Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n.23 - 15 dicembre 1905

66+ RIVISTA POPOLARE z10m considerevoli; nei primi 10 mesi del 1903 sopra un totale di 4,234,000 ettolitri fìgur:1rono i vini di Algeria per 3,271,000; di Tunisia per 27,000; d' lta_lia per 55,000 e della Spagna per 691,000. La qualità scadente dei vini prodotti in grande quantità dai vitigni americani spiega come la im_: portazione si mantenga ancora relativamente considerevole; ma la eloquenza delle cifre ammonisce che a parità di condizioni il vino italiano non può fare concorrenza al vino spagnuclo in Francia. Di prù i 691,000 ettolitri di vino spagnuolo entrato io Francia in concorrenza ~i quello di Algeria, che entra con tariffa di favore e che in genera le ha le stesse qualitù di quello spagnuolo dànno la misura della potenzialità nella concorrenza di quest' Llltimo. E si compre,1de che la Spagna che ha bisogno, cot1te qui coùte, di esportare un terzo della propria produzione, cioè ci rea 7 milioni di ettolitri all' anno , a misura che si restringe il mercato francese deve fare sforzi erculei por trovarne qualche altro. D' onde l' impegno straordinario che ba messo per ottenere la clausola della nazione più favorita nel modus vivendi coll'Italia, come risulta dai documenti comunicati dal governo alla Giunta dei trattati. Se, com'è sicuro, il vino spagnuolo col dazio di L. 12 può penetrare in Iulia la depressione che eserciterebbe sui prezzi non andrebbe misurata dalla quantità importata, poichè in un mercato saturo del prodotto in discorso , com' è r italiano , la pressione del prezzo è molto più che poporzionale, come in tempo di carestia l'elevazione del prezzo, specialmente pei prodotti di prima necessità è superiore a quella che dovrebbe essere se fosse in proporzione della deficienza. È evidente del pari, che se la concorrenz:1 riuscisse a deprimere i prezzi di una data qualità di vino il ribasso inevitabilmente si ripercuoterebbe su tutte le altre qualita. Il ribasso poi che in un primo momento verrebbe avvertito nel mezzogiorno e in Sicilia, che producono molto più vino di quello, che consumano, poco dopo si avvertirebbe im tutto il resto d'Italia; e la stessa Toscana, che si mantiene nella presente agitazione in una olimpica indifferenza perchè conta sul grande credito di cui godono al I' estero e all' interno i propri vini, non tarderebbe a risentirsene ed a fare atto di solidarietà colle regioni più vivamente colpire. Dalle molte cifre e dalle molte considerazioni esposte risulta all' evidenza che il vino è nno dei prodotti che oram:1i non ha più alcuna speranza di trovarsi un grande -mercato : che· gradatamente si andranno restringendo i mercati piccoli, che ne importano ; che a misura che si restringeranno i mercati di consumo aumenterà .la pressione della concorrenza della Spagna, che ha il maggiore bisogno di esportazione; e che l'Italia, infine non si mostrerà mai abbast,10za prudente nel conservare al proprio vino almeno il mercato interno. Si mostrano , poi ingiusti e imprevidenti quei settentrionali - pochi per fortuna -, i quali, come il Maldifassi si ribelbno contro le cosidette pretese del mezzogiorno e si preoccupano soltanto della esportazione dei prodotti industriali del settentrione. Su questo tornerò altra volta. Tutti questi ragionamenti perdono qualunque valore di fronte al famoso- interesse dei consumatori, che anche in q nesta occasione viene messo innanzi assai timidamente in vero, dagli economisti ortoI dossi è dai socialisti; questi ragionamenti si ridL1cono :1d un vaniloq~1io, :11JZi, di fronte :1 tale inte• resse. Il quale troverebbe la sua piena soddisfazione nello sp:1L1ncame11to delle porte ai vini di Grecia e di Turchia, della Spagna e della Francia. Quale magnifica prospettiva di sbornie se il vino straniero, nel nome s:ìcro del. liberismo e in omaggio al Lt memoria di tutti i Basti,1t, entrasse in Italia in franchigia o pagando un lieve dazio fiscale !... I co11sumatori farebbero allegrissime capriole; i produttori andrebbero a. gambe in aria. Non ci sarebbe da preoccuparsene. Verrebbero i liberisti a dimostrare a forza di sapienti sottrazioni che alla fin fine il malanno colpirebbe una ventina dì migliaia di proprietari ; forse meno. E cos' è mai la rovin,1 di 20,000 individui di fr01ne all.'esulta11za di trentatre milioni di consumatori? Una baneccola. Tutta la facile dimostrazione, pero, avrebbe un solo lato oscuro, che verrebbe dalla necessid di risolvere questo problema; come, rovin:rnd.o i produttori si possono mantenere alti i salari dei lavoratori della terra. Questa soluzione data l'attuale organizzazione economico-sociale è una specie di quadratura del circolo. La troveranno i socialisti? DoTT. N.. CoLAJANNl PerDanteperLaDantAe lighieri (I) Catania, 8 ottobr~ 1905. Illustrissimo Professore, Non Le parrà forse iuutile che, non ancora spenta l'eco dei se'tte congressi scolastici, nei quali i lavoratori della scuola, dall'Asilo -- non par vero! - all'Università, hanno ag-itato con entusiasmo e competenza il complesso problema della nostra cultura, a poca distanza dall'annuale convegno della Dante, si riapra la discussione su quelle d11e lettere di X, l'Italiano di . New-York, pubblicate nei numeri 8 e 15 della Sua popolare Rivista. È la voce d' un ribelle , il .quale, a contatto immediato con una civiltà giovane e con una gente spregiudicata e avvezza a una pronta e rude democrazia, si sforza di slatinizzarsi rifacendosi il pensiero e l' ed ucazione ; e giudica perciò uomini e cose d' Italia con rigore e, talvolta, con brutale violenza, dal punto di vista più della novissima civiltà americana che della natura e dei bisogni della ci viltà latina. È un sisten:ia di livellamento della civiltà a base americana. Ora, io comprendo che risuscitare un mondo morto alla luce e alla vita moderna non si deve; ma demolire, per smania di livellame.nto e di novità, ogni solida costruzione, .;he non sia di fabbrica moderna, è da selvaggi. Da.re un più razionale orientamento alla vita educativa italiana , è un dovere impellent,e; ma dipingere tutta la nostra scuola come un' accademia , I' insegnamento classico come un pervertimento, Dante come « sciocco " e « immÒrale », é troppo. Ciò nonostante vinciamo il sapo1· d-i forte agrume (1) Pe1· motivi indiptoudenti dalla mia volontà questa lettera mi pervenue a fine ottobN e uo11 potè es:5ere pubblicata prima. Nulla ha perduto pel ritardo. N. C.

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