RIVISTA POPOLARE 589 morale». Esso implica tutto il movimento della Cl)- scienza individuale, della ragione ; del sentimento e delle tendenze operative. La finzione consiste nello scambio del dovere col bene. « La moralità individuale si accresce per questa finzione, accostandosi progressivamente a quell'ideale - limite, per cui la costrittività del dovere scompare da ogni specie di atto, di sentimento, di tendenze, e impera nella sna schietta, spontanea e sublime pnssanza il Bene asssoluto (pp. 115-122) ». Chiude l'esame dei valori etici la teoria della responsabilità, discussa sotto nuovi aspetti, e considerata come « la possibilità di volere moralmente, cioè, di coordinare razionalmente dei mezzi a un fine, e di pensare il fine, valutandolo >. Essa quindi si riduce alla coscienza e di poter trasgredire e di poter adempiere il dovere (pp. 123 128) ». Ed eccoci alla par-te terza, in cui è larganiente esaminato il prammatismo, il nuovo indirizzo etico, che va ora diffondendosi con intento conciliativo. Dopo di avere rivendicato i diritti del la ragione e della critica di fronte all'apn'orismo etico, sostenendo a buon diritto che l'uomo non è nuda ragione, ma è. anche sentimento,· passa a sottoporre ad accurata revisione il razionalismo del J ames, la cui dottrina è detta appunto prammatismo. Non è vero che il senso della razionalità risulta « da una particolare affezione del soggetto, da un particolare sentimento di calma, di pace, di riposo interiore; da un sentimento d' interiore sufficienza, paragonabile a quello che si prova nella respirazione libera » • Ed in fatti, se il senso della razionalità fosse riposto nella quiete dell'anima, e per il conformarsi del genere della credenza alla natura passionale dell'individuo, e al suo bisogno di azione, alla sua natura volitiva (willing nature)>, ne avverrebbe che « se la quiete interiore fosse veramente segno di razionalità, e intanto fosse falso l'oggetto della credenza, si dovrebbe poter dire razionale il falso, e irrazionale il vero, sovvertendo in questa maniera le basi stesse della logica>. ~ che cosa si dovrebbe dire di quella quiete dell'anima, di quella coerenza di pensiero, per cm si crede falsamente per difetto di éultura? o di quella « coerenza di fede, che scaturisce dal!' impeto della persistente passione, la quale crea a sè stessa il suo oggetto, fingendone la realtà obbiettiva, mentre la realtà di esso è puramente nella immaginazione >? Generaliz zando il criterio di condotta del J ames, è evidente che la morale si ridurrebbe « alla vell~ità passionale e si costringerebbe nel pregiudizio; il vero sarebbe sacrificato all'utile; la scienza e la moralità cederebbero il posto all'umore e al capriccio (pp. 149 152) >. E allora, aggiungo io, qual'è il criterio d'adottare per discernere fra le diverse razionalità umaue, la vera razionalità? Se ogni fede e ogni dottrina che si conferma alle particalari inclinazioni e passioni degli individui fosse razionalità per tutti coloro che hanno creduto di adottarla, raggiungendo così la quiete del1' anima loro, ne deriverebbe che tutto sarebbe razionalità nel mondo; l'irrazionalità non avrebbe più ragione di esistere; e se pure potesse, esistere non v1 sarebbe più modo come distinguerla dalla razionalità. Il prammatismo del J ames è evidentemente para - dossale. Un altro prammatismo è necessario per poter coriseguire la moralizzazione umana; e questa ricerca costituisce l'oggetto della parte quarta del libro, eh' è la più originale, la. più ispirata, e la più riboccante di buon senso e di genialità. L' A. aveva avertito che il dominio dell'etica non si esaurisce nel dominio puro e samplice del fatto; e che la salvezza della morale, anzichè nella sperimentale constatazione di ciò che è, consiste nella fede in leggi eterne di rivendicazione del giusto e dell'onesto. Creare in sè il tempio di questa fede, è il vero idealismo etico, che scaturisce dal posivitismo, calunniato da un irrazionale prammatismo, che mirerebbe ad abolire i diritti della ragione e della critica, per cullarsi in una volgare illusione. Nel mio lavoro sul Parallelismo e Posivitismo (Nicastro Tropea, 1902, in vendita presso l'autore) ho dimostrato che la scuola positiva non uccide l'ideale, ma lo feconda, allargaudone immensamente i confini; e accennai all'ideale scientifico. etico, artistico e religioso, che emerge in modo così splendido dal fondo del posivitismo, ritenuto oggi da taluni come Ja causa della rovina morale della società presente! Non valsero tanti secoli di prammatismo buddistico, patristico e scolastico a dimostrare che con le utopie, le illusioni e le chimere non si soddisfano le esigenze del cuore, e si torna da capo con un razionalismo, eh' è la negazione d'ogni razionalità, a mettere in mostra, rivestita alla moda, una stravecchia forma di prammatismo, ch'è accolta con entusiasmo, anche da qualcuno dei nostri, solo perchè è merce esotica, e forse anche perchè aspira a tarpare le ali all'ardita ragione, che sarebbe già finita. miseramente nell'abisso della bancarotta brunetieriana !... Il posivitismo, dice l'A., non è la fredda costatazione, ma la razionale idealizzazione del fatto; e dall'interpretazione del fatto qual' è, e del fatto quale si annunzia nelle leggi del divenire storico, l'Etica deve trarre elementi di ricostruzione ideale. Se di prommatismo ha l'uomo bisogno, la massima prammat,istica d'adottare è la seguente: Opera come se ciò ch'è vero socialmente, ed è soeialmente imposto wme assoluto, fosse vero e assoluto anche per te. Potrebbe obbiettarsi che in questa massima vi sia una certa tinta di dogmatismo e di finzione; perchè non Bi vede la ragione per cui ciò ch'è vero socialmente, dev'essere vero per noi; e ·anco perchè il ritenere come vero per noi ciò che non ci risulta come tale, è una pura finzione. Si risponde: Il principio di moralizzazione umana non si trova fuori di noi, ma dentro di noi ; non ci viene comunicato da una causa esterna, ma è il pro• dotto dello sforzo morale. Niente dommatismo adunq ue, ma finzione soltanto: finzione utilitaria, s'intende, che mira al nostro incremento morale. Costatazione e trasfigurazione di sè sono i termini di una antitesi, quanto sincerità e menz0gna, essere e non essere. Il riferimento dell'uno all'altro è indispensabile, in caso op posto ne risulterebbe inerzia, cecità psichica, stupidità
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