Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 1 - 15 gennaio 1906

' RIVISTA po POLARE DI Politica, Lettere e Scienze Sociali Hi rettore: Prof. NAPOLEONE COLA.JANNI (Deputato al Parlamento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese lt,alia: :111no lire 6; semestre lire 3,50 - Estero; anno lire 8; semestre lire 4:,50 Un numero separato Cent. 30 Amministrazione: C01·so Vittorio Emrinuele, n. 0 115 - NAPOLI Anno Xli - Nnm. 1 ABBONAMENTO POSTALE Roma, 15 Genna.to 1906 SOMMARIO: Noi: Gli avve11hnen1,I e gli nmnin1: (Il pretesto marrocchino - Elezioni senatoriali passate e prossima elezione presidenziale in Francia - I Presidenti della Terza repubblica francese - Divertimenti liberistici - Una lettera di Don Murri a Filippo Turati -- Sempre avanti - In Albania - Amilcare Cipriani contro la propria assoluzione - Per una trase sul ;1irns religioso) -- La Rivista: L'esercizio di c:;tato è insidiato? - Dott. Napoleone Colajanni: Gl' inse~namenti di un'esposizi'.1ne pro\ i1ts:ialc -- G. Carano-Donvito: Qui..;tioni vecc:1ie e Discussioni nuove - Sperimentalismo sociale - G. Macaggi: Un nuovo libro sul Mazzini - Dr. Angelo Abisso: I fattori sociali della delinquenza - Luigi Marrocco: fl Sindaco - IUvista delle ltiv1ste: Paradossi antidemocratici (Il Regno) - Le potenze europee in Asia (North Amedcan Review) - Il Giappone colonizzatore (Die Nation) - L'emigrazione tedesca (Deutsche Rundschau) - Recensioni. Raccomandiamo caldamente ai pochi abbonati dello scorso anno che non si sono ancora messi in regola coll'amministrazione di farlo colla massima sollecitudine e ai moltissimi, ai quali scade l'abbonamento a fine Dicembre di volerlo rinnovare in tempo. Preghiamo poi tutti gli abbonati ed amici lettori della Rivista a volerci procurare qualche nuo~o abbonato ed a favorirci pochi ma buoni indirizzi di abbonabili. Agli amici e abbonati della RIVISTA -----------*'------------=--- :J)rima della fine del mese ' sara comincia/a la spedizione agli ahhonafi che primi la commissionarono della ~econda {!!dizione del lihro del/' on. •ffolajanni: lkATif'1_I e AtlGlkO-SASSOtlI (~azze . . infet1iot1i e t1azze sapet1iot1i). Jj rifardo è derivalo da ragioni f1jJ03rafiche e soprafuffo dalla circosfanza che la n1ole del lihro è riuscila superiore alle previsioni: ·Questa i}econda ~}dizione ·si può considerare come un opera nuova poichè non solo il confenulo di 9uesie 4§0 pagine in formalo (8.0 grande) è il do;1pio di 9uello delle $00 pagine,· 1na è anc/ze diversamenfe disposto. e non pochi sono i capilo/i del fui/o nuovi. J nostri amici ed ahhonafi che riceveranno a parie alcune copie del/' Jndice analitico di: lk&tini · e Anglo-sassoni sono caldanzenfe pregali di dislrihuirle fra gli studiosi dei più imporlanli problemi contemporanei loro conoscenli.

2 RIVISTA POPOLARE GLI ftVVENIMENTI e GLI UOMINI Il pretesto marrocchino. - Il giorno 16 si riunirà il Congresso di Algeciras nel quale si discuterà dai rappresentanti dell'Europa e degli Stati Uniti la quistione del Marocco. Di questa quistione ci siamo occupati parecchie volte e sanno i nostri lettori come fra i diversi contendenti noi siamo di parere .... contrario. In massima non potremmo essere di accordo con alcuno dei grandi ladroni internazionali , che in nome della civiltd o, più modestamente, dei lfgittimi inte1·essi del proprio paese vogliono privare il Marncco della propria indipendenza per civilizzarlo ; cioè : per poterlo sfruttare comodamente. Ma se noi non possiamo approvare le pretese francesi ed inglesi, molto meno possiamo trovare giustificabile la condotta della Germania, che colla calata del suo imperiale Tartarin a Tangeri creò un pretesto per potere venire ad una nuova p;uerra colla Francia o almeno farle subire una umiliazione e para1izzare l'effetto morale che la repubblica aveva conseguito stabilendo una vera entente co1·diale coll'Inghilterra e coll' Italia. E questa , checchè si possa ·dire sui fini .remoti di revanche che gli si attribuirono, fu l' opera buona del Miuistro Delcassé. Abbiamo parlato d'interessi, che servono di pretesto per intervenire nel .Marocco; ora tali interess'i vengono rappresentati sopratutto dagli sJambi commerdali. I quali nel 1904 furono i seguenti : Importazioni Esportazioni Comm.totale Inghilterra. L. 32,288,000 12,412,000 44,700,000 Francia .. )) 17,028,000 5,045,000 22,073,000 Germania )) 3,808,000 8,767,000 I 2,575,000 Belgio .• )) 2,889,000 26,000 2,915,000 Italia .. l) I, I 24,000 9 I 5,000 2,039,000 Spagna l) 839,000 6,668,000 7,507,000 Altri paesi ll I ,896,000 4,937,000 6,833,000 L. 59,872,000 38,770,000 98,642,000 La percentuale del commercio totale è per l'Inghilterra del 45 °/ 0 , per la Francia del 22 °/ 0 , per la Germania del 13 °/ 0 , per la Spagna del 7 °/ 0 , per l'Italia del 2 °/0 • Gli Stati Uniti, che hanno voluto prendere parte al Congresso sono compresi tra gli alt-ri paesi, cioè hanno minimi interessi nel Marocco. Ma essi accampano uno speciale diritto in nome della civiltà: essi ricordano che quando l'Europa subiva la pirateria dei musulmani della costa settentrionale dell' Africa, appena nati nel mondo politico , mandarono la loro piccola flotta a debellare i pirat~ e si fecero riconoscere dei diritti e dei privilegi , che dicono sempre esistenti e che realmente non furono mai abrogati. Gl' interessi della Francia , ad essere giusti , sono maggiori di quelli r.he appariscono dalla percentuale del commercio totale. Questo è solamente calcolato in base al movimento dei porti di ma.re - Tangeri, La• rache, Rabat, Casablanca, Mazagan, Sa:ffi, Mogador e Tetuan - ma la Francia per mezzo dell'Algeria raddoppia: per lo meno la sua percentuale aggiungendovi gli scambi per via di terra. Di più: tutti i torbidi politici o religiosi del Marocco si ripercuotono sinistramente nell'Algeria; e al Marocco sono impiegati non pochi capitali francesi. I maggiori interessi francesi nel Marocco sono, adunque, di una evidenza massima. Le ragioni della Francia sono state esposte con chiarezza, sobrietà e dignità nel libro giallo pubblicato da Rouvier e nelle dichiarazioni fatte alla Camera, che raccolsero il plauso generale e che suscitarono soltanto un po' di malumore, molto platonico, in J aurés e nel