702 RIVISTA POPOLARE per lo Schirò, cui professo la prn grande stima, e che solo si è lasciato pigliar la mano dall'amore per la sua terra d'origine. Pare che il parlar d'Albania debba dare idee poco rispettose per la casa di S~voia:Jl Mantegazza, Dio. s~ perchè, fa fare una ben tnste figura al re; lo Schuo espone il conte di Torino a farne un'altra. Le illustrazioni del volume si riducono allo stemma di Scanderbeg, ai ritratti di illustri Albanesi ... e a quello del conte di Torino. Che c'entra chiederete voi? Ecco: l'A. afferma che il conte di Torino sa dare i comandi mili tari in albanese ; e fa capire che egli e, forse gli Albanesi d'Italia, desidererebbero che esso cont; divenisse il loro principe: qualche cosa come il principe Giorgio di Grecia .P~r l'isola di C_reta. Parrebbe anzi, leggendo lo Sch1ro, che quella sia la segreta volontà della nazione. Ora se lo Schirò è al corrente di questo segreto piano 'mira~ola:1te, come cred~ conv.eni_ente, di P.ropalarlo cosi, a1 quattro venti, e, po1che non esiste (per fortuna!) è bene compromettere delle persone in cui l' A. mostra di aver fiducia, senza che esse lo sappiano, senza che esse (almeno a questo _pu~t1~ di vi-:- sta) lo meritino? Io non lo credo, e,.m1 dispiace ct1 dirlo ho notato con vero dolore come 11grande amore per gli ·Albanesi di Albania abbia .P?tuto spingere persino una persona come lo Schuo a un tale assurdo. No, non è assoggettandola, all'Itali~, in un modo qualsiasi, che si fa il bene dell'Alba111a; non è mettendole sulla braccia la gatta da pelare dell'Albania da civilizzare e da mettere in · condizioni di rendere, che si fa il bene dell'Italia o dell'Albania; ma andando sul posto a vedere amorosamente quello che c'è e adattando poi il farmaco alla malattia. E nessuno meglio dello Schirò può cominciare, tra gli italiani di origine Albanese, quell'opera meritoria. Vn TORIO RACCA La ~estaEsposiziocnte'ttrte a Yenezia III. LE SALE REQIONALI La mostra Bistolfi - La sala piemontese: Grosso e Biscarra - Le sale venete: Selvatico - La sala emiliana: Graziosi - Le sale lombarde: Mariani - La sala toscana : Nomellini ·- · Le sale meridionali : Balestrieri e Ximenes - La sala romana: Apolloni. Molta e grande ed alta e profonda poesia pervade la Tribuna, dov' è collocata la mostra complessiva di Leonardo Bistolfi, comprendente i calchi di quasi tutti i suoi monumenti, i disegni o le fotografie degli altri, e vari bozzetti, statuine, busti e targhette: la poesia della morte veduta attraverso il dolore e l'amore, non attraverso la superstizione e lo spavento; la <e bellezza della morte >>, ben più e meglio compresa e fatta comprendere qui, in questa affermazione totale d'una vasta anima d'artista, che non nella singola opera che ne portava il titol9 senza giustificarlo abbastanza in sè stessa. Arte ideale, dunque: ma arte ideale vera e sana, cioè che ha la sua base legittima nella forma plastica, deHa quale il Bistolfi, artefice di prim'ordine innanzi tutto, conosce e possiede i segreti più delicati, le più riposte potenze; e che dalla forma estetica pura trapassa però al sentimento, per la via naturale del magistero dell'atto e del gesto dell'occhio e del labbro; e che dentro al sentimento racchiude il pensiero; e che oltre al pensiero trasvola nel sogno, nella contemplazione, nell'estasi, nella visione. A me, che altre volte, e per singole opere, rimasi poco o nulla persua!)o da questa personalissima arte bistolfiRna, ora, presa nel suo insieme la sua produzione imponente, essa fa un'impressione strana e composita, quasi contraddittoria e paradossale, ammirativa e riluttante insieme, consenziente e diffidente ad un tempo: attraverso alla piena sincerità dell'inspirazione, che mi conquista, io sento in questi gessi un non so che di voluto, di manierato, che mi raffredda: certi ritornelli di deliziose testine muliebri, piegate tutte ad un modo sui soliti gracili òmeri, certe rime scultorie, di.rei quasi, d'altre teste arrovesciate in abbandoni un pò isterici od alte e superbe in disdegni e in isfide, certi occhi socchiusi in raccoglimenti teatrali certe labbra strette in silenzi enigmatici, certi pudichi, ma anche leziosi stringimenti di spalle, certe mossette di braccia sottili e gentili, certe piegature, squisite, non nego, di gomiti e di polsi e di nocche, certi intrecci di dita, certe pieghe di panni , certi svolazzi di veli, e poi quella profusione di fiori, di grandi fiori simboli ci, sparsi e assiepati dovunque, tutto ciò, dico, costituisce una tale esuberanza di pregi, una tale prova di valentia tecnica dell'autore, da riuscire, almeno ai miei occhi, un difetto, e da parer quasi un'ostentazione. Qualche singola opera, tuttavia, e proprio tra le più recenti, va immune, o quasi, da tali mende: non conto i ritratti (che si capisce) se non per notare la grazia vivace di quello, davvero squisito, in forma di targhetta, di UNA BAMBINA;ma segnalo particolarmente IL FUNEHALEc,he incornicia la porta della cappella sepolcrale della famiglia Hierschel: magnifico bassorilievo quasi piatto, poco più d'un graffito, ridotto ai soli tratti essenziali, figurante una lenta, mestissima processione di figure in profilo, ravvolte e tacite attorno alla bara su cui si disegna appena la rigida linea della morta, con un effetto di suggestione patetica e sacra, che veramente dà i brividi. Così, nella C~ocE, l'ultima opera del Bistolfì, non rimane traccia del suo vecchio stile, se non nella dolce biondirn1 eh' è al centro del forte gruppo addossato al piede del monumento; ma di chi sono le altre nove figure? D'un nuovo e più gagliardo Bistolfi? Non oserei dirlo. A me, il monumento par fatto in collaborazione da lui, da Rodin, da Bartholomè, da Meunier, da non so chi altri ancora: rivela, cioè, lo studio profondo, l'intima comprensione, l'assimilazione perfetta, di questi maestri, ma non la loro fusione e trasformazione in qualcosa di diverso recisamente da loro, e perciò personale ancora ed autonomo. Pjù omogenei, più puri di stile, ma, naturalmente, più molli e più affettati sono invece i due grandi gruppi RESURREZION(Emonumento funerario Bauer) e L'OLOCAUSTO(monumento funerario Crovetto), nei quali la modellazione è così delicata e femminile da diventar quasi voluttuosa, e il pensiero così peregrino e profondo da riuscir quasi un indovinello: il che, per -noi profani, per noi ignoranti, è un altro difetto l'roppo frequente nell'insigne scultore subalpino. Del qùale, come già dissi altrove, a proposito d'una delle Triennali di Brera, pure LE SPOSEDELLA Mow,rE, che hanno così ammirabili particolari, trovo rese antipatiche da certi atti, scontorti, sforzati, falsi, ciò che si ripete, per esempio, anche in una recente LAPIDE SEPOLCRALEe in una delle figure della targa crematoria LA FIAMMAc, he pure è concepita genialmente, e nella quale la morta, serena e bella, si trasfigura nel fuoco che l' investe , e si fa tutt' una cosa, pura e sublime, con esso.
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