Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 20 - 30 ottobre 1905

RIVISTA POPOLARE 587 di essa è lo stesso che affidare al vuoto o a malferma fondamenta un immane edifizio. Fabbricare una casa senza metterci le fondamenta, seminare in un campo senza prima averne rotta la terra con l'aratro e inumidite le ;,olle; esporn:. un infelice che non ne abbia la forza e la resistenza al peso d'un grosso macigno; scoccare dall'arco un dardo senz'essere sicuri del segno che si vuole. colpire, tutto è un non senza che offende la serietà d' un' impresa e sfrutta le energie degli ottimisti. La stessa scrittrice della Fronde, da noi più avanti citata, pur chiamando esagerata la nostra prt;occupazione per non avere le U. P. « le pubbliche pour le quel elles ont été créés et qui est toute leur raison d' exister », riconosce la necessità di dover dare al più presto a questa istituzione un pubblico« avide de science, tout enflammé du desir d' apprendre, doué d'une intelligence non seulemente ouverte et souple mais ancor exercée entraìnée par une bonne culture primaire prolongée au-de-la des années d' école >>.E ciò non per le sole ragionifin qui esposte. L' U. P. se m1t1ga non guarisce i mali sociali; se li assopisce non li sana, se, in altri termini, sa curare (pure ammesso bontà di metodi e di limiti), non sa nè può prevenire, non sa nè può popolarizzare la cura, poichè essa prende troppo tardi l'uomo . e ad essa manca l'obbligatorietà della legge. L'alcoolismo, il vagabondaggio, il parassitismo e i volgari istinti dell' egoismo, dell' invidia, dell' ingiuria, dell'insinuazione e dell'acquiescenza ad ogni turpe mercato pel godimento di un minuto, sareb,. bero scogli che la Università Popolare invano potrebbe superare e contro cui inevitabilmente s' infrangerebbe. La delinquenza - sotto tutti i punti - se non si previene, non e-' è fuoco che basti a guarirla. La galera e l'ozio praticati per anni e anni non si lasciano più e l'opera saggia e santa di qualunque apostolo sarà vana, come raggio di sole in gorgo profondo. La delinquenza fatta vita non è un male che si guarisce col fuoco o col bisturi; essa non muore che col corpo in cui è vissuta. · Che resta, quinci.i all' U. P. ? Migliorare i buoni e lasciare correre ancora per il loro fatale destino ladri e lenoni, oziosi e alcoolizzati, senza potervi dare riparo. La sua opera, perciò, è incompleta; non solo perchè hacontingenteintellettualmente infantile equindi non buono che a elementari nozioni, ma ancora perchè sarebbe inerte contro i maggiori e non pochi mali che affliggono e contristano il civile consorzio. Chi le potrebbe dare il completo sviluppo e la completa energia? La scuola elementare fatta vera scuola del popolo-- prevedendo e correggendo, insegnando e ammonendo, cacendo praticare la virtù con le vere feste della ! 1nciullezza e facendo amare il lavoro con le vere 01lì.cinee i veri campi, in cui tutti dovrebbero passare il :·esto del giorno - invece di ritornare nella strada per acquistare vizi, praticare errori e deridere, tra un'immoralità e l' altra, gli empirici esempii letti o udi ti alla seuola. · E ciò per cinque o sei anni almeno, finchè l'intelligenza possa dirsi cosciente, e l'abito al lavoro un bisogno fisio-psichico. E lo studio dovrebbe essere non un meccanismo come quello d'oggi, sostenuto da storiche ~ugie e ingenue nozioni, ma un libero, puro e moderno lavacro di scienze che l'anima infantile giornalmente rinfrescasse, giornalmente ingargliardisse; e il lavoro dovrebbe essere vero, pratico, utile, quotidiano, non come quello dei baccelliani campicelli o dei manualisti di cartapesta ; ma come quello che la Svezia c' insegna, sia per l'uomo che per la donna, e come quello che i moderni bisogni richieggono. La scuola dal teoretico concetto degli antichi pedagogisti dovrebbe integrarsi nel positivo determismo dei moderni sociologhi e sfatando eresie, dommi e patrimoni ammuffiti, dovrebbe assurgere a quella assimilazione completa della linfa sociale per cui è possibile l'elaborazione feconda di tutte quelle energie evolventi che alla coscienza e alla mente del1' individuo danno forza e luce. La scuola gettando, ormai, alle orti che 1a tunica borghese ereditata, dovrebbe indossare la blouse operaia che le si prepara, e della cattedra, dell' incudine a un tempo dovrebbe fare lo stallo del suo apostolato. Allora, sì, che l'Università sarebbe veramente popolare, allora, sì, che l'opera sua sarebbe veramente completa, e solo ad essa spetterebbe il vanto di dare la cresima di vero ·popolo cittadino, alla falange immensa e incommensurabile dei lavoralori, che uscita da pochi anni dalla scuola primari8, nulla avrebbe perduto in effetti e tutto vorrebbe ancora sapere; da poichè il motto: sapere è-potere, non sarebbe più l'aforisma di un filosofo, ma la deduzione cosciente d'una operosità ininterrotta del lavoro e del pensiero l + In sì fiduciosa attesa, però, non sarebbe prudente soffocare le nobili iniziative che con generose gare quasi tutte le città ci hanno dato. E se è vero che anche da noi l' U. P. dovrà essere un fatto compiuto, ad essa siano rivolti i nostri consigli e i nostri aiuti. Dare, forse 8nche una briciola di sapere al popolo e far di tutto perchè questa briciola produca il suo vital nutrimento, è opera saggia e santa. Nelle materie, adunque, non si trascurino, come dice l'Ardigò, le condizioni del pubblico e del luogo; nel metodo non si strozzi la discussione, non la ripetizione con adatte domande, nè la critica familiare e simultanea, e, quel che più, la pratica e l'esperimento di certe nozioni· Così le projezioni , e, pe.r quanto sarà possibile, il metodo costruttivo, confortino la maggior parte delle lezioni, poichè l' U. P. non può, non deve essere nè scuola, nè accademia: essa deve piuttosto risentire della tribuna e dell'officina, « per formare con gli sforzi dell' oggi l' uomo del domani; formarlo, non con la predicazione di qualsiasi vangelo, ma istruendolo, educandolo al ragionamento e al1' apprezzamento sereno della realtà. Così lo faremo arbitro della sua cosciente volontà>> (r). Questa la via e la meta : non si smarrisca nè l'una nè l'altra s.e non si vuole rimpiangere le fatiche del penoso cammino. SALVATORE EMMANUELE. ( r) P. Ascoli : articolo citato. PUBBLICAZIONE POPOLARE degli scritti di GIUSEPPE MAZZINI Il Comitato ha pubblicato il .1. 0 volume di 370 pagine, in elegante edizi'one, al prezzo di L . .1,50 la copia. É d'imminente pubbl,:ca~ione il 2. 0 volume, di circa 400 pagine, al meaesi·mo prezzo. Le richieste, con l' importo, ali' Avv. RODOLFORISPOLI, Via Bellini 67, NAPOLl. -------------------

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