Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n.23 - 15 dicembre 1905

RIVISrA POPOLARE (come si fa a non citarlo?) che vien da questa aspra voce italo-americana e cerchiamo in essa il vital nut,rimento. Difender tutti gli accusati dalla terribile requisitoria di X, non è possibile, nè io ne ho la voglia, tanto più che per molti la difesa sarebbe proprio disperata. Lasciamo perciò al loro àestino il Commissario d'emigrazione, il persona 1e consolare, la Consulta, il Oommendator Malvano, rnons. Scalabrini e gli altri, e restringiamoci al principale acc11sato, Dante Alighieri in persona: il grande colpevole, che non ha soltanto il torto di perseguitare gl' italiani in patria, pervertendo la scuola, istnpidendo la gioventù e imponendo, nel seeolo XX, con l' a11torità. del i:mo 11ome, tutto l'ancien régime della cultura arcaica, dt.lla scuola al parlamento; ma ha an.:he il torto di perseguitarli fin nelle lontane colonie con la Dante Alighie1·i ! In breve: « Se non vincete Dante nella scuola, non farete mai avanzare d' un passo la cultura e la vita moderna>; Una condanna cosi aperta e assoluta contro Dante non era stata finora pronunziata : e sì che da Oecco d'Ascoli al Bettinelli, al Voltaire, che per fortuna lo mise nella buona compagnia di Shakespeare, fino al Goldsmith, a lord Ohesterfield, al Walpole, e ai più recenti, il Paston.chi, il Sergi, il dottor Stokmann ecc., . I c'è una discreta letteratura antidantesca, come ce n'è una antiomerica, antishakespeariana: fenomeno naturale dello spi rito umano nell'eterna lotta tra l' antico e il moderno Dante è antico, si sa; sebbene non q11anto Omero e Virgilio; ed ò logico che dopo essersi gridato: abbasso il g1·ecoed il latino I si gridi ora: abbasso Dante! Soltanto non so perchè qnest' opera iconoclastica non si respinga, per es., fino a Michelangelo e a Raffaello, e percbè non si cominci una campagna per la r.hiusura dei musei e deJl~ pinacoteche. Ohè l'arte una è; e se si nega una qualunque virtùedncativa nella moderna vita sociale all'arte d'ispirazione ~ristiana, la condanna colpisce tanto la letteratura quanto la rlastica: nell' nna e nel1' altra lo spirito nostro ha bisogno di ammirare , di contem_plare, di studiare altre forme d' arte, altre concf zioni, altri ideali - nella scuola e nella vita. Il rimedio della morte improvvisa di tutti insieme i dantisti e i manzoniani d'Italia, augurata da X, non gioverebbe. Dantisti, dantofili, dantologi e dantomani risusciterebbero e farebbero peggio di prima. Bisognerebbe colpire più in alto ... Ma come si fa a sopprimere Dante? Per quanto lo torturino, la sua fortuna segue quella della naz1one e già trascende i termini patrii e non fa, secondo la bella espressione di F. D_'Ovidio, che salire e sormontare, q11ale un gran fiume in piena. Ora, tutto questo movimento ideale attorno al nostro maggior poeta , in tutto i I mondo ci vile , non può essere fittizio. non può essere una forma di sport intellettuale esotico ed indigeno; ma è indizio sicuro della universalità del suo genio. Questo poeta municipale, che il Lamartine chiamò « personnel et locai>, si sÒlleva alto, come poeta d~lle anime, nella sfera dei gran ii poeti umani. Accanto alle statue di W. Goethe e di V. Rugo, in Roma, non pot.rebb_e stare che la s11a: ogni al tra non potrnbbe esserne che il piedistallo. E all'amico Sno, il quale osserva che • nel pensiero vivo degli Stati Uniti non c' è traccia di Dante>, si potrebbe rispondere che non ce n'è di nessun altro grande scrittore; e che le tracce e i solchi, che nello spirito umano segnano gl' intelletti sovrani, sono indelebili e invisibili. Pure si potrebbe affermare che nè il principio dinamico delle nostre lettere risiede nella Divina Comedia, nè la traccia di Dante è così presente come si crede nel pensiero vivo della terza Italia: il nostro mondo SGientifico e politico si muove fuori dell'orbita dantesca. L'arte stessa, che fu sempre impregnata di spiriti e. forme del oattolicismo, ora tende a liberarsi e a rinnovarsi nel contatto fecondo dalla nuova vita sociale ; e già il braccio muscoloso del minatore e l' nmile zappa del contadino hanno avuto il battesimo dell'arte: arte sociale e democratica, di cui il recente congresso artistico di Venezia è stata una bella prova e una bella promessa. Come opera dottrinale la Comedia è dunque un mo numento solitario, il domo e la tomba del Medio Evo; e, tranne l'idealità civile e la gloria del volga're, nulla più avanza di esso. L'Impero, il più bel sogno di Dante, non accende più nessnna speranza - la scolastica è morta e sepolta con fra 11ommaso d'Aquino - la scienzl\ dei cieli la capovolse Galileo - la scienza di Dio la minò nelle fondamenta Darwin - la morale Haeckel. Ma Dante resta : Muo1· Giove e l' inno del poeta resta. Pur non tutto è morto; e di quel 111ondosopravvive a sè stessa la Ohi~sa senza asce~i, il Papato senza Roma, la vecchia lupa insaziabile nell'a sua magrezza. Ma Dante, questo terribile cattolico, che non fa. presentire nè Amleto nè Faust in nessuna delle anime che si affacciano all'eternità, è stato virtualmente per il Papato e per. la Chiesa. di Roma 11n nemico quanto Lutero ; e nella tradizione nazionale egli è l' assertore del diritto del laicato contro il clericato , dello Stato contro la Chiesa. Di lui, se non il pensatore, sopravvive il poeta e l'uomo. Il poeta che ebbe l'anima vibrante per tutte le cose e per tutte le voci, plasmatore di anime viventi e parlanti. come in una grande commedia umana, con l'imp1"onta della più schietta umanità, - che primo segnò in un grande monumento nazionale i confini della. lingua - luce nuova - e della patria, fino a Pola, p1·esso del Qum·naro Che Italia chiude e suoi te1·mini bagna ; e primo ebbe, per quanto indistinto, il sentimento di un'anima nazionale di cui f'gli fo il vincolo ideale, per il quale la pove1·aItalia ( scriveva 65 anni fa Tommaso Carlyle) esistevacome nazione più della muta Russia, anche quando come tale non compariva in nessun trattato o protocollo. L'uomo che non s01·risemai, sublime nell'odio e nell'amore, nei superbi disprezzi e negli accesi entusiasmi, nell'orgoglio e nel la pietà; e più che altro poeta, · sempre presente nell' 01,era s11a, più che 110n Omero, Ariosto, Shakespea1·e, Goethe, più anche che non quella \

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