576 R I V I S T A P O P O L A RE Gianturco ad esempio, la riduceva al lumicino col pretesto di volerla <lisciplinare e rilevare. Nel Congresso di Roma la discussione sulla libera docenza venne iniziata dalla relazione sul tema di un prete professore: il Boccardi di Torino. Egli disse cosa vera e giusta affermando che si debba eliminare lo sconcio dei professori che fanno dne o tre lezioni in un anno. Il resoconto dei giornali dice che in seguito a queste parole ci furono : m01·morii di protesta. Noi vogliamo credere che la protesta sia stata fatta contro i professori assenteisti dalla cattedra e non contro il Boccardi, che li denunziò e bollò. In questo se• condo caso i professori riuniti a congresso avrebbero dato prova di non avere un concetto giusto della pro pria dignità e dei propri doveri. Nè ci sembrano meglio ispirate le proteste del Brugi e del Tonelli (rettore dell'Università di Romj\) pub blicate nel Giornale d'Italia j µoichè è innegabile che se la maggioranza dei professori fa il suo dovere, ve ne sono abbastanza che vi vengono meno. Il Boccardi in fondo si mostrò avvers) ai liberi docenti, che vorrebbe esclusi dal Consiglio superiore e dalla Facoltà e chiese anche che non si 8ervano del materiale dei gabinetti. Più accanito-e ce ne duole per lui,-- si mostrò il Serafini di Padova, che, tout court, dichiarò inutile nel nostro paese la libera docenza e le cui dichiarazioni di volerla meglio disciplinata, perciò, furono ritenute molto sospette. Difesero, invece, più o meno energicamente la libera doceQ.za Ciccaglione, Oddo e colla maggiore autorità il prof. Cantoni. Noi stiamo energicamente per la conservazione della libera docenza ch'è un semenzaio vero di buoni professori; che spesso supplisce alla deficienza o all' Rssenza dei professori ufficiali, pei quali talora suona rimprovero e richiamo all'osservanza dt'i propri doveri. La vogliamo conservata ed elevata. Alla elevazione certamente non gioverebbero le esclusioni proposte. dal Boccardi ; molto meno la proposta di fare pagare direttamente dagli studenti i liberi docenti. Oltre quello che pagano i primi dovrebbero andare incontro ad altre spese per seguire il corso del privato docente anzichè quello del professore ufficiale? In questo caso sarebbe meglio sopprimere la privata docenza e non farla morire vergognosamente di fame. A rialzare la libera docenza devono provvedere specialmente le facoltà, che devono accordarla con serietà d'intendimenti e non per compiacenza o per vanità: a farla funzionare meglio devono anche •provvedere le stesse facoltà e i Rettori , che dovrebbero avere cura di anime nel senso più elevato della frase. E quasi quasi saremmo disposti a conchi11dere che non si può elevare e migliorare la libera docenza senza elevare e migliorare il corpo degli insegnanti ufficiali. Se questi sono scadenti , se mancano •ai loro doveri, essi non hanno attitudine per reclutare huoni liberi docenti, nè hanno autorità di farli arare diritto, se essi non sanno. dare il buon esempio. ♦ La parola del Mikado. - Ratificato il trattato di pace tra la Russia e il Giappone, il Mikado ha pubblicato un manifesto al suo popolo, ch'è un capolavoro di semplicita, di fierezza, di bnon senso ad un tempo. Niente rettorica ; niente blague j niente esortazioni, che possano ubbriacare ! Come conclusione il Mikado dic~ ai Giapponesi: « Mettiamo con fermezza i nostri sudditi in guardia contro qualunque vana dimostrazione ed ordiniamo l01·0 di darsi alle loro ordinarie occupazioni e fm·e tittti i loro sforzi pe1· consolidare l'Impero•. Quale contrasto tra il linguaggio di questo grande rappresentante della razza gialla e quèllo scelleratamente brutale dell'Imperatore Guglielmo 2° che raccomandava d'imitare gli Unni ai soldati tedeschi, che andarono a portare nel 1900 la sanguinosa e brigantesca civiltà (J) occidentale in Cina !... ♦ Qualche burlone, che vuol far ridere ancora la gente a carico di qnel tale che pare sia stato candidato nelle nltime elezioni nel Collegio di Oastro~iovanni contro il D.r N. Celajanni, ci manda sotto il nome di questo tale, una scritta cosi tessuta di balorde scemenz~ e di grossolane bestialità da rivelarsi a prima vista per uno scherzo di cattivo genere. Lì caricat·1ra. è troppo forte e noi - vecehi giornali8ti - non abJcchiamo all'amo e non pubblichiamo. NOI L'apostasiadi Bjoernson I giornali danno· come certa la nomina del Principe Carlo di Danimarca a Re di Norvegia da parte dello Storting. Il fatto implicherebbe la scelta tra monarchia- e repubblica fatta dal potere legislativo, che ha iniziata e condotta a termine la rivoluzione, che terminò colla separazione della Norvegia dalla Svezia ; separazione a compimento di una rivoluzione, che si senti il dovere, imposto dalla Svezia stessa, di sottoporre al giudizio del popolo tutto appositamente interrogato. . · Lo Storting ha il diritto di sostituirsi al popolo nella scelta della forma di governo? Per rispondere a questa domanda giova riferirsi ad una inchiesta promossa dall' Européen tr~ gli uomini più eminenti della Norvegia su questi tre punti: 1.0 Si deve con sultare il popolo sul regime costituzionale futuro ? 2.0 La migliore soluzione qual' è: la repubblica o la monarchia? 3. 0 La quistione costituzionale è di ordine pura men te interno e senza relazioni colla politica generale dell'Europa? La prima serie di risposte è venuta da ex 111inistri, da deputati, insegnanti, artisti, letterati ecc. Un professore di diritto, Bredo Morgenstierne del1' Università di Christiania è il più sicuro ntll' affermare, che la rivoluzione non ha modificato la costituzione ; che Lt monarchia sussiste e che e' è soltanto un trono vacante. D' onde nello Storting il diritto e il dovere di scegliere una nuova dinastia. Su per giù è questo anche il parere del ~ig. loha n Boegh, direttore di un giornale di arte industriale di Bergen e di un pittore, Gerhard Munthe. Più moderato il sigr. Otto Anderssen, membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione, ritiene che l'obbligo di rispettare la forma monarchica stabilita dall' antica costituzione dura sino a tanto che dura il patto del 1814 tra il popolo scandinavo e la dinastia del Generale Bernadotte ; ma se il capo della casa si rifiuta di dare un Re separato alla Norvegia, che discenda dai poco magnanimi lombi dell' a-1venturiero che dagli eserciti napoleonici passò al trono di Svezia e Norvegia, il popolo riprende i diritti sovrani ed al popolo deve essere demandata la scelta rra monarchia e repubbli_ca. Berner, sindaco di Christiania, poi, ricorda che la Costituzione assegna allo Storting il compito di scegliere un Re nuovo, quando si estingue la dinastia. Non occorrono disquisizioni teoriche pèr provare che un diritto plebiscitario esercitato un secolo fa non può vincolare le generazioni successive e che nella natura di quel diritto è implicito quello di poter mu
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