gruppo socialista. Rouvier con molto tatto riusci a dimostrare la malafede e le male intenzioni della Germania; ma i modi adoperati furono tali , che il Tartarin non potè lamentarsene; sicchè nella sostanza la Francia sul terreno diplomatico si presè la rivincita dello scacco subito licenziando il Delcassé. Come risposta al libro gin.llo francese è venuto il libro bianco tedesco. Un fiasco colossale! L'argomento giustificatore della calata tartarinesca a Tangeri è que. sta: la Francia per mezzo del suo ambasr,iatore Renè Saiat Taillaudier si disse mandataria dell Europa presso il Sultano del Marocco. Come si prova l'asserzione? Riferendo le parole pronnnziato dal Sultano, che aveva tutto l'interesse a fare bisticciare l'Europa per farla da terzo gaudente tra i due litiganti! L' intonazione del libro bianco tedesco è pacifica. Meno male ! Le pubbliche manifestazioni dell' Europa e l' intervento de~di Sta.ti Uniti al Congre:;-,o di Algeciras lasciano facilmente comprendere che in fondo la vittoria rimarrà alla Francia; sebbene nella forma si cercherà salvare capra e cavoli; questa ipotesi viene anche con· fortata della nomina del rappresentante italiano on. Visconti Venosta, in sostituzione del Silvestrelli, che si supponeva ligio alla Germania. Della sostituzione, quindi, bisogna dar lode al nuovo .Ministro degli Esteri, on, Dì San Ginliano. Sono state queste previsioni commentate largamente nella stampa e nelle sfere politiche che hanno messo di malumore la Germania ufficiale, che in qnesto caso rispecchia. i sentimenti del mondo borghese terlesco; d' onde il linguaggio minaccioso della Post di Berlino e della Vossische Zeitung, che ha provocate risposte vibrate del Temps e di altri giornali francesi. Se i rappresentanti dei maggiori Stati di Europa daranno torto alle pretese Germaniche, che ha ragione solo in quanto domanda la po1·ia. aperta ai propri prodotti nel Marocco, come ci auguriamo, l'Imperatore Tartarin dovrà rassegnarsi a non fare la guerra e cercherà altri pretest,i che la prndenza della repn bblica e lo spirito pacifico della Fran1·ia non gli darà; lo speriamo almeno. Intanto qu::1.ndosi pensi ehe per un commercio totak che non arriva a 100 milioni al1' anno dovrebbero fare la guerni almeno tre nazioni- }' Inghilterra, la Francia e la Germania -il c11i commercio totale ammonta ad oìtre quarantacinque miliardi, in verità c'è da impa;,;zire. Colla pace sic1ira e continuata in un mese solo gli sca,nbi tra la Francia aumenterebbero certamente di più di 70 milioni; cioè di più del doppio di quanto esse non scambino in un anno col Marocco. Dieci miliardi quanto almeno costerebbe una guerra di un anno in Eur0pa rappr~- senterebbero la somma di cento anni di commercio totale del mondo intero col Marocco .... E non mettiamo in conto i danni diretti e indiretti che da una guerra europea vorrebbero a tutti i popoli civili. Si arriverebbe a cifre spaventevolmente fantastiche. Chi potrebbe calcolare la perdita delle vite umane? Questi sono i motivi, non sentimentali, che ci fanno guardare con orrore ad una guerra, che sarebbe scelleratissima se venisse determinata da un futile pretesto come la q uistione del Marocco. La clas:ie lav(tratrice, su cui infine ricadrebbe tti tto il peso della guerra dovrebbe porre il suo veto in modo perentorio e sbatacchiarlo sul viso ad Imperatori, a Re ed a Presidenti di Repubblica. ♦ Elezioni senatoriali passate e prossima elezione presidenziale in F1·ancia. - Le elezioni pel Senato Francese, che si rinnova per un terzo, ogni tre anni quest'anno avevano una speciale importanza: dovevano dare l'indicazione degli umori dèl paese sulla avvenuta separazione tra la Chiesa e lo Stato,

RIVISTA POPOLARE 3 Il fatto in un paese liberissimo ed a suffragio universale costituisce davvere un indice quasi infallibile di tali 11mori. I ri-mltati sono tali da confermare che la Franeia approva ~,ienamente il gran,ie avveuimento. Qalche posto perdettero i radicali; ma altri ne g11adagnarono i partiti, che fanno parte del blocco repubblicano e in Senato per la prima volta entrano due socialisti, uno dei q iali, il Flaisl:lière, divellne abbaHtanza noto come sindaco di Mar::;ig-lia. Le elezioni senatoriali quest'anno avevano un interesse m: ggiore perchè il Congresso deve nominare il J8 gennaio il Pref-.idente della Repubblica per il futuro sette11nato, che ('omincerà il 18 febbraio. I reaziollari enino forti. per l'alleanza di alcune frazioni del partito rei ubblicano elte uella. CR mera non hanno .i pprovato l'alleanza wi Socialisti e la politica di Combe:-;, che cond1:sse alla separazione. Le elezioni senatoriali hanno scongiurato il pericolo di uu trionfo dei nemici della repubblica. i quali soccomberanno per nna cinq 11antina di voti. I pericoli che potrebbero correre le istitnzioni, del resto sarebbtro remoti e indiretti, poichè l reazionari non hanno osato di mettere inuanzi nn candidato proprio nnlirepubblicano, ma hauno IUanifestate le proµl'ie simpatie e la propria alleanza per un candidato schiettamente repubblicano, ma antisocialista e.d antir.ombista, il Doumer. Il quale ha delle qualità non comuni ed ha jl torto vero di scimiottare un poco l' lmperialisrno di Roosevelt e di avere acrettato l'appoggio dei nemici della repubblica: appoggio che si è palesato replicatamente colla elezione alla Presidenza della Camf'ra dei Dep11tati. Se il Doumer, Ci)me pare assai difficile, riusc,s::;e non ci sarebbe da temere molto dal proprio imperiali~mo, perchè la Costituzione della repubblica fraucese è ben d1vrn;a da quella della repubblica 11ord-americana e non aceorda alcnn potere al Preside11te. Ne fa un piccolo porco settenn:1le, che fonge da e.ipo dello Stato, ma non gove1·na. Pen:iò Bjomson ed altri transfughi del repubblicanismo di Norvegia ebb1::ro ragio, i' d. d ,,. t,' v i.1 J?,,1111'.;, e' J una 1·epubblica mo11archica. Data q 11esta costituzione si carii:,ce che i C,llldidati alla repubbli<:a non abbiano diritto e dovere di fare un µrvgrnmrna, come avrebbe desiderato il socì;,Jista Turati. Il farlo avrebbe dato la parvenza di ussnmere delle arie imperialiste sem · plicemente ridicole. Noi ci Riamo occu patì al tra voi ta dei difetti e dei pregi di questa Oostit 