa scienza ne aveva anche lui il bernoccolo, era lieto di secondario quanto più potesse: a questo modo quei due cuori si erano compresi, e, in una perfetta comunione di sentimenti, passavano il tc>mpo allegramente, inneggiando alla dea Venere, smammolandosi in aneddoti che mettevano il riso alle labbra e nello stesso tempo un dolce vellicamento nel macchinismo dei sensi. Il Cavaliere, a vero di re, con don Gigi tratta va argo menti estranei agli in teressi della cittadinanza. « Dimmi un po', Gigi, che cosa hai appurato di quel 'affare ? Il bravo confidente si guardava intorno; poi, adagio adagio: « Ma se è tutto fatto! « Proprio? « Maria Santissima! Ogni sera, alle undici, possiamo andarci. ♦ Per questo fatto cosi innocente, salvo a volerlo g iu dicare di fronte alle ragioni della moglie del Cavaliere e della signora Bosetta, padre Giacomino Culordi quando imbestialiva contro i favori che il sindaco concedeva a don Gigi, scattava su : ,. È una cosa logica: quei due li se la intendono. Egli però non era un servo di Dio esemplare, dacchè tutte le fisime più strampalate solessero frullare sempre nel suo cervello balzano. L' èsimio padre , di statura bassa, appariva col viso sbarbato, il cui colore di argilla secca dava alla fisonomia un aspetto goffo di faccia incartapecorita; e, come le femmine di bassa mano, soleva dondolarsi con movimenti grotteschi nel sacco del suo indumento religioso. Il naso gli scendeva sproporzionato all' ordine delle linee di tutto il viso. Non professava nessuna devozione verso i Santi, e non si sapeva s'egli credesse o no alle cose di Dio: amava il vino, il tabacco e il giuoco a carte, scc,pone o briscola o maccào che si fosse; compariva nelle chiese a punti di luna, e si faceva vivo, spesso, nel Casino di conversazione, dove intavolava subito delle partite. Cambiava di idee e di partito, sbraitando contro i giornali paesani che non la pensavano come lui sfoggiando tutto il latino spicciolo che teneva conservato per simili circostanze nella cassa del cervello. « Avete letto nel numero di q nesta domenica •.• ? « Che cosa? « Vi assicuro io, un articolo pieno zeppo di spiritosaggini. Io gli risponderò con poche parole a modo. Responde stulto, secU,ndum stultitiam suam .. Quando meno era da aspettarsi, eccolo imbrancato nel partito contrario a q ue1lo del Cavaliere. « Perchè mai, padre Culordi? Vattel' a pesca ! Un vero bracone ; gran maestro nel fiutare i fatti altrui. Ora ciaramella va con questo, ora con q nello. I signori del pa1·tito onesto ( s' intendeva significare che q11elli del Cavaliere si componeva di disonesti ?) non si fidavano troppo in q uell' arruffone di padre. Don Michele Zalata, che in fatto di ideali aveva spaziato sempre con la fantasia nei larghi orizzonti di Montecitorio, benché i fiaschi lo avessero fatto cagliare reiteratamente, ostentava una certa noncuranza per quelle miserie di Amministrazione comunale; temeva però gli dessero l'erba cassia, e ~avorava celatamente per non sentirsi tra capo e collo ~a brutta sorpre::;a di essere posto in quarantena. I zalatani erano pochi, ma quasi tutti nervosi che parevano tanti ammalati, neppure a volerlo fare a posta. Amilcare Razza, un figuro di statura bassa e dalla voce fessa come qnel.la di un bicchiere incrinato, studiava il terreno, e quando sentiva il vento soffiare contrario, divampava come un sermento Mceso, vociferando, gesticolando : in tali momen ti avrebbe mangiato un pugno di disonesti come si mandano giù quattro anacini. « Questa volta resteranno con le mani piene di mosche > si sgola va a dire. « Il nodo è giunto al pettine > soggiungeva l'avvo cato Luni. Costui secco, lanternuto, dal volto ovale e nerastro, mostrava nei lineamenti della faccia qualcosa di più strano del scimmiesco, un miscuglio ibrido di animali primitivi. Lavorava alla sordina, avido di iinberciare bene i colpi Padre Culordi, quando era in dissapore col Cavaliere, trovava qui il fatto suo. « L'amico è spacciato > veniva a snocciolare con un pieuone di soddisfazione. « Sapete? Spacciato in tutto e per tutto. Ve lo assicuro io. Si faceva avanti Antonio Florino , una nobile , col cuore in palpiti. « Senza. speranza di ricomparire? « Senza speranza. Gli si può sonare la marcia funebre. Stiamo allegri. Allora Beppe Scopaccia, avvocato e giornalista, che faceva da amico al Cavaliere, ad Angelo Settini e a tutto il partito, raccogliendo alla furtiva queste ed altre notizie migliori, si sentiva in dovere di porre un argine al traboccare dei pericoli : i torchi gemevano , il suo giornale sudava come un cavallo bolso, egli anfa.nava annaspando a destra e a sinistra ; nè COJ?.tento,arringava al popolo nisseno, starei per dire come Giasone agli Argonauti che sferravano pel Ponto: e così, felicemente, sfoderava tutto quanto possedeva di energico nei forzieri del cervello. • Oh, staremo a vedere! Pareva ci fossero per le vie dei veltri in caccia. (cont.J LUIGI MARROCCO

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==