Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 22 - 30 novembre 1905

650 RIVISTA POPOLARE nomia e della. ricchezza nazionale , dovrebbe rimanere sottoposta. all'alta sorveglianza della commissione del bilanrio della Camera dei deputa.ti; la. quale dovrebbe almeno una volta all'anno riferire alla Camera sul funzionamento della Matricola stessa e sui bisogni che si manifestano di nuovo materiale. Questo l'unico mezzo di troncare radicalmente tntte le camorre grosse e piccine, politiche e poco pulite, e di garantire alla nazione il regolare funzionamento delle sue ferrovie, col quale si giungerebbe a dimostrare e provare clamorosamente, appunto: che i nostri mezzi d'esercizio erano e sono più che sufficienti. Qualunque altro provvedimento che non sia qL1e~to od altro poco diverso, pur compreso i 10000 vagoni che si vogliono aumentare con la corrispondente quantità di macchine, non saranno mai che nuovi ernpiastri sulla vecchia gamba di legno. Casale li 19 novembre 1905. p AOLO MORBELLI • • rer un mantcùmtoartistico QueHta e Rivista > c11i le questioni dell' arte interessano vivissima.mente allor quando esse diventano indici chiarissimi, espressioni evidentissime della vita e dello stato morale di un popolo, 110n ha creduto si nora di prender parte alla gazzarra di ciarle e di cose che da alcun tempo si va facendo nel nostro paese intorno alla Minerva e ai sacerdoti suoi, più o meno pontificanti. Ma la improntitudine, ormai senza limiti con cni alcuni di essi si fanno innanzi, la le~·gerezza e la confusione che regnano nei loro giudizi e nella loro polemica, ci convincono di questa verità chiarissima: che la m9.ncanza, in alcuni di essi, di serenità, di equilibrio, di ponderatezza toglie loro la conosrenza esatta anche di ciò che meglio dovrebbero Sil.pere, e non gli consente, quindi, di portar luce su uomini e cose di cosi complessa. e delicata natura. Ci convincono anzi, che da tutto ciò non può scaturire il bene nè degli uomini nè delle cose e che interessi non sempre elevati si nascondono dietro tutto ciò e si ammantano dei veli celestiali e puri dell'arte. Smascherare questi giuochi tutt'altro che ingenui e disenteressati sarà compito di altri; a noi sarà sufficiente di aver dato, il primo grido d'allarme e di aver espresso, nella forma rude che ci è consueta, l'opinione e, più che l'opinione, l'indignazione Hostra per quello cui, nel nome del!' arte, ci fa as$istere il buon pubblico italiano. ♦ La questione ha un triplice aspetto, anzi sono, a dir vero, tre questioni diverse; ma., a torto od a ragione, esse si tengono cosi aggrovigliate insieme che non è possibile trattar l'una senza guardare alle altre. E la. prima è quella delle varie commissioni create alla Minerva , che si puc, anche ritener la c-ausa mali tanti. Esisteva. nell' amministrazione della P. Istruzione, una Giunta di Belle Arti, e si componeva di 7 membri, fra cui Luca Beltrami ed Ettore Ferrari. Eletta in parte dal Miuistro, in parte degli artisti ( e diciamo male artisti poi che son chiamati a votare anche gl' ingegneri) essa, per la stessa costituzione sua, non poteva dar responsi, e di fatto non ne dava che assai raramente, nelle cose delle antichità classiche, preisto• riche etc. Sorte una infinità di_questioni scabrose, proprio in questi vari rami dell'amministrazione, e specialmente in quello delle Gallerie annesse ai M11sei e scatenatasi la violenza oratoria dei moltissimi italiani, che, se non 11si a godere delle opere d'arte, ne sono però i naturali, gelosissimi custodi: Ministr0 e Minerva non sanno ormai più dove dar del capo. Il Direttore Ge-· nera le non ba che un desiderio: lavarsene le mani. E, poi che una muta di veltri e di molos:::;igli è alle calcagna, unisce in un unico pensiero questo stato di uomini a quello stato di cose, critico e di critici, e crea o consiglia, accanto alla Giunta di 7, una Commissione di 18 persone, scelte, naturalmente, fra i più attivi e fastidiosi critici d'arte. Il pensiero appare, a prima vista, napoleonico. Ma i critici dell'arte sono quante le stelle del cielo e le arene del mare. E, per ogni uno, costretto dalla nt1ova. qualità ufficiale a tacere. cento ne sorgono più che mai fenidi a tempestare. E ad essi si unisce la vecchia Giunta dei 7, che non sa rassegnar:Ji ad esser così spodestata; e ad essi ed a tutti tien bi)rdone l' Amministrazione che, in tanto bailamme, è fatta segno dai s11oi cari col labora tori ad ogni vitupero. Or mai - pensa il Direttore Generale - non vi è che un modo di portarne intatta la pelle: andarsene. E si dimette e non attende neppnr che le dimissioni diventino effett.ive per allontanarsi da quella. specie di fossa dei leoni. Ma come !ili fa, intanto, nella sua assenza, per la soluzione delle questioni tecniche? È vero che, appunto per riso! veri e, esistono già due Commissioni tecniche ma ciò non basta. È necessario un altro organo, più piccolo ma più efficace, che possa più sollecitamente dare i responsi, e nasce così il Comitato dei 3, quinta essenza degli altri due, composto di un critico d'arte, il Levi, di un ex direttore generale, il Bernabei, e di un artista. Ettore Ferrari. Apriti cielo! E gli altri critici d'arte italiani, tutti grandissimi, o, quanto meno con armi di grosso e piccolo calibro nelle mani? E gli altri componenti delle varie Commissioni, tutte più o meno spodestate dalla nuova? E la· Minerva, sempre più colpita nella dignità più elementare dei suoi funzionari ? La cosa, giunta a questo punto, si direbbe avviata ad un vero parossismo caotico Ma. il grande buon senso italiano riconduce tutto, pian piano, nei suoi confini. La commissione dei 7 aveva fatto poco: la Commissione degli 11 ha da far meno; q ue11a dei 3 presso che nulla. E le dimissi0ni, inevitabili, incomincia.no presto e da quest'ultima, la po-tante neonata, per· esser seguite forse da11e altre, se prima non si trovi altro di più organico da sostituire a simili frettolose creazioni, veri aborti, senza spirito. delle Amministrazioni italiane.

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