1zione; aggiungiamo soltanto che j p'regi deri vallo delle partif'ol~ri cundizinni della Francia dove e auc01a forte il militarismo e ::;ono viYe le tradizioni e le influenze imperialiste. Il candidato cli' è quasi sicnro di rinscire è il Senatore Fallières, di saldi8sime con viuzioni repubbiicane e che gode della fid ncia dei repubblicani e dei socialisti. Si fanno i nomi di Com bes, di· Bourgeois, di Deschanel, di Rouvier; ma non hanno alcuna probabilità di raccogliere un discreto numero di voti, ammeno che la lotta tra Fai! ieres e Donmer essendo troppo viva all'n ltima ora non si venisse ad una transazione sopra un nome, tra i meno combattivi e che suscitano meno sospetti e meno paura tra i diversi partiti. Loubet sarebbe stato rieletto forne senza competitori; ma egli non ha voluto saperne di una seconda Presidenza. Questa sua detern1inazione merita lode ed am~irazione perchè non capita ogni giorno trovare uommi, che rinllnz.iano agli onori ed al milione e 250 mila lire all'anno, che )a Pre::iidenza della Repubblica in Francia assicura I ,er sette anni. Il rifitito va notato particolarmeni.e i11 Italia dove l'arrivismo e la pezz:enteria politica S}Jingono molti a far moneta falsa - in quanto a cambiar casacca è cosa troppo nota e se ne hanno esempi scandalosi ora nelle persone di De M<trims e di Mira - pur di arrivare ad essere sottosegretari di Stato a diecimila lire all'anno ... I Presidenti della Terza repubblica francese. - 1.0 Adolfo Thier.-i. Fn eletto ad una·1imità il 17 feb braio 1871. Era orleaui~ta; ma quando vide l'impossibilità di una restaurazione monarchica si converti sinceramente alla Rep 1bblica. La durata della sua caric<1. non .era determinata e l'Assemblea dei 1·urali lo li cenziò il 24 maggio 1873. Thiers aveva. detto: li repubblica sa1·à conse1·vatrice o non sarà. Ma egli era troppo sinceramente repubblicano, benchè conservatore, per riuscire gradit·J ai reazionari. 2.0 Il Maresciallo Ma,ì Mahon. Era l'u,)mo della rea· zione e venne eletto il 24 maggio 1873, con 390 voti. contro 1 dato a Grevy. La sinistra si era astenuta. La sera della elez.ione Ma,e Mahon si recò da Thierti per domandargli se doveva a'}cettare o ri tiutare. Thier::1 rispose seccamente: « Maresciallo vi h) dato spes,;;o dPgli ordini, mai dei consigli. " Mac Mahon era un sioeero reàzionario; come tale costrinse il ministero Jules Simona dimettersi il 16 mag· gio 1877. Lo sostituì il ministero Buffet che fece le elezioni famose condotte da Gambetta pel partito repn bblicano. Le elezioni dettero nel 1878 la maggioranza di 363 vot.i ai repubblicani. Gambetta aveva posto il dilemma al Presidente: dimettersi o sottomett~rsi. l'Yiac .Mahon che non volle ricorrere alla forza, for.::1eper la viltà del famoso Conte di Chambord, si dimise la sera deì 30 gennaio 1879. 3.0 4.0 Jules Grevy. La stessa sera in cui si dimise Mac Mahon si riunì il Congres:;o e nominò J ules Grevy con 563 con voti contro 99 dati al generale Chansy, 5 a Gambetta, 1 al Generale De Lfl-dmirault, 1 al Daca di Aumale e 1 al Generale de Gallifet. Spirato il manda.to, il 28 Dicembre 1885 Grevy, 11110 dei tre Jules che nella Camera dei Deputati-gl1 altri due erano J ules Favre e J ules Simou- avevano combattuto soli contro l'Impero venne rieletto con 457 voti contro 68 a Brisson, 14: a de Freyecinet e 10 ad Anatole de la Forge. Due anni dvpo la Camera dei deputati in un modo solennP, e severo co::itrinse Grevy a dimettersi solo perchè il Genero \.Vil~on aveva commesso delle pic~ole porcherie. 5.0 Oarnot. Il 3 dicembre 1887 giorno delle diillissioni di Grevy ri procedette all'elezione del successere. La canditatura di Jnles Ferry aveva le maggiori pro·· babilità; ma egli era impopolarissimo, odiato dai parigini. Contro di hi si agitarono i sobborghi di Parigi; i manifestanti percordero le strade al grido di Viva la repubblica I Abbasso il Tonkinese ! Le trnppe furono cònse~nate e l'Hotel de Ville si armò. A primo l:lcrutinio i voti si divisero così : Carnot 303 Ferry 212, generale Saussier 148, de Freycinet 76, generale Appert 72, Bri8sun 2·,, Floquet 5, Anatole de la .Forge 2, Felice Pyat 2, Pasteur 2. e Spiller 1 Ferry era battuto e ritirò la propria candidatura. Al i:,econdo scruti uio Carnet fu eletto con 616 voti., contro 188 al generale Saussier ed altri dispersi. Carnot era uomo mediocre; ma di rigidissima mo· rali tà; e in q nel periodo era una garanzia necessaria. Sotto la sua presidenza fu atterrato il boulangismo. I suoi poteri stavano per terminare quando egli fu assassinato a Lione da Caserio. 6.° Ca8imiro Perier. Il Congresso fo con vocato il 26 giugno 1894, immediatamente dopo l'assassinio di Carnot. La sed11ta per l'elezione durò appena .due ore Perier fo nominato a primo scrutinio con 451 voti contro 195 a Brisson, 97 a D I puy, 53 al generale Trovier e 22 ad Emmanuele Arago. Perier combattuto dai radicali e dai socialisti era impopolare perchè rappresontfmt,e la bancocrazia. Dopo varii incidenti e dopo appena un anno di Presidenza egli più cbe dimettersi scappò dal\' .Eliaeo il 15 Gennaio 1895. 7. ° Felix Faure. Per la sua nomina ricominciò la lotta tra la destra e la sinistra. Faure fu eletto al se-

4 RIVISTA POPOLARE condo scrutinio ron 430 voti contro 361 a Brisson. Nel primo scrutinio Brisson ne aveva avuto 338, Faure 224 e Waldeck Rousseau 184. Waldeck Rousseau desistette in favore di Faure. Si dice che sognasse di divenire Imperatore! 8.0 Emilio Loubet. Eletto il 18 Gennaio 1895 con 483 voti contro 279 a Meline e 23 a Cavaignac. I reazionarii visto che colle vie legali non potevano abbattere la repubblica ri.cor:,1eroalla cospirazione e alla violenza ; ma i tentati vi finirono in una farsa indecente · e si ridussero all'ammaccamento del cappello di Loubet per opera di un mascalzone do1 rato, il barone De Christiani. Le trnppe che dovevano fare il pronunciamento e favorire il colpo di mano de Deroulede non si mossero. Si mossero i socialisti e il popolo di Parigi, che fecero scorta di onore a Loubet e tolsero la voglia ai reazionari di farsi vivi un'altra volta. Loubet fu accusato di panamismo, ma la sua presidenza è stata delle più oneste e delle più corrette. Sottò Loubet ebbe termine lo scellerato antidrey~ fusismo. ♦ Divertimenti liberistici. - Un bravo giovane, che mette fede, entusiasmo, intransigenza nella difesa del liberismo è rimasto certamente amareggiato dal1a riproduzione dei brani dell'nltimo libro di Vilfredo Pareto , in cui opportunamente si fa la distinzione tra l'homo oeconomicus e l'uomo reale e si conchiude contro l' intolleranza e il dogmatismo liberista. Egli ha cercato conforto riprodueendo altri brani dello stesso Pareto , uei quali si biasima severamente il protezionismo e riferendosi all'articolo pubblicato dalla nostra Rivista nel N.0 del 30 novembre scri've: e Da q nanto abbiamo riportato si vegga se per i protezionisti il Pareto ha risparmiato le sue sapienti e vigorose scudisciate e se ad es~i o a noi e ha assestato sulla. dura cervice sante legnate. » Il suo 1·elativismo economico non infirma il PRINCIPIO del libero scambio ..... • Ma bravo, bravissimo! Eccoci in perfetto accordo. E chi ha mai infirmato in q11este colonne il PRINCIPIO del libero scambio? Qui si sostenne, ad esempio, che l'Inghilterra aveva tutta la convenienza a sacrificare l'agricoltura ed a mantenersi liberista; altra volta si disse che si avvicinava il momento in cui il liberismo si sarebbe imposto come un buon affare alla Germania. Un inglese, il Rider Haggard dopo di noi, ha intravvisto il momento pauroso per l'Inghilterra, in cui sarebbe stata una necessità per essa di tornare alla protezione della propria agricoltura ..... Ed il momento pare vicino. Sarebbe stato possibile dieci anni or sono il ciamberlanismo ia Inghilterra? Il mutamento delle condizioni suggerirà il mutamento · del regime doganale. Tutto questo corrisponde a quel relativismo , a quello sperimentalismo economico , che noi abbiamo sempre caldeggiato e eh' è. stato combattuto con molta dose di fanatismo e qualche volta con un buon pizzico di rnalafede dai liberisti, che pappagallescamen tè ripetono ciò che scriveva Bastiat sessant'anni or sono e in condizioni assai diverse dalle presenti. Ciò che Pareto scrive in difesa del PRINCil>IO del ]iberismo, in nome di un' astrazione, in nome del- }' homo oeconomicus non ci ri~uarda o meglio l' accettiamo. Ma Pareto - e qnesto il bravo giovane di cui ci occupiamo dovrebbe far conoscere ai propri amicicon onestà rara e con coraggio rarissimo le legnate sante le ha assestate esplicitamente a sè STESSO condannando la confusione fatta altra volta tra l'uomo reale e l' uomo ideale. Il sullodato bravo giovane commette poi una sciocchezzuola-non vogliamo dire una innocua malignitàconoscendo i nostri metodi polemici scrivendo, a proposito di un brano di lettera direttagli dallo stesso Pareto e da lui pubblicata: « mettiamo pegno che i protezionisti -- noi -- che hanno tentato di attaccare l' on. De Viti e i liberisti citando brani di un' opera del Pareto, non accenneranno mai a queste parole. > Queste parole, che dovrebbero farci paura eccole: Caro Professore, (1) Ottimo il discorso dell' amico De Vi ti, che elb, con ottimo consiglio ha pubblicato. Mi creda. sempre suo aff mo Vilfredo Pareto Le abbiamo riprodotte anche in grassetto per far piacere al bravo giovane, cui vogliamo bene ; aggi un• giamo, per accrescere il suo <'OmpiRcimento che ci associamo alla lode del Pareto al De Vit.i 'pel ·suo atteggiamento ostile al modus vivendi. Poteva il Pareto non lodare il De Viti, che dava nn ·calcio ai suoi dogmi e alla sna intransigenza liberista. e dava prova di aver messo giudizio? E potremmo non lodarlo noi per lo stesso motivo? Se ne convinca il giovane nostro amico: noi vogliamo, non la morte, ma il sincero pentimento dei peccatori. Lo abbiamo detto altra voi ta, e lo ripeteremo sempre. ♦ Una lettera di Don Murri a }1ili ppo 1'urati. - -L'ultimo nmuero della Culii1,ra sociale pubblica questa epistola: 011,. T,A,rati, ella avrà certo seguìto con i11teresse le vicende della recente elezione politica del collegio di Muntagnana. Non so che cosa ne abliia pensato: io, io non mi aspettava, a cosi breve distanza dall'altra mia, un caso si tipicamente illustrativo delle osservazioni di q nella lettera. La rovina del collegio politico di Montagnana data proprio dalla conquista di quel municipio da parte dei socialisti. Quei buoni figliuoli si diedero subito ad una lunga serie di piccinerie aoticlericaìi; fra l'altro, scovarono la lotta di classe e il parassitismo horghese !!.in nelle canne dell"organo ctella collegiata e sospesero il magro assegno dull'organista, sicchè l'organo tacque: e si venne a 1111 punto che il parroco fn indotto a lasciare la sua chiesa e il paese. Gli animi si esasperarono e la reazione venne fulminea; e un mio carissimo amico, il sac. Maletti, sollevò l'indignazione del paese contro l'amministrazione popolare, che alla prima occ.Asione fu cacciata via dal m un ici pio vergognosamente. Venne roi la ,norte del socialista on. Carazzuolo; e nel collegio vacante, contro la candidatura dell'amico e collaboratore suo Ivauoe Bonomi, sot·se quella del professore Stoppato. Lei saprà il res~o; saprà che uno dei nostri migliori propagandisti , G. Bertiui, andò - non dico che facesse bene - a combattere Bonomi e sostener..., Stoppato; saprà che anche il Bonomi fu nauseato cldl'intolleranza socialista, e che egli ebbe una solenne disfatta, per i vot; dei cattolici. Così voi avete perduto ancora un collegio, ed in luogo di uno dei vostri migliori, al ~uale anche io avrei volentieri dato il mio voto, uno dei più autentici - ed anche dei più autorevoli - 1·app1·esentanti del conservatorismo veneto se lo è visto, senza grande fatica, cadere sulle braccia. Se ciò vi sta bene a voi socialisti, 10 non ho nulla a ridire. Ma mi permetta, on. Turati, di dolermene, se non per gl' :nteressi del sig. Satanasso, dei quali io sono cattivo giud,,:e, per quelli del proletariato di Montagnana e per la causa dèlla democrazia. • R. Murd Abbiamo riprodotto questa lettera del valoro~o apostolo della democrazia cristiana perchè il caso d1 Montagnana si riproduce spesso dove i socialisti s' impadroniscono dei municipi; e ciò avviene, a tutto _loro danno, non solo per la intransigenza e pel fanatismo che spesso li caratterizza, ma anche e più di frequente (1) I puntini n1m li mettiamo 001, ma il bravo gic vane che pubblica la lettera del Pareto.

RIVISTA POPOLARE 5 per la ignoranza delle leggi e dei doveri. Essi , forse come reazione contro le condizioni passate, hanno ipertrofizzato soltanto il bernoccolo dei diritti. ♦ Sempre avanti! -- La pubblicazione nella Revue di J ean Finot di alcune lettere di Giuseppe Mazzini possedute dalla signora Dora Melegari ha dato occasione a giornali, che fino a questo momento non si erano- accorti delle grandi virtù di colui che riposa a Staglieno, di sciogliergìi un inno. Quanti amarono e venerarono Mazzini vivo nulla hanno da apprendere da questo nuovo epi8tolario proprio n11lla. Molto invero possono sempr0 apprendere qu_anti lo perseguitarono v1vo e lo calunniarono fino a ieri. Noi vogliamo riprodurre un piccolo brano di una di queste lettere dirette a Luigi Amedeo Melegari - uno dei tanti passati alla monarchia e dalla monarchia ricompensati - in cui falliti i tentativi di rivoluzione, che si davano per sicuri in Napoli egli scrive della assegnazione delle responsabilità. Ecco come quel gigante spiegava la propria attitudine, che lo fece passare sempre per un J.>azzoo per uno scellerato, mentre era un uomo che sacrificava sempre il proprio nome p11r di non nuocere agli altri e sopratutto ali' Italia ed alla causa, cui si era vota.to : « Essi hanno imposto le loro condizioni , noi le nostre ; hanno annunzi~to alle varie congreghe l' insurrezione generale e ora non fanno niente. Chi farà credere agli Italiani che noi non siamo degl' impostori, che non abbiamo divulgata a bella posta la notizia del1' insurrezione per metterli alla prova ? Essi saranno gl' infami e sembrerà che siamo noi ... Voi direté agli increduli, lui era il solo, lui era il despota e concentrava tutto -nelle sue mani e s'è ingannato, ma noi non siamo responsabili dei suoi errori. Dinanzi a me due vie s'aprono; la prima consisterebbe nel pubblicare tutta la loro corrispondenza ; tal mezzo mi discolperebbe, ma coprirei di onta gl' Italiani e non lo farò. L'altro è di morire senza discolparmi dinanzi- a quelli che ignorano le cose; ma mi sottrarrei alle sensazioni dolorose che mi torturano da tutti i lati. Sceglierò questa via; ma se posso, morirò armato e nella mia terra natale ..• ». ♦ In Albania. - Ci scrivono da Giannina e noi pubblichiamo senza aggiungervi una parola di nostro: « Vi scrissi come era arrivata tra noi una commissione partita da Oostantinopoli per verificare i danni della scuola valacca di Vovussa, bruciata da bande di briganti greci con l'aiuto ela connivenza del Valydi questa città. La commissione composta di Hassan Bey J ussuf Lenan pascià , e di Myrutaz Bey , interrogò i maestri di· scuola volacchi come e perchè non andas - sero ad aprire la scuola, e questi risposero: « abbiam paura che il Valy ci mandi i briganti greci per assassinarci >. E gli ispettori di rimando: « Il Valy scrisse a Costantinopoli che qui non esistono valacchi, e che la scuola non la bruciarono i greci, bensi gli stessi paesani; che non vi furono mai briganti o bande greche , ma i briganti e traditori sono soli i maestri di scuola». Ed essi: « Sono invece i briganti greci che ci avvisarono con lettere , minacciandoci , perchè non facessimo più uso della lingua. valacca: inoltre il Valy chiamò tutti del paese e chiese di che nazionalità fossero; risposero: « siamo valacchi», ed alcuni solo non risposero per paura del Valy , che tiene le parti dei Greci più che i Greci medesimi. Insomma si scopri che il Tartaro Valy è Grecomane, e tutti dicono che il Tartaro questa volta non la scamperà. Per un intera giornata la commissione si chiuse dentro col segretario e dopo sei telegrammi diretti a Costantinopoli venne la risposta in cifre, perchè essa si reca1:1seimmantinenti ad Ildz Kiosk per iradè del Sultano. Dietro tale or- . dine la commissione partì per Preveza e quindi si portò a Stamboul. Non sappiamo che cosa rispose al Sultano, il Tartaro, genero dei Greci, ma si sa di sicuro che egli scrisse al Naso-grosso (Sultano) anche questo, che, cioè, i greci che sono in questi luoghi, sono i più fedeli al1' Alto Trono, e se così non è mi crederò anche io traditore dell'Altezza Vostra! Che, dopo i Valacchi, anche gli Albanesi ortodossi di q 11estoVilajed vorranno distaccarsi dal Patriarca, cosi la potenza dei Greci q ·1ì avrà un gran crollo, e ciò è molto pericoloso per l'Alto Governo di V. Altezza ... ! Tutto ciò (dissemi un funzionario di Costantinopoli) è verissimo. Come i greci videro tutto ciò che il Valy fa a loro favore, indirizzarono una supplica al Governo in questi sensi: e Vogliamo mandare i nostri figli nelle scuole musulmane> e alcuni paesani greci col perwesso del Patriarca indirizzarono nna supplica chiedendo degli Ogia musulmani (preti musulmani). L'idea del Tartaro Valy è appunto qneHto, di dire cioè al Sultano: « Ecco: questi sono i cristiani a te fedeli! E quali di questi mai hanno chiesto degli Ogia musulmani? E poi anche nelle scuole musulmane imparano soltanto in materia di fede, e perciò poscia essi si faranno musulmrt.ni ! ., O fratelli Albanesi ! non vedete dunque che cosa fanno i greci, quanta politica usano, come· lavorano n0tte e giorno per annientare la nostra razza!? E se i Greci si impadroniranno di questi nostri monti, di queste nostre valli , di queste nostre colline , non vi adontereste voi? Non versf. te veruna lagrima? Gran vergogna per noi se gli stranieri calpestera11no le tombe dei nostri padri , dei nostri antenati ! Alle porte ci è arrivato il malanno, e noi dormiamo! Il Tartaro Valy di Giannina vien menato pel naso dalle p.... e greche, e specie da una sua favorita, chiamata Tomburdelo. Costui è un Tartaro, diplomatico maledetto. Il Sultano prende moglie ogni anno, ed il Tartaro ogni mese con donne e ragazze greche. * ~-.,,, Gli abitanti di Lnma ·da: parecchio sono in rivolta contro l'autorità del S111tano, il q11ale mandò contro di loro Scemsì Pascià. Il telegrafo dice che un intero battaglione turco fu distrutto. Notizie da Scopia dicono cosi: e a Luma gli albanesi uccisero molti soldati e Costantinopoli fece rimostranze a Scemsì Pascià perchè fece distruggere un intero battaglione. Il Console di Serbia a Scopia (Uslrnb) mandò a Scemsì Pasci!\ 12 mila franchi, ciò per l'interesse che ha la Serbia di abbattere gli Albanesi di Kossow. E' di sicuro che gli Albanesi di Luma t~sero un ag · guato e con grande impeto distrusdero 650 pedoni dell'esercito turco, e 70-80 cavalieri con t11tti i cavalli; degli Albanesi morirono pochissimi. . Scemsì Pascià è di nazionalità. serba , e molto contrario all' elemento albanese ». ♦ Amilcare Cipriani contro la propria assoluzione. I giornali quotidiani hanno pubblicato i risultati del processo contro Hervé e contro gli altri socialisti e_d anarchici che pubblicarono il famoso manifesto antimilitarista. Fra ventotto accusati J ue soli furono assolti la signorina Nurnielska ed Amilcare Cipriani. La condanna ha un certo valore come indice della opinione pubblica , perchè il reato venne ammesso dai giurati e non dai gi-q.clici togati. Si assicnr_a che l'assoluzione di Cipriani si deve al fatto che il s~o antimilitarismo è relativo e che egli non nega la difesa della patria, per la quale sotto la moncwchia ~a combattnto in Italia e che egli ha difeso la Francia contro i Prussiani. Cipriani, che aveva dichiarata la propria solidarie~à cogli altri accusati è rimasto addolorato della propria assoluzione ed in segno di protesta ha ripubblicato colla sola s11a firma il manifesto incriminato. Noi crediamo che questo suo atto può essere inter-

b RIVISTA POPOLARE pretato eo·ue una inutile blagite; tanto più che riteniamo sia ~tata giusta e doverosa la distinzione fatta dai giurati francesi tra chi a fatti ha mostrato di saper difendere valorosamente e militarmente la patria e chi ha dichiarato che lasl'erebbe invadere il proprio paese dallo straniero se11za opporgli resistenza. Il contegno di Amilcare Cipriani davanti il giudice istrnttore prima e dinanzi ai giurati dopo fu quale pote vano farlo prevedere i suoi precedenti: dignitoso, fiero. sprezzante. All'indomani de!l' ns30Juzione venne intervistato da un redattore della Peltte npublique, di cui è ·collaboratore ordinario e spiegò tale sua condotta. Dall'intervista crediamo opµort11no riprodurre le parole che egli pronunziò innanzi ai giurati, ad onta della oppodizione del Presidente delle Assise: e Io parlerò ad ogni co:-;to; nessuno può i1opediri11i di prote- tare contro un simile giudizio eh' è tm onta, una infamia. Voi avete esitato, voi non avete <'Sato assnmere tutta intera la vostra responsabilità; voi avete avnto paura e la vostra viltà appare dalla mia adsol uzione. > « Ho dichiarato innanzi al giudice d'istruzione che io avevo collaborato al manifesto e l'avevo firmato con piena conoscenza d1 causa e mi dowando q,1ali souo le ragioni che hanno potuto farmi iugiuriare in tal maniera, µercbè que1:1ta assoluzione è un insulto cbe respingo con indignazione. Nulla ho fatto per attirarmi le vostre grazie, i vostri favori. Nullo ho chiesto. nulla attenuato: io respingo dunque con indignazione questa deci 1,ione di favore. > E noi ripetiamo: egli ha torto a non voler riconoscere la. causa della propria assoluzioné ; essa risiede nei t:iuoi atti nobili. generosi e militarmente coraggiosi, che valgono assai di più delle pm·ole che potrebbero sembrare una e8plosione rettorica. Superfluo aggiungere che noi crediamo che sia. stato un errore la condanna di Hervé, Nei reati di opinio ue, se tali reati possono esistere , la condanna deve darla sol tanto la pubblica opinione. ♦ Per una frase sul virus religioso. - Nell'articolo del Prof. Vaccallitzzo: Pe1· Dante e pe1· la Dante Alighien:, che fo tanto bene accolto, in una nota, e' era una frecciata all'indirizzo del Prof. Giovanni Nicolo8i, il cui libro l:!Culastico sulla 11forale civile veniva denunziato collie infetto da virus 1·eligioso,settario e intollerante, percbè vi si diceva che non può esse1·evero amico chi è frretigioso. Il .Prof. Nicolo8i ci manda uoa lettera di risuosta indirizzata al SllO avversario in cui si vnole fare in tendere che la definizione del!' Amicizia di cui si è. valso per arrivare a quella conclusione è quella di S. Agostino e di Cicerone, di De Sacy e di Ari1:1totile e si fanno altre distinzioni tra 1·eligione, Ù'1'eligione, si discute sulla fede ecc. Noi, quantunque la risposta sia abbastanza sproporzionata al la nota pubblicheremmo la lettera del Nicolosi se egli rispondesse all'accusa più grave del Vaccalluzzo eh' è quella di avere affermato, a proposito di un monumento a Cavour che menfre il mondo innalza montimenti alla sua memoria, l'anima sua b1·ttcia nell' in/e1no. Su q ue::3to il Nicolosi tace ; ora il suo 8ilenzio dà il significato alla sua definizione sulla Amicizia. Questo silenzio ci ·dice che il Nicolosi è un cle1 icale e nemico d' Italia. Perciò non pubblichiamo la 8Ua rettifica NOI Per esuberanzttdi materiale siamo costretti a rinviare al numero prossimo la bella prolusione al Corso di Filosofia del Diritio nell' Università di 'R....omadel Pro f. G. CmBAU: Giuseppe Mazzini e la filosofia del dovere. L'eserciziodi Stato è insidiato? Il problema che maggiormente attira l'attenzione del pubblico in questo mome11to è qudlo ferroviario. Non riguarda come, tu Lti sanno, il modo di esercizio, poichè questo nodo fo troncato in un colpo per necessità di cose, anzichè per co. ciente azione diretta ed indiretta <lei governo e del paese. Si divènne al1' eserciziodi Staio non gia percbè i partigiani del1' esercizioprivato avessero disarmato, ma perchè non ci fu tempo e modo di organizzare quel lo privato. I governanti, specialmenti Zan:udelli e Giolitti ebbero una grave responsabilità: parteggiavano, con particol:1rità il primo, per l'esercizioprivato e non ebbero il coraggio di mettere la quistione netta men te perchè sapevano che la maggioranza del paese e della Camera erano di contrario avviso. Un solo uomo politico di molto v,-t1ore, l' on. Carmine, convintosi della impossibilità di venire a tale solL1zionesi dichiarò per l' eserciziodi Stato ed a tempo debito consigliò di prepararlo. Ma coloro che avevano il dovere di prepararlo nicchiarono sempre; e i arrivò, contro il chiaro disposto di leggi e <liimpegni solenni di ministri dinanzi al Parlamento, alla vigilia della cessnioue delle convenzioni del 1885 seuza nulla, proprio nulla, avere disposto e preparato, tanto che si temeva e si sospettava che il governo agiva in mala fede pa farsi costringere a lasciare le ferrovie nelle mani delle Società private, il l. 0 luglio 1905. La legge provvisoria, tumultuariamente discussa e votata in aprile 1905 fo il prodotto della minaccia dello sciopero dei ferrovieri ; e le dichiarazioni precedenti del Ministro Tedesco assicuranti che ad un cenno del Parlamento lo Stato poteva assumere l' esercizio delle ferrovie e farlo procedere regolarmente, a fatti risultarono una blague disastros,1mente ridicola. Tali dichiarazioni, fatte le debite proporz10111, rassomigliarono alle incoscienti assicurazioni date dal Maresciallo Lebeuf alla vigilia della guerra franco-prussiana. Tutto è pronto ! egli aflermò ; e a fatti si vide che: tutto mancava... A che ne siamo adesso dopo sei mesi di esercizio di Stato tutti sanno: i treni non arrivano più in orario e i ritardi costanti non si misurano a minuti ma ad ore; le merci o non partono o arrivano quando Dio vuole e quando-com' è il caso delle ±rutta, <legli ortaggi e di certi latticini freschi - si sono già guastate e perdute del tutto o depreziate; nelle stazioni tra merci che non partono e merci che non si scaricano c' è un ingombro spaventevole, i11tutti- negozianti, industriali, viaggiatori per aflari, tomistes - c' è un profondo malcontento. Si maledice a squarciagola l' esercizio di Stato e molti che fino al 1.0 luglio 1905 n'erano con vin ti sostenitori non esitano oggi a cantare le lodi più sperticate dell' esercizioprivato. Gl' innegabili, gravissimi inconvenienti che si deplorano e che cagionano tanti incomodi e tanti danni sono insiti all'eserciziodi Stato in sè e per sè? ne dipendono e stanno in rappotto di causa ad efletto? Non mancano alcuni che affermano tale relazione e ci sono sapienti molto a bunn mercato e molto disinteressati, che si fregano le mani ed esclamano: Lo avevamonoi previstoI Or bene, l' esercizio di Stato è tanto responsabile di . tali sconò

RIVISTA POPOLARE 7 che in Cermania, in Austria, in Ungheria, in Francia, in Svizzera e, sino alla vigilia dell'anarchia politica attuale, in Russia esso ha funzionato splendidamente dando risultati benefici per le finanze pubbliche e pei privati. E' notevole il risultato della Svizzera, perchè ivi l' eserciziodi Stato vige da poco tempo, da due o tre anni per certe linee e dall' oggi all' indomani, proprio come in Italia, sostitui l' esercizio privato. Ma in quella piccola repubblica, che i nostri omenoni spesso deridono perchè non sanno quel che si dicono, il passaggio da un sistema all'altro fu discusso, studiato lungamente e preparato sapientemente. In Italia, in questa grande potenza che deve guardare sdegnosamente la minuscola repL1bblichetta, avvenne .... quello che avvenne. Se l'eserciziodi Stato non h~1dato risultati cattivi, anzi li ha dati ec~el lenti, dapertutto, bisogna ricercare quali sono le cause speciali che lo hanno fatto fallire in Italia per eliminarle nella misura del possibile e non per pensare pazzescamente di tornare indietro all'esercizioprivato dando in mano del capitalismo l'organv più importante per la vita economica della nazione. Esaminiamo rapidamente le cause dell' attuale disservizio , come sono state esposte in alcune circolari del Ministero dei lavori pubblici e del Direttore Generale delle Ferrovie e in alcuni articoli di giornali; tra i quali in una lettera assai notevole da Milano all' Economistad' Italia ( n. 31 ~ic. 1905). 1.0 Ministero e Direttore generale misero innanzi a spiegare il disservizio ferroviario, il disastro delle Calabrie. Migliaia di ·vagoni furono eccezionalmente consacrati a soccorrere .la sventurata regione e furono sottratti al commercio e ai viaggiatori ordinari; i vagoni destinati alle Calabrie ebbero e dovevono avere la precedenza e produssero un enorme ingombro in tutte le stazioni; i guasti delle linee calabresi resero inevitabili i ritardi, sopratutto perchè tutto il mezzogiorno, da Napoli in giù ha ferrovie ad un solo binario. Nessuno può negare la realta e la importanza di tale causa di perturbazione profonda ed anche generale - sino a Venezia ed a Torino per contraccolpo. Aggiungiamo che fino ad un certo punto le conseguenze di quel perturbamento straordinario, imprevisto ed imprevedibile, dovevano durare anche dopo cessata la sua azione diretta ed immediata, perchè nell'organismo sociale come nell'organismo individuale i disturbi circolatori non vengono eliminati interamente e immediatamente dopo eliminati i motivi che li determinarono in un dato punto. E' doveroso avvertire, però, che gl' inconvenienti si erano già lamentati , sebbene in misura minore prima del disastro delle Calabrie e che in tre mesi ci avrebbe dovuto essere tutto il tempo possibile per farli cessare interamentè o limitarli esclusivamente alla regione calabrese. 2. 0 Si dice che l' ingombro straordinario delle Stazioni, con tutte le sue conseguenze, deriva da un eccezionale rigoglio nella produzione, nel commercio, nella vita economica del paese a cui erano impreparate le ferrovie. L' effiorescenza economia davvero eccezionale è innegabile; è confortante; è tale da fare crepare di bile i jettatori del liberismo ,.,~e cantano le nenie funebri all'Italia, che avrebbe dovuto essere ammazzata dal protezionismo. Ci sono le prove dirette, statistiche, di questo straordinario jncremento nella vita economica del paese: 1.0 nel1' aumento delle entrate ferroviarie; 2. 0 nel!' aumento veramente magnifico delle nostre importazioni ed esportazioni. Anche su questo c' è da fare delle riserve. Il rigoglio economico non cominciò a data fissa, il 1.0 luglio 1905. Era visibilissimo anche prima e lo negavano per fanatismo soltanto i liberisti suaccennati. Tra lo sviluppo economico rapido e il disservizio ferroviario c' è sempre sproporzione ; ma dato che proporzione vi fosse, sarebbero sempre da condannare severamente i nostri uomini politici, i quali non seppero o non vollero vedere che era necessario provvedere a rinsanguare gli organi , a sviluppare opportunamente gli strumenti, i mezzi indispensabili per fare funzionare comodamente gli organi della vita economica. Se il piede cresceva era da pazzi volerlo costringere entro una scarpa antica più stretta. 3. 0 La necessità di provvedere allo sviluppo dei mezzi-trasporto in corrispondenza dello svilup!)O economico del ~Jaese era stata avvertita da antico tempo ; era stata anche esagerata artificiosamente, maliziosamente dalle società private che esercitarono le ferrovie fino al 30 giugno '905 per il loro tornaconto. Le società avevano interesse diretto ad esagerare perchè in grazia delle balorde convenzioni del 1885 esse dovevano esercitare le ferrovie coi materiali di proprietà dello Stato. Ad esse giovava esercitare con grande numero di vagoni; ad esse giova va avere a disposizione 1000 vagoni dove ne occorrevano 500 o 700. Avendone 1000 i vagoni restavano vuoti nelle Stazioni del regno in attesa di un carico che rendesse util~ per l'azienda il loro movimento da un punto ali' altro ; avendone 1000 a disposizione non vi era bisogno di affrettare il carico e scarico delle merci e si potevano fare notevoli risparmi nel personale destinato a tale bisogno. L' averne 1000 a loro disposizione, lo ripetiamo, alla Società non costava il becco di un qu,1ttrino, perchè era lo Stato che a sue spese doveva fornirli. Ed era anche lo Stato o le famose Casse patrimoniali sempre vuote che doveva provvedere non solo ai vagoni per merci e viaggiatori-o alle macchine, ma anche allo sviluppo td alle riparazioni pi~ importanti degl' impianti fissi - stazioni, rotaie, ecc. Questa convenienza delle società private a speculare sull'abbondanza dei vagoni e delle macchine, che dovevano essere costruiti o presi in affitto dallo Stato venne luminosamente dimostrata <la un modesto e intelligente ferroviere, Paolo Morbelli, nella 'Rjvista popolare (30 agosto e 30 novembre 1905) con dati di fatto inoppuguabili e con comparazioni internazionali tolte dai prezio~i volumi dell' Inchiesta Saporito. Una persona della cui competenza nessuno dubita, l' on. Carmine in seguito alla lettura del secondo articolo dovette riconoscere che il Morbelli in gran parte aveva ragione in quanto alla deficienza di vagoni; gliela negava per .le macchine e per gl' impianti fissi là cui deficienza è reale e non artificiosa. Le macchine non sono soltanto deficienti per numero; ma anche per qualità: sono vecchie di tipo e sciupate in buona parte.

8 RIVISTA POPOLARE Date le convenzioni del 1885 non comprendiamo certe accuse che si fanno al le Società di non essersi ' fornite di materiale sufficiente e buono. Ma se il materiale per l' esercizio e ora di proprietà <tlello Stato!. .. Le Società protestarono sempre per averne dell'altro (1). Coll' Esesciziodi Stato cessava la causa che induceva le Societù a denunziare la deficienza dei carri; ma non si provvide sufficientemente al personale di carico e scarico. Ad ogni modo qualche cosa si e fatto dalla Direzione Generalé' per la circolazione più rapida e per la sollecita distribuzione dei carri vuoti. Ciò che si e fatto, naturalmente, e riuscito incompleto per la fretta con cui si e provveduto e per le cause di perturbamento dianzi accennate che paralizzarono in parte i provvedimenti. Ad ogni modo la deficienza dei mezzi di esercizio non e sorta il 1 ° 1 uglio ; preesisteva all'esercizio di Stato, anzi era esagerata pei cennati motivi dalle Società private. Era tanto esagerato che nella ne · cessità di spendere da 700 milioni ad un miliardo in vagoni, macchine ed impianti fissi, si trovò se111pre lfn argomento formidabile per dil'endere l'esercizio privato e sconsigliarè la denuncia delle convenzioni del 1885, quasiche in forza delle stesse convenzioni non fosse spettato anche allo Stato l'obbligo di spendere quella ingente somma ! Tale deficienza nei mezzi di esercizio delle ferrovie era, dunque, anche nota prima del lvglio 1905; fu discussa ampiamente alla Camera nel 1900, quando si autorizzarono le compagnie a costruire buon numero di vagoni - ci pare 1000 - anticipando esse la somma su cui lo Stato pagava gl' interessi e provocando diverse pubblicazioni, tra le quali notevoli quelle dello Spera. Rimane , perciò , agli uomini che ci governarono, e sopratutto al ministro Tedesco, la grave responsabilità di non avere provveduto in tempo , come ne avevano il dovere : il sistema dello eserciziodi Stato non vi ha alcuna colpa ; e l' inconveniente sarebbe rimasto tale e quale colla continuazione delle Convenzioni del 1885 che dettero alle società private gli utili e allo Stato e alla Nazione i danni. · 4. 0 Le tre cause finora menzionate non hanno l'importanza isolata che a ciascuna di esse, da vari gruppi e per vari interessi viene assegnata; da sole non spiegano affatto il disordine ferroviario ; nel1' insieme lo spiegano in buona parte. Nell'effetto finale rappresentato da una forza come 100, se 10 si assegnano al disastro delle Calabrie, 20 allo svi1 uppo rapidissimo della vita economica e 30 alla deficienza dei mezzi di esercizio , noi abbiamo con molta probabilìtà trovate per sei decimi la ragione dei gravi inconvenienti che tutti deploriamo. Si deve lasciare al caso, allo ignoto gli altri quattro decimi? No , la parte del caso e cioe della causa ignota sa-- rebbe troppo grande. La corrispondenza dell'Economistad'Italia ci mette sulla via per continuare la ricerc,1 e l'assegnazione delle ré'sponsabilita. Riproduciamo integralmente qualche parte dì essa. 5. 0 <( Da sei mesi, oramai, scrive l'anonimo abbonato <lella rivista romana, diecimila chilometri delle nostre ferrovie sono esercitati direttamente dallo ( 1) Dal testo di una interpellanza presentata dall' on. ingegnere Goglio si rileva che egli non crede come il Morbelli, alla deficienza dd materiale rotabile. Stato, che ha avocato a se la gestione delle e\-reti : adriatica (meno 2200 chilometri circa, rimasti ancora alla antica societù delle Meridionali), mediterranea e sicula. Il pubblico deve aver notato che, nei primi due o tre mesi l' esercizio di Stato provocò minori lagn.rnze di quelle che ora si elevano in· ogni centro commerciale, dall'un capo all'altro della penisola. La spiegazio1Je e facile. Nei primi mesi durava provvisoriamente l' organizzazione delle vecchie reti. La direzione delle ferrovie dello Stato aveva idealmente diviso in tre zone del!' Est, del Nord e del Sud, i diecimila chilometri di binari, e i treni correvano e si susseguivano secondo le norme e sotto l' impulso dei centri direttivi lasciati dalle vecchie società. Durava, insomma, per qu:mto difettoso e un po' turb,no dalìe novità della direzione suprema, il solito andamento. Senonche invece di prender tempo per acclimatare , diremo cosi, il vecchio col nuovo sistema, e preparare gradatamente il passaggio alla riorganizzazione completa, si volle con fretta, forse, eccessiva, spiantare i pochi centri direttivi ed amministrativi funzionanti da molti anni, per impiantare le nuove e più numerose Direzioni comp~1rtimentali, amalgamando in essa funzionari provenienti dalle diverse ::mministrazioni precedenti, compresi i funzionari del!' ex Ispettorato Generale i quali non avevano la pr,uica necessaria del servizio attivo. Era necessario farlo; ma lo si fece in fretta, un po' caoticamente, onde lo spostamento riusci ed ancora, in _parte, riesce troppo detestabile : il vecchio andamento abitudinario è cessato d'un tratto a data fissa ; il nuovo non funziona bene , poiche coloro che dovevano farlo andare, non per anco affiatati, talvolta gelosi e diffidenti gli uni degli altri, non sono ancora perfettamente padroni del meccanismo amministrativo>>. « Questo, per altro, e un male di carattere transitorio; sotto l'impulso abile, energico, equanime del Direttore generale, l'affiatamento degli elementi diversi dovrà avvenire sollecitamente, speriamo , e va, difatti compiendosi a gradi >>. A queste osservazioni aggiungiamo che buona parte degl'inconvenienti derivano da quel personale dell'ex Ispetton1to Generale che nulla di buono seppe fare in 20 anni, che fu attaccato vivamente da Pantano in Parlamento e non fu potuto efficacemente difendere da Genala che l'aveva creato; che e stato cortesemente criticato da recente dalla Tribuna e che ha avuto il coraggio di protestare contro queste garbate critiche rimettendosene ai giudizi sempre favore-voli che sull'opera sua ottenne dalle autorità competenti, cioe dai ministri. E non si nega che i ministri, spesso incompetensissimi - bravi avvocati spessissimo! - li abbiano giudicati favorevolmente; ma e il paese che ha trovato quasi sempre pessimi e i ministri e i fon- . . z10nan. Si deve aggiungere a tutto questo che il Direttore Generale Bianchi non pote avere in tutto mano libera nel distribuire le cariche; ma che. non sempre fu felice nell'assegnare le funzioni. Qualche errore gli si può rimproverai e; ma attenuanti ge-. nerosissime gli vanno accordate perche solo un Padreterno onnisciente e onnipotente potèva tutti evitarli nella organizzazione che dovette improvvisare appena nominato. 6. 0 L'abbonato dell'Economista continua: « Ma